Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10425 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10425 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
NOME COGNOME in proprio e quale liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE
– intimato
–
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 4339/12/16 depositata il 13 dicembre 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia, a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza del 15.12.2010, recuperava a tassazione a carico della RAGIONE_SOCIALE, relativamente agli anni d’imposta 2006 e 2007, maggiori imposte dirette ed indirette, emettendo il relativo avviso di accertamento. La società proponeva ricorso e la CTP lo accoglieva. L’Agenzia proponeva appello in data 3 giugno 2013, e la CTR, con la sentenza qui impugnata, dichiarava l’inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione passiva in capo al Cefalù, liquidatore
Cancellazione della società -Responsabilità del liquidatore.
della società, in quanto quest’ultima era stata cancellata dal registro delle imprese.
Ricorre l’Agenzia in cassazione affidandosi ad un unico motivo, mentre il contribuente è rimasto intimato, nonostante la regolare notifica avvenuta a mezzo pec in data 24 maggio 2017.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce violazione degli artt. 2495, 1175 e 1375, c.c., 28 d.lgs n. 175/2014 e 36, d.p.r. n. 602/1973, ritenendosi che erroneamente la CTR abbia dichiarato il difetto di legittimazione passiva in capo al liquidatore.
1.1. Il motivo è infondato.
Intanto il richiamato (e ritenuto violato) disposto di cui all’art. 28, d.lgs. n. 175/2014 non viene in rilievo nella presente fattispecie, visto che la disposizione attiene alla possibilità di continuare a notificare gli atti impositivi e contenziosi ad una società pur cancellata, nel limite dei cinque anni successivi, laddove nella specie la cancellazione avvenne il 6 giugno 2012 mentre sia la notifica dell’atto impositivo che l’introduzione del giudizio furono anteriori.
E’ però pacifico che fin dall’appello la controversia, originariamente introdotta dalla società per un debito fiscale proprio, venne coltivata nei riguardi del Cefalù personalmente.
Invero nel ricorso, alle pagg. 33 e 34, si chiarisce con evidenza che il titolo in base al quale si procede è costituito dalla responsabilità del liquidatore configurata dall’art. 36, d.p.r. n. 602/1973, che infatti pure si reputa violato, in virtù del quale il liquidatore -in applicazione peraltro del disposto di cui all’art. 2495, secondo comma, ultima parte, c.c. -è tenuto responsabile del debito fiscale della società estinta, se ciò sia dipeso da sua colpa, ed in particolare dal mancato adempimento dell’obbligo di pagare con le attività di liquidazione (nello specifico sussistenti almeno per € 253.719,00, come affermato dall’Agenzia a pag. 36
del ricorso) le imposte dovute per il relativo periodo e per quelli anteriori, se non prova di aver soddisfatto i crediti tributari prima dell’assegnazione dei beni ai soci, o di aver soddisfatto crediti poziori rispetto a quelli tributari.
Trattasi però di un titolo autonomo di responsabilità in capo al liquidatore, per cui non è possibile proporre la relativa azione tramite la prosecuzione di quella avente ad oggetto il diverso ed originario debito sociale, non potendosi configurare, in base alle norme suddette, alcun fenomeno successorio (a differenza di quanto accade per la responsabilità dei soci di società estinte, per la qual ipotesi peraltro pende la rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte a mezzo di ordinanza n. 7425/2023).
Invero deve confermarsi il seguente vero principio : ‘ Nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell’ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi degli artt. 36 del d.P.R. N. 602 del 1973 e 2495 c.c., di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto ‘ (Cass. n. 29969/2019).
Alla stregua di quanto precede, essendo pacifico per quanto sopra ricordato che la controversia attiene al debito fiscale originario nei riguardi della società estinta, e dalla stessa a suo tempo contestato, deve confermarsi che rispetto allo stesso il Cefalù, altrettanto pacificamente evocato in qualità e per la responsabilità di liquidatore, difetta di legittimazione passiva.
Né rileva in alcun modo il fatto, allegato dall’amministrazione, secondo cui fin dall’introduzione in giudizio lo stesso si era
costituito anche in proprio oltre che quale legale rappresentante, pacifico essendo in allora che lo stesso non intendeva contestare la propria responsabilità personale ai sensi del citato art. 36, d.p.r. n. 602/1973, a tacer d’altro dovendosi osservare come la stessa neppure era configurabile dal momento che la società non era ancora stata cancellata e dunque non era estinta.
Al postutto il ricorso merita rigetto. Nulla per le spese essendo il contribuente rimasto intimato.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025