Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28256 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 28256 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , quali ex soci della estinta RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, giusta procura speciale notarile allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO che ha indicato recapito EMAIL, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrenti –
avverso
la sentenza n. 2992, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 16.2.2015, e pubblicata il 26.5.2015; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OGGETTO: Ires, Iva ed Irap, 2005 -Srl con ristretta base partecipativa – Plusvalenza da vendita di terreno edificabile – Non dichiarata – Società estinta – Responsabilità dei soci.
raccolte le conclusioni del P.M., s.AVV_NOTAIO, che ha confermato la propria richiesta di accoglimento del secondo motivo di ricorso;
raccolte le conclusioni rassegnate, per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, dall’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa, e, per i controricorrenti, dal delegato AVV_NOTAIO, il quale ha domandato il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE notificava a COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di ex soci della estinta RAGIONE_SOCIALE, avente ristretta base partecipativa (sent. CTR, p. 2), l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale contestava, ai fini Ires, Iva ed Irap, la omessa dichiarazione da parte della società della plusvalenza, e conseguente mancato pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte, in relazione alla vendita regolarmente registrata, al prezzo di 21.000.000,00 di Euro, di un terreno edificabile acquistato al costo di Euro 2.065.827,00, negozio di compravendita pacificamente non riportato in bilancio.
I contribuenti impugnavano l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma contestando, innanzitutto, che a seguito dell’estinzione della società non erano tenuti a rispondere dei debiti sociali, non essendovi prova che avessero percepito alcunché dalla vendita del terreno. La CTP riteneva fondate le censure proposte dai ricorrenti, ed annullava l’atto impositivo.
L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dal giudice di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che confermava la decisione assunta dalla CTP.
L’RAGIONE_SOCIALE ha quindi introdotto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla CTR, affidandosi a due motivi di impugnazione. I contribuenti resistono mediante controricorso, ed hanno anche depositato memoria.
Il Collegio, all’udienza del 15.11.2024, rilevato che la vicenda ed i motivi di impugnazione dedotti dall’Amministrazione finanziaria ponevano all’esame del giudice una serie di questioni interferenti con quelle rimesse alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria n. 7425 del 14.3.2023, trattata all’udienza del 12.11.2023 ma il cui provvedimento decisorio non era stato ancora depositato, con ordinanza interlocutoria n. 3876/2025, riteneva opportuno differire la definizione del giudizio in attesa della pronuncia del massimo consesso. Le Sezioni Unite si sono pronunciate con sent. n. 3625, dep. il 12.2.2025, ed è stato quindi possibile fissare nuovamente il processo per la sua definizione.
5.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., s.AVV_NOTAIO, che ha domandato di accogliere il secondo motivo di ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 1, 36 e 55, del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 277 cod. proc. civ., per non avere la CTR affatto pronunciato sulla censura di violazione del divieto di abuso del diritto, perché risultava inopponibile al Fisco la cancellazione ed estinzione della società, deliberata con finalità elusiva dai soci, i quali del resto avevano approvato il bilancio finale di liquidazione che neppure riportava la vendita per elevato controvalore del terreno edificabile, pacificamente conclusa dalla società e non dichiarata all’Erario.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., dell’art. 36 del Dpr n. 602 del 1973 e dell’art. 65, ultimo comma, del Dpr n. 600 del 1973, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che non sia consentito richiedere ai soci, successori della società di capitali estinta avente ristretta base partecipativa, il pagamento dei debiti fiscali societari.
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria critica la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 1, 36 e 55, del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 277 cod. proc. civ., per non avere la CTR affatto pronunciato sulla censura di violazione del divieto di abuso del diritto, in quanto risultava inopponibile al Fisco la cancellazione ed estinzione della società, deliberata con finalità elusiva dai soci, i quali del resto avevano approvato personalmente il bilancio finale di liquidazione che neppure riportava la vendita per elevato controvalore del terreno edificabile, pacificamente conclusa dalla società e non dichiarata all’Erario.
3.1. Dall’avviso d’accertamento, come trascritto, effettivamente risulta che l’RAGIONE_SOCIALE aveva configurato anche una fattispecie di abuso del diritto della quale riteneva parte la stessa liquidazione della società, in particolare realizzata mediante l’approvazione del bilancio finale di liquidazione.
3.2. La CTR mostra di ritenere fondata l’ipotesi ricostruttiva proposta dall’Ente impositore, tenuto conto che evidenzia come poco dopo la vendita del terreno (27.7.2005) per un corrispettivo di ben 21.000.000,00 di Euro, senza dichiarare la cessione e senza pagare alcun tributo, la società RAGIONE_SOCIALE è stata messa in liquidazione, in data 21 ottobre 2005 è stato nominato il liquidatore e già il 5 dicembre 2005 la società è stata cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese. Tuttavia, il giudice del gravame non trae
alcuna conseguenza dalle pur provate circostanze appena segnalate, nel senso che espone una ratio decidendi fondata sul solo art. 2495 c.c., fattispecie che comporta una responsabilità diversa, che trova origine proprio in quel bilancio di liquidazione che, sulla base dell’abuso del diritto, sarebbe ‘inopponibile’ all’Amministrazione finanziaria, così come il complesso della procedura liquidatoria.
Ricorre pertanto l’omissione di pronuncia contestata dall’RAGIONE_SOCIALE ed il suo primo strumento di impugnazione deve essere accolto.
Mediante il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE critica la pronuncia della CTR per aver erroneamente sostenuto, con pluralità di argomenti, che nel caso di specie non sarebbe consentito richiedere ai soci della società di capitali, ma avente ristretta base partecipativa, il pagamento dei debiti contratti nei confronti del Fisco dalla società estinta.
4.1. Scrive in proposito la CTR che risulta ‘del tutto evidente il comportamento fraudolento posto in essere dalla società’ (sent. CTR, p. 2), la quale non ha dichiarato la plusvalenza milionaria imponibile conseguita ed è stata quindi estinta, rimanendo il credito dell’Erario insoddisfatto.
4.1.1. Il giudice dell’appello ritiene tuttavia di condividere la valutazione dei giudici di primo grado secondo cui, in applicazione dell’art. 2495 cod. civ., i creditori della società possono rivolgersi ai soci ‘soltanto nel caso in cui i medesimi abbiano percepito somme o beni sulla base del bilancio finale di liquidazione’ ( ibidem ).
4.1.2. Inoltre, rileva il giudice del gravame, l’istruttoria dibattimentale non ha consentito di appurare se l’Ente impositore abbia esercitato la pretesa fiscale nei confronti del liquidatore.
4.1.3. Ancora, secondo la CTR, ‘l’Ufficio finanziario avrebbe dovuto procedere, nel caso di specie, attraverso accertamenti di
carattere personale e non nella qualità di soci di una società estinta’ ( ibidem ).
4.2. A loro volta i controricorrenti sostengono che ‘dalla lettura dell’art. 2495 del codice civile sembra rilevarsi un principio incontestabile, in forza del quale, in ogni caso, ai soci di una società di capitali cancellata dal Registro RAGIONE_SOCIALE imprese non può MAI richiedersi l’integrale pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute dalla società, soggetto estinto’ (controric., p. 12, l’evidenza è nel testo).
4.3. Le valutazioni espresse dalla CTR, e le tesi affermate dai controricorrenti, non appaiono condivisibili.
Innanzitutto può rilevarsi che nel caso di specie si controverte circa somme che non sono state dichiarate al Fisco e non sono transitate in bilancio . Tanto non esclude la possibilità del loro assoggettamento a tributo. Ad opinare diversamente dovrebbe concludersi che ogni società può conseguire plusvalenze milionarie, non dichiararle al fisco e, cancellandosi dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, ottenere il risultato di eludere completamente l’imposizione, nei confronti della società come dei soci, il che non è naturalmente ipotizzabile. Problema diverso, naturalmente, è quello che attiene al raggiungimento della prova (anche presuntiva) della distribuzione RAGIONE_SOCIALE somme incassate dalla società ai soci.
Neppure vi è da esaminare, nel caso di specie, la possibile attribuzione di somme ai soci in conseguenza dell’estinzione della società e per effetto del bilancio di liquidazione di quest’ultima, perché si dibatte in ordine a somme che si afferma non essere affatto transitate nei bilanci sociali.
4.3.1. In secondo luogo, il giudice dell’appello afferma che assume rilievo in questo giudizio il fatto che l’RAGIONE_SOCIALE abbia agito, o meno, nei confronti del liquidatore della società poi estinta. Invero l’argomento è infondato. Le fonti della responsabilità personale, dell’amministratore, e successoria, dei soci, sono infatti diverse, e non vi è alcun vincolo normativo che
subordini l’esercizio dell’azione nei confronti dei soci all’esperimento dell’azione nei confronti del liquidatore.
Questa Corte regolatrice ha chiarito, pronunciando a Sezioni Unite, che ‘la responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per fatto proprio ex lege , ha natura civilistica e non tributaria, con la conseguenza che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi del comma 5 RAGIONE_SOCIALE stesso art. 36, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il predetto, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della società per le imposte’, Cass. S.U., 27.11.2023, n. 32790; e non si era mancato già in precedenza di specificare che ‘nel processo tributario, l’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono -venendo altrimenti sacrificato ingiustamente il diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate”; ne discende che i soci peculiari successori della società subentrano ex art. 110 c.p.c. nella legittimazione processuale facente capo all’ente, in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovvero a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale, dovendo invece escludersi la legittimazione “ad causam” del liquidatore della società estinta (nella specie destinatario di cartella di pagamento quale coobbligato ai sensi dell’art. 2495, comma 2, previgente art. 2456, comma 2, c.c.) il quale può essere destinatario di
un’autonoma azione risarcitoria ma non della pretesa attinente al debito sociale’, Cass. sez. V, 30.7.2020, n. 16362.
Tanto si osserva anche a prescindere dal fatto che l’Amministrazione finanziaria ha agito anche nei confronti del liquidatore, ed il fatto risulta allegato e non contestato.
4.3.2. In terzo luogo il giudice del gravame afferma che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto agire nei confronti dei soci con un accertamento di carattere personale e non in qualità di soci della società estinta (sent. CTR, p. 2). Invero la CTR trascura le conseguenze dell’intervenuta successione dei soci nei confronti della società a seguito della sua estinzione. Il giudice di secondo grado, infatti, mostra di ritenere che i soci possono essere chiamati, a seguito dell’estinzione della società, a rispondere dei debiti sociali, ma solo nei limiti di quanto ricevuto per effetto del bilancio finale di liquidazione. Tesi che, però, appare infondata.
Invero questa Corte ha avuto recentemente occasione di ribadire condivisibilmente, che ‘in tema di contenzioso tributario, a seguito di cancellazione della società di capitali dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, alla definitiva estinzione dell’ente consegue la successione degli ex soci nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, e ciò indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione; ne consegue l’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE a procurarsi un titolo nei confronti di quest’ultimi, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive o di beni e diritti non contemplati nel bilancio . (Fattispecie in tema di ricavi occultati, non rilevabili documentalmente, ritenuti dalla RAGIONE_SOCIALE. presuntivamente distribuiti a favore dei soci)’ Cass. sez. V, 4.1.2022, n. 2 (evidenza aggiunta); e non si è mancato di chiarire che ‘in caso di cancellazione della società di capitali dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, deve ritenersi sempre ammissibile l’accertamento nei confronti dei soci che sono destinati
a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, ciò che non incide, peraltro, neppure sull’interesse ad agire del fisco creditore, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive, o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio, per i quali sorge l’interesse dell’amministrazione finanziaria a procurarsi un titolo nei confronti dei soci medesimi’, Cass. sez. V, 26.7.2023, n. 22692; e già in precedenza si era statuito che ‘in tema di contenzioso tributario, qualora l’estinzione della società di capitali, all’esito della cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, intervenga in pendenza del giudizio di cui la stessa sia parte, l’impugnazione della sentenza resa nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta in quanto il limite di responsabilità degli stessi di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che, tuttavia, non è di per sé escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo , ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci ‘, Cass. sez. V, 7.4.2017, n. 9094 (evidenza aggiunta).
Ancora, di recente si è avuto modo di statuire che, ‘in caso di cancellazione della società di capitali dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, deve ritenersi sempre ammissibile l’accertamento nei confronti dei soci che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di
liquidazione, ciò che non incide, peraltro, neppure sull’interesse ad agire del fisco creditore, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive, o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio, per i quali sorge l’interesse dell’amministrazione finanziaria a procurarsi un titolo nei confronti dei soci medesimi’, Cass. sez. V, 26.7.2023, n. 22692.
Le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte hanno recentemente statuito che ‘l’interesse ad agire dell’amministrazione finanziaria – quando fa valere, con apposito avviso di accertamento ex artt. 36, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973 e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, la responsabilità dei soci per il debito tributario della società estinta – non è escluso dalla mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, perché può essere integrato da altre evenienze come la sussistenza di beni e diritti che sono trasferiti ai soci, ancorché non ricompresi nel bilancio, o come l’escussione di garanzie’, Cass. SU, 12.2.2025, n. 3625, ed è appena il caso di ribadire che le somme per cui è causa non sono state mai iscritte nel bilancio della società.
Anche il secondo motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria risulta pertanto fondato e deve essere accolto. La decisione impugnata deve essere perciò cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie entrambi i motivi di ricorso proposti dall’ RAGIONE_SOCIALE , cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7.10.2025.
L’Estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME Giudicepietro