Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33434 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Ires, Irap e Iva 2011
Art. 36 del d.P.R. n. Relatore: COGNOME NOME
602/1973- responsabilità
amministratore di fatto di
società di capitali
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33434 Anno 2024
Presidente: NOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Sul ricorso iscritto al numero 11732 Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME , in Roma, INDIRIZZO Lourdes INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2417/05/2020, depositata in data 21 ottobre 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 4550/08/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano di accoglimento del ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento notificato, in data 3.01.2018, a quest’ultimo , nella qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, estinta in data 12.2.2013, con cui l’Amministrazione – a seguito di una verifica fiscale a carico della detta società – aveva contestato, per l’anno 2011, ai fini Ires, Irap e Iva: 1) l’omessa dichiarazione di una plusvalenza per euro 1.200.000,00; 2) l’omessa registrazione e dichiarazione di operazioni imponibili ai fini Iva. In particolare, l’Ufficio riteneva NOME COGNOME responsabile, ex art. 36 del d.P.R. n. 602/1973, in via sussidiaria, dei debiti tributari della società – poi estinta -per avere posto in essere, nella veste di amministratore di fatto di quest’ultima , un ‘operazione fraudolenta (costituzione di un trust liquidatorio al quale erano stati trasferiti gli immobili della società, contestuale messa in liquidazione della società, nomina di un liquidatore prestanome, proprie dimissioni dall’incarico di amministratore unico) allo scopo di evitare la tassazione della plusvalenza ricavata dalla vendita -quale negozio dissimulato -dell’immobile sito in Milano INDIRIZZO trasferito formalmente al trust liquidatorio.
In punto di diritto, la CTR ha ritenuto NOME COGNOME responsabile, per il 2011, dei debiti tributari di RAGIONE_SOCIALE (estinta in data 12.2.2013), avendo rivestito il ruolo di amministratore- prima di diritto e poi di fatto – di
quest’ultima e avendo posto in essere una procedura fraudolenta ( attraverso la istituzione formale di un ‘T rust liquidatorio ‘ ; la contestuale messa in liquidazione della società; la nomina di liquidatore-prestanome; le proprie dimissioni come amministratore unico) allo scopo di non ricondurre alla società, poi estinta, né a se stesso, la vendita dell’immobile (trasferito al ‘ Trust liquidatorio’) generante la plusvalenza ripresa a tassazione.
3.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Agenzia per violazione dell’art. 366, comma 1, n.n. 3, 4, e 6 c.p.c. nonché 369, comma 1, n. 4 c.p.c. in quanto esso contiene tutti gli elementi necessari per porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia, essendo esaurientemente esposti nel ricorso i fatti di causa e chiaramente individuate nello stesso le questioni di diritto poste dalle parti.
Sempre, in via preliminare, osserva la Corte che non si pone la questione di diritto relativa al difetto di legittimazione attiva ad agire dell’ex liquidatore della società estinta prima della notifica dell’avviso (v. Sez. 5, n. 32304 del 26/09/2019; Cass. sez. 5, Ordinanza n. 753 del 2024) atteso che NOME COGNOME
benché attinto dall’atto impositivo in questione nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, estinta in data 12.2.2013 prima della notifica dell’atto impositivo risulta dalla sentenza impugnata avere proposto il ricorso originario personalmente, contestando, tra l’altro, l’assunta veste di amministratore di fatto. Vanno, pertanto, scrutinati i prospettati motivi di ricorso.
3 .Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza ( error in procedendo ) per motivazione apparente, manifestamente contraddittoria, perplessa, nonché per travisamento ed incongruità.
3.1.l motivo è infondato.
3.2. Si deve ribadire che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01) e che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
3.3.Nella specie, la motivazione in questa sede impugnata non è riconducibile ad una delle gravi anomalie argomentative individuate dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, in quanto consente di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dal giudice di appello e rende possibile il controllo sull’esattezza del ragionamento decisorio che ha condotto all’accoglimento del gravame dell’Agenzia. Infatti, la Commissione regionale, nel ritenere legittimo l’atto impositivo, ha indicato chiaramente gli elementi indiziari (istituzione il 29.7.2011 da parte di NOME COGNOME – comparente a verbale del 27.7.2011, quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE e delegato dell’unico socio RAGIONE_SOCIALE titolare della totalità delle quote sociali per conto
delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – del Trust liquidatorio a cui trasferire gli immobili della società; contestuale messa in liquidazione della società medesima; nomina del sig. NOME COGNOME quale liquidatore prestanome in quanto non percettore di alcun reddito; proprie dimissioni dall’incarico di amministratore unico; intreccio tra Ferrara, COGNOME e le società detentrici delle quote sociali della società verificata in cui il COGNOME risultava procuratore speciale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a sua volta posseduta al 98% dalla società RAGIONE_SOCIALE nella cui amministrazione si era alternato lo stesso e NOME COGNOME dai quali ha tratto il convincimento che l’odierno contribuente rivestisse il ruolo di amministratore (prima di diritto e poi) di fatto della società sottoposta a verifica e avesse posto in essere quale dominus l’operazione fraudolenta finalizzata alla mancata tassazione della plusvalenza generata dalla vendita in data 30.11.2011 – quale negozio dissimulatodell’immobile trasferito al costituito trust liquidatorio.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2729 e 2697 c.c., nonché 39, comma 1, lett. d) del DPR n. 600/73 e dell’art. 54, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 per avere ritenuto il contribuente, amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE e dominus della assunta operazione fraudolenta, sebbene tale ricostruzione non fosse suffragata da elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, e, comunque, senza considerare il mancato conseguimento da parte dello stesso di alcun vantaggio personale, diretto o indiretto.
4.1.Il motivo si profila inammissibile.
4.2.Quanto al censurato malgoverno del materiale probatorio da parte del giudice di merito, è pacifico che competa alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, violando i criteri
giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., sez. 5, ord. 19352 del 2018, Cass., sez. 6-5, n. 10973/2017, Cass., sez. 5, n. 1715/2007). Infatti, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 26/06/2008). Ebbene, in ordine all’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertarti dalla amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova. La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017). Ciò che dunque rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi, o anche di un
solo significativo indizio, a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
4.3.Peraltro, «In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.» (S.U., n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).
4.4.L a violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013).
4.5. Nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione degli artt. 115 c.p.c., 2729 e 2697 c.c., nonché 39, comma 1, lett. d) del DPR n. 600/73 e dell’art. 54, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 , in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR – con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, e nel rispetto dei criteri di formazione della prova presuntiva desunto il ruolo in capo al Ferrara di amministratore (prima di diritto e poi) di fatto di RAGIONE_SOCIALE nonché la gestione da parte di quest’ultimo
delle varie fasi di una procedura fraudolenta che avevano condotto alla vendita dell’immobile sito in Milano INDIRIZZO con generazione della plusvalenza non dichiarata dalla società, da una serie di elementi presuntivi stimati gravi, precisi e concordanti (costituzione di un trust liquidatorio al quale erano stati trasferiti gli immobili della società, contestuale messa in liquidazione della società, nomina di un liquidatore prestanome, proprie dimissioni dall’incarico di amministratore unico , presenza del Ferrara in modo diretto o indiretto in tutte le società partecipate coinvolte).
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1176, 1218, 2495, comma 2, 2697 c.c., 36 del d.P.R. n. 602/1973 per avere la CTR considerato il contribuente responsabile in via sussidiaria ai sensi dell’art. 36 cit. , solo in conseguenza della attribuzione allo stesso della qualifica – pure contestata – di amministratore di fatto della società senza verificare: 1) se, in concreto, quest’ultimo avesse posto in essere una condotta illecita diretta a sottrarre o occultare il patrimonio sociale o ad eludere le imposte; 2) se lo stesso rivestisse tale veste al momento di chiusura del bilancio finale di liquidazione, con mancata iscrizione della somma imponibile che avrebbe dovuto percepire dalla vendita, nonché al momento in cui era stata fatta la dichiarazione dei redditi; 3) se i tributi a carico della società fossero stati iscritti a ruolo e fosse stata acquisita certezza legale del mancato soddisfacimento dei medesimi con le attività di liquidazione medesima.
5.1.Il motivo si profila, in parte, inammissibile, in parte, infondato.
5.2.Investite della questione di massima di particolare importanza riguardante i presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore di una società ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, ossia se essa presupponga l’accertamento del debito tributario della società e la sua iscrizione a ruolo, rilevandone la detta particolare importanza sia in termini generali che in termini di peculiare rilievo nel caso in cui sia intervenuta la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014, attesa la sospensione per un quinquennio, ai soli fini fiscali, dell’efficacia dell’estinzione
della società, le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 32790 del 2023, hanno preliminarmente precisato la natura della responsabilità del liquidatore, come prevista dal legislatore del citato articolo 36, osservando come la giurisprudenza di legittimità a partire dalle Sezioni Unite, che se ne sono occupate, seppur ai fini dell’individuazione della giurisdizione sulle con troversie promosse dai liquidatori (v. Cass. Sez. U. 27 ottobre 1971 n. 3021; Cass. Sez. U. 3 giugno 1978 n. 2766; Cass. Sez. U. 4 maggio 1989 n. 2079), e sino alle più recenti rese, nella specifica materia, dalla Sezione Tributaria (v., tra le altre, Cass. 11 maggio 2012 n. 7327; Cass. 19 novembre 2019 n. 29969; Cass. 20 luglio 2020 n. 15377), sia assolutamente consolidata nel ritenere che essa trova la sua fonte in un’obbligazione, propria, ex lege (in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ.), avente natura civilistica e non tributaria (cfr., tra le altre, Cass. 26 maggio 2021 n. 14570 con ampi richiami ai precedenti conformi).
5.3.Come precisato nella detta sentenza, tale orientamento condiviso peraltro dalla dottrina maggioritaria continua a essere ininterrottamente e pacificamente seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a seguito della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 e nella vigenza del l’art. 28, comma 4, del d. lgs. n. 175 del 2014 (prevedente, come detto, la sospensione per un quinquennio, ai soli fini fiscali, dell’efficacia dell’estinzione della società) . Si è ribadito, in particolare, dalla giurisprudenza più recente che la responsabilità per le obbligazioni tributarie non è diretta ma deriva dalla carica rivestita dal liquidatore, ai sensi del menzionato articolo 36, oltreché dell’art. 2495 cod. civ., le quali norme – senza che possa essere riconosciuta al predetto la qualità di successore della società nei debiti tributari della stessa o porre alcuna coobbligazione di debiti tributari a suo carico – delineano una fattispecie del tutto autonoma e sussidiaria rispetto alla responsabilità per debiti fiscali della società, poi estinta, i quali ne costituiscono il mero presupposto (cfr. Cass. 15 luglio 2021 n. 14570 che richiama Cass. n. 29969/2019 cit.). I principi, riproposti anche dalle sentenze più recenti, ricalcano, quindi, i precedenti, statuendosi che «in tema di riscossione, la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione concreta un’obbligazione
civile propria ex lege in relazione agli artt. 1176 e 1218 c.c., sicché, non avendo natura strettamente tributaria, a carico dei predetti non vi è alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese»; «l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 è riconducibile agli artt. 1176 e 1218 c.c. e integra una ipotesi di responsabilità propria ex lege in funzione del prioritario soddisfacimento dei crediti tributari, sicché, estinta la società contribuente, non si realizza alcuna forma di successione nei confronti del liquidatore, ma sorgono ipotesi di responsabilità nuove e fondate su differenti presupposti, ancorché implichino l’esistenza della obbligazione tributaria. In ultima analisi, quello verso l’amministratore o liquidatore è credito dell’amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità» (cfr., in motivazione, Cass. 5 novembre 2021 n. 31904; Cass. 3 febbraio 2022 n. 3311; Cass. 31 gennaio 2023 n. 2906). Sulla natura della responsabilità del liquidatore e sul rapporto tra questa e l’obbligazione tributaria della società questa Corte ha, pertanto, mantenuto ferma la posizione che vede tale responsabilità, come «avente natura civilistica e titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa, ancorché da accertarsi con atto motivato -e ricorribile da notificare ai sensi dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973». L’autonomia della responsabilità del liquidatore rispetto all’obbligazione tributaria della so cietà, viene vieppiù riaffermata, nel caso di avvenuta estinzione della società, non essendo il liquidatore successore ex lege nei debiti sociali ma responsabile in proprio e in forma autonoma, trattandosi di responsabilità basata su un presupposto diverso: al mancato pagamento delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, venendo meno agli obblighi che sono propri della carica rivestita, ha utilizzato l’attività di liquidazione per l’assegnazione dei beni ai soci oppure per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti.
5.4.Nella richiamata sentenza n. 32790 del 2023, le Sezioni Unite hanno ritenuto di rivedere – per più ordini di ragioni, non da ultima quella di attualizzare la lettura della norma al riformato contesto ordinamentale della riscossione (art. 29 del d.l. 31 maggio 2010 n.78, conv. con modif. nella legge 30 luglio 2010 n. 122), profondament e innovato dall’introduzione degli atti impoesattivi con conseguente parziale e graduale scomparsa dell’istituto della riscossione tramite ruolo (in argomento cfr. Cass. Sez. U. n. 33408 del 2021)l’orientamento giurisprudenziale (così, tra le recenti, Cass. n. 15377/2020 ; Cass. 15 luglio 2021 n. 20148) nel punto in cui ritiene l’iscrizione a ruolo del debito tributario societario condizione di legittimità dell’azione nei confronti dei liquidatori, ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973. Sul punto nella sentenza richiamata ha osservato che: « tale soluzione, come evidenziato dall’ordinanza remittente, se poteva ancora trovare un contesto compatibile prima della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 quando, secondo l’orientamento prevalente, la cancellazione dal registro delle imprese non determinava l’estinzione della società fino a che permanevano debiti sociali (v., tra le altre, Cass. 18 agosto 2003 n. 12078 e, per tutte in ambito tributario, Cass. 10 ottobre 2005 n. 19732) , non appare, in effetti, più adeguata all’attuale contesto ordinamentale, pur come integrato dalla successiva, ma non risolutiva, previsione, con l’art. 28, comma 4, del d.l gs. n. 175 del 2014, della sospensione per un quinquennio, ai soli fini fiscali, dell’efficacia dell’estinzione della società. 7.1. A seguito della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, con la previsione di una piena efficacia estintiva della cancellazione della società, e della conseguente successiva elaborazione giurisprudenziale (cfr. Cass. Sez. U. 12 marzo 2013 nn. 6070, 6071 e 6072), infatti, verificatasi l’estinzione della società contribuente, la successione nei debiti della società si realizza nei confronti dei soci (che ne rispondono diversamente a seconda del tipo di società, di persone o di capitali) i quali subentrano, anche nei processi in corso, ex art. 110 cod. proc. civ., nella legittimazione processuale facente capo all’ente, in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ossia a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale. Non si realizza, invece, alcuna
successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, venendo meno il suo potere di rappresentanza dell’Ente estinto che non può essere più parte di alcun rapporto tributario – e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’a tto impositivo. Anche se i soci subentrano negli stessi debiti che facevano capo alla società, si assiste ad una vicenda nuova e diversa da quella societaria, rispetto alla quale -evidenzia correttamente il Collegio remittente l’art. 2495, secondo comma , cod. civ. (ora comma 3 a seguito dell’art. 40, comma 12 -ter, lett. b), del d.l. n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020), per la generalità dei creditori sociali, e la disposizione speciale di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, per l’Erario, costituiscono norme di chiusura quanto alla responsabilità dei soci nonché dei liquidatori in ordine all’attività svolta. In relazione a tale mutato quadro normativo, il Collegio remittente premessa la giurisprudenza di questa Corte sull’art. 24 95 cod. civ. secondo la quale «ex latere creditoris il creditore rimasto insoddisfatto dall’attività liquidatoria, per far valere la responsabilità del liquidatore, dovrà dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito provato come esistente, l iquido e esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni» (Cass. 15 gennaio 2020 n. 521) – evidenzia, puntualmente, che ragioni sistematiche dovrebbero indurre a concludere che, come qualunque creditore sociale insoddisfatto, anche l’Erario possa agire direttamente nei confronti dei soggetti sussidiariamente responsabili per quei debiti, tra i quali il liquidatore ex art. 36 cit. anche nel caso in cui non disponga di un titolo che formalizza l’obbligazione tributaria nei confronti della società ormai estinta ». Le SU hanno poi precisato che: « In definitiva la ratio della norma, coerente al fine della rapida realizzazione del credito tributario, è tesa a evitare che i liquidatori assegnino beni ai soci, o favoriscano altri creditori, lasciando insoddisfatti i diritti del Fisco e ha per sfondo i medesimi doveri che – già per il diritto civile a tutela dei creditori privati incombono sui liquidatori. Ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, il liquidatore della società è responsabile, nei confronti dell’Erario, in proprio e in forma autonoma rispetto all’obbligazi one tributaria societaria,
trattandosi di responsabilità fondata su un diverso titolo: al mancato pagamento delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, violando gli obblighi conseguenti alla carica rivestita, ha utilizzato l’attività di liquidazione per l’assegnazione di beni ai soci oppure per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti. 8.4. Al distinto titolo e alla stessa diversità di oggetto della responsabilità posta a carico del l iquidatore dall’art. 36 cit. consegue allora che il debito tributario della società costituisce mero presupposto fattuale di tale responsabilità, rispetto alla quale l’iscrizione a ruolo del credito fiscale, quale condizione necessaria di esperibilità della relativa azione, non appare giustificabile. 9. Tale soluzione – che, come già esposto, trova conforto anche nel dato testuale della norma che richiede l’inadempimento all’obbligo di pagare le imposte dovute, nel significato generale che a tale locuzione viene attribuito dal d.P.R. n. 602 del 1973, ove la stessa è stata collocata e tiene conto del diverso passato contesto normativo e ordinamentale in cui si è formata la giurisprudenza in materia – non solo risolve le incoerenze sistematiche, evidenziate nell’ordinanza di rimessione, comportanti una ingiustificata posizione deteriore, o quanto meno più gravosa, per il creditore Fisco rispetto alla generalità dei creditori sociali, ma, al contempo, non esclude il contemperamento dei contrapposti interessi di rango costituzionale dati dall’esigenza di rapida realizzazione del credito tributario, da un lato, e dall’esigenza di ampi poteri difensivi in capo al liquidatore, dall’altro ». Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto: « La responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per fatto proprio ex lege, ha natura civilistica e non tributaria, con la conseguenza che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi del comma 5 dello stesso art. 36, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il predetto, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della
società per le imposte» (Sez. U, 27 novembre 2023, n. 32790; cfr. anche Cass., 5 aprile 2024, n. 9170).
5.5.Nella sentenza impugnata la CTR, facendo corretta applicazione dei suddetti principi, ha ritenuto sulla base di elementi presuntivi (costituzione di un trust liquidatorio al quale erano stati trasferiti gli immobili della società, contestuale messa in liquidazione della società, nomina di un liquidatore prestanome, proprie dimissioni dall’incarico di amministratore unico, presenza del F errara in modo diretto o indiretto in tutte le società partecipate coinvolte) stimati – in base ad un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità – gravi precisi e concordanti –NOME COGNOME responsabile (ai sensi dell’art. 36 commi 3 e 4 del DPR n. 602 del 1973 nella versione vigente ratione temporis ) quale amministratore (prima di diritto e poi) di fatto di RAGIONE_SOCIALE e dominus di una serie di concatenate attività imputate alla società e finalizzate, tramite l’occultamento di attività sociali, alla mancata tassazione della plusvalenza (non dichiarata) generata dalla vendita (quale negozio dissimulato) dell’immobile trasferito al costituito trust liquidatorio; ciò senza che l’iscrizione a ruolo nei confronti della società del debito tributario costituisse condizione di legittimità dell’azione nei confronti dei liquidatori, ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973.
6. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 19 del DPR n. 46/1999 e 36 del d.P.R. n. 602/73, 7, comma 1, del d.l. n. 269/2003, conv. nella legge n. 326 del 2003 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso in questione sebbene il contribuente , non potesse essere responsabile in via solidale dell’Iva accertata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE né dei relativi interessi e sanzioni; né tantomeno potesse essere comunque destinatario, ex art. 7 del d.l. n. 269/2003, delle sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di una società di capitali, non essendo, nella specie, configurabile l’ipotesi derogatoria dell’artificiosa costituzione , ai fini illeciti della società, essendo stata quest’ultima
costituita nel 2008, divenendo in tale anno proprietaria dell’immobile successivamente ceduto al Trust.
6.1. Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.
6.2.Come precisato dalle richiamate Sezioni Unite n. 32790/2023, la responsabilità dei liquidatori (e degli amministratori) di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 è responsabilità propria, ex lege, di natura civilistica e non tributaria per il mancato pagamento delle imposte dovute. Per gli amministratori la norma individua la condotta rilevante nell’aver compiuto ‘ nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili ‘. La responsabilità, peraltro, è esplicitamente riferita al mancato versamento delle ‘imposte dovute’ dalla società, nonché degli interessi (in relazione alla natura della responsabilità), ma, atteso l’ambito della disciplina- nella versione vigente ratione temporis , anteriore alla modifica ex art. 28 del d.lgs. 21 novembre 2014 n. 175) – ciò rileva in materia di imposte dirette e non anche per l’imposizione sul valore aggiunto o sulle attività produttive (v. Cass. 15378 del 20/07/2020), né, a maggior ragione, può includere le sanzioni eventualmente irrogate (Cass. sez. 5, n. Sentenza n. 9170 del 2024). Al riguardo – come precisato nella sentenza n. 32790 del 2023 è l’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, che ha poi, al comma 7, eliminato dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, ogni riferimento all’art. 36 del d.P.R. n. 602/73, con la conseguenza che la responsabilità del liquidatore -a seguito di tale modifica – non è più limitata alle sole imposte sui redditi, ma si estende a tutte le imposte dovute dalla società.
6.3.Nella specie, la CTR non si è attenuta al suddetto principio nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’avviso notificato al Ferrara , quale amministratore di fatto (ex art. 36 cit. ) senza considerare che la responsabilità di natura civilistica e non strettamente tributaria ai sensi dell’art. 36, nella versione vigente ratione temporis anteriore alla novella di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014 – era applicabile alle sole imposte sui redditi e non all’imposizione sul valore aggiunto
o sulle attività produttive né tantomeno poteva includere le sanzioni eventualmente irrogate.
Con il quinto motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione riproposta nelle controdeduzioni in appello circa l’assunta violazione dell’art. 37, comma 3, del DPR n. 600/73, non presentando l’istituto del Trust liquidatorio alcun carattere surrettizio e non essendo, pertanto, configurabile la fattispecie dell’interposizione fittizia ; 2) nella denegata ipotesi in cui si ritenesse implicitamente rigettata l’eccezione di violazione dell’art. 37, comma 3, cit., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 37, comma 3, cit.
7.1.Il primo sub-motivo è infondato.
7.2. L’a ssorbimento in senso improprio – configurabile quando la decisione di una questione esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre impedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, il quale è ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza (Sez. 6 – 1, Ord. n. 2334 del 03/02/2020;Sez. 1, Ordinanza n. 28995 del 12/1 1/2018. Nella specie, la CTR nel fondare la decisione di accoglimento del gravame dell’Ufficio sulla riscontrata responsabilità (ex art. 36 cit.) del Ferrara, quale amministratore di fatto e gestore di una procedura fraudolenta finalizzata, tramite l’occultamento di attività sociali, alla mancata tassazione della plusvalenza generata dalla vendita (quale negozio dissimulato) dell’immobile trasferito al costituito trust liquidatorio, ha evidentemente assorbito la questione riproposta nelle controdeduzioni in appello circa l’assunta violazione dell’art. 37, comma 3, del DPR n. 600/73 (‘ le questioni non trattate non possono considerarsi omesse ma semplicemente assorbite o superate per incompatibilità logicagiuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudice ‘).
7.3. Il secondo sub motivo è inammissibile per difetto di interesse.
7.4. In tema di assorbimento cd. improprio, nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre, sul soccombente non grava l’onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, ma è sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa (Sez. 1, Ordinanza n. 48 del 04/01/2022).
8. In conclusione va accolto il quarto motivo nei termini di cui in motivazione, respinti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2024