Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 20323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 20323 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26720/2022 R.G. proposto da: dall’avvocato
NOME COGNOME rappresentato e difeso NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 5413/2022 depositata il 30/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1-NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolato in unico motivo, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 5413/2022 pubblicata il 30 maggio 2022.
Resistono con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dell’interno.
2.- Il Tribunale di Napoli, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Nola n. 2528/2021 ed accogliendo lo specifico motivo di appello sul punto, ha dichiarato improponibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario la domanda proposta da NOME COGNOME volta ad ottenere la restituzione della somma di € 100,00, quale indebito conseguito dai convenuti Ministeri dell’economia e delle finanze e dell’interno a seguito del versamento del contributo necessario ad ottenere il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno.
2.1. La ragione dell’indebito oggettivo trova fondamento nella sopravvenuta illegittimità degli importi del contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno stabiliti dal decreto ministeriale 6 ottobre 2011 emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, con correlato venir meno della causa debendi in un momento successivo al pagamento.
Tale illegittimità è conseguente: alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2015 C-309/14; alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II-quater, n. 6095/2016, con la quale è stato annullato il decreto ministeriale 6 ottobre 2011 « limitatamente ai seguenti articoli (in quanto esplicitano e/o presuppongono direttamente la rilevata radicale illegittimità dell’istituzione del contributo): art. 1, comma 1; art. 2, commi 1 e 2, nella sola parte in cui si riferiscono al contributo di cui al precedente art. 1; art. 3 »; alla sentenza del Consiglio di Stato del 26 ottobre 2016 n. 4487 che, nel confermare
la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. IIquater , n. 6095/2016, ha, tra l’altro, stabilito che: « f) nel caso di specie, deve essere disapplicata, per effetto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14, la disposizione del comma 2-ter dell’art. 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998, nella misura in cui fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di € 80,00 ad un massimo di € 200,00, in quanto costituenti nel loro complesso un ostacolo, per il loro importo eccessivamente elevato, ai diritti conferiti ai cittadini stranieri richiedenti i permessi UE di lungo soggiorno, con conseguente illegittimità del decreto ministeriale qui impugnato, nelle parti già annullate dal T.a.r. ».
2.2. Il Tribunale di Napoli ha affermato che ‘ le parti non dubitano della natura tributaria del contributo ‘ previsto dall’art. 5, comma 2 -ter , del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni ed integrazioni, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero in Italia». Il giudice di appello ha tratto conferma della natura tributaria del contributo di cui all’art. 5, comma 2ter dalla destinazione che l’art. 14 -bis del medesimo d.lgs. n. 286 del 1998 contempla per il gettito conseguito attraverso la riscossione dello stesso (metà nel Fondo rimpatri istituito presso il Ministero dell’interno e finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza; la quota residua assegnata allo stato di previsione del Ministero dell’interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno).
Dalla qualificazione del contributo in termini di prelievo di carattere tributario il Tribunale di Napoli ha desunto la sussistenza della
giurisdizione tributaria sulla domanda di rimborso dell’indebito, con conseguenza fondatezza dell’appello.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello tributario.
Ha depositato memoria altresì il ricorrente in data 11 aprile 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Non rileva la dedotta connessione del ricorso in esame ad altro ricorso pendente, proposto dalla coniuge di NOME COGNOME e vertente su analoga questione, prevalendo, nella specie, sull’opportunità della riunione, le esigenze di economia processuale interna di questo singolo processo.
1.L’unico motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 5 e 37 c.p.c., degli artt. 2, 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 2033 c.c., sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario. Il ricorrente sostiene che il Tribunale di Napoli avrebbe errato nel ritenere non sussistenti il riconoscimento formale della non debenza del tributo da parte dei Ministeri convenuti e il conseguente diritto del contribuente al rimborso. La censura espone che si tratta di ‘ credito relativo a somme indebitamente percepite, certo, liquido, determinato ed esigibile, oltreché fondato su prove scritte, tra l’altro provenienti dagli stessi ministeri condannati in primo grado, i quali, con i suindicati decreti e circolari hanno sin dal 2016 pacificamente riconosciuto la debenza delle somme indebitamente percepite a titolo di tassa per il rilascio del permesso di soggiorno e la relativa quantificazione ‘.
I Ministeri controricorrenti replicano che il riconoscimento del debito di rimborso da parte dell’Amministrazione, idoneo a radicare la giurisdizione ordinaria, postula ‘ un atto formale che riguardi la posizione del singolo contribuente ‘, e non può dirsi, invece, integrato
‘ dall’emanazione di un atto amministrativo che riguardi in modo indeterminato la posizione di vari contribuenti ‘.
2.- Il ricorso è infondato.
2.1. – Ritenuto che il contributo al cui versamento è sottoposta la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno, ai sensi dell’art. 5, comma 2 -ter , del d.lgs. n. 286 del 1998, presenta i caratteri del tributo (determinando una decurtazione patrimoniale non integrante modifica di un rapporto sinallagmatico e collegata al finanziamento di pubbliche spese), opera il consolidato principio secondo cui per le controversie aventi ad oggetto richieste di rimborso dei tributi (quale quella in esame) la giurisdizione generale tributaria ex art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 può essere esclusa – in favore del giudice ordinario, configurandosi un’ordinaria azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. -nel solo caso in cui l’Amministrazione abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sicché non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria, il ” quantum ” del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato, ovvero allorché la certezza dell’indebito derivi da una sentenza passata in giudicato (tra le tante, dal ultimo Cass. Sez. Un. n. 761 e n. 37455 del 2022; n. 12150 del 2021).
Tale conclusione non muta nel caso in cui, come nella specie, il petitum sostanziale della domanda, da valutare ai fini della individuazione della giurisdizione, deduca la ripetibilità del tributo versato secondo l’ordinaria disciplina dell’indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) quale effetto dell’annullamento giudiziale di un decreto ministeriale di determinazione dei relativi importi, nonché dell’osservanza di istruzioni e circolari all’uopo diramate dall’amministrazione, giacché per potersi ravvisare un indebito di diritto comune, tale da radicare la giurisdizione ordinaria, occorre,
come già ribadito, un esplicito riconoscimento del diritto al rimborso spettante al singolo contribuente e la quantificazione della specifica somma a lui dovuta in restituzione.
-Non depongono in senso contrario i precedenti citati dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c. (Cass. Sez. Un. n. 15930 e n. 22091 del 2023), ove si rilevava, piuttosto, la formazione del giudicato interno sulla affermata giurisdizione del giudice ordinario.
Il ricorso va perciò rigettato, dichiarando la giurisdizione del giudice tributario.
In ragione della novità della questione trattata, possono compensarsi per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice tributario e compensa fra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite