Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27093 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27093 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
REGISTRO CAPARRA CONFIRMATORIA PRELIMINARE CONSENSUALMENTE RISOLTO CON RESTITUZIONE SOMME VERSATE A TITOLO DI CAPARRA
sul ricorso iscritto al n. 25026/2020 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA ed ivi residente in INDIRIZZO, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
per la cassazione della sentenza n. 5281/5/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 20 dicembre 2019, non notificata;
UDITA la relazione svolta all’udienza del 3 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è il diniego di rimborso dell’imposta proporzionale di registro versata nella misura di 8.500,00 € dal contribuente in sede di registrazione del contratto preliminare di vendita, poi consensualmente risolto, sulla somma corrisposta a titolo di caparra confirmatoria;
la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 94/7/2018 della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che:
il patto di caparra costituisce un contratto con propria causa, vale a dire con una propria funzione economico sociale distinta da quella del contratto da essa confermato, la quale, nei casi in cui sia inserita in un preliminare, è soggetta a imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,5%, autonoma rispetto al contratto preliminare, in quanto, agli effetti di quanto previsto dall’art. 21 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, si caratterizza come contratto accessorio, soggetto a tassazione separata, avendo un’autonomia contrattuale rispetto al preliminare;
-solo quando venga perfezionato il contratto definitivo la caparra confirmatoria muta la propria natura giuridica (di natura risarcitoria), divenendo parte del corrispettivo pattuito, mentre ove il contratto definitivo non venga stipulato, la caparra conserva la predetta natura giuridica e, conseguentemente, quanto corrisposto a titolo di tassazione, rimane acquisito all’erario, a nulla rilevando che nella specie, le parti siano pervenuti ad una risoluzione consensuale del contratto e le parti, concordemente, abbiano ritenuto di non far
valere la clausola della caparra confirmatoria, stabilendo la sola restituzione di quanto a tale titolo corrisposto, giacchè tale sorte non ha modificato la natura giuridica della caparra e non l’ha trasformata in semplice acconto del prezzo di vendita convenuto;
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo il 23/25 settembre 2020, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui agli artt. 83 d.l. 17 marzo 2018, n, 18 e 36, d.l. 8 aprile 2020, n. 23, formulando un unico motivo di impugnazione;
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 3 novembre 2020.
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di ricorso l’istante ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 10 e relativa Nota, della Tariffa Parte I allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, concernente gli “Atti soggetti a registrazione in termine fisso. Contratti preliminari”, nonché degli artt. 1385 e 1362 cod. civ., ponendo in rilievo che:
-l’impugnata sentenza ha aderito alla tesi dell’RAGIONE_SOCIALE, a sua volta basata sulla risoluzione 1° agosto 2007, n 197/E, senza svolgere il doveroso scrutinio sui contenuti del contratto preliminare stipulato tra le parti (consensualmente risolto, così sterilizzando qualunque ipotesi di inadempimento e di responsabilità precontrattuale), considerato fonte della tassazione proporzionale di registro, così pervenendo a conclusioni inique e contra legem , avallando, in ultima analisi, un vero e proprio arricchimento senza causa da parte dell’Erario;
non è vero che la caparra abbia solo natura risarcitoria, avendo la Corte di cassazione chiarito che essa ha, in realtà, natura composita (consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili) e funzione eclettica, in quanto è volta a garantire
l’esecuzione del contratto (venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte), consentendo, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice, indicando la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento dell’altro contraente e, in caso di inadempimento, assicurando alla parte non inadempiente la scelta tra l’esercitare il diritto di recesso ex art. 1385 cod. civ. ed incamerare definitivamente la caparra a titolo di risarcimento del danno o proporre l’azione ordinaria di risoluzione e trattenere la caparra solo a titolo di acconto e garanzia sul risarcimento del danno, del quale la parte è però tenuta a dar prova;
-rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE clausole contrattuali secondo i criteri di cui all’art. 1362 cod. civ. ed il Giudice del gravame ha violato anche i relativi canoni ermeneutici, avendo valorizzato esclusivamente l’espressione testuale “caparra confirmatoria” senza alcuna espressa motivazione, « escludendo per converso, nella doverosa ricognizione della natura e della funzione dell’acconto versato in sede di preliminare, qualunque rilevanza agli ulteriori elementi testuali desumibili dal contenuto del contratto, alla volontà RAGIONE_SOCIALE parti e al loro comportamento successivo alla stipulazione del contratto preliminare (e, quindi, alla stipulazione della risoluzione consensuale del contratto preliminare), ritenendo, nella sostanza, che l’unica funzione attribuibile ex lege alla clausola confirmatoria ivi prevista sia quella risarcitoria nell’ipotesi di mancata stipulazione del contratto definitivo» (v. pagine nn. 24 e 25 del ricorso);
-dall’esame del contenuto del preliminare emerge che la somma di 1.7000.000,00 € versata a titolo di caparra è stata considerata imputabile quale acconto sul prezzo nel caso di stipula del definitivo di compravendita, apparendo quindi chiara la volontà RAGIONE_SOCIALE parti di assegnare a tale datio la funzione anticipatoria del prezzo anche in ragione del fatto che costitutiva quasi la metà del corrispettivo stabilito, come poi dimostrato dal successivo negozio di risoluzione
del contratto di compravendita in cui le parti stabilirono la restituzione integrale della caparra, dovendo quindi negarsi la sua funzione risarcitoria ed essendo invece verosimile ritenere che l’ingente somma corrisposta a titolo di caparra fosse finalizzata ad estinguere i debiti del venditore e ad ottenere la cancellazione RAGIONE_SOCIALE ipoteche iscritte sul bene promesso in vendita, con ciò confermando la sua preminente funzione di anticipazione del prezzo;
-la previsione dell’art. 10 della Tariffa Parte I allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n, 131 prevede – come regola generale – una tassa fissa per i contratti preliminari di ogni specie, mentre l’art. 6 della relativa Nota stabilisce la misura proporzionale dello 0,5% nel caso di datio a titolo di caparra confirmatoria e la più elevata misura proporzionale di cui al precedente art. 9 in caso di acconto sul prezzo non soggetto ad IVA;
le previsioni di cui alla citata Nota sono eccezioni al regime ordinario di cui al menzionato art. 10 e la Corte di cassazione con la pronuncia del 17 giugno 2007, n. 14028 aveva chiarito che una « simile eccezione – per cui l’imposta è (parzialmente) dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare – è totalmente priva di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato (o debba essere) restituito» e che «la disposizione eccezionale prevedente l’anticipazione d’imposta, da computare in quella “principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo” – come recita, infine, la nota aggiunta al citato articolo 10 della tariffa- non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del contratto definitivo non segua affatto, per mancata stipula di questo. In tal caso, l’imposta parziale, anticipatamente versata, risulta indebitamente trattenuta dal fisco che, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nell’art. 77 del D.P.R. n. 131 del 1986» (v. pagina n. 29 del ricorso);
2. il ricorso risulta fondato;
sono pacifici i fatti di causa, emergendo anche dal resoconto RAGIONE_SOCIALE parti e dalla stessa sentenza, che, in occasione della registrazione del preliminare, venne corrisposta dal contribuente l’imposta di registro nella sua quota fissa e variabile (sottoposta all’aliquota dello 0,50%), quest’ultima in relazione alla caparra confirmatoria ivi stabilita, e che detto preliminare venne consensualmente risolto senza ritenzione della somma a tale titolo versata, che venne infatti restituita all’istante; il ricorrente, quindi, chiese all’RAGIONE_SOCIALE il rimborso della quota variabile, ma l’Ufficio oppose diniego, richiamando l’art. 10 d.P.R. 29 aprile 1986, n. 131 (nella parte in cui prevede che dall’ammontare dell’imposta principale dovuta per la registrazione del definitivo dovrà essere detratta l’imposta pagata al momento della registrazione del preliminare) e la circolare n. 37 del 10 giugno 1986, parte n. 46, secondo cui, ove il contratto definitivo non venga posto in essere, le somme riscosse restano definitivamente acquisite all’Erario;
diversamente da quanto ritenuto dal contribuente il Giudice dell’appello non ha considerato che la caparra confirmatoria avesse una unica natura (risarcitoria), avendo invece riconosciuto la molteplicità RAGIONE_SOCIALE funzioni da essa svolte, osservando che disvela, da un lato, la natura di parte del corrispettivo dovuto in caso di adempimento del contratto, mentre conserva quella risarcitoria nell’ipotesi in cui il contratto definitivo non venga stipulato; e ciò, in linea con la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis , Cass., Sez. V, 17 marzo 2020, n. 7340; Cass., Sez. T, 8 febbraio 2019, n. 3736; Cass., Sez. VI/T., 20 maggio 2015, n. 10306; Cass. , Sez. Un., 4 febbraio 2009, n. 2634), che ha riconosciuto le autonome funzioni che assume il versamento di un importo in sede di stipula di un contratto preliminare (anticipazione del prezzo, nel caso di regolare esecuzione del contratto preliminare; risarcimento forfetario, in caso d’inadempimento di questo), richiedente un’attività di accertamento dell’effettiva volontà RAGIONE_SOCIALE parti da parte del giudice di merito (cfr. Cass., Sez. V, 30 dicembre 2020, n. 29859 e Cass., Sez. V, 23 giugno 2021, n. 17868);
la Commissione regionale ha anche ritenuto che la natura risarcitoria della caparra confirmatoria in esame dovesse essere confermata, una volta non addivenuti alla stipula del preliminare, anche in caso di risoluzione del contratto con la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme versate, sulla base di un apprezzamento fattuale che ha tenuto conto, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ. evocato dall’istante, anche del comportamento successivo RAGIONE_SOCIALE parti, in termini non sindacabili nel merito da questa Corte, a prescindere dalla sua condivisione o meno;
la ragione essenziale dell’istanza di rimborso e la rivendicazione, nella delineata fattispecie (risoluzione consensuale del preliminare di vendita con retrocessione della somma all’epoca versate dal promissario acquirente) di una tassazione solo nella sua misura fissa riposa, in realtà, non tanto nella natura del versamento (se a titolo di acconto e/o anticipazione oppure di mera caparra), ma nel fatto sopravvenuto della risoluzione del contratto preliminare con restituzione della somma versata in occasione dell’atto poi risolto;
al netto della nuova imposizione su tale atto risolutivo che non interessa il presente giudizio, la Commissione regionale ha ritenuto che le somme versate a titolo di imposta di registro (per la quota variabile) dovessero essere incamerate dall’Ufficio, con ciò confermando quanto previsto dalla predetta, risalente, circolare, secondo cui: « Naturalmente nel caso in cui il contratto definitivo non venga posto in essere, le somme riscosse in sede di registrazione di quello preliminare rimarranno definitivamente acquisite all’Erario ». Senonché, tale soluzione non ha appoggio normativo, né la circolare può assumere efficacia vincolante nell’attività interpretativa, giacchè nella materia tributaria essa non è fonte del diritto, mentre «il rapporto giuridico fra Ente impositore e contribuente è regolato interamente dalla legge; l’Amministrazione non può individuare l’ an, il quantum, il quomodo ed il quando della prestazione tributaria gravante sul singolo contribuente, dovendo, al contrario, procedere alla mera attuazione del dictum normativo, previa esegesi RAGIONE_SOCIALE disposizioni rilevanti che, tuttavia, ha un valore del tutto equi-
ordinato a quella operata dal contribuente; in caso di contenzioso grava sul Giudice adito l’enucleazione del corretto significato da attribuire alle disposizioni, senza che abbia rilievo decisivo l’orientamento esegetico dell’Amministrazione, ove pure espresso in atti formali (quale appunto la circolare interpretativa)» (così, Cass. Sez. Un., 6 giugno 2024, n. 15886; nello stesso senso, tra le tante, Cass., Sez. VI/T., 27 gennaio 2023, n. 2649; Cass., Sez. VI/T. 9 marzo 2022, n. 7626; Cass., Sez. T., 30 settembre 2020, n. 20819 e Cass., Sez. Un., 2 novembre 2007, n. 23031);
il quadro normativo è dettato dall’art. 10 cit. che sottopone il preliminare a tassazione fissa e stabilisce, nella Nota, che: «Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6 (ndr. aliquota proporzionale dello 0,50%); se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti alla imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, comma 2, e 40 del testo unico si applica il precedente art. 9 (ndr. aliquota proporzionale del 3%);
come osservato da questa Corte nell’analogia della fattispecie (preliminare non seguito da definitivo) «La controversia si riduce, quindi, a questo specifico punto: se, in mancanza di stipula del contratto definitivo, nulla sia dovuto al fisco, oltre la tassa fissa gravante sul contratto preliminare in quanto tale, sicché la somma versata in eccedenza debba essere restituita; ovvero, se l’imposta anticipata, nella suddetta misura proporzionale, sull’acconto versato in sede di stipula del preliminare, non sia rimborsabile, quand’anche manchi del tutto la stipula del contratto definitivo» (così Cass., Sez. T, 15 giugno 2007, n. 14028);
9.1. detto arresto ha, quindi, chiarito che
-« essendo dovuta per i contratti preliminari “di ogni specie” solo l’imposta fissa – quale imposta sull’atto, non sui suoi effetti, come prescrive la Legge di registro, art. 1, anche quello in esame deve, in origine, scontare tale imposta ;
«Quanto all’imposta proporzionale da versare in anticipo sugli acconti, si osserva che simile eccezione – per cui l’imposta è (parzialmente) dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare – è totalmente priva di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato (o debba essere) restituito»;
«A questo proposito, non vale osservare che nessuna norma prevede la restituzione dell’imposta versata sull’acconto, in eccedenza rispetto alla misura fissa, quando il contratto definitivo venga a mancare».
-«In realtà, la disposizione eccezionale prevedente l’anticipazione d’imposta, da computare in quella “principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo” – come recita, infine, la nota aggiunta al citato articolo 10 della Tariffa – non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del contratto definitivo non segua affatto, per mancata stipula di questo. In tal caso, l’imposta parziale, anticipatamente versata, risulta indebitamente trattenuta dal fisco che, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77» (così Cass., Sez. T, 15 giugno 2007, n. 14028);
tale ordine di idee è stato successivamente ribadito da questa Corte, ulteriormente precisandosi che:
-« dal punto di vista fiscale la vicenda preliminaredefinitivo è unitaria sicché non si comprenderebbe come la tassazione del contratto preliminare per il quale sono previsti acconti possa eccedere quella (prevista con l’applicazione dell’imposta in misura fissa) del contratto definitivo. A tale ragionamento si oppone una fondamentale riflessione in termini di capacità contributiva»;
-«In tanto il contratto preliminare è tassato in quanto considerato “un tutt’uno” con il contratto definitivo, essendo unica la manifestazione di capacità contributiva espressa dalla sequenza
“preliminare/definitivo”, che si realizza però solo al momento della stipula del definitivo»;
«La tassazione del contratto preliminare è, infatti, una mera anticipazione del carico tributario dovuto per la stipula del contratto definitivo, in quanto solo con la stipula del contratto definitivo il contribuente manifesta la propria capacità contributiva: pertanto, da un lato, la tassazione con l’imposta proporzionale dell’acconto del contratto preliminare, a prescindere dal contratto definitivo, rappresenterebbe un prelievo non supportato da alcuna manifestazione di capacità contributiva; dall’altro appare una valutazione incongrua a fronte di una tassazione del definitivo in misura fissa»;
«Se si aderisce a questa tesi, deve necessariamente darsi ingresso anche ad un diritto al rimborso dell’importo pari alla maggiore tassazione del contratto preliminare rispetto al contratto definitivo, con la conseguenza che tale tassazione verrebbe applicata solo temporaneamente, con la consapevolezza che, in caso di mancata stipula del definitivo, essa darà luogo a un diritto di rimborso» (così, Cass., Sez. T., 27 giugno 2021, n. 17904 e, nel medesimo senso dell’unitarietà logico -giuridica della sequenza preliminare-definitivo anche agli effetti fiscali, v. Cass., Sez. T., 15 dicembre 2017, n. 30192);
non vi sono ragioni per non dar seguito a tale orientamento, per cui il ricorso va accolto e, non occorrendo accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente, disponendo in suo favore il rimborso della somma di 8.500,00 €, oltre interessi, con decorrenza dalla prima istanza di rimborso;
le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente, disponendo in suo favore il rimborso della somma di 8.500,00 €, oltre interessi, con decorrenza dalla prima istanza di rimborso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, che liquida in favore di NOME COGNOME, a titolo di competenze, per il primo grado nella somma di 1.500,00 €, oltre accessori, per il secondo nella somma di 2.000,00 €, oltre accessori e, per il presente grado di giudizio, nell’importo di 2.500,00 €, oltre accessori ed alla somma di 200,00 € per spese vive.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 luglio 2024.