Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10734 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17395/2019 proposto da:
NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), nato il 09.09.1969 a Pontedera (PI) ed ivi residente (PI)- 56025, alla INDIRIZZO, in proprio e in qualità di ex liquidatore della RAGIONE_SOCIALE già con sede legale in Pontedera (PI), alla INDIRIZZO (C.F. e P.Iva: P_IVA), cancellata dal R.I. il 05.11.2014;
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE nato il 17.04.1955 a Pontedera (PI) ed ivi residente (PI) 56025, alla INDIRIZZO
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nata il 27.06.1949 a Pontedera (PI) ed ivi residente (PI) 56025, alla INDIRIZZO ciascuno di questi due ultimi in proprio e in qualità di ex soci e amministratori/legali rappresentanti pro-tempore della società RAGIONE_SOCIALE già con sede legale in Pontedera (PI), alla INDIRIZZO (C.F. e P.Iva: P_IVA), cancellata dal R.I. il 05.11.2014;
Ingiunzione pagamento IciImu – Responsabilità sociamministratori società cancellata
tutti rappresentati e difesi, come da procura allegata al ricorso, dal l’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE del Foro di Pisa ed elettivamente domiciliati presso la pec EMAIL;
-ricorrenti –
contro
Comune di Bientina (C.F.: CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco p.t. Dott. NOME COGNOME, con sede in Bientina (PI), alla INDIRIZZO rappresentato e difeso, come da procura speciale in calce al controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Treviso alla INDIRIZZO (p.e.c.: EMAILpec.ordineavvocatitreviso.it; fax: NUMERO_TELEFONO);
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
-avverso la sentenza 2157/2018 emessa dalla CTR Toscana il 03/12/2018 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME il primo quale liquidatore e gli altri due quali amministratori/legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE (cancellata dal registro delle imprese in data 5.11.2014), proponevano ricorso, dinanzi alla C TP di Pisa, avverso l’ingiunzione di pagamento n. 38 dell’1.2.2016 con la quale il Comune di Bientina aveva loro richiesto il pagamento della somma di euro 193.345,84 a titolo di Ici per gli anni dal 2009 al 2011 e di Imu per il 2012, sulla base di quattro avvisi di accertamento in precedenza notificati alla società.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, evidenziando che l’art. 58 d.lgs. n. 446/1997 aveva esteso, in caso di locazione finanziaria, la legittimazione passiva al locatario, tenuto al pagamento dell’Imu/Ici dal momento della consegna .
Sull’impugnazione dei contribuenti, la CTR della Toscana accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando l’illegittimità dell’ingiunzione di
pagamento nei confronti dei due amministratori, evidenziando che, mentre la responsabilità del liquidatore era direttamente prevista ex lege dagli artt. 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1972, sicché sarebbero state inutili specificazioni ulteriori nell’atto impositivo e sarebbe stato onere del liquidatore provare l’insussistenza dei presupposti di tale responsabilità, le stesse norme escludevano quella degli amministratori di una società cancellata.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sulla base di due motivi. Il Comune di Bientina ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Considerato che
Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1973 (nella formulazione anteriore alla riforma ex d.lgs. n. 175/2014), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.), p er aver la CTR ritenuto l’inutilità della sussistenza, nell’atto impositivo, di un provvedimento motivato fondante la responsabilità personale del liquidatore per l’Ici e l’Imu riferiti alla società cancellata e per non aver considerato che il Comune avrebbe dovuto indicare specificamente, nell’ingiunzione di pagamento, le norme sottese alla sua azione esecutiva, nonché le ragioni in forza delle quali la stessa era stata spiegata nei loro confronti.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1973 (nella formulazione anteriore alla riforma ex d.lgs. n. 175/2014), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.), per aver la CTR erroneamente, a suo dire, posto a carico del liquidatore l’onere probatorio dell’insussistenza della responsabilità.
Preliminarmente, occorre evidenziare che gli ex amministratori della società cancellata, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono carenti dell’interesse a proporre il ricorso per cassazione, atteso che il loro appello è stato accolto (avendo la CTR rilevato che gli artt. 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1972 escludevano la responsabilità degli amministratori di una società
cancellata), con conseguente condanna del Comune a rifondere in loro favore le spese di giudizio.
Ne deriva che il ricorso dai predetti proposto è inammissibile.
Del pari in via preliminare, avuto riguardo al primo motivo, va rilevato che, non essendovene cenno nella sentenza qui impugnata, gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto indicare, a pena di inammissibilità, in quale fase e con quale atto processuale avessero tempestivamente sollevato la questione della mancanza di prova circa l’effettiva esecuzione delle notifiche alla società dei prodromici avvisi di accertamento (non potendosi a tal fine, anche a voler prescindere dalla tardività del rilievo, ritenere idoneo il passaggio del ricorso in appello trascritto a pagina 5 della memoria illustrativa).
1.2. Ciò debitamente premesso, i due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.
Avuto riguardo alla disciplina normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, occorre domandarsi se sia effettivamente applicabile l’art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, cui ha fatto richiamo la CTR.
Al momento delle notifiche degli avvisi di accertamento (intervenute tra il 27 giugno ed il 26 settembre 2014) era vigente il d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, il quale, all’ art. 19, disponeva che <>.
Solo a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 7 (<>), le disposizioni di cui all’art. 36, cit., sono tornate applicabili anche al di fuori delle imposte sui redditi.
Tuttavia, è evidente che tale modifica non ha, in difetto di una espressa previsione, efficacia retroattiva, ragion per cui non è estensibile al caso di specie.
E’ inevitabile, pertanto, che occorra richiamarsi all’art. 2495 c.c., il quale
prevede che <>.
Nella giurisprudenza di questa Corte si è rilevato che la responsabilità del liquidatore (per il mancato soddisfacimento dei creditori sociali al momento della liquidazione ed in esito all’estinzione della società), fondata (almeno) sulla colpa, deve ricondursi a ipotesi di responsabilità aquiliana (ex art. 2043 c.c.; cfr., in termini, Cass. 10 novembre 2006 n. 24039, Cass. 6 luglio 1977 n. 2972, ma si vedano anche, in motivazione, Cass. SS.UU. 22 febbraio 2010 nn. 4060, 4061 e 4062, Cass. 3 aprile 2003 n. 5113); laddove un’identità di titolo (di causa e di natura giuridica) può, diversamente, prospettarsi nel rapporto (di natura successoria) tra la responsabilità debitoria della società estinta e (fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione) quella dei soci (cfr., in specie, Cass. 3 aprile 2003 n. 5113, cit., Cass. 20 novembre 1975 n. 3879 cui adde, in motivazione, Cass. S.U. 22 febbraio 2010 n. 4061, e, di recente, Cass., 15 gennaio 2020, n. 521).
In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall’art. 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum . In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore, qualora faccia valere la responsabilità “illimitata” del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed
esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti; grava, invece, sul liquidatore l’onere di dimostrare l’adempimento dell’obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della par condicio creditorum , secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all’epoca esistenti. Diversamente, ove vi sia stata una ripartizione dell’attivo a favore dei soci e il creditore agisca facendo valere la loro responsabilità “limitata”, l’attore è tenuto a provare che l’importo preteso sia di ammontare eguale o superiore a quello riscosso dal socio in sede di liquidazione, sulla base del relativo bilancio, poiché è attraverso la vicenda successoria ex lege che il medesimo socio rimane obbligato nei confronti del creditore sociale, divenendo la percezione della quota dell’attivo sociale elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato.
Con riferimento alla posizione dei soci, si è affermato che:
l’amministrazione finanziaria che intenda esigere dai soci i crediti vantati nei confronti di una società di capitali estinta, deve comunicare loro, mediante apposito avviso di liquidazione, le ragioni della pretesa vantata nei loro confronti e gli elementi comprovanti l’incasso di somme o l’attribuzione di beni della società, nonché i relativi valori dal momento che, a differenza di quanto avviene per le società di persone, nelle società di capitali i soci rispondono dei debiti sociali non in qualità di successori della società estinta, ma in virtù di un’obbligazione autonoma per ingiustificato arricchimento che, ex lege , impone a costoro di restituire quanto percepito in violazione della regola di cui all’articolo 2491 c.c. (Cass., 26 maggio 2021, n. 14570).
Orbene, è senz’altro estensibile alla fattispecie in esame il principio enunciato in tema di recupero dell’INVIM dai soci di una società di capitali ormai estinta, secondo cui, sebbene non sia applicabile il combinato disposto degli artt. 36, comma 5, e 60 del d.P.R. n. 602 del 1973, perché
limitato dall’art. 19 del d.lgs. n. 46 del 1999 all’esazione delle sole imposte dirette, l’Agenzia delle Entrate è ugualmente tenuta a portare a conoscenza del contribuente, in modo da consentirgli di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, le ragioni per le quali egli è obbligato, in base agli specifici presupposti di cui all’art. 2495 c.c., a vers are l’imposta accertata in capo alla società, con la conseguenza che la cartella di pagamento, non preceduta dalla notifica di un apposito avviso di liquidazione nei confronti del socio, è illegittima (Cass., 30 dicembre 2016, n. 27488).
Nel caso di specie non risulta che negli avvisi di accertamento richiamati nell’ingiunzione di pagamento siano stati indicati gli addebiti mossi all’operato del liquidatore e degli ex amministratori
In particolare, l’ingiunzione di pagamento, oltre a richiamare gli irrilevanti r.d. n. 639/1910 e d.l. n. 248/2007, si limita a riportare in calce una elencazione delle norme che regolano, in generale, l’accertamento tributario e la relativa riscossione, e ad indicare i prodromici avvisi di accertamento con i relativi importi, l’oggetto del debito tributario (Ici per gli anni dal 2009 al 2011 ed Imu per il 2012), i nominativi dei debitori e la loro qualità rivestita all’interno della società.
In quest’ottica, errata si rivela l’affermazione, resa dalla CTR, secondo cui sarebbero state inutili specificazioni ulteriori nell’atto impositivo (<<la responsabilità del liquidatore è indicata senza la necessità che vi sia un provvedimento motivato che ne specifichi le ragioni ) e sarebbe stato onere del liquidatore provare l'insussistenza dei presupposti di tale responsabilità.
Ne consegue -in difetto della prova contraria, da parte dell'Agenzia, di uno specifico contenuto motivazionale degli avvisi riguardante la responsabilità del contribuente ai sensi dell'art. 36 dPR n. 602 del 1973 l'inidoneità degli avvisi di per sé cons iderati a fondare un'autonoma pretesa nei confronti degli odierni ricorrenti suscettibile, poi, di legittimare l'ingiunzione di pagamento.
1.3. Per mera completezza espositiva va evidenziato che a non differenti conclusioni si sarebbe pervenuti qualora si fosse ritenuto applicabile l'art.
36 dPR 602/1973.
In base all 'art. 36, comma 1, <>. La menzionata disposizione non ha subito sostanziali modifiche ad opera dell’art. 28, comma 5, lett. a), e con riferimento a detta disposizione era già previsto che la responsabilità disciplinata ai precedenti commi (qui con riferimento alla posizione del liquidatore) <> (per il rilievo che l’innovazione normativa in discorso, – rispetto al previgente sistema di accertamento delle responsabilità incentrato sul T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, e sulla l. 7 gennaio 1929 n. 4, – <> v., già, Cass. S.U., 4 maggio 1989, n. 2079).
E si era altresì rimarcato che, alla stregua di detta disposizione sull’atto motivato, l’amministrazione è tenuta a porre la parte destinataria dell’atto in condizione di esercitare il suo diritto di difesa e, dunque, ad indicarne, nella motivazione dell’atto impositivo, le ragioni, che, come si desume dall’art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, debbono consistere in comportamenti (Cass., 17 luglio 2014, n. 16373).
In tema di responsabilità dei liquidatori e degli amministratori di società in liquidazione per imposte sul reddito delle persone giuridiche, a seguito di liquidazione del patrimonio in epoca anteriore alla formale messa in liquidazione della società, il credito dell’Amministrazione finanziaria ha natura civilistica (Cass., Sez. U, n. 32790 del 2023) e trova titolo autonomo, riconducibile agli artt. 1176 e 1218 c.c., rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa,
ancorché da accertarsi con atto motivato – e ricorribile – da notificare ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15377 del 20/07/2020), non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal registro delle imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 29969/2019, 17020/2019).
In particolare, in tema di obblighi e responsabilità degli amministratori, dei liquidatori e dei soci di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, l’avviso di accertamento assolve all’obbligo generale di motivazione ed all’espressa previsione di cui al quinto comma dello stesso articolo, quando l’Amministrazione individua la specifica fattispecie di responsabilità, nell’ambito di quelle tipicamente previste, alla quale intende fare riferimento ed esplicita la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della medesima, come previsti dai commi 1, 2 e 3 del citato art. 36 (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21026 del 26/07/2024).
Invero, il rapporto giuridico in forza del quale il liquidatore e l’amministratore (anche di fatto) è tenuto a rispondere in proprio delle imposte non pagate non è fondato sul dolo o sulla colpa, ma ha la sua fonte in un’obbligazione ex lege di cui i predetti soggetti sono responsabili secondo le norme comuni degli artt. 1176 e 1218 c.c. in relazione agli elementi obiettivi della sussistenza di attività nel patrimonio della società in liquidazione e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute (Cass., Sez. un. 4 maggio 1989 n. 2079; Cass. Sez. un. 3 giugno 1978 n. 2766; Cass. Sez. un. 10 giugno 1978 n. 2927). Occorre, cioè, che sia acquisita legale certezza che i crediti tributari non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (cfr. SU 2820/1985; conf. Cass. nn. 2768/1989, 9688/1995, 8685/2002), e tale azione è parimenti esercitabile, ai sensi dell’art. 36, 4° co., DPR n. 602/1973, nei confronti degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.
Incombe, poi, sul soggetto dichiarato responsabile con il provvedimento di attuazione della pretesa sanzionatoria l’onere di assumere l’iniziativa processuale volta ad ottenere ii controllo giurisdizionale e l’onere di provare l’insussistenza dei presupposti – diversi dal debito d’imposta della società di tale responsabilità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 9688 del 14/09/1995). In particolare, il liquidatore, amministratore o socio, pur già destinatario, con la società, della notifica di un atto impositivo, q ualora quest’ultimo difetti come nel caso in esame -di specifiche contestazione e motivazione ex art. 36 DPR n. 602 del 1973, è legittimato a contestare il fondamento della responsabilità attribuitagli (facendo valere siffatta mancanza) in sede di impugnazione di un atto successivo che lo abbia attinto come personalmente obbligato al pagamento delle somme dovute dalla società. Nel caso di specie non risulta che negli avvisi di accertamento richiamati addebiti mossi nell’ingiunzione di pagamento siano stati indicati gli all’operato del liquidatore e degli ex amministratori
Con l’unico motivo il ricorrente incidentale deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1973 (nella formulazione anteriore alla riforma ex d.lgs. n. 175/2014), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.), per non aver la CTR considerato che COGNOME NOME e COGNOME NOME erano responsabili per il mancato adempimento dei debiti tributari della società cancellata, in quanto amministratori e soci al 50%.
4.1. Il motivo è infondato.
N el richiamare i concetti espressi nell’analizzare il ricorso principale, va qui aggiunto che l’onere motivazionale inevitabilmente si aggrava in fase di riscossione rispetto a quella di accertamento, dovendosi esplicitare le ragioni per le quali si agisce contro il socio, nei limiti di quanto dal medesimo percepito in sede di liquidazione del patrimonio sociale.
In quest’ottica, anche tenendo presente che si è al cospetto di una responsabilità di tipo aquiliana, l’onere di provare la violazione del principio della par condicio in sede di liquidazione ricade sul creditore e, quindi, nel caso di specie, sul Comune, trattandosi di un fatto costitutivo della pretesa
tributaria.
Del resto, la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione è, come si è visto nell’analizzare il ricorso principale, responsabilità per obbligazione ‘propria’ ex lege , avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal registro delle imprese (Cass. sez. 5, 20 luglio 2020, n. 15377; Cass. sez. 5, 11 maggio 2012, n. 7327; Cass. 29969/2019; 17020/2019; Cass. sez. un. 4 maggio 1989 n, 2079).
4.2. Anche a voler invocare una responsabilità dei soci ai sensi del D.P.R. 202 del 1973 art. 36 comma 3, occorrerebbe verificare che essi avessero ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione, danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o avessero avuto in assegnazione beni sociali dei liquidatori durante il tempo della liquidazione; sicché i soci, solo in tali limiti e se correttamente e motivatamente notificato atto impositivo, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1 nei limiti del valore dei beni stessi (Cass. sez. 5, 11 maggio 2012, n. 7327).
Non è revocabile in dubbio che l’onere della prova dell’azionata pretesa ai sensi dell’art. 2697 c.c., con riguardo sia alla ‘reale percezione delle somme’ da parte dei soci nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, ovvero durante il tempo della liquidazione, a norma del D.P.R. 602 del 1973, art. 36, comma 3 (Cass. sez. 5, n. 11968/2012; 19611/2015) -sia alla entità di tali somme (Cass. sez. 5, 25507/13) sia a carico del creditore.
Viceversa, nel caso di specie, la pretesa tributaria è stata azionata senza alcuna esplicitazione delle ragioni dell’atto di riscossione e senza alcuna indicazione tanto dei presupposti della responsabilità debitoria del socio (liquidazione di attivo) quanto della responsabilità dell’amministrator e.
Senza tralasciare che, pur non essendo chiaro se il Comune abbia agito nei confronti dei COGNOME solo quali amministratori degli ultimi due anni della
società cancellata o anche quali soci al 50% della stessa (atteso che, mentre in base a pagina 3 del controricorso sembrerebbe che siano state spese entrambe le qualità, in base a pagina 7 del ricorso appare il contrario), in ogni caso, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, mentre qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate , fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013), non altrettanto vale per gli amministratori. Invero, nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione dell’amministratore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell’ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 (non applicabile, come detto nel caso di specie), di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 29969 del 19/11/2019, con riferimento alla responsabilità dei liquidatori, che è configurabile altresì ai sensi del terzo comma dell’art. 2495 c.c.).
5. In definitiva, mentre il ricorso principale merita di essere accolto, quello incidentale va rigettato. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario di COGNOME NOME. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo, mentre vanno compensate nel rapporto
processuale tra i ricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME e il ricorrente in via incidentale.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME e da COGNOME NOME; accoglie il ricorso principale di COGNOME NOME, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito; condanna il Comune di Bientina al pagamento, in favore di COGNOME NOME, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 8.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; compensa le spese del giudizio di legittimità nel rapporto processuale tra COGNOME NOME e COGNOME NOME e il ricorrente in via incidentale; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 5.12.2024.