Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5294 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Diniego di rimborso –
prestazioni professionali-credito di rivalsa Iva – dichiarazione di fallimento del committente-
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5294 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 7642 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3972/08/2022, depositata in data 19 settembre 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME presentava, in data 19.5.2016, istanza speciale di rimborso dell’eccedenza Iva , relativa agli anni 2010 e 2011, per l’importo di euro 8.000,00 relativa a fatture, per prestazioni professionali, per un importo complessivo di euro 48.000,00 (di cui euro 40.000,00 di imponibile e euro 8.000,00 di Iva) emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, poi dichiarata fallita.
In particolare, in sede di riparto fallimentare, era stato disposto il pagamento parziale del credito vantato nei confronti del fallimento di RAGIONE_SOCIALE nella misura di euro 29.380,00 pari al 45,20% dei crediti ammessi al privilegio costituiti esclusivamente dalla base imponibile essendo l’Iva ammessa al chirografo.
A fronte di ciò la contribuente ritenendo che tale importo percentuale fosse imputabile interamente alla quota capitale e non anche all’Iva richiedeva il rimborso dell’intera Iva già versata nella misura di euro 8.000,00.
In data 22.2.2017, l’RAGIONE_SOCIALE ha notificato diniego parziale di rimborso dell’Iva richiesta procedendo alla restituzione della minore Iva pari a euro 3.103,00, quale differenza tra l’importo di euro 8.000,00 e la somma di euro 4.896,67 scorporata dal pagamento parziale in sede di riparto.
Avverso tale provvedimento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma insistendo per l’accoglimento dell’istanza di rimborso dell’intera Iva versata e, dunque, per l’importo residuo di euro 4.896,67.
Con sentenza n. 14612/35/2018 la CTP di Roma accoglieva il ricorso ritenendo non applicabile la Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 127/E del 3.4.2008 disciplinante una fattispecie diversa riguardante il credito di rivalsa Iva relativo
a prestazioni di servizi svolti ante procedura fallimentare ma non comprovate da fattura.
Avverso la sentenza di primo grado, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza n. 3972/08/2022, depositata in data 19 settembre 2022, lo accoglieva.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto che la Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 127/E del 3.4.2008 doveva ritenersi applicabile anche alla fattispecie in oggetto, atteso che l’obbligazione derivante dalla prestazione professionale era un unicum comprensivo dell’imponibile e dell’Iva per cui se il riparto fallimentare aveva assegnato al creditore una quota del credito pari al 45,20% questa quota andava calcolata sull’importo complessivo del credito comprensivo dell’Iva.
La contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso, la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ‘ la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, errato richiamo alla Risoluzione n. 127/E del 3 aprile 2008 dell’RAGIONE_SOCIALE ‘ per avere il giudice di appello ritenuto legittimo il diniego (parziale) di rimborso ritenendo applicabile la risoluzione n. 127/E sebbene la stessa riguardasse l’ipotesi del credito rivalsa Iva relativo a prestazioni di servizi svolte ante procedura fallimentare ma non comprovate da fattura da emettere in costanza di fallimento, laddove, nel caso di specie, le fatture erano state emesse dalla contribuente per prestazioni professionali svolte in favore di RAGIONE_SOCIALE prima della dichiarazione di fallimento, rimanendo insolute, avendo comunque la contribuente provveduto al versamento dell’imposta calcolata sulla base imponibile. In particolare, ad avviso della ricorrente, il credito di rivalsa Iva del professionista era da considerarsi autonomo rispetto al credito per la prestazione pur essendo ad esso
soggettivamente e funzionalmente connesso e non già un unicum come sostenuto dal giudice di appello.
In primo luogo il motivo si espone ad un profilo di inammissibilità in punto di autosufficienza, limitandosi alla individuazione RAGIONE_SOCIALE statuizioni del giudice di appello censurate fondate sull’applicabilità nella fattispecie in esam e della Risoluzione n. 127/E del 3 aprile 2008 (pars destruens), e senza tuttavia fornire la indicazione della norma di diritto che avrebbe dovuto essere applicata nella fattispecie (pars construens), e quindi della “regula juris” idonea a decidere la questione in modo diverso dalla statuizione della CTR impugnata: il motivo quindi non risponde al requisito di specificità ex art. 366,comma I n. 4 c.p.c. A decorrere dal primo gennaio 2023 (ossia per i giudizi introdotti con ricorso notificato, come nella specie, a decorrere da tale data) eguito dell’approvazione del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in attuazione della legge delega n. 206 del 2021, sono RAGIONE_SOCIALE in vigore le disposizioni concernenti il giudizio per cassazione (con l’eccezione dell’ art. 397 c.p.c. ), stante l’anticipazione disposta dalla Legge di Bilancio 2023. Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, ai sensi del n. 3) dell’art. 366 c.p.c. la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso e, ai sensi del successivo n. 4), la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto su cui si fondano.
Nel merito il motivo è comunque infondato.
La controversia involge la tematica del trattamento del credito di rivalsa Iva vantato dal professionista per prestazioni rese in favore dell’imprenditore successivamente dichiarato fallito.
Nella specie, trattavasi pacificamente di prestazioni professionali svolte dal professionista in favore della società prima della dichiarazione del fallimento con emissione RAGIONE_SOCIALE fatture prima di tale data e pagamento dell’imposta calcolata sulla base imponibile indicata nelle fatture.
L’Ufficio ha negato la restituzione dell’intero importo del credito di rivalsa Iva chiesto a rimborso ritenendo che la somma assegnata in sede di riparto
dovesse essere composta da base imponibile e imposta, in applicazione della Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 127/2008.
Nel caso in cui- come nella fattispecie che ci occupa- il professionista abbia emesso la fattura prima della dichiarazione di fallimento, anticipando il pagamento dell’Iva sulla fattura emessa per le prestazioni eseguite rispetto all’incasso della fattura, lo stesso può insinuarsi nel passivo fallimentare per l’importo totale: la quota relativa alla parte imponibile costituisce un credito privilegiato mentre la quota relativa alla rivalsa dell’Iva è considerata quale credito chirografario.
Nel caso in cui il professionista non abbia ancora emesso la fattura posticipandola alla data del pagamento l’orientamento prevalente di questa Corte riconduce il credito per rivalsa dell’Iva ad un credito chirografario da inserire nella massa fallimentare. E’ stato reiteratamente espresso da questa Corte il principio secondo il quale il credito di rivalsa IVA di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito ed ammesso per il relativo capitale allo stato passivo in via privilegiata, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento, non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell’art. 111, primo comma, legge fall. (applicabile nel testo “ratione temporis”), in quanto la disposizione dell’art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, ma individua solo il momento in cui l’operazione è assoggettabile ad imposta e può essere emessa fattura (in alternativa al momento di prestazione del servizio), cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l’evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso . Il medesimo credito di rivalsa, non essendo sorto verso la gestione fallimentare, come spesa o credito dell’amministrazione o dall’esercizio provvisorio, può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all’art. 2758, secondo comma, cod. civ., nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha
l’onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo – su cui esercitare la causa di prelazione. Nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell’IVA di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema di contabilizzazione dell’imposta e non di un’anomalia distorsiva del sistema concorsuale (così tra le ultime, le pronunce 9616/2016, 7414/2014, 8222/2011; Cass. n. 1034 del 2017). Indubbiamente il sistema di contabilizzazione dell ‘ IVA può creare un vantaggio per il fallimento, il quale può detrarre l ‘ IVA, ed una situazione pregiudizievole per il prestatore di servizio il quale, fatturando la IVA, può non ricevere contestualmente il relativo importo che per intanto è tenuto ad anticipare. Questa situazione, peraltro, non è peculiare all ‘ IVA fatturata al momento del pagamento, ma costituisce situazione (come già rilevato sotto diverso profilo) comune anche a tutti i creditori che abbiano emesso la fattura prima della dichiarazione del fallimento ed il cui carattere concorsuale non è, di norma, posto in discussione. In definitiva, l’individuazione della prededucibilità attiene non solo al momento in cui un credito sia sorto, ma anche al soggetto nei cui confronti è sorto. E solo se detto credito sia nato nei confronti della gestione fallimentare, o come spesa, o come credito di amministrazione ovvero inerente all’esercizio provvisorio, la situazione di prededucibilità emerge e si instaura. Per contro, il credito di rivalsa IVA, qualunque sia il momento della fatturazione, ha come obbligato pur sempre il destinatario della prestazione del servizio, al cui nome la fattura deve essere intestata, indice del fatto che la genesi del credito di rivalsa, ai fini del concorso, è pur sempre la prestazione del servizio che ha come obbligato il fallito, non il fallimento ( Sez. 1, Sentenza n. 6149 del 1995).
