Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24041 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24041 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
Oggetto:
contributi RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24586/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del commissario straordinario legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Puglia n. 621/2022 pubblicata l’8 marzo 2022 ;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
La controversia ha ad oggetto un ricorso avverso un’ ingiunzione di pagamento (n. 0201912) con cui il RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente) ha chiesto a NOME COGNOME il pagamento di contributi consortili relativi all’anno 2014 .
La CTP ha accolto il ricorso con annullamento dell’avviso di pagamento.
La CTR ha dichiarato improcedibile l’appello , in quanto notificato tardivamente.
Il ricorrente propone ricorso fondato su un unico motivo e deposita istanza di cessazione della materia del contendere; la controricorrente si costituisce con controricorso e deposita memoria.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art . 149 cod. proc civ., deducendo in proposito di avere tempestivamente notificato l’appello con consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario in data 7 settembre 20 17. Chiede, pertanto, la rimessione degli atti ai giudici di primo grado per la discussione del merito.
Nel corso del giudizio il ricorrente ha depositato un’ istanza di cessazione della materia del contendere, rappresentando: di avere presentato ricorso per revocazione della sentenza oggi impugnata; di avere in data 18 ottobre 2022 proposto ricorso per cassazione, oggetto del presente giudizio; la CTR della Puglia (sentenza n. 3072/2022, del 18 novembre 2022) ha accolto la domanda di revocazione della sentenza oggi in esame,
disponendo la rimessione della causa alla CTP per la necessaria costituzione del contraddittorio fra le parti interessate.
Il ricorrente ha, quindi, chiesto che venga dichiarata l’ inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse con compensazione delle spese di lite, senza applicazione del doppio contributo unificato.
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine al rapporto fra il processo di cassazione ed il giudizio di revocazione si evidenzia che, mentre in precedenza, la proposizione della revocazione comportava ex lege la sospensione del giudizio di cassazione, impedendo la contemporanea pendenza dei due giudizi, l’art. 398 c.p.c., come modificato ai sensi della legge 26 novembre 1990, n. 353, consente di regola la contemporanea pendenza dei due giudizi, con un temperamento. È fatta, comunque, salva la possibilità per le parti di chiedere la sospensione del termine per proporre il ricorso per cassazione o del giudizio di cassazione stesso.
Si prevede infatti , all’ultimo comma, che «la proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia, il giudice davanti a cui è proposta revocazione, su istanza di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta».
Deve in proposito, inoltre, essere richiamato il principio di legittimità per cui la notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante, sia per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione. Ne consegue che la tempestività
del successivo ricorso per cassazione va accertata, non soltanto, con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7261/2013, Rv. 625600 -01, Sez. 5, n. 22220/2019, Rv. 654828 – 01).
Il principio costituisce applicazione di un consolidato orientamento per il quale la notificazione di un’impugnazione equivale, sia per la parte notificante, sia per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre altro tipo di impugnazione (Cass. Sez. 5, n. 17309/2017, Rv. 644903 -01, Sez. 2, n. 474/2019, Rv. 652297 -01, Sez. 3, n. 26427/2020, Rv. 659861 -01, Sez. 3, n. 28131/2021, Rv. 662728 – 02).
Non risulta dalla sentenza di revocazione che sia stata disposta la sospensione del termine per ricorrere in cassazione e, dunque, per la tempestività del ricorso, occorre avere riguardo all’osservanza del termine breve di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ., secondo il quale il termine per proporre impugnazione è di sessanta giorni.
Nel caso di specie il ricorrente ha notificato il ricorso per revocazione ordinario in data 25 maggio 2022, mentre ha proposto ricorso per cassazione avverso la stessa sentenza in data 8 ottobre 2022, quando ormai era scaduto il termine di giorni 60 di cui all’art. 325 , comma 2, cod. proc. civ.
Da quanto sopra esposto il ricorso è originariamente inammissibile, in quanto non proposto tempestivamente.
Non coglie nel segno il precedente invocato dal ricorrente che riguarda, invece, il caso di una pronuncia di revocazione intervenuta nel l’ipotesi in cui il ricorso per cassazione era stato tempestivamente proposto.
È stato già chiarito in sede di legittimità che, qualora il giudice d’appello provveda alla revocazione della propria decisione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, per essere cessata la materia del contendere nel giudizio di cassazione. A nulla rileva, infatti, che la sentenza di revocazione potrebbe a sua volta essere impugnata in cassazione, in quanto l’eventuale impugnazione costituisce una mera possibilità, mentre la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso per cassazione è attuale, essendo venuta meno la pronuncia che ne costituiva l’oggetto. Alla cessazione della materia del contendere consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse ad agire e, quindi, anche ad impugnare, deve sussistere, non solo, nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche, nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass., Sez. 5. n. 41509 del 2021, sez. 3, 2 aprile 2021, n. 9201, Rv. 661077 – 01; Cass., sez. un., 28 aprile 2017, n. 10553; Cass., sez. un., 29 novembre 2006, n. 25278; Cass., sez. 2, 12 novembre 2007, n. 23515; Cass., sez.2, 25 settembre 2013, n. 21951).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 700,00, per compensi, oltre € 200,00 per esborsi , rimborso forfettario e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19 gennaio 2024.