Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14473 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24956/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BOLOGNA n. 1279/2018 depositata il 14/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il P.G. che ha concluso nel senso dell’accoglimento del ricorso. Sentiti i difensori RAGIONE_SOCIALE parti.
FATTI DI CAUSA
1.L’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 340/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Ferrara di rigetto del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione per imposta di registro con aliquota del 3% relativa alla sentenza n. 2503/2010 emessa dal Tribunale di Ferrara in accoglimento di domanda di revocatoria fallimentare proposta nei confronti della società controricorrente e della società RAGIONE_SOCIALE dalla società RAGIONE_SOCIALE con contestuale ordine di pagamento di somme. La società resiste con controricorso. In data, il nuovo difensore dando atto del decesso in data 14.2.2024 del AVV_NOTAIO unico difensore di RAGIONE_SOCIALE nel presente processo, chiede rinvio dell’udienza per predisporre memorie difensive.
In data 8 marzo ha depositato memoria per contestare la tardività del ricorso proposto, in quanto la sospensione dei termini ex art. 6 comma 11 dl 119/2018 non troverebbe applicazione agli atti di liquidazione
Il P .G. ha concluso nel senso dell’accoglimento del ricorso. Con ordinanza, questa Corte rinviava alla odierna udienza per consentire al difensore della parte di illustrare le proprie difese con memorie, depositate in data 6 maggio 2024.
MOTIVI DI DIRITTO
In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto tardivamente notificato il 16 agosto 2019.
Ai sensi dell’art. 6, comma 11, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, entrato in vigore il 24 ottobre, « per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019». La sentenza risulta pubblicata il 14 maggio 2018, di talchè la notifica del ricorso risulta tempestiva.
Parimenti priva di pregio è l’eccezione secondo la quale l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe attinto solo una RAGIONE_SOCIALE rationes decidendi che fondano la sentenza impugnata, la quale sul rilievo dell’alternatività IVA -registro, ha escluso l’applicabilità dell’imposta in misura proporzionale.
Ed invero, ancorchè indicata solo nella sintesi dei motivi, l’amministrazione finanziaria ha censurato la sentenza d’appello ex art. 40 TUR, per aver ritenuto che il contratto a monte della revocatoria fallimentare era un contratto d’appalto soggetto ad IVA.
Con il primo motivo si censura la sentenza denunciando violazione dell’art. 8, comma 1 lett. b) ed e) della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e si lamenta che la CTR abbia erroneamente assimilato la sentenza del Tribunale di Ferrara, recante accoglimento di una domanda di revocatoria fallimentare di pagamento eseguito dal debitore ceduto della parte fallita, con contestuale condanna al pagamento di somme, ad una pronuncia di annullamento, applicando l’imposta di registro in misura fissa anziché proporzionale.
Con la seconda censura si denuncia violazione di norme di diritto (art. 40 d.P.R. n. 131/1986) e si lamenta che la CTR abbia erroneamente affermato che «i pagamenti alla cui restituzione
l’odierna appellante è stata costretta dalla citata sentenza civile fondano la loro derivazione nel contratto d’appalto tra la RAGIONE_SOCIALE, contratto che … era stato sottoposto ad IVA», con conseguente irrilevanza dei pagamenti, derivanti dal contratto, effettuati fra debitore ceduto e appellante.
7. Il primo motivo è fondato.
Ai sensi della lett. b) sono soggetti ad una imposta proporzionale del 3% quelli «recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura» mentre, per quel che rileva ai fini del giudizio, la lett. e), assoggetta ad imposta fissa quelli «che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto». Sulla base di tali disposizioni va dunque confermato che «I provvedimenti dell’Autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento o alla restituzione di somme di denaro sono assoggettati, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 cit., a tassazione proporzionale, salvo che abbiano ad oggetto anche l’annullamento o la declaratoria di nullità dell’atto nel qual caso l’imposta deve essere determinata in misura fissa ai sensi della lett. e) del citato art. 8.» (Vedi Cass. n. 32968 del 2018). La sentenza di cui si controverte ha dichiarato, in accoglimento di una revocatoria fallimentare, l’inefficacia di un pagamento di somme condannando il destinatario alla loro restituzione. Secondo quanto già più volte ritenuto da questa Corte «In tema di imposta di registro, la sentenza di accoglimento della revocatoria fallimentare di un pagamento eseguito dal fallito è soggetta all’aliquota proporzionale di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), parte prima della Tariffa allegata al d.P .R. n. 131 del 1986 (prevista per i provvedimenti giudiziari recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura) -e non al
pagamento della misura fissa prevista dalla successiva lett. e) del medesimo articolo (prevista per i provvedimenti giudiziali aventi ad oggetto l’annullamento o la declaratoria di nullità di un atto) -perché tale sentenza possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto, tenuto conto che non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato, il quale resta infatti in vita anche se privo di efficacia nei confronti del fallimento e della procedura esecutiva, e che le conseguenti restituzioni non comportano il ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, consentendo il recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza sottratti» (vedi Cass. n. 16814 del 2017; conformi Cass. n. 24954 del 2013; n. 17584 del 2012 e n. 4537 del 2009). Tali pronunce hanno ad oggetto ipotesi analoghe a quella in esame, in cui la revocatoria fallimentare interviene rispetto al pagamento di somme o cessioni di crediti, la cui revocazione ha l’effetto di determinare un immediato incremento di ricchezza del fallimento, e che quindi correttamente sono state ritenute soggette ad imposta di registro, determinata in misura proporzionale ex art. 8, comma 1, lett. b), parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, e non della lett. e). ( Cass. n. 15203 del 2021; Cass. n. 6875 del 2023 e Cass. n. 2281 del 2022). Né giova in senso contrario quanto ritenuto da Cass. n. 31277 del 2018 che, nella diversa ipotesi di sentenza di accoglimento della domanda di revocatoria fallimentare di un contratto di compravendita immobiliare, ha ritenuto quel provvedimento soggetto a tassazione in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 131 del 1986, e non in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a) dello stesso d.P.R.; tale sentenza infatti non spiega alcun effetto traslativo della proprietà del bene o di retrocessione dello stesso a favore della massa, né determina alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del disponente, ma
si limita a rendere l’atto negoziale inopponibile ai creditori ai fini dell’esecuzione concorsuale, conferendo altresì al curatore il potere di apprensione del bene non soltanto per sottoporlo ad espropriazione, ma anche per gestirlo nell’interesse della massa. Tale principio, infatti, non può essere esteso al di là del caso specifico in cui venga assoggettato a revocatoria l’atto di trasferimento di un bene considerato nella sua fisicità (nel caso di specie un immobile), ed in cui il trasferimento di ricchezza si avrà solo allorché, realizzata la vendita coattiva del cespite, ne verrà acquisito il controvalore economico (risultando poi questo atto ulteriore sottoposto alle imposte di cui alla lett. a). Al di fuori della suddetta ipotesi, invece, laddove l’atto pregiudiziale riguardi un negozio di cessione di somme o crediti, ed il suo oggetto (il denaro) transiti nel patrimonio del cessionario con il correlato effetto di confusione, in esito all’accoglimento della revocatoria fallimentare del negozio assume rilevanza non già il bene -denaro restituito, bensì il pagamento di somme o cessioni di crediti, rispetto al quale il capo della pronuncia che rileva è comunque (anche nel senso di cui all’art. 8 della tariffa) di condanna, ed ha l’effetto di determinare un immediato incremento di ricchezza del fallimento, che quindi correttamente va assoggettato all’imposta di registro, determinata in misura proporzionale ai sensi all’art. 8, comma 1, lett. b), parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, e non della lett. e) (Cass. 29.09.2021, n.26360, in motiv.).
La sentenza che accoglie la domanda di revoca di atti solutori non ha infatti quale necessario presupposto la declaratoria di inefficacia del negozio «a monte» del pagamento revocato, ed essa, inoltre, non determina la mera inopponibilità di tale pagamento al fallimento, ma ha un effetto traslativo pieno, in quanto, condannando l’ accipiens alla restituzione della somma di denaro in precedenza appresa e già confusa nel suo patrimonio, comporta il depauperamento di tale patrimonio, con contestuale, immediato
trasferimento al fallimento della corrispondente ricchezza (cfr. Cass. n. 31277/2018 in motiv.).
Pertanto, la condanna al pagamento che consegue alla revocatoria non deriva dal venir meno (per invalidità o risoluzione) del rapporto dal quale origina l’obbligazione restitutoria (nel caso in esame, il contratto di finanziamento bancario), ma provoca il sorgere di un nuovo trasferimento (quello ordinato dalla sentenza di condanna) che, dunque, si affianca al rapporto «revocato» (il quale, come detto, resta fermo inter partes ) e che, come tale, è suscettibile di (nuova e non duplicata) tassazione.
Vale comunque la pena di rilevare che l’azione revocatoria in àmbito fallimentare ha un fisiologico effetto recuperatorio (cfr. Cass. 10233/2017; Cass. 15982/2018; Cass. 31277/2018): in particolare è stato chiarito, in un caso parzialmente sovrapponibile a quello in esame in cui all’accoglimento di essa era seguita la condanna dell’acquirente alla restituzione dell’immobile al fallimento, che tale capo della decisione, come già chiarito da questa Corte (Cass. n. 17590 del 2005 cit.), assume, piuttosto, carattere derivativo della pronuncia di accoglimento della domanda revocatoria, sanzionando l’obbligo da essa nascente di porre il bene nella piena disponibilità della massa. Infatti, a differenza che nell’azione revocatoria ordinaria, il cui vittorioso esperimento consente al creditore istante di aggredire solo successivamente, con esecuzione individuale, il bene oggetto dell’atto revocato, l’accoglimento della revocatoria fallimentare si inserisce in una procedura esecutiva già in atto, caratterizzata dalla acquisizione di tutti i beni che devono garantire le ragioni dei creditori (vedi Cass. Sez. 1° n. 3757 del 1985; Cass. Sez. 1° n. 2936 del 1978). L’acquisizione del bene revocato alla massa attiva della procedura non ne comporta, pertanto, unicamente il recupero alla funzione di garanzia generale dei creditori sancita dall’art. 2740 cod.civ. a carico del patrimonio del debitore esecutato, ma conferisce al
curatore (cui compete, ai sensi dell’art. 31 r.d.. 16 marzo 1942, n. 267 l’amministrazione del patrimonio del fallito, anche per quanto concerne i beni sopravvenuti) il potere di apprensione del bene medesimo non soltanto per sottoporlo ad espropriazione, ma anche per gestirlo nell’interesse della massa( cfr. Cass. 31277/2018 in motivazione; Cass. del 03/08/2021, n. 22153). Per le suesposte considerazioni, rilevato che la CTR non ha fatto corretta applicazione di tali principi, il ricorso va accolto; segue la cassazione della sentenza impugnata e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 cod.proc.civ. con il rigetto del ricorso introduttivo.
Anche la seconda doglianza va accolta richiamando, in tale sede, l’orientamento più volte espresso da questa Corte (cfr. Cass. nn. 4802/2011; conf. 20602/2015) secondo cui, nel caso di cessione di un credito scaturito da un rapporto soggetto ad IVA, la sentenza di condanna all’adempimento pronunciata nei confronti del debitore ceduto ed a favore del creditore cessionario è soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale.
Poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, si è consolidato dopo la proposizione del ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali RAGIONE_SOCIALE fasi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di questo giudizio che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, all’udienza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 17.05.2024
Il consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME