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Ricorso per revocazione: errore di calcolo del termine

Una società proponeva ricorso per revocazione contro una decisione della Cassazione che aveva dichiarato inammissibile un suo precedente ricorso per tardività. La società sosteneva un errore di fatto nel calcolo del termine semestrale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso per revocazione inammissibile, chiarendo che l’errata interpretazione o applicazione delle norme sui termini processuali costituisce un errore di diritto e non un errore di fatto, motivo per cui non rientra tra i casi ammessi per la revocazione.

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Ricorso per revocazione: quando un errore di calcolo non è un errore di fatto

Il ricorso per revocazione rappresenta uno strumento eccezionale nel nostro ordinamento, un’ultima spiaggia per correggere errori gravi che hanno viziato una decisione giudiziaria ormai definitiva. Tuttavia, i suoi confini sono rigorosamente definiti dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: un errore nel calcolo di un termine processuale non è un ‘errore di fatto’ che giustifica la revocazione, bensì un ‘errore di diritto’, che non può essere fatto valere con questo mezzo di impugnazione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’iscrizione di ipoteca su diversi immobili di una società, eseguita da un Agente della riscossione per un credito iscritto a ruolo. La società contribuente ha impugnato l’atto, dando inizio a un lungo percorso giudiziario. Dopo un esito sfavorevole sia in primo che in secondo grado presso le Commissioni Tributarie, la società ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

Con una prima sentenza, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché proposto oltre il termine semestrale previsto dalla legge. Secondo i giudici, il termine era scaduto il 19 novembre 2012, mentre la notifica del ricorso era avvenuta solo il 3 dicembre 2012.

La Decisione della Corte e il ricorso per revocazione

Contro questa decisione, la società ha proposto un ricorso per revocazione, sostenendo che la Corte fosse incorsa in un errore di fatto. L’errore, secondo la ricorrente, consisteva nel calcolo della sospensione feriale dei termini, che avrebbe dovuto essere di 46 giorni e non di 31, portando la scadenza proprio al 3 dicembre 2012, data della notifica. Si trattava, a loro avviso, di una svista materiale e non di una valutazione giuridica.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha però respinto questa tesi, dichiarando il ricorso per revocazione inammissibile.

L’inammissibilità del ricorso per revocazione per errore di diritto

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra ‘errore di fatto’ ed ‘errore di diritto’. La revocazione è ammessa solo nel primo caso, ovvero quando il giudice ha fondato la sua decisione su una percezione errata della realtà processuale (es. ritenere esistente un documento che non c’è, o viceversa).

La distinzione tra errore di fatto ed errore di diritto

L’errore di diritto, invece, riguarda l’errata interpretazione o applicazione di una norma giuridica. Secondo la Corte, il calcolo dei termini processuali, inclusa la durata della sospensione feriale, è un’operazione che implica l’applicazione di norme procedurali. Un eventuale sbaglio in questo calcolo non è una svista su un fatto, ma una valutazione giuridica errata, ossia un error iuris.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la propria giurisprudenza consolidata, anche a Sezioni Unite. È stato affermato che ‘l’infondata lettura della data per calcolare il termine di impugnazione’ non integra un errore di fatto, bensì ‘una errata interpretazione e applicazione di norme processuali’. In altre parole, contestare il modo in cui il giudice ha calcolato una scadenza significa contestare la sua interpretazione della legge sui termini, non una sua errata percezione di un fatto materiale. L’istituto della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., non è stato creato per offrire un’ulteriore possibilità di appello contro presunti errori di giudizio, ma solo per rimediare a vizi specifici e gravi che minano la stessa percezione della realtà processuale su cui si fonda la sentenza.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che un errore nel calcolo dei termini di impugnazione, derivante da un’errata applicazione delle norme sulla sospensione feriale, è un errore di diritto e non di fatto. Tale errore non può quindi essere fatto valere attraverso il ricorso per revocazione. Questa pronuncia ribadisce la natura eccezionale di tale rimedio e traccia una linea netta tra gli errori di valutazione giuridica, non sindacabili con questo strumento, e gli errori di percezione fattuale, unici a poter giustificare la riapertura di un processo concluso.

Quando è ammissibile un ricorso per revocazione?
Il ricorso per revocazione è un mezzo di impugnazione straordinario ammissibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge, come un errore di fatto palese e decisivo che emerge dagli atti di causa, ma non per un errore di diritto.

Un errore nel calcolo di un termine processuale è considerato un errore di fatto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un errore nel calcolo di un termine processuale, come quello relativo alla sospensione feriale, non costituisce un errore di fatto, bensì un errore di diritto, in quanto riguarda l’interpretazione e l’applicazione di norme processuali.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per revocazione?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza impugnata e, come in questo caso, comporta per la parte ricorrente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, se previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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