Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1908 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
Agenzia delle Entrate
– intimata – avverso la sentenza n. 5068/29/17 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sez. 29, depositata il 6.6.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1.La ricorrente riferisce che l ‘Agenzia delle Entrate di Caserta notificava, in data 21.11.2012, avviso di liquidazione in rettifica per maggiori imposte ipotecarie e catastali (per complessivi euro 12.222,63), determinate in sede di controllo della dichiarazione di successione presentata dalla contribuente il 25.11.2010.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26377/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e domiciliata presso l’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
Rimasta senza esito l’istanza di accertamento per adesione, la contribuente presentava ricorso dinanzi alla CTP di Caserta che, con sentenza n. 4810/12/14, depositata il 24.6.2014, veniva parzialmente accolto.
La contribuente proponeva appello avverso la sentenza di primo grado e la CTR della Campania, con sentenza n. 1203/2016, depositata l’11 .2.2016, rigettava l’impugnazione.
In data 18.4.2016 veniva acquisito il certificato n. 2266, appunto datato 18.4.2016, con il quale il Comune di Alvignano dichiarava l’assoluta inedificabilità del terre no il cui valore dichiarato era stato rettificato in aumento, sul presupposto della ritenuta sua destinazione ad area edificabile.
La contribuente proponeva ricorso per revocazione e la CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il ricorso, con condanna alle spese di lite, affermando che l’errore revocatorio, ex art. ‘395, comma 1, n. 4 c.p.c.’ ‘cade su fatti concernenti il rapporto sostanziale e riguarda atti e documenti della causa’ e che i documenti prodotti dalla ricorrente (provvedimenti di annullamento emessi dal Comune di Alvignano riguardanti l’imposta IMU per gli anni 2010 e 2011 relativi agli immobili di cui alle particelle oggetto dell’avviso di rettifica) erano tutti successivi alla celebrazione del primo grado di giudizio.
La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata ed ha depositato un atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa, ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c.
Con atto del 26.10.2023 la ricorrente si è costituita con un nuovo difensore.
Ragioni della decisione
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, rubricato ”falsa applicazione art. 395, primo comma, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.’, con il quale la contribuente censura la sentenza impugnata per aver erroneamente richiamato un motivo di revocazione diverso da quello invocato nel ricorso proposto dinanzi alla CTR (l’art. 395 n. 4 c.p.c., in luogo dell’art. 395 n. 3 c.p.c., dedotto dalla ricorrente) e per aver indicato ‘fatti non solo falsamente riportati, ma soprattutto inessenziali perché estranei al thema decidendum oggetto del giudizio per revocazione’. In particolare, la ricorrente ha dedotto che, nel giudizio di revocazione, non erano stati prodotti i provvedimenti di annullamento emessi dal Comune di Alvignano riguardanti l’imposta IMU per gli anni 2010 e 2011, come affermato dalla CTR, ma il certificato n. 2266 attestante l’assoluta inedificabilità dei terreni per cui è causa.
1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di decisività.
Questa Corte ha affermato che, ai fini dell’impugnazione per revocazione, ex art. 395, primo comma, n.3. c.p.c., deve ritenersi ‘decisivo’ il documento che, oltre ad essere stato ritrovato dopo la sentenza sia astrattamente idoneo, se acquisito agli atti, a formare un diverso convincimento del giudice, e perciò a condurre ad una decisione diversa da quella revocanda, attenendo a circostanze di fatto risolutive che il giudice non abbia potuto esaminare (tra le tante, Sez. 6-5, ordinanza n. 22246 del 3/11/2016, Rv. 64156701; Sez. L., Sentenza n. 22159 del 20/10/2014, Rv. 633169-01).
Nel caso di specie, la contribuente si è limitata ad invocare la decisività del ‘certificato n. 2266 del 18.4.2016’, senza indicare le ragioni del l’inedificabilità e la risalenza di essa (il contenuto del certificato non è trascritto o comunque sunteggiato in ricorso) e senza precisare se la stessa si riferisca a tutto o a parte dei terreni per cui è causa (a pag. 1 del ricorso si fa riferimento al ‘terreno il
cui valore dichiarato era stato rettificato in aumento’, mentre a pag. 2 si distingue tra la particella n. 588 e ‘il cespite maggiore’) . Né la contribuente ha allegato la propria ignoranza incolpevole delle circostanze riportate nel documento: si è al riguardo precisato che non sono deducibili nel giudizio di revocazione ex art 395 n. 3 c.p.c. le circostanze che, pur se emergenti da un documento che si assume non prodotto in giudizio per causa di forza maggiore, si sarebbero potute dedurre o eccepire in sede ordinaria ed altrimenti dimostrare in quella sede, concretandosi il concetto di forza maggiore di cui alla norma citata in una ignoranza assoluta dell’esistenza o del contenuto del documento non attribuibile a colpa dell’interessato (Cass., Sez. 2, sentenza n. 15534 dell’11/06/2008, Rv. 603749 -01). Il che assume particolare pregnanza nel caso in esame, in cui ‘ancora una volta’ si fa presente che ‘il cespite maggiore…non può e non deve essere considerato alla stregua di suolo edificatorio…’ (così ancora a pag. 2 del ricorso).
Il ricorso è quindi inammissibile.
Nulla per le spese, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso, in Roma, 29 novembre 2024