Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1655 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 23144/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 9445/2016 depositata il 28/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
COGNOME NOME , nella qualità di socio ed altresì di liquidatore di fatto di RAGIONE_SOCIALE , era attinto da avviso di accertamento ai fini di IRES, IVA ed IRAP con riferimento all’a.i. 2007, avendo l’Agenzia delle entrate -Ufficio di Roma rilevato irregolarità consistenti nell’indebita deduzione di costi per euro 100.000 afferenti a pagamenti di fatture per operazioni inesistenti e nell’occultamento di ricavi per euro 2.266.166 in conseguenza della vendita ad un prezzo reale superiore a quello dichiarato di n. 22 unità immobiliari in Civitavecchia.
Insorgeva il contribuente innanzi alla CTP di Roma, la quale, con sentenza n. 13710/23/15, depositata il 18 giugno 2015, accoglieva il ricorso.
La CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio, così, sinteticamente, motivando:
-ai fini del raddoppio dei termini d’accertamento, rileva la sola astratta configurabilità di ipotesi di reato, con conseguente ‘irrilevanza della mancata dimostrazione, da parte dell’Ufficio, dell’effettivo esercizio dell’azione penale in seguito alla denuncia pacificamente sporta ‘;
-‘gli atti richiamati dalla CTP non risultano concretamente utilizzabili, al fine di individuare il reale valore di mercato delle unità immobiliari, in primo luogo in quanto in essi la parte venditrice è la stessa RAGIONE_SOCIALE . Inoltre va evidenziato che gli acquirenti risultano, in entrambi i casi, soggetti incapaci, in relazione ai quali la concessa autorizzazione del Tribunale aveva evidentemente scontato la portata favorevole delle condizioni del prezzo di acquisto. In conclusione, deve trovare
conferma la valutazione in ordine a ricavi superiori a quelli dichiarati, ed in linea con i valori OMI applicati dall’Ufficio , dovendosi altresì aggiungere che solo sulla base dei maggiori valori accertati poteva giustificarsi l’importo dei mutui bancari concessi agli acquirenti, che al contrario, se confrontati con i prezzi riportati negli atti di acquisto, risulterebbero del tutto esorbitanti dalle normative e dalle prassi vigenti nel settore del credito’;
-‘l’appello è fondato anche con riferimento alla indebita deduzione di costi relativi alle fatture emesse per prestazioni di servizi da parte della RAGIONE_SOCIALE, società risultata priva di alcuna organizzazione di impresa, dovendosi in proposito applicare il consolidato principio secondo cui in materia di IVA l’Amministrazione può disconoscere la detrazione in ragione di presunzioni semplici , con conseguente inversione dell’onere della prova, essendo il contribuente tenuto a dare la prova -nella specie non fornita -dell’infondatezza della pretesa erariale’;
-in merito ai limiti di responsabilità del socio per i debiti della società estinta, ‘nella specie la pretesa dell’Amministrazione è stata rivolta nei confronti dello COGNOME per un comportamento tenuto nel periodo nel quale era stato socio (ed amministratore) della società, e l’Ufficio ha correttamente presunto la percezione, da parte sua, di utili extracontabili’, applicandosi l’insegnamento giurisprudenziale che, in difetto di prova contraria del contribuente, ritiene legittima la presunzione di cui si tratta in caso di società di capitali a ristretta base partecipativa.
Ricorre per cassazione il contribuente con sette motivi.
L’Agenzia si costituisce ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza.
Considerato che:
I motivi, alla stregua della formulazione letterale di cui al ricorso, possono essere riassunti come segue.
1.1. Primo motivo: violazione e falsa applicazione di legge, artt. 329, 342, 346 e 112 cpc, 54 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cpc. Giudicato interno.
La qualifica di amministratore e liquidatore, di fatto o di diritto non importa, costituisce presupposto per l’addebito della responsabilità sussidiaria ex art. 36 dpr 602/73 , ma sul punto il primo giudice aveva omesso di pronunciare. L’Agenzia non ha impugnato con specifico motivo l’omessa pronuncia. Quindi, sul punto si è formato il giudicato interno , per cui la sentenza impugnata è viziata, tanto più per il fatto che non afferma il titolo della responsabilità dell’odierno ricorrente, ma lo dà per scontato, pronunciando soltanto sulle conseguenze.
1.2. Secondo motivo: violazione e falsa applicazione di legge, art. 112 cpc, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cpc.
Nella sentenza di primo grado il giudice aveva affermato, nella corretta interpretazione dell’art. 2495 c.c., che il socio è responsabile del pagamento delle imposte nei limiti delle somme percepite con il bilancio di liquidazione, elemento che non risultava in atti. L’Agenzia impugna sul punto la sentenza, assumendo che al caso di specie dovesse applicarsi l’art. 2492 c.c. e non già l’art. 2495 c.c. Che fa il giudice dell’appello, decide sullo specifico motivo di gravame? Neanche per sogno, afferma, invece, che l’art. 2495 non è applicabile al caso di specie, disciplinando soltanto i limiti nei quali i soci succedono nei debiti della società e inoltre per il fatto che la pretesa dell’A.RAGIONE_SOCIALE. era rivolta all’appellato per il comportamento tenuto nel periodo in cui era stato socio e amministratore della società, introducendo nel processo un fatto nuovo, mai dibattuto in precedenza. Sia nell’avviso che nelle due fasi di merito, infatti, l’Agenzia aveva sempre sostenuto che all’odierno ricorrente fosse ascrivibile la responsabilità per le attività compiute nella fase di liquidazione e non in relazione ad asseriti comportamenti precedenti quella fase.
1.3. Terzo motivo: violazione e falsa applicazione di legge, artt. 36 dpr 602/1973 e 2495 cc, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cpc.
Il giudice dell’appello incorre in due successive, grossolane violazioni di legge là dove assume: a) che il liquidatore è responsabile in proprio ex art. 36 dpr 602/73 per il mancato pagamento delle imposte dovute per il periodo della liquidazione della persona giuridica e per quelli anteriori; b) che, al caso di specie, malgrado la cancellazione della società dal registro delle imprese, non è applicabile l’art. 2495 c.c.
1.4. Quarto motivo: violazione e falsa applicazione di legge, artt. 68 dpr 917/1986 e 51 dpr 131/1986, in relazione all’art. 360, , cpc; violazione di precetti costituzionali (artt. 3, 53 e 97 Costituzione).
Il ricorrente aveva eccepito che l’A.F. non aveva rettificato i valori dichiarati in occasione della registrazione degli atti relativi ai medesimi immobili, nei termini di decadenza (due anni) stabiliti dall’art. 76 l. 131/1986, per cui non avrebbe potuto procedere a una nuova e diversa valutazione ai fini dell’imposta sui redditi. Rispetto alle labili ed evanescenti presunzioni contenute nell’avviso circa il valore degli immobili, l’Agenzia avrebbe dovuto ritenere la prevalenza dei valori indicati dal contribuente per gli stessi cespiti e non rettificati dall’A.F. ai fini dell’imposta di registro, non per mera presunzione, bensì per oggettiva corrispondenza a una valutazione già effettuata. L’A.F. può procedere ad accertamento induttivo solo se ‘realizzata a seguito di cessione immobiliare, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro’. Nel nostro caso, la società venditrice non ha fatto ricorso alla valutazione automatica, ma ha dichiarato esattamente il corrispettivo conseguito per accordi con gli acquirenti, quindi, l’Ufficio non avrebbe potuto né dovuto procedere ad accertamento induttivo. Né potrebbe invocarsi
lo ius superveniens di cui all’art. 5, c. 3, d.lgs. n. 147/15, poiché la norma, qualora l’accertamento si basi sulla maggior somma dichiarata per imposta di registro, nel contrasto circa i poteri dell’A.F., li limita, considerando illegittimo l’avviso di accertamento di plusvalenza ai fini Irpef fondato sulla efficacia presuntiva scaturente dalla definitività dell’accertamento imposta registro conseguente a cessione di immobili.
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A fronte dei superiori motivi, con atto datato 20 luglio 2023, l’AVV_NOTAIO, costituendosi quale nuovo difensore del contribuente in sostituzione del precedente, deceduto il 28 giugno 2023, in seguito alla comunicazione a detto precedente difensore di avviso di fissazione dell’udienza in data 23 maggio 2023, formula istanza di rinvio, pur comunque confermate le conclusioni già rassegnate in ricorso.
L’istanza, corredata del certificato di morte del precedente difensore del contribuente, va accolta, onde consentire al nuovo difensore, in ragione dell’imminenza, rispetto alla data di detto evento, del termine del 16 settembre 2023 per il deposito di eventuali memorie, un effettivo esercizio del diritto di difesa ex artt. 24 Cost. e 6 CEDU.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso a Roma, lì 26 settembre 2023.