Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34578 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34578 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2019
SENTENZA
Zt – tt sul ricorso iscritto al n. 6177/2017 R.G. proposto da GLYPH ervizi di Riscossione s.p.a.RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentant Equitalia S p.t.RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difes dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ope legis in Roma, INDIRIZZO
l-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscan 25 L oc.L,, 1358/2016, depositata il[16 giugnoj2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2 ottobre 2019 d NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore g NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito per il ricorrente l’Avv. NOME COGNOME delegato dell’Avv. Parente;
FATTI DI CAUSA
In forza di sentenza del Tribunale di Firenze n. 4033 depositat dicembre 1997, la RAGIONE_SOCIALE in allora concessionario della riscossion Provincia di Pisa, veniva condannata a rimborsare alcuni consorz riferimento all’IVA versata sui compensi dell’attività di riscossione dei consortili.
A fronte di ciò, RAGIONE_SOCIALE – frattanto subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, qua della riscossione – presentava all’Agenzia delle entrate varie i rimborso avuto riguardo al torno di anni in questione (1991-1997).
Dette istanze venivano rigettate; gemmavano altrettanti ricorsi dell della riscossione anzidetto, nel cui quadro si sosteneva l’inapplica termine decadenziale di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992.
La CTP di Pisa, riuniti i ricorsi, li rigettava con sentenza n. 37/01/
Del pari, veniva respinto il successivo appello dell’agente della ris che in sede di gravame insisteva sull’inapplicabilità del termine deca summenzionato nonché sull’erroneità della sentenza di primo grado, parte in cui ne aveva ritenuto la decorrenza a far data dal pagamento, dall’emanazione della circolare ministeriale n. 52/E del 26 febbraio 1999
Equitalia ha affidato il proprio ricorso per cassazione ad un unico mo
L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e/o fal applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 21 d.lgs. n. 546 d 1992, dell’art. 2033 c.c. e dell’art. 2943 c.c., per avere la CTR trascurat considerare che i pagamenti in controversia non erano avvenuti “spontaneamente” da parte dell’agente della riscossione, ma in virtù di un provvedimento coattivo di rimborso, rappresentato dalla sentenza n. 4003 del 1997, emessa dal Tribunale di Firenze.
Il motivo è privo di pregio e va disatteso.
Nel giudizio definito dalla sentenza or ora richiaMata del giudice ordinar taluni consorzi convenivano la RAGIONE_SOCIALE – cui è subentrata RAGIONE_SOCIALE – per senti condannare alla restituzione delle somme incassate a titolo di IVA, applicata sugli aggi dovuti per l’attività di esazione dei contributi consortili. Il toscano ha ritenuto che il servizio di riscossione dei contributi fosse da rite escluso da imposizione IVA ai sensi dell’art. 10 d.P.R. n. 633 del 1972 condannando l’agente a restituire ai consorzi di bonifica VIVA sugli agg anzidetti.
Questa Corte ha a più riprese evidenziato che “In materia di IVA, l’Amministrazione finanziaria è tenuta al rimborso dell’imposta anche dopo i decorso del termine di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n 546 del 1992, nel solo caso in cui il richiedente prestatore di un servizio ab a sua volta effettivamente rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo, rispondendo tale soluzione al principio d effettività del diritto comunitario, come interpretato dalla Corte di Giust sentenza 15 dicembre 2001, in C-427/10 (Cass. n. 1426 del 2016; Cass. n. 3627 del 2015). La Corte di giustizia con la sentenza del 15 dicembre 2011 (causa C- 427/10) ha ritenuto il principio di effettività del diritto comun non osta ad una normativa nazionale in materia di ripetizione dell’indebito che preveda un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello d decadenza previsto per il prestatore del servizio, a meno che il soggett passivo resti completamente privato del diritto di ottenere dall’Amministrazion
finanziaria il rimborso dell’IVA non dovuta, ma solo se questo ha ad oggetto l’imposta che “egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi” in forza di un comando imperativo, e non già per qualsiasi imposta della quale il committente pretenda o abbia preteso il rimborso, nè per quella che il prestatore abbia rimborsato spontaneamente (Cass. n. 12666 del 2012; Cass. n. 6600 del 2012; Cass. n. 3627 del 2015).
Il profilo della non coattività del pagamento – su cui si incentra il motivo ricorso – costituisce profilo già accertato con efficacia di giudicato, rilevabi ex officio da parte di questo Collegio.
Infatti, questa Corte ha ancor di recente osservato che “Il giudicato interno eventualmente formatosi a seguito della sentenza di primo grado può essere rilevato anche d’ufficio in sede di legittimità, a meno che il giudice di secon grado non abbia deciso, pur se implicitamente, sulla portata dell’atto di appell e, quindi, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato, poiché, in tal caso, pronuncia non può essere rimossa se non per effetto di espressa impugnazione, restando altrimenti preclusa ogni questione al riguardo” (Cass. n. 5133 del 2019).
La questione della non imperatività del provvedimento giustificativo del pagamento è questione senz’altro assurta a res judicata, essendosi la funzione giurisdizionale esaurita per effetto della omessa provata devoluzione di essa nel giudizio di appello, con la conseguente preclusione di ogni nuovo e diverso esame.
Invero, ancorchè parte ricorrente insista nel ricorso per cassazione sulla sostanza di comando imperitivo del provvedimento che avrebbe implicato il pagamento (ossia la sentenza del Tribunale di Firenze), la CTR ha accertato in fatto che non vi è stato nessun “provvedimento coattivo (imperativo)”. In nessun luogo, peraltro, la decisione d’appello accenna alla sentenza del Tribunale fiorentino.
Parte ricorrente, dal canto suo, non ha offerto prova d’aver veicolato la questione della coercitività del provvedimento mediante l’originario ricorso avverso l’atto impositivo e/o di averla riproposta attraverso uno specific motivo di gravame.
Per il principio di autosufficienza sarebbe occorso che il ricorrente non si ritenesse dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando, piuttosto, elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell’atto di appello. Viceversa, il motivo d’appello che avrebbe riguardato la questione relativa alla sussistenza del “comando imperativo” in cui si sarebbe sostanziata la sentenza del Tribunale di Firenze non è riportato nella sua integralítà nel ricorso, tanto da non consentire alla Corte di verificare che la questione sottopostagli non sia, in realtà, “nuova” e di valutare la fondatezza del motivo stesso senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte.
In ultima analisi, il giudicato interno, formatosi – come nella specie seguito della sentenza di primo grado della CTP, può essere rilevato anche d’ufficio in sede di legittimità, in quanto il giudice d’appello – come nella spe – non si sia pronunciato, ancorché implicitamente, sulla portata dell’atto di appello e, quindi, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato (Cass. n. 5133 del 2019; Cass. n. 15950 del 2000; Cass. n. 1284 del 2007).
Conclusivamente, quindi, il motivo di ricorso va respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono. la enza e soccomb sono liquidate nella misura espressa in dispositivo. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, I. n. 228 del 2012) (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo d versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contrib unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro ì . ,300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, I. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, del contributo unificat dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della ezione Tributaria, il 2 ottobre 2019.
(NOME COGNOME on)