Questa corte ha avuto modo, quindi, di precisare che, ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare, i crediti del professionista per rivalsa dell’I.V.A. hanno una collocazione diversa da quella spettante al credito per le corrispettive prestazioni professionali, atteso che essi non costituiscono
semplici accessori di quest’ultimo, ma conservando rispetto ad esso una loro distinta individualità, che è confermata dalla diversa disciplina del privilegio che li assiste (Cass. 26 marzo 1992, n. 3715; sez. 1, n. 2312 del 1996).
La risoluzione 3 aprile 2008, n. 127/E, con riferimento alla fatturazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni professionali nell’ambito RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali, ha chiarito che dal punto di vista degli adempimenti fiscali, il professionista che si insinua al passivo nell’ambito di una procedura concorsuale, è portatore di un credito complessivo per prestazioni professionali, composto da imponibile ed imposta sul valore aggiunto, elementi strettamente collegati tra loro da un nesso inscindibile . Ne consegue che se il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, dispone il pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante fallimento, ancorché lo stesso faccia riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti emetteranno fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale andrà scorporata l’Iva relativa. In altre parole, se l’importo liquidato dal giudice fallimentare risulta inferiore all’ammontare complessivo del credito professionale, comprensivo dell’IVA, il professionista al momento dell’emissione della fattura deve ridurre proporzionalmente la base imponibile e la relativa imposta. La detraibilità dell’imposta è consentita soltanto a condizione e nella misura in cui la componente IVA RAGIONE_SOCIALE fatture in esame sia stata correttamente ricalcolata, e cioè attraverso lo scorporo dell’imposta dall’importo complessivo che i professionisti hanno ricevuto dal commissario straordinario. Diversamente, l’esercizio del diritto alla detrazione verrà ammesso solo previa “rettifica” da parte dei professionisti RAGIONE_SOCIALE fatture emesse, con le modalità ed i termini previsti per l’emissione di note di variazione o, in alternativa, a seguito di regolarizzazione da parte del commissario straordinario RAGIONE_SOCIALE fatture irregolari ricevute.
A prescindere dall’efficacia meramente interna all’amministrazione finanziaria di tale atto che, in ogni caso, non può collidere né con la legge né con gli atti aventi forza di legge – l’atto stesso, adottato in risposta ad un
quesito posto da uffici finanziari periferici o da privati, disciplina fattispecie rilevanti sul piano tributario (Cass. sez. 1, 3582 del 2011).
Tale principio di inscindibilità non muta se l’Iva sia stata già versata prima della dichiarazione di fallimento o non ancora versata in quanto non emessa ancora la fattura, essendo il pagamento parziale in sede di riparto da imputare proporzionalmente all’imponibile e all’Iva.
Nella sentenza impugnata la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere, facendo applicazione della Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 127/E del 3.4.2008 , legittimo il diniego (parziale) di rimborso Iva in quanto ‘ l’obbligazione derivante dalla prestazione professionale è unicum comprensivo dell’imponibile e dell’iva per cui se il riparto fallimentare ha assegnato al creditore una quota del credito pari a 45,20% questa quota vada calcolata sull’importo complessivo d el credito comprensivo del l’Iva ‘.
13.In conclusione, il ricorso va rigettato.
14.Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.000,00, per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 24 gennaio 2024