Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32866 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32866 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18868/2017 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
nonchè
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, GIÀ RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 387/2017 depositata il 20/01/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava la cartella di pagamento con la quale l’Agenzia delle Entrate recuperava nei suoi confronti il pagamento di euro 869.012,61, relativamente all’anno d’imposta 2006. La cartella di pagamento, per Ires, Iva e sanzioni, si collegava ad un avviso di accertamento emesso nei riguardi della RAGIONE_SOCIALE, divenuto definitivo, in quanto non impugnato. Nella prospettazione erariale il contribuente era titolare al 100% delle quote di predetta società, tanto da essere tenuto a versare gli importi dalla stessa dovuti. La CTP adita rigettava il ricorso. La CTR della Campania, con la sentenza n. 387/31/20017, ha respinto il successivo appello del contribuente. Quest’ultimo affida il proprio ricorso per cassazione a quattro motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 d.P.R. 602 del 1973, 3 L. n. 241 del 1990, 7, comma 1, L. n. 212 del 2000, 36 d.P.R. n. 602 del 1973, 24, Cost., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per ‘ difetto di motivazione della cartella di pagamento impugnata ‘, posto che ‘ la cartella di pagamento conteneva esclusivamente l’indicazione di ruolo straordinario, dell’ufficio impositore, dei codici tributo, sanzioni ed interessi ‘.
Il primo motivo è infondato.
La cartella è sufficientemente motivata alla luce del formante giurisprudenziale nomofilattico. Infatti, questa Corte (cfr. Cass. sez.
6-5, ord. 17 giugno 2016, n. 12261), ha osservato, che « per la validità del ruolo e della cartella di pagamento, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 25, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notificazione dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass. 11466 del 2011), con l’ulteriore specificazione (Cass. 6672/2012) che, ai fini del contenuto minimo della cartella di pagamento, gli artt. 1 e 6 del d.m. n. 321 del 1999 richiedono l’indicazione “sintetica” degli elementi di iscrizione a ruolo, non occorrendo quindi, per la regolarità del documento esattoriale, una indicazione “analitica” di quegli elementi (Cass. 26441/2014) ».
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2462, 2464, 2470, 2495 c.c., 36 d.P.R. n. 602 del 1973, 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché l’illegittimità della cartella e l’inesistenza del debito, mancando i presupposti per chiamare il socio a rispondere dei debiti propri dell’ente.
Il secondo motivo è infondato.
Il ricorrente odierno era pacificamente socio unico al 100% dell’ente cancellato ed estinto e per ciò stesso ha assunto su di sé i debiti residui della società.
Ancor di recente questa Corte ha affermato: ‘ Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio,
in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo ‘ (Cass. n. 11411 del 2024; v. in tema ex multis Cass., Sez. Un., n. 6070 del 2013).
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostanziantesi nella mancanza dei presupposti legali della responsabilità del socio ricorrente, posto che la società ‘ non è mai passata attraverso la fase di liquidazione ‘ e ‘ l’odierno ricorrente non è mai stato liquidatore. ‘
Il terzo motivo è inammissibile.
Afferma in motivazione la CTR: ‘ Il Torre è stato raggiunto dall’impugnata cartella in quanto socio unico e liquidatore della società ‘.
A fronte di questo accertamento di fatto, la censura del ricorrente traligna il paradigma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., finendo per invocare una rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede.
La motivazione della sentenza è incisiva sui presupposti della responsabilità del Torre e ben illustra la ratio decidendi. La motivazione non scende al di sotto del ‘minimo costituzionale’.
Mette in conto evidenziare che ‘ in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Con il quarto motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, 8 e 14 L. n. 890 del 1982, 149 c.p.c., 2700 c.c. e 25 d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. nonché l’illegittimità della cartella e la decadenza dal potere di richiedere le somme di cui alla cartella impugnata, non essendosi regolarmente perfezionato l’ iter notificatorio dell’avviso di accertamento, non essendo stato prodotto l’avviso di ricevimento e avendo i giudici d’appello valorizzato una mera visura tratta dal sito internet di Poste Italiane .
Il quarto motivo è infondato.
Osserva la CTR che ‘ l’atto impugnato ha ad oggetto l’avviso di accertamento n. TF5030102474/2011 … regolarmente notificato (circostanza non contestata dall ‘ appellante) e divenuto definitivo per mancata impugnazione. La parte appellante è stata pertanto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e di esplicitare immediatamente ed esaurientemente le proprie difese ‘.
Consta, dunque, in sentenza un accertamento in fatto sulla ritualità della notifica, compiuto dal giudice di merito e ad esso in effetti riservato. La parte ricorrente contrappone una diversa ricostruzione in fatto all’apprezzamento di merito della CTR, sollecitando una diversa valorizzazione degli elementi documentali e istruttori quindi, trascurando di considerare che detto apprezzamento è censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nei soli ristretti limiti propri del vizio di motivazione.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio, che liquida in euro 10.500,00, euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese forfettarie e gli accessori di legge . , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato bis
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 -dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/10/2024.