Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10341 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
REVOCAZIONE
sul ricorso iscritto al n. 38293/2019 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura speciale e nomina da considerarsi poste in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
per la revocazione dell’ordinanza n. 11572/2018 della Corte di cassazione, depositata l’11 maggio 2018.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 24 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la suindicata ordinanza questa Corte, prendendo atto che il ricorso proposto da NOME COGNOME, notificato all’Agenzia delle Entrate il 30 giugno 2017, non era stato depositato, lo dichiarava improcedibile, condannando l’istante al pagamento delle spese processuali, che liquidava in 2.000,00 € per competenze, oltre alla corresponsione delle somme prenotate a debito ed al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Con ricorso notificato all’Agenzia delle Entrate in data 6 dicembre 2019, NOME COGNOME proponeva ricorso per revocazione della menzionata ordinanza sulla base di due motivi, depositando in data 14 gennaio 2025, memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
3 . L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 18/19 dicembre 2019, pure illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha premesso, in punto di fatto e per quanto rileva nella sede che occupa, quanto segue:
-di aver notificato all’Agenzia delle Entrate, in data 30 giugno 2017, ricorso per cassazione contro la sentenza n. 9872/6/2016 della Commissione tributaria regionale del Lazio;
di aver rinunciato alla predetta impugnazione con atto del 14/18 luglio 2017, stante la dedotta impossibilità di depositare l’originale del ricorso notificato per un disguido dell’UNEP presso la Corte d’appello di Roma;
-che in data 2 agosto 2017 l’Agenzia delle Entrate notificava il proprio controricorso per, poi, il 25 agosto 2017, accettare la rinuncia al ricorso presentata dalla ricorrente;
-che il 14 settembre 2017 l’Avvocatura dello Stato provvedeva ad iscrivere a ruolo il giudizio innanzi a questa Corte, la quale decideva nel senso sopra indicato.
All’esito di tale riepilogo, la ricorrente ha articolato come si diceva -due motivi di ricorso, ponendo preliminarmente in rilievo, ai fini della dimostrazione della tempestività dell’impugnazione, di aver ricevuto conoscenza dell’ordinanza impugnata il 6 novembre 2019, epoca della sua notifica, e chiedendo, in subordine, di essere rimessa in termini, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., per la proposizione del presente ricorso, stante la sua incolpevole ignoranza del giudizio deciso con l’ordinanza oggetto di revocazione.
Con il primo motivo la ricorrente ha impugnato la suindicata ordinanza ai sensi degli artt. 395, primo comma, num. 4 c.p.c. e 391bis c.p.c., segnalando l’errore revocatorio di fatto in cui sarebbe caduta la Corte nel non essersi avveduta, per svista percettiva, che agli atti del fascicolo risultavano (sin dal 14 settembre 2017) essere stati depositati sia la rinuncia al predetto ricorso del 14/18 luglio 2017, che la sua accettazione del 25 agosto 2017 da parte dell’Agenzia delle Entrate, con la conseguenza che il giudizio doveva essere dichiarato estinto, con compensazione delle spese di giudizio, stante la predetta accettazione e senza condannare l’istante al
pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Con il secondo motivo, avanzato in via meramente subordinata, la ricorrente ha dedotto, a mente degli art. 391ter c.p.c. e 395, primo comma, num. 1, c.p.c., l’ipotesi di revocazione per dolo dell’Agenzia dell’Entrate, la quale aveva provveduto ad iscrivere la causa a ruolo, nonostante l’intervenuta accettazione della rinuncia e senza che nell’atto di accettazione venisse fatta menzione della predetta iscrizione, così sviando la ricorrente, che aveva confidato nel fatto che non pendesse alcun procedimento e senza evidenziare alla Corte le citate condizioni per dichiarare estinto il giudizio.
Il ricorso va dichiarato inammissibile in ragione della sua tardività, non ricorrendo, ai sensi dell’art. 327, secondo comma, c.p.c., la condizione dell’incolpevole e/o involontaria ignoranza della pendenza del suindicato processo (cfr., su tale condizione, tra le tante, Cass., Sez. III, 11 ottobre 2023, n. 28425, Cass., Sez. T, 8 novembre 2022, n. 32777; Cass., Sez. T, 9 dicembre 2020, n. 28045).
Come sopra esposto, alla luce della cronologia degli eventi sopra riepilogati, va preso atto che la ricorrente riceveva la notifica del controricorso in data 2 agosto 2017, dopo che la stessa aveva provveduto a notificare all’Agenzia delle Entrate (in data 18 luglio 2017) la rinuncia all’impugnazione.
Tale circostanza avrebbe dovuto suggerire all’istante secondo i canoni di un optimus pater familias -di verificare l’iscrizione a ruolo della causa da parte dell’Agenzia e le difese svolte dalla stessa.
Nel delineato contesto, quindi, la ricorrente rinunciante, anche dopo l’accettazione di tale atto abdicativo, non poteva confidare tout court sulla non iscrizione a ruolo della causa da parte dell’Agenzia delle Entrate, dovendo, piuttosto, accertarsi che il giudizio non sarebbe potuto giungere a decisione, per non essere stata la causa iscritta a ruolo nemmeno dalla difesa erariale.
In tale comportamento, non uniformatosi alla diligenza esigibile, resta assorbita ogni valutazione sulla richiesta di rimessione in termini a mente dell’art. 153 c.p.c.
Per tale via, l’impugnazione proposta con atto notificato in data 6 dicembre 2019, dopo un anno sei mesi e ventinove giorni dalla pubblicazione della menzionata ordinanza (avvenuta l’11 maggio 2018), risulta irrimediabilmente tardiva.
Risulta inammissibile, per altre ragioni, anche il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 391 -ter , c.p.c. 395, primo comma, num. 1, c.p.c.
Come sopra esposto, la pronuncia oggetto di revocazione causa non ha deciso la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ma ha dichiarato il ricorso improcedibile, per cui contro la stessa non è ammissibile l’impugnazione per revocazione per il prospettato motivo (cfr., anche da ultimo, Cass. Sez. II, 30 giugno 2023, n. 18581).
Si tratta di conclusione che deriva dal piano esame della lettera degli artt.391bis e 391ter c.p.c..
E si tratta di conclusione convalidata dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha sottolineato (cfr. Cass., Sez. 2, 14 gennaio 2011, n. 862) che la scelta del legislatore, espressa dalla norma di cui all’art. 391ter c.p.c. , di non assoggettare a revocazione anche le sentenze di mera legittimità della Corte
di cassazione, oltre a quelle che decidono anche il merito, emesse ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., non comporta vizi d’incostituzionalità della norma di cui al citato art. 391ter , sia perchè l’estensione delle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione può essere operata solo dal legislatore, nell’ambito delle valutazioni discrezionali di sua competenza, alle quali non rimane estranea l’esigenza, costituzionalizzata nell’art. 111 Cost. di evitare che i giudizi si protraggano all’infinito, sia perchè un’eventuale difforme interpretazione della norma richiederebbe al giudice delle leggi un’inammissibile addizione, ponendo in essere un significativo mutamento dell’intero sistema processuale vigente (così Cass. Sez. VI/2, 27 ottobre 2015, n. 21912).-
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate nella misura di 1.500,00 € per competenze, oltre al pagamento delle spese prenotate a debito;
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento da parte
della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 gennaio