Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17889 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 19560/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale avvEMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli uffici di questi ultimi in Roma, INDIRIZZO domicilio digitale
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 507/2021 del Tribunale di Cosenza, depositata in data
2.3.2021;
udita la relazione sulla causa svolta nella adunanza camerale del 17 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose opposizione all’intimazione di pagamento n. 034 2018 90046815 84/000, notificatale in data 9.07.2018, relativa a cinque cartelle di pagamento, lamentando la mancata notificazione delle stesse e deducendo di avere avuto conoscenza dei ruoli sottesi a tali cartelle soltanto in data 14.12.2017, tramite una istanza di accesso agli atti inoltrata a ll’agente della riscossione . Chiese, pertanto, di accertare e dichiarare l’inesistenza delle cartelle di pagamento e la non debenza delle somme intimate. Nelle more, la COGNOME propose autonoma impugnazione contro alcune cartelle esattoriali, tra cui quattro di quelle sottese all’intimazione di pagamento oggetto di questo giudizio. Tale impugnazione venne definita dal Tribunale di Cosenza con sentenza n. 2425/2019 del 28.11.2019, che le annullò a causa della irritualità della loro notifica. Stante tale statuizione di annullamento, il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 02.03.2021 n. 507, accolse l’opposizione all’intimazione di pagamento per cui è processo in relazione alle sole quattro cartelle già annullate con la predetta sentenza, mentre rigettò l’opposizione, nella parte concernente la cartella di pagamento non autonomamente impugnata, ovvero la n. 034 2016 0028833429000, ritenendo compiute tutte le attività necessarie ex art. 140 c.p.c. e considerando, pertanto, produttiva di effetti la notifica effettuata da ll’agente della riscossione .
Avverso detta sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla scorta di due motivi, cui resiste Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), subentrata per
legge alle società del Gruppo Equitalia, con controricorso. Ai sensi dell’art. 380 -bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la ‘ Inesistenza della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA a base della impugnata intimazione per mancata notifica, per inesistenza della notifica ovvero per violazione delle regole procedurali di notifica. Violazione della procedura di notificazione stabilita dall’art. 26 DPR 602/73 in combinato disposto con l’art. 140 cpc (irreperibilità relativa) ‘, nonché per ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n.3 cpc e violazione di legge ex art. 111 c. 7 e 24 Cost. nonché art. 26 DPR 602/1973 e 140 cpc a seguito della declaratoria di incostituzionalità con sentenza n. 258/2012 ed a seguito della sentenza Cass. SS. UU. N.10012/2021 ‘.
1.2. -Con il secondo motivo si denuncia la ‘ Violazione delle norme processuali civilistiche in tema di produzione documentale art. 153 cpc in relazione all’art. 166 cpc e 190 cpc (..) per avere il giudice di prime cure ritenuto implicitamente ammissibile il deposito di documenti in sede di precisazione conclusioni con evidente violazione degli artt. 111 e 24 della Costituzione ‘.
2.1 -Il primo motivo è inammissibile, giacché non viene riprodotta o riassunta la relata della notifica della cartella che si assume addirittura inesistente, sicché la ricorrente finisce col discuterne, in ricorso, in termini del tutto incomprensibili. D’altra parte, è noto che ‘ In tema di ricorso per cassazione, ove sia dedotto il vizio di una relata di notifica, la trascrizione integrale della medesima si rende necessaria soltanto qualora sia strettamente funzionale alla comprensione del
motivo, atteso che l’adempimento dei requisiti di contenuto-forma previsti dall’art. 366 c.p.c. non è fine a sé stesso, ma è strumentale al dispiegamento della funzione che è propria di detti requisiti ‘ (Cass. n. 1150/2019). È proprio questo il caso, tanto più che si discute di una notifica avviata ai sensi dell’ art. 60 d.P.R. 600/73 e poi perfezionatasi (come pure accertato dal Tribunale) ai sensi dell’art. 140 c.p.c.
3.1 -Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Infatti – a fronte della eccezione sollevata dalla controricorrente, che assume che, proprio in forza del casuale accesso agli sportelli dell’esattore da parte della COGNOME (questione già decisa, inter partes , da Cass. n. 21729/23), la ricorrente aveva già versato in atti l’intera documentazione fornitale in quell’occasione, compresa la relata di notifica in discussione -la COGNOME non precisa in ricorso quale fosse il contenuto della documentazione da essa ricorrente prodotta nel presente giudizio, dopo averla acquisita spontaneamente presso gli sportelli dell’esattore . Il mezzo, dunque, si palesa redatto in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.
In proposito, nel richiamare, per brevità, la motivazione di Cass. n. 15445/2023, che il Collegio condivide, può osservarsi che ancora assai di recente, con riguardo al testo previgente della citata disposizione processuale (che è qui applicabile), è stato anche affermato che ‘ Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e
dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata ‘ (Cass. n. 1352/2024).
4.1 -Il ricorso è dunque inammissibile.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite , che liquida in € 5.900,00 per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno