Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
Oggetto:
Ici
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29382/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliate presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1107/2017 depositata il 2 maggio 2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La controversia ha ad oggetto tre avvisi di accertamento (n. NUMERO_DOCUMENTO2011, n.2660405, n.NUMERO_DOCUMENTO) emessi nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (d’ora in poi odierne ricorrenti), il primo, da RAGIONE_SOCIALE del territorio riguardante l’attribuzione di una nuova rendita catastale a seguito del classamento nella categoria D7 di un fabbricato ad uso industriale e gli altri emessi da RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi odierna controricorrente) , relativi al recupero della maggiore imposta Ici per l’anno 2007 , a seguito dell’attribuzione della nuova rendita catastale , con conseguente irrogazione di sanzioni per omesso parziale versamento dell’imposta.
La CTP ha accolto parzialmente i ricorsi dell’odierna ricorrente , annullando l’avviso di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e annullando gli avvisi di accertamento dell’odierna controricorrente limitatamente alla liquidazione dell’imposta, confermando, invece, le sanzioni, in quanto riguardanti insufficienti versamenti di imposta dovuti in base alla dichiarazione originaria.
La CTR ha accolto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE , confermando la legittimità dell’accatastamento e RAGIONE_SOCIALE conseguenti imposizioni , fondando la decisione sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti ragioni:
l’avviso di accertamento ha disposto l’attribuzione di una nuova rendita catastale sulla base dell’originaria denuncia catastale , presentata il DATA_NASCITA, e, dunque, sulla base di dati dichiarati dalla stessa parte contribuente;
è corretto il classamento in categoria D 7 , in quanto all’epoca l’immobile risultava ad uso industriale, come confermato anche da una perizia giurata del 2012;
la parte ricorrente, a conoscenza della provvisorietà del classamento, avrebbe dovuto denunciare le variazioni intervenute a seguito dell’adozione di sopravvenuti vincoli urbanistici ; la normativa dell’epoca non poneva termini decadenziali al classamento definitivo, benché il ritardo di oltre cinquant’anni appare oggettivamente ingiustificabile;
il d.P.R. n. 1142 del 1949 prevedeva che la rendita RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari da censire nella categoria D dovesse essere attribuita con stima diretta, sulla base del valore venale riferito all’epoca censuaria 1988/89 e così risulta essere avvenuto da parte dell’Ufficio che ha citato nell’avviso oggetto di impugnazione la normativa applicata ;
i valori applicati sono risultati quelli previsti dall’ordine di servizio n. 22 dell’11/6/ 2002, che, pur non avendo efficacia erga omnes , costituisce un riferimento oggettivo in sede di determinazione del valore di riferimento, anche in assenza di specifici elementi contrari addotti dalla controparte;
trattandosi di un accertamento su impulso di parte, l’obbligo di motivazione dell’avviso deve ritenersi assolto con l’indicazione del fabbricato, della categoria e della rendita attribuite e della denuncia dalla quale l’accertamento trae origine .
Le ricorrenti propongono ricorso fondato su tre motivi e depositano memoria, la controricorrente propone controrico rso, mentre l’RAGIONE_SOCIALE resta intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di impugnazione le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. , degli artt. 6,
7 e 10 della l. 27 luglio 2000, n. 212. Contestano le ricorrenti che l’attribuzione della categoria sia stata emessa su impulso di parte, in quanto la proposta di classamento è stata operata 52 anni prima e il tempo trascorso ha ingenerato in loro il legittimo affidamento circa la correttezza della categoria catastale D 8.
Con il secondo motivo di impugnazione le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 61 del d.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142, dell’art. 12 della l. n. 212 del 2000 . Denunciano l’illegittimità della variazione di categoria, da D 8 a D 7 a destinazione speciale in assenza di previo sopralluogo.
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Contesta che la sentenza ha integrato la motivazione dell’atto impugnato con l’ordine di servizio prodotto nel corso del giudizio. Deduce di avere contestato sin dal primo grado che l’immobile per cui è causa , in quanto a destinazione speciale, avrebbe dovuto essere assoggettato a stima diretta e non a stima comparativa. Si duole che l’accertament o comparativo non è motivato, in quanto i criteri di comparazione sono stati resi noti solo in sede di costituzione in giudizio.
Il ricorso è tempestivamente proposto. La sentenza della CTR della Toscana n. 1107 del 2017, non notificata, è stata pubblicata il 2 maggio 2017. Nel caso di specie, infatti, non trova applicazione l’art. 11, comma 9, del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla l. 21 giugno 2017, n. 96.
Tale disposizione prevede la sospensione per sei mesi dei termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali
e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo (24 aprile 2017 fino al 30 settembre 2017).
Su tale sospensione, la giurisprudenza di legittimità ha proprio di recente chiