Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
Oggetto: Cancellazione della società – Plusvalenze non dichiarate nel bilancio finale di liquidazione – Responsabilità dei soci – Limite ex art. 2495 c.c. Effetti – Onere della prova.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 26276/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME , elettivamente domiciliati in Arpaia (BN), INDIRIZZO presso lo studio dell ‘avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in Arpaia (BN), INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente all’avv. NOME COGNOME in virtù di procure speciali in atti.
avverso la sentenza della C.t.r. di Napoli n. 3602/2016, depositata il 15.4.2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udite le difese delle parti.
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Benevento, i contribuenti in epigrafe indicati, impugnava no l’avviso di accertamento, loro notificato in quanto soci e liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con cui l’Agenzia delle entrate, a seguito di un controllo fiscale, aveva riscontrato l’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi di plusvalenze derivanti dall’alienazione di beni, con conseguente recupero delle relative imposte. Con l’opposizione , i soci eccepivano il limite di responsabilità previsto dall’art. 2495 c.c., evidenziando che la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione era stata cancellata prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento impugnato; che nessuna somma era stata assegnata ai soci in sede di bilancio finale di liquidazione; che nell’avviso di liquidazione mancava qualsiasi riferimento all’intervenuta cancellazione della società, né risultava contestata alcuna responsabilità nei confronti del liquidatore.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta , poiché, a fronte della limitazione di responsabilità dei soci prevista dall’art. 2495 c.c., l’Agenzia delle entrate, pur avendone l’onere, non aveva dimostrato la distribuzione di attivo ai soci all’esito della liquidazione, né la assegnazione di beni sociali nei due anni di imposta precedenti alla
messa in liquidazione, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, e, quanto al liquidatore, nell’avviso di accertamento non risultava contestata alcuna irregolarità nello svolgimento della sua attività liquidatoria.
Avverso tale decisione proponeva appello l ‘Agenzia delle entrate, eccependo l’erronea applicazione dell’art. 2495 c.c. e dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973.
La C.t.r. confermava la decisione di primo grado, ritenendo innanzitutto inapplicabile al caso di specie, in quanto privo di efficacia retroattiva, l’ art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, sul differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società, e condividendo le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata , in ordine all’onere della prova gravante sull’Amministrazione finanziaria con riferimento alla distribuzione di somme tra i soci all’esito della liquidazione . Quanto alla responsabilità del liquidatore , osservava che l’atto di appello non aveva contestato una delle rationes decidendi , da sola idonea a sorreggere la decisione, rappresentata dall’impossibilità di colmare, in sede di giudizio di impugnazione , le lacune dell’avviso di accertamento relative al profilo della colpa del liquidatore.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate , sulla base di quattro motivi, ai quali resisteva con controricorso il contribuente. Replicava con memoria l’Agenzia delle entrate.
Depositava memoria il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 c.c.; 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973; 36 del d.P.R. n. 602 del 1973
e 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la C.t.r. tenuto conto che l’esistenza e l’entità della quota di liquidazione percepita dal socio non rileva in sede di accertamento dei debiti societari trasferiti dopo l’estinzione della società e che l’eventuale incapienza della quota di liquidazione percepita non impedisce il fenomeno successorio, in quanto la limitazione di responsabilità prevista dall’art. 2495, comma 2, c.c. è destinata ad operare solo nella successiva ed eventuale sede della riscossione.
Con il secondo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973; 2495 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la C.t.r. tenuto conto che il limite di responsabilità di cui all’art 2495, comma 2, c.c. non p uò operare su un piano meramente formale, trattandosi, nel caso di specie, di percezione occulta di denaro, per definizione, dunque, non contemplata nel bilancio finale di liquidazione. Sostiene, in particolare, che la limitazione di responsabilità in questione non impedisce al socio di essere chiamato a rispondere anche, e nei limiti, degli importi conseguiti ‘ in nero ‘ dalla società e non transitati, in quanto occultati, nel bilancio finale di liquidazione. Tale conclusione vale, in particolare, nel caso di società a ristretta base partecipativa, per la quale sussiste la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extrabilancio.
Con il terzo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 56 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel ritenere che l’atto di appello non contesti l ‘assunto, contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui era impossibile, in sede di opposizione, addurre irregolarità nella gestione liquidatoria non risultanti nell’avviso di accertamento impugnato.
Con il quarto motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel porre a carico dell’Ufficio l’onere de lla prova dei fatti costitutivi della responsabilità del liquidatore, gravando invece su quest’ultimo l’onere di provare di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione dei beni ai soci ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
Con il controricorso, i contribuenti chiedono dichiararsi la cessazione della materia del contendere per carenza di legittimazione passiva dei soci e del liquidatore e per inesistenza dell’oggetto e del soggetto del giudizio, poiché l’avviso di accertamento, pur essendo stato notificato a ciascun socio, era riferito ad una società estinta ben quattro anni prima. Sostiene, per contro, che l’accertamento doveva essere notificato ex art. 2495 c.c. a ciascun socio limitatamente a quanto ricevuto dalla liquidazione e, solo sussidiariamente in caso di infruttuosa escussione dei soci, al liquidatore, previa dimostrazione della sua colpa.
Il Pubblico Ministero conclude per il rigetto del ricorso, osservando che l’art. 2495 c.c. non consent e di riferire il limite di responsabilità alla sola fase di riscossione; l’esistenza di una plusvalenza non dichiarata e la percezione occulta del denaro non esonerano l’Amministrazione dall’onere di provare l’effettiva distribuzione del dividendo, operando il limite dall’art. 2495 c.c. anche in presenza di reddito in nero; i giudici di merito avevano comunque rilevato la mancanza di prova in ordine alla colpa del liquidatore, onere gravante sull’Amministrazione trattandosi di responsabilità di natura aquiliana.
La vicenda e i motivi di impugnazione dedotti dal contribuente pongono una serie di questioni analoghe a quelle rimesse alle Sezioni Unite dall’ ordinanza interlocutoria n. 7425 del 14.3.2023 (trattata all’udienza del 12.11.2023). È stato, in particolare, rilevato che,
anche successivamente alle pronunce della Corte a Sezioni Unite nn. 6070, 6071, e 6072 del 2013, si sono delineati scenari diversi in ordine all’applicazione dell’art. 2495 c.c. e, pertanto, è stata rimessa la seguente questione: «se la condizione testualmente fissata dall’art. 2495 cod. civ., al fine di consentire ai creditori sociali di far valere i loro crediti, dopo la cancellazione della società, nei confronti dei soci, si rifletta sul requisito dell’interesse ad agire in capo all’Amministrazione finan ziaria o sulla legittimazione passiva del socio medesimo ai fini della prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la società e se la riconducibilità nell’ambito di una condizione dell’azione o dell’altra implichi conseguenze specifiche in tema di onere della prova. Ciò tenuto conto anche che il processo tributario è annoverabile tra quelli di «impugnazionemerito» e dell’affermata natura dinamica dell’interesse ad agire, che, come tale, può assumere una diversa configurazione, ma fino al momento della decisione» .
8. Anche nella presente sede, infatti, si pone il problema degli effetti della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese con riferimento alla legittimità dell’atto impositivo riguardante i redditi della società cancellata e notificato ai soci ed alla limitazione della responsabilità del socio prevista dall’ art. 2495 c.c. e dall’ art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973. In particolare, si pone il problema se, in caso di superamento del limite, i soci siano legittimati passivi e se l’ammini strazione abbia interesse ad agire (nel controricorso si chiede la declaratoria di cessazione della materia del contendere), ovvero se la questione attenga al merito e, quindi, su chi gravi l’onere della prova della avvenuta distribuzione di somme non risultanti dal bilancio finale di liquidazione.
In attesa della pubblicazione della sentenza resa sulla suddetta questione – che è sottesa ad alcuni dei motivi di ricorso come sopra esposti – la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo in attesa della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite sulla questione indicata in motivazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione