Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 775 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 775 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6540/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA-BARI n. 2517/2017 depositata il 27/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno di imposta 2007, notificato a COGNOME NOME in qualità di ex socio unico ed ex liquidatore di RAGIONE_SOCIALE cessata il 29 aprile 2009 e cancellata dal registro delle imprese il 31 agosto 2009, l’Ufficio di Barletta dell’Agenzia delle entrate determinava maggiori Ires, Irap ed Iva. L’accertamento, eseguito ai sensi dell’art. 39, comma 1, DPR 600 del 1973, seguiva a questionario, ad esito del quale il contribuente aveva documentato solo una parte dei costi per l’approvvigionamento dei servizi e degli oneri finanziari.
Il contribuente, in proprio e quale ex socio unico ed ex liquidatore della società, impugnava l’avviso eccependo il difetto di legittimazione passiva di quest’ultima, la nullità della notificazione dell’avviso in quanto rivolto all’ex liquidatore, la violazione dell’art. 2495, comma 2, cod. civ. per inesistenza di uno specifico atto di contestazione in merito alla responsabilità dell’ex socio e liquidatore, l’illegittimità dell’avviso per difetto di motivazione e violazione degli artt. 7 st. contr., 42 DPR 600 del 1973 e 56 DPR 633 del 1972.
Con sentenza del 27 ottobre 2015, n. 3396/07/15, la CTP di Bari accoglieva parzialmente il ricorso, in relazione all’invocato riconoscimento degli oneri finanziari, rigettandolo nel resto.
Il contribuente proponeva appello; si costituiva l’Agenzia, proponendo contestuale appello in via incidentale.
La CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale.
Essa, dopo aver premesso che la società è cessata il 27 aprile 2009 ed è stata cancellata dal registro delle imprese il 31 agosto 2009, ‘mentre dalla relazione al bilancio finale di liquidazione risulta che l’esercizio si conclude con una perdita di euro 1.971, che la voce di attivo riguarda l’importo di euro 916 riferito ad un credito Iva e la voce passivo l’importo di euro 240 quale debito nei confronti della Camera di Commercio con un saldo positivo del capitale sociale, detratte tutte le perdite dei precedenti anni, pari ad euro 676’, in estrema sintesi, osservava:
-la società è stata cancellata prima del 13 dicembre 2014 ‘e pertanto il socio unico è tenuto a rispondere delle sopravvenienze passive solo nei limiti di cui al citato art. 2495 c.c. . In tema deve però rilevarsi che l’Ufficio finanziario è tenuto a provare la sussistenza dei presupposti della responsabilità sussidiaria del socio’;
-‘la decisione di primo grado ha errato nel ritenere la responsabilità del sig. COGNOME NOME in qualità di ex socio della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro delle imprese, in assenza della prova, nell’avviso di accertamento, della riscossione da parte di questi dell’attivo derivante dal bilancio di liquidazione’;
-‘parimenti ha errato il giudice di primo grado a ritenere la responsabilità del sig. COGNOME in qualità di liquidatore della società’;
-‘in ordine, poi, a quanto prospettato dall’Ufficio in questo grado di giudizio e cioè che dal bilancio di liquidazione risulta il pagamento di debiti per euro 422.475 senza il versamento delle imposte per l’anno 2007 e che la parte non avrebbe fornito
dimostrazione di corretta contabilizzazione e gestione delle attività liquidatorie vale solo il caso di evidenziare, da un lato, che tali affermazioni non sono corroborate da alcun riscontro documentale e soprattutto che, come si è prima riferito, è l’Ufficio che deve provare già nella fase accertativa i presupposti della responsabilità’;
-‘in ultimo deve anche rilevarsi che l’avviso di accertamento non potrebbe ritenersi illegittimo neanche a mente dell’art. 36 del DPR 602/1973’.
Propone ricorso l’Agenzia con due motivi, cui resiste il contribuente con controricorso, ulteriormente insistito con memoria telematica dell’8 novembre 2023.
Considerato che:
Preliminarmente deve d’ufficio essere rilevata l’inammissibilità dell’originario ricorso proposto da COGNOME NOME nella qualità di ex liquidatore di RAGIONE_SOCIALE attesa l’estinzione di questa e dunque il venir meno della sua stessa soggettività, ‘a fortiori’ processuale, non più esercitabile per il tramite dell’ex legale rappresentante. Come ricordato da Cass., n. 16362 del 30/07/2020, ‘nel processo tributario, l’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – venendo altrimenti sacrificato ingiustamente il diritto dei creditori sociali -ma si trasferiscono ai soci’, discendendone ‘che i soci peculiari successori della società subentrano ex art. 110 c.p.c. nella legittimazione processuale facente capo all’ente’, mentre deve ‘escludersi la legittimazione ‘ad causam’ del liquidatore della società estinta il quale può essere destinatario
di un’autonoma azione risarcitoria ma non della pretesa attinente al debito sociale’.
In senso conforme, tra le tante, valga ricordare ad esempio Cass., n. 32304 del 26/09/2019, secondo cui (in motivazione) ‘questa Corte è ferma nel ritenere che, con affermazioni estensibili tanto alle società di capitali, che a società di persone, associazioni non riconosciute e cooperative, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché, eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito, trattandosi di impugnazione improponibile, poiché l’inesistenza della società è rilevabile anche d’ufficio (Cass., Sez. V, nn. 5736/16, 20252/15, 21188/14) non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto’.
Il ricorso resta scrutinabile in riferimento alla posizione del COGNOME personalmente.
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 cod. civ. e 36 DPR 602 del 1973 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., giacché, ad avviso dell’Agenzia ricorrente, ‘la qualità di successore dei soci delle società cessate non è conseguenza della ripartizione dell’attivo’.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36 D.Lgs. n. 546 del
1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., in quanto, ‘alla luce delle considerazioni esposte nel precedente motivo la Commissione ha di pronunciare in merito alla fondatezza della pretesa erariale azionata’.
Anzitutto, è a rilevarsi come entrambi i motivi si sottraggano all’eccezione d’inammissibilità formulata in controricorso e ribadita nella memoria, poiché contengono essenziali riferimenti agli atti del procedimento e del giudizio, individuando con precisione la ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata ritenuta non condivisibile e formulando pertinenti censure in diritto.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
Questa SRAGIONE_SOCIALE ha più volte affermato – sia in tema di notifica della cartella di pagamento intestata alla società (Cass. n. 30736 del 29/10/2021; Cass. n. 24793 del 05/11/2020; Cass. n. 31037 del 28/12/2017), sia in materia di imputazione ai soci del reddito della società per trasparenza (Cass. n. 16365 del 30/07/2020; Cass. n. 23534 del 20/09/2019), sia, infine, con riferimento specifico all’atto impositivo (Cass. n. 30536 del 28/07/2021; Cass. n. 25487 del 12/10/2018) – che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto impositivo o esecutivo intestato alla società estinta debba essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della società, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973 per il caso di morte del debitore. Invero, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione od illimitatamente, a seconda che, ‘pendente societate’, fossero limitatamente od
illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass., Sez. U, nn. 6070, 6071 e 6072 del 12/03/2013).
Nondimeno, rispetto alla tradizionale distinzione tra soci limitatamente ed illimitatamente responsabili, avuto precipuo riguardo al caso di specie, in cui dagli atti emerge (senza ulteriori specificazioni) che il contribuente era socio unico di RAGIONE_SOCIALE mette conto di precisare che detta distinzione conserva bensì validità anche in riferimento ad una società a responsabilità limitata con socio unico (cd. RAGIONE_SOCIALE), ferme tuttavia le ipotesi che espressamente contemplano la responsabilità illimitata del ridetto socio unico per le obbligazioni sociali: in sintesi, ai sensi dell’art. 2462 cod. civ., qualora i conferimenti non siano stati effettuati secondo l’art. 2464 cod. civ. e qualora la pubblicità non sia stata osservata secondo l’art. 2470 cod. civ. (fermo che, giusta regola generale, dettata per le s.p.a. dall’art. 2331 cod. civ., in ogni caso, egli risponde illimitatamente per le operazioni compiute in nome della società prima della sua iscrizione).
Fatte tali precisazioni, svariate sono le pronunce che ritengono valide le notificazioni di avvisi di accertamento (Cass., n. 24793 del 05/11/2020; Cass., n. 23534 del 20/09/2019; Cass., n. 12953 del 04/04/2017) e di cartelle di pagamento (Cass., n. 31037 del 28/12/2017) intestati alla società, allorquando dette notificazioni siano state eseguite, successivamente all’estinzione della stessa, nelle mani di (o comunque ad) uno dei soci.
Per tutte, se ne rammenta una (Cass., n. 25487 del 12/10/2018) per la chiarezza del principio che esprime:
L’atto impositivo emesso nei confronti di una società di persone è validamente notificato, dopo l’estinzione della stessa, ad uno dei soci, poiché, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’ipotesi di
morte del debitore, ciò si correla al fenomeno successorio che si realizza rispetto alle situazioni debitorie gravanti sull’ente e realizza, peraltro, lo scopo della predetta disciplina di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società.
Né a diverse conclusioni può nella specie condurre il rilievo che RAGIONE_SOCIALE rivestiva la forma di società di capitali, poiché il ridetto fenomeno successorio, che trova autorevolissimo fondamento in già evocati arresti delle Sezioni unite di questa Suprema Corte, è predicabile identicamente delle società di persone e delle società di capitali (recita infatti ‘ex professo’ la massima estratta da Cass., Sez. U, n. 6070 del 2013: ‘Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio ‘), ponendosi in linea di continuità con l’insegnamento – parimenti impartito dalle Sezioni unite (Cass., Sez. U, n. 4060 del 22/02/2010) – secondo cui, a seguito della modifica dell’art. 2495, comma 2, cod. civ., è venuta realizzandosi una tendenziale equiparazione tra società di capitali e società commerciali di persone (invero – alla stregua della sentenza da ultimo citata – determinando la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese l’immediata estinzione della stessa, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto se tale adempimento ha avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 4 D.Lgs. n. 6 del 2003, che, modificando l’art. 2495, comma 2, cod. civ., ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione, ‘una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ. impone un ripensamento della disciplina relativa alle
società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 6 del 2003, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore’).
In ragione di quanto innanzi, erra, dunque, la CTR allorquando imputa all’Ufficio di non aver ottemperato all’onere, infondatamente ritenuto sul medesimo incombente, di ‘provare’, finanche in avviso, ‘la sussistenza dei presupposti della responsabilità sussidiaria del socio’.
La responsabilità dell’ex socio non è affatto ‘sussidiaria’ e dunque altra, siccome personale, da quella già sociale: invero, in virtù del descritto fenomeno successorio, sia pure ‘sui generis’, egli subentra negli stessi debiti che già erano della società estinta, i quali diventano suoi debiti, di cui risponde, ‘pro quota’, entro i limiti (se, in allora, socio limitatamente responsabile, con le precisazioni tuttavia compiute a proposito del socio unico di s.r.l.) del riscosso in sede di liquidazione (dovendosi peraltro sul punto osservare che la CTR, a fronte di quanto in contrario sostenuto nel controricorso ed ancora nella memoria, ragiona, come visto di un residuale ‘saldo positivo del capitale sociale’).
Ne consegue che l’affermazione della CTR, adesiva della posizione del contribuente, secondo cui, in sostanza, la responsabilità dell’ex socio dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese presuppone un atto specificamente al medesimo intestato e diretto, ai sensi ed alle condizioni dell’art.
2495 c.c., non trova riscontro né nella ‘littera legis’ né nella costruzione teorica della successione del socio nei debiti della società estinta, siccome da tempo invalsa nella giurisprudenza di legittimità.
Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame, anche in relazione ad eventuali questioni di merito rimaste assorbite (cfr. p. 3, primo cpv., ric.), e per le spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
In riferimento alla posizione di COGNOME NOME in qualità di ex liquidatore di RAGIONE_SOCIALE , cassa la sentenza impugnata e, pronunciando su ricorso, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio proposto dal medesimo in tale qualità, compensando integralmente tra le parti le relative spese per tutti i gradi di giudizio.
In riferimento alla posizione di COGNOME Michele in proprio, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e, in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 22 novembre 2023.