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Responsabilità amministratore di fatto per debiti fiscali

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33434/2024, ha definito i contorni della responsabilità dell’amministratore di fatto per i debiti tributari di una società estinta. Il caso riguardava un complesso schema fraudolento, con la creazione di un trust liquidatorio per occultare una plusvalenza immobiliare. La Corte ha confermato la responsabilità dell’amministratore, ma ha precisato che, in base alla normativa applicabile all’epoca dei fatti (ante-2014), tale responsabilità è limitata alle sole imposte sui redditi (IRES), escludendo quindi IRAP, IVA e le relative sanzioni. È stato inoltre ribadito che non è necessaria la preventiva iscrizione a ruolo del debito societario per agire contro l’amministratore.

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Responsabilità Amministratore di Fatto: La Cassazione ne Definisce i Limiti Fiscali

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33434 del 19 dicembre 2024, è tornata su un tema di grande rilevanza: la responsabilità amministratore di fatto per i debiti tributari di una società estinta. La pronuncia chiarisce un punto cruciale, distinguendo, sulla base della normativa applicabile all’epoca dei fatti, tra imposte sui redditi e altre imposte come IVA e IRAP. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i rischi e i doveri di chi gestisce una società, anche senza un incarico formale.

I Fatti di Causa: Un Complesso Schema Elusivo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da un avviso di accertamento notificato a un contribuente, ritenuto amministratore di fatto di una società immobiliare poi estinta. L’Agenzia delle Entrate contestava l’omessa dichiarazione di una cospicua plusvalenza, derivante dalla vendita di un immobile, e il mancato versamento di IRES, IRAP e IVA per l’anno 2011.

Secondo la ricostruzione dell’Ufficio, l’amministratore aveva architettato un’operazione fraudolenta per sottrarre la società al pagamento delle imposte. Lo schema prevedeva:
1. La costituzione di un “Trust liquidatorio”.
2. Il trasferimento dell’immobile di pregio della società al trust.
3. La contestuale messa in liquidazione della società.
4. La nomina di un liquidatore “prestanome”.
5. Le dimissioni dell’amministratore dal suo incarico formale, pur mantenendo il controllo di fatto.

In questo modo, la plusvalenza generata dalla successiva vendita dell’immobile non veniva tassata in capo alla società, ormai svuotata del suo patrimonio e avviata all’estinzione.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso del contribuente. Pur confermando la sua qualifica di amministratore di fatto e la sua responsabilità per la gestione fraudolenta, ha posto un limite preciso all’estensione di tale responsabilità in ambito fiscale.

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 602/1973, nella versione in vigore prima delle modifiche introdotte nel 2014. I giudici hanno stabilito che la responsabilità personale e sussidiaria degli amministratori per il mancato pagamento delle imposte dovute dalla società era, ratione temporis, circoscritta alle sole imposte sui redditi.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui riteneva l’amministratore responsabile anche per IRAP, IVA e per le sanzioni amministrative, rinviando il caso a una nuova sezione della Corte di Giustizia Tributaria per la rideterminazione del dovuto.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha fondato il suo ragionamento su un’attenta analisi della normativa e della giurisprudenza consolidata, incluse le pronunce delle Sezioni Unite.

Innanzitutto, è stato ribadito che la responsabilità degli amministratori e dei liquidatori ai sensi dell’art. 36 citato ha natura civilistica, non tributaria. Si tratta di un’obbligazione propria, ex lege, che sorge a fronte di una condotta colpevole nella gestione del patrimonio sociale che pregiudica il Fisco. Il debito tributario della società è solo il presupposto di tale responsabilità.

In secondo luogo, la Corte ha evidenziato come il testo dell’art. 36, nella sua formulazione originaria, si riferisse specificamente alle “imposte dovute” in materia di imposte dirette. Solo con la modifica introdotta dall’art. 28 del d.lgs. n. 175/2014, la responsabilità è stata estesa a “tutte le imposte dovute” dalla società, includendo quindi anche IVA e altri tributi. Poiché i fatti risalivano al 2011, doveva applicarsi la versione più restrittiva della norma.

Infine, la Corte ha precisato che la responsabilità non può mai estendersi alle sanzioni, che hanno carattere personale e punitivo e non possono essere trasferite a soggetti diversi dal trasgressore.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante principio di diritto sulla responsabilità amministratore di fatto. Se da un lato conferma che chi gestisce una società non può sfuggire alle proprie responsabilità nascondendosi dietro schemi elusivi, dall’altro sancisce il principio di legalità e di applicazione temporale della legge tributaria. Per i fatti anteriori al 2014, la responsabilità degli amministratori per i debiti fiscali della società è limitata alle sole imposte sui redditi. Questa decisione impone un’attenta verifica del periodo d’imposta contestato per definire correttamente l’ambito oggettivo dell’eventuale responsabilità personale dell’amministratore.

Qual è l’estensione della responsabilità dell’amministratore di fatto per i debiti fiscali della società?
Secondo la Corte, per i fatti avvenuti prima delle modifiche legislative del 2014, la responsabilità personale dell’amministratore (prevista dall’art. 36 del d.P.R. 602/1973) è limitata al mancato pagamento delle sole imposte sui redditi (es. IRES). Non si estende, quindi, a IRAP, IVA e, in nessun caso, alle sanzioni amministrative.

È necessario che il debito fiscale della società sia iscritto a ruolo prima di agire contro l’amministratore?
No. La sentenza, richiamando un precedente delle Sezioni Unite (n. 32790/2023), conferma che la preventiva iscrizione a ruolo del debito tributario della società non è una condizione necessaria per la legittimità dell’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore o del liquidatore. L’atto di accertamento verso l’amministratore è sufficiente.

Come viene provato il ruolo di amministratore di fatto?
Il ruolo di amministratore di fatto viene provato attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Nel caso di specie, la Corte ha considerato prove sufficienti l’ideazione e gestione dell’intera operazione fraudolenta, la creazione del trust, la nomina di un prestanome e la presenza costante e decisionale dell’interessato nelle vicende delle società coinvolte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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