Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24037 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24037 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 14581-2022 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE c.f. NUMERO_DOCUMENTO, (società cancellata) in persona degli ex soci, elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZOINDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa Controricorrente
Avverso la sentenza n. 1503/06/2022 pronunciata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 29 marzo 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio l’11 marzo 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Accertamento -Società cancellata -Scissione parziale Notifica errata alla società scissa -Notifica corretta alla società beneficiaria – Effetti
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate notificò alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso d’accertamento, con cui, contestando un maggior imponibile ai fini Iva ed II.DD. per l’anno 2011, pretese il recupero delle maggiori imposte, oltre interessi e sanzioni.
Alla società, cancellata dal registro delle imprese dal 18.08.2015, e dalla quale, con scissione parziale proporzionale del 16.11.2012, erano nate le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’atto impositivo fu notificato il 24.11.2016. Tale notificazione fu indirizzata all’ultimo amministratore, sebbene questi sin dal 19.12.2012 fosse decaduto con designazione del liquidatore.
La società, nella persona del liquidatore, impugnò l’avviso d’accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma con atto del 5 gennaio 2017, al fine di eccepire la inesistenza della notifica dell’atto impositivo, di cui sosteneva aver avuto accidentalmente solo parziale conoscenza, perché avvertito dalle società beneficiarie generate dalla scissione. A tal fine eccepì l’inesistenza della notifica e comunque la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere accertativo, per il decorso del quinquennio previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973.
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza 12360/28/2018, rigettò il ricorso. L’appello proposto alla Commissione tributaria regionale del Lazio fu invece accolto con sentenza n. 1503/06/2022. Il giudice regionale ha ritenuto che l’atto impositivo dovesse essere notificato al domicilio degli ex soci e comunque essa era stata erroneamente indirizzata alla ex amministratrice, pur essendo stata nominata una terza persona quale liquidatore. Ha ritenuto che la costituzione di quest’ultimo non po teva perfezionare una sanatoria del vizio di notifica, sia perché dell’atto impositivo questi aveva ricevuto solo una parziale indiretta conoscenza, sia perché in ogni caso questa conoscenza, e dunque la sanatoria eventuale, era stata acquisita nei primi g iorni di gennaio 2017, quando l’amministrazione finanziaria era ormai decaduta dal potere d’accertamento.
L’Agenzia delle entrate ha censurato con quattro motivi la sentenza, chiedendone la cassazione. La società ha resistito con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria difensiva.
Nell’ adunanza camerale del l’11 marzo 2025 la causa è stata trattata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate ha denunciato la « Nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 4), in riferimento al difetto di ius postulandi del difensore, per la morte del liquidatore avvenuta prima della notificazione dell’appello, effettuato sulla base del solo mandato alle liti rilasciato in primo grado che non contemplava il mandato anche per il secondo grado del giudizio».
Il motivo è infondato.
Dalla lettura del mandato conferito per introdurre il giudizio dinanzi al giudice tributario, si evince che esso aveva riguardo al ‘giudizio’ con ‘ogni e più ampio potere e facoltà di legge’. Il tenore del mandato alle liti non fa dunque riferimento al solo primo grado, ma al giudizio in generale, comprensivo dei gradi di merito nel loro complesso.
Per l’effetto trova applicazione il principio di ultrattività del mandato, che in tema di società si configura persino nell’ipotesi di cancellazione della società dal registro delle imprese, che dà luogo ad un fenomeno estintivo che priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, determinando così qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte costituita – un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c, la cui omessa dichiarazione o notificazione ad opera del procuratore, tuttavia, comporta, in applicazione della suddetta regola dell’ultrattività, che il difensore continui a rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica rispetto alle altre parti ed al giudice nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione solo qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore costituito per la società, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza l’evento o lo notifichi alle altre parti, o ancora se, in caso di contumacia, tale evento sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, comma 4, c.p.c. (Sez. U, 4 luglio 2014, n. 15295; 31
ottobre 2014, n. 23141; cfr. di recente anche Cass., 25 gennaio 2024, n. 2439).
Con il secondo motivo ci si duole della «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 D.lgs. 175/2014 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.». Il giudice d’appello erroneamente ha ritenuto che occorresse notificare l’accertamento presso il domicilio degli ex soci. Con tale affermazione avrebbe ignorato la disciplina dettata dall’art. 28 cit.
Sebbene le considerazioni del giudice regionale siano errate, il motivo è inammissibile perché ne difetta l’interesse. Come d’altronde ha già avvertito l’ufficio appellante, la considerazione del collegio d’appello difettava di decisorietà. Peraltro, il motivo erariale, che correttamente richiama la disciplina introdotta con il decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, il quale ha previsto, ai soli fini dei rapporti tributari, che l’estinzione della società ai sensi dell’art. 2495 cod. civ. abbia effett o trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, ha a sua volta erroneamente sostenuto la correttezza della notifica all’ultima amministratrice della società, laddove questa era stata posta in liquidazione, con nomina del liquidatore, a cui pertanto l’atto impositivo avrebbe dovuto essere notificato.
Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1310 c.c., in combinato disposto con l’art. 173, comma 13, T.U.I.R. e con l’art. 15, comma 2, d .lgs. 472/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.». Erroneamente il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto che l’avviso d’accertamento era stato notificato anche alle società beneficiarie della scissione, cioè le società coobbligate in solido con la Sviluppo 2009, così ignorando che la tempestiva notifica nei confronti di queste rendeva comunque legittima e tempestiva l’azione fiscale nei riguardi della controricorrente.
Il motivo è fondato.
Intanto non ha pregio quanto sostiene la controricorrente, in riferimento alla inammissibilità del motivo perché non sarebbero stati riportati gli elementi essenziali della scissione, senza neppure chiarire se nel caso di specie ci si trovi dinanzi ad una scissione parziale o totale tra la Sviluppo 2009, odierna contribuente, e le beneficiarie Sviluppo 2012 e Immobiliare
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A differenza di tale prospettazione, l’Agenzia delle entrate ha riportato con chiarezza che la scissione, attuatasi nel 2012, rientrava tra quelle parziali. Ciò non risulta mai contraddetto, men che meno negato dalla controricorrente, che pur della scissione è stata parte attiva negoziale. D’altronde, la stessa c ircostanza che la scissione sia avvenuta mediante la nascita di due società beneficiarie costituisce un dato oggettivo della natura parziale della scissione.
Ebbene, deve intanto evidenziarsi che, secondo consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità sugli effetti di tale forma di scissione, quando realizzata un’operazione di scissione parziale, la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti, prevista dall’art. 173, comma 13, d.P.R. n. 917 del 1986, diverge da quella riguardante le obbligazioni civili, soggetta invece ai limiti di cui agli artt. 2506-bis, secondo comma, e 2506-quater, terzo comma, cod. civ. Ciò in quanto, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, la responsabilità si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo, siccome rispondente all’esigenza di un’agevole riscossione dei tributi nel rispetto del principio costituzionale di pareggio del bilancio e ai criteri di adeguatezza e di proporzionalità, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 9 maggio 2018.
Pertanto, la società beneficiaria è solidalmente responsabile per i debiti erariali della società scissa relativi a periodi d’imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione produce effetti, e può essere richiesta del pagamento di tali debiti senza oneri di avvisi o altri adempimenti da parte dell’Amministrazione (cfr., da ultimo, Cass., 10 giugno 2025, nn. 15503 e 15504; 20 dicembre 2024, nn. 33617, 33619, 33621, 33622, 33629; 10 febbraio 2021, n. 3233; 3 novembre 2022, n. 32469; cfr. inoltre 21 giugno 2019, n. 16710; 6 dicembre 2018, n. 31591; 24 giugno 2015, n. 13059).
Questo principio, del quale la stessa difesa della società dimostra di essere consapevole, secondo la controricorrente porterebbe alla conseguenza secondo cui la corretta e tempestiva contestazione del debito tributario alla società scissa esclude la necessità di rinnovazione della notifica nei confronti
della beneficiaria. Ma, a l contrario, quando l’atto impositivo sia stato notificato in ritardo alla scissa, nei confronti di questa l’amministrazione finanziaria decadrebbe dal potere impositivo.
Sennonché tale assunto contraddice gli stessi principi della responsabilità solidale, che, una volta riconosciuta, non può che seguire le regole della solidarietà. Ciò, in tema di scissione, trova conferma nella stessa considerazione che, pur generalmente prevedendosi che la pretesa erariale sia rivolta nei confronti della società scissa, «l’eventuale controversia tributaria, in cui l’amministrazione finanziaria faccia valere la piena responsabilità patrimoniale di una sola società beneficiaria, è comune a tutte le società coobbligate, le quali possono intervenire nel giudizio ed altresì -pur non essendoci un’ipotesi di litisconsorzio necessariopossono essere chiamate in quello stesso giudizio dalla società beneficiaria, richiesta dell’adempimento integrale, e non già pro quota, dell’obbligazione tributaria, perché comunque tutte le altre società, oltre alla stessa società scissa, sono parti del rapporto sostanziale controverso» (Cass., 31591 del 2018 cit.).
La giurisprudenza di questa Corte ha poi compiuto un ulteriore passo in avanti in tema, con attenzione rivolta anche alla compatibilità del sistema normativo interno (nella specie gli artt. 2506-bis e 2506-quater c.c.) con la disciplina unionale (in materia di Iva), al fine di verificare se il tessuto normativo, che complessivamente regola la materia, possa configurare una disciplina di maggiori tutele a garanzia dei crediti erariali nelle ipotesi di scissione di società.
In particolare, si è avvertito che « in base alla combinazione dei commi 12 e 13 dell’art. 173 del d.P.R. n. 917/86, come interpretati dalla Corte costituzionale (con sentenza 21 marzo 2018, n. 90), degli obblighi della società scissa, riferibili a periodi di imposta anteriori alla data di efficacia della scissione, risponde non soltanto la società scissa, ma anche quella beneficiaria; questa responsabilità, valevole ‘ per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito ‘ afferente al rapporto tributario, ha natura solidale, e per essa non è previsto alcun limite quantitativo riconducibile al patrimonio assegnato con l’operazione straordinaria; secondo, poi, l’art. 15, comma 2 del d.lgs. n. 472/97, ‘ nei casi di scissione anche parziale di società o enti, ciascuna società od ente è obbligato in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla
data dalla quale la scissione produce effetto ‘ . 5.- I commi 12 e 13 dell’art. 173 hanno indubbiamente una formulazione ambigua, poiché il comma 12 stabilisce che gli obblighi tributari della scissa antecedenti alla scissione ‘ …sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione ‘ , e il comma 13 aggiunge che ‘ I controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata… Se la designazione è omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell’atto di scissione. Le altre società beneficiarie sono responsabili in solido… ‘ . Ciononostante, ha evidenziato la Corte costituzionale con la sentenza n. 90/18, la responsabilità solidale prevista dall’art. 173 si applica non soltanto in caso di scissione totale, ma anche in ipotesi di scissione parziale: sarebbe difatti priva di giustificazione una differenziazione, quanto ai crediti tributari, tra società beneficiarie secondo che la scissione sia totale o parziale, posto che né l’art. 15 del d.lgs. n. 472/97, né, più in generale, la disciplina codicistica (stabilita dai richiamati artt. 2506-bis, comma 3, e 2506-quater, comma 3, c.c.) operano tale distinzione (in termini, tra le più recenti, Cass. 10 febbraio 2021, n. 3233). 5.1.- Considerazioni analoghe non possono che valere anche quanto all’interpretazione del comma 12 dell’art. 16 della l. n. 537/93, a norma del quale ‘ In caso di scissione totale non comportante trasferimento di aziende o complessi aziendali, gli obblighi ed i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate dalla società scissa, compresi quelli relativi alla presentazione della dichiarazione annuale della società scissa e al versamento dell’imposta che ne risulta, devono essere adempiuti, con responsabilità solidale delle altre società beneficiarie, o possono essere esercitati dalla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione; in mancanza si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell’atto di scissione ‘ . Il tenore e la disciplina della norma sono difatti simili a quelli dei commi 12 e 13 dell’art. 173 del d.P.R. n. 917/86; laddove manca qualsiasi cenno relativo all’ipotesi della scissione parziale, se non per il caso particolare, regolato dal comma 11, in cui in esecuzione della scissione siano trasferiti aziende o uno o più complessi aziendali . A maggior ragione vale dunque in questo caso la considerazione della Corte
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costituzionale secondo cui sarebbe priva di giustificazione la distinzione tra società beneficiarie secondo che la scissione sia totale o parziale: si otterrebbe, altrimenti, il risultato di riconoscere una tutela meno ampia al fisco proprio per un tributo armonizzato, com’è l’iva, che drena risorse dell’Unione. 6.- La disciplina tributaria, allora, in luogo di mantenere integre le garanzie del fisco, creditore della scissa, le accresce rispetto a quelle dei creditori della scissa apprestate dal codice civile; e le accresce sia in relazione alle imposte dirette, sia all’iva, sia alla disciplina sanzionatoria, come questa Corte ha già riconosciuto (vedi, sul punto, Cass. 3 novembre 2016, n. 22225, nonché, in relazione all’Irap , Cass. 14 ottobre 2016, n. 20875 e, quanto all’iva, Cass. 30 settembre 2020, n. 20826 e 2 ottobre 2020, n. 21016), e come emerge dal tenore della richiamata sentenza della Corte costituzionale che ha valutato la disciplina e ha fissato principi di carattere generale. 6.1.In ambito tributario, dunque, l’istituto della responsabilità solidale riprende vigore secondo la regola generale di integralità e pariteticità di cui agli artt. 1292 e 2740 c.c.; con la conseguenza che -in ogni ipotesi di scissione- per i debiti fiscali della società scissa anteriori alla scissione rispondono solidalmente -e ‘illimitatamente’- tutte le società partecipi dell’operazione (in termini, anche Cass. 24 giugno 2015, n. 13059; 20 gennaio 2016, n. 23342; 4 dicembre 2018, n. 31306). 7.- Questa Corte ha altresì evidenziato (con la citata sentenza n. 4833/22) che la disciplina in questione è conforme al diritto unionale: l’art. 12 della sesta direttiva 17 dicembre 1982, n. 82/891/Cee del consiglio, come successivamente modificata, applicabile ratione temporis (poiché la direttiva (UE) del 14 giugno 2017 n. 2017/1132 del parlamento europeo e del consiglio, che l’ha abrogata, è entrata in vigore il 20 luglio 2017: vedi Corte giust. 30 gennaio 2020, causa C-394/18, s.r.l. I.G.I., punto 38, relativa a una scissione di RAGIONE_SOCIALE), stabilisce che ‘ 1. Le legislazioni degli Stati membri devono prevedere un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione per i crediti che siano anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione e che non siano ancora scaduti al momento della pubblicazione ‘ ; riconosce la possibilità che ‘ 3. Nella misura in cui non sia stato soddisfatto un creditore della società alla quale è stato trasferito l’obbligo, conformemente al progetto di scissione, le società beneficiarie sono solidalmente responsabili di questo obbligo. Gli Stati membri possono limitare questa responsabilità all’attivo netto attribuito ad
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ogni società diversa da quella cui l’obbligo è stato trasferito… ‘ ; ma ammette anche che ‘ 6. Gli Stati membri possono prevedere che le società beneficiarie siano vincolate solidalmente per gli obblighi della società scissa. In tal caso essi possono non applicare i paragrafi precedenti ‘ , prevedendo che ‘ 7. Se uno Stato membro combina il sistema di tutela dei creditori di cui ai paragrafi da 1 a 5 con la responsabilità solidale delle società beneficiarie di cui al paragrafo 6, esso può limitare questa responsabilità all’attivo netto attribuito a ciascuna di queste società ‘ . 7.1.- E la richiamata giurisprudenza unionale (Corte giust., causa C-394/18, cit., punto 74) ha sottolineato che l’armonizzazione minima, operata dalla sesta direttiva 17 dicembre 1982, n. 82/891/Cee del consiglio, della tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione non osta a che, nel contesto di una scissione mediante costituzione di una nuova società, la priorità sia accordata alla tutela degli interessi dei creditori della società scissa. 8.- La maggior tutela accordata dall’ordinamento, tra i creditori della scissa, al ‘creditore-fisco’, rispetto a tutti gli altri, ha poi superato il vaglio di legittimità costituzionale. Con la citata sentenza n. 90/18 la Corte costituzionale, nel dichiarare l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 173, comma 13, del t.u.i.r., e dell’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 472/1997, sotto il profilo della mancata limitazione della responsabilità solidale da tali norme derivante, ha ritenuto che non sia possibile una piena equiparazione di trattamento tra l’inadempimento delle obbligazioni civili e quello delle obbligazioni tributarie, fatte oggetto di una disciplina diversa e dedicata, in considerazione della specialità dei crediti tributari e della correlata esigenza di evitare che l’operazione di scissione risulti pregiudizievole all’amministrazione, ad essa estranea. Ha quindi escluso la violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3, comma 1, Cost.), che si accompagna all’inesistenza di un vulnus della capacità contributiva (art. 53, comma 1, Cost.), che non va parametrata al patrimonio netto delle società beneficiarie, sorte unilateralmente a seguito della scissione, alla quale l’amministrazione finanziaria è estranea e che è invece nella disponibilità del debitore, ossia della società stessa. 8.1.- D’altronde, la responsabilità concernente il debito d’imposta della società beneficiaria della scissione parziale non è un’obbligazione da fatto proprio, ma è propria, e scaturisce direttamente dalla legge, pur non avendo la beneficiaria realizzato il fatto
indice di capacità contributiva . La circostanza che il soggetto passivo del rapporto tributario sia soltanto la scissa, e non già la beneficiaria, la responsabilità della quale è ad altro titolo, che risiede proprio nella scissione, priva di rilevanza le critiche che sono state mosse alla soluzione della Corte costituzionale, con particolare riguardo all’obiezione di sostanziale svuotamento del principio di capacità contributiva della beneficiaria» (così, Cass., 7 aprile 2022, n. 15477 ; in generale, d’a ltronde, nel senso della configurabilità del vincolo di solidarietà anche tra coobbligati tenuti a diverso titolo, vedi Cass., Sez. U., 27 aprile 2022, n. 13143).
Il principio della solidarietà delle società beneficiarie trova un’ulteriore conferma nei parametri unionali con la sentenza CGUE pronunciata il 29 luglio 2024 in causa C-713/22 (a seguito di rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte di legittimità italiana), che , sull’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni, ha dichiarato che esso vada interpretato nel senso che «la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di s cissione».
Ebbene, la Corte di Giustizia ha affermato che «58. il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 debba essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione o da comportamenti successivi a tale operazione che siano essi stessi lo sviluppo di comportamenti antecedenti di detta società scissa. 59. Risulta dall’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva
summenzionata, il quale è applicabile ad una scissione mediante costituzione di nuove società ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva, che, se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione di cui tra ttasi e l’interpretazione di tale progetto non permette di decidere la ripartizione dell’elemento suddetto, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Risulta dalla seconda frase del medesimo articolo 3, paragrafo 3, lettera b), di detta direttiva che gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria. 60. La nozione di «elemento del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, non viene definita da tale direttiva. Inoltre, tale disposizione non contiene alcun rinvio al diritto degli Stati membri per quanto riguarda tale definizione. 61. . 62. In primo luogo, nel suo signifi cato abituale, il termine «passivo» designa l’insieme dei debiti che gravano su una persona giuridica o fisica. Pertanto, la nozione di «elemento del patrimonio passivo», contenuta nell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, mira, in senso ampio, a ricomprendere qualsiasi debito della società scissa, sia esso certo o incerto, determinato o indeterminato, indipendentemente dalla sua origine e dalla sua natura. 63. In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto dell ‘articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera h), della medesima direttiva, un progetto di scissione deve contenere, segnatamente, la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie. 64. Ne consegue che la nozione di «elementi del patrimonio passivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, esige che i debiti in questione siano, di principio, esistenti. Infatti, poiché un progetto di scissione deve contenere la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio passivo da trasferire, tali elementi devono essere venuti ad esistenza anteriormente alla scissione in questione. Nel caso di costi di bonifica e per danni ambientali, tale requisito implica dunque che l’illecito o il fatto generatore di tali danni si sia verificato anteriormente alla scissione, ma non che, a questa data, tali danni siano stati constatati o valutati, o anche che siano stati definiti. 65. In terzo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi
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della sesta direttiva 82/891, occorre ricordare che il quinto considerando di quest’ultima menziona, tra tali obiettivi, la tutela degli interessi dei soci e dei terzi. Risulta inoltre dall’ottavo considerando della citata sesta direttiva che quest’ultima mira altresì a tutelare i creditori e i portatori di altri titoli e precisa che questi devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della scissione in questione li leda. Discende, infine, dall’undicesimo considerando della medesima sesta dirett iva che quest’ultima mira ad assicurare la certezza del diritto sia nei rapporti fra le società partecipanti alla scissione, sia nei rapporti fra queste ed i terzi nonché tra gli azionisti di tali società. 66 . . 67. tra i terzi dei quali la sesta direttiva 82/891 mira a tutelare gli interessi rientrano persone che, alla data della scissione di cui trattasi, non sono ancora qualificabili come creditori o portatori di altri titoli, ma che possono essere così qualificate dopo tale scissione in virtù di situazioni sorte prima di quest’ultima, come la commissione di violazioni del diritto dell’ambiente che vengano constatate tramite decisione soltanto dopo la scissione in parola (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, RAGIONE_SOCIALE, C-343/13, EU:C:2015:146, punto 32). 68. Tale interpretazione della nozione di «terzi», ai sensi della sesta direttiva 82/891, corrobora quella della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della medesima direttiva, nel senso che essa ricomprende anche le passività di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione in questione, ma che derivino da comportamenti antecedenti a tale scissione. 69. Qualora non si accogliesse tale interpretazione della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, una scissione potrebbe c ostituire un mezzo per un’impresa per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti da essa eventualmente commessi, a discapito dello Stato membro interessato o di altri eventuali interessati (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, RAGIONE_SOCIALE, C-343/13, EU:C:2015:146, punto 33). Infatti, sarebbe sufficiente a tal fine che tale impresa procedesse ad un’operazione di scissione prima che siano stati valutati i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. Orbene, dai considerando menzionati al punto
65 della presente sentenza risulta altresì che la sesta direttiva 82/891 mira
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per l’appunto ad evitare che un’impresa si sottragga ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati, come i suoi soci, i suoi azionisti, i suoi creditori od anche i terzi riguardati, per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo. .».
È allora evidente l’ampiezza del principio di solidarietà , nelle responsabilità generate dalla società scissa, che investe le beneficiate secondo la richiamata direttiva unionale.
Tirando le fila della ricostruzione della disciplina, secondo i principi elaborati nella giurisprudenza nazionale e confortati dalla disciplina unionale, come interpretata dalla giurisprudenza della CGUE, e dai principi affermati dalla Corte Costituzionale, può pertanto evincersi che, con riguardo alla solidarietà fra coobbligati, applicabile – in mancanza di specifiche deroghe di legge – anche alla solidarietà tra debitori d’imposta, l’avviso di accertamento validamente notificato solo ad alcuni condebitori spiega, nei loro confronti, tutti gli effetti che gli sono propri, mentre, nei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori, cui non sia stato notificato o sia stato invalidamente notificato, lo stesso, benché inidoneo a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti, quali il decorso dei termini di decadenza per insorgere avverso l’accertamento medesimo, determina pur sempre l’effetto conservativo d’impedire la decadenza per l’Amministrazione dal diritto all’accertamento, consentendole di procedere alla notifica, o alla sua rinnovazione, anche dopo lo spirare del termine all’uopo stabilito (Cass., 25 maggio 2017, n. 13248; 1 febbraio 2018, n. 2545; 10 agosto 2022, n. 24582; 22 settembre 2022, n. 27713; cfr. anche 14 giugno 1995, n. 6729; 12 settembre 2019, n. 22748; 21 luglio 2021, n. 20766).
Se queste considerazioni sono condivisibili, come ritiene il Collegio, non può di certo reputarsi che a fronte della tempestività della notifica dell’atto impositivo, con cui si spiega l’esercizio della pretesa erariale nei confronti della società beneficiaria, la società scissa possa sottrarsi alle medesime responsabilità, invocando la consumazione del potere di accertamento nei propri confronti. Ciò, proprio per la peculiarità degli interessi evidenziati e dei principi di solidarietà del debito fiscale.
D’altronde, diversamente, dovrebbe comunque accettarsi la diversa conclusione, secondo cui la perdita del potere di accertamento nei confronti
RGN 14581/2022 Consigliere rel. NOME
della società scissa verrebbe recuperata dal diritto della società beneficiata di chiamare in causa la medesima società scissa nel medesimo giudizio tributario (cfr. 31591/2018 cit.) o in un distinto giudizio civile.
In conclusione, deve ribadirsi che in materia fiscale la solidarietà nei debiti erariali tra società scissa e beneficiarie trova piena attuazione, perché gli effetti espansivi favorevoli al creditore nei confronti dei debitori solidali previsti dall’art. 1310 c.c. in tema di presc rizione- trovano in materia impositiva ulteriori ambiti applicativi , determinando, tra l’altro, l’effetto conservativo del diritto dell’Amministrazione finanziaria all’esplicazione dei poteri d’accertamento, pur quando l’atto impositivo risulti validamente notificato solo ad alcuni dei debitori solidali.
Il giudice d’appello non si è attenuto ai principi enunciati in materia e dunque il terzo motivo va accolto.
L’accoglimento del terzo motivo assorbe il quarto, con il quale l’Agenzia delle entrate ha lamentato la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» , laddove la Commissione regionale non ha tenuto conto che con l’impugnazione dell’atto da parte del liquidatore della società cessata l’eventuale vizio di validità della notifica sarebbe stata sanata.
La sentenza va cassata e la causa va rinviata dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di II grado del Lazio, che in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del giudizio di legittimità, dovrà riesaminare l’appello tenendo conto dei principi di diritto enunciati da questa Corte.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo ed il secondo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, ne ll’adunanza camerale dell’11 marzo 2025 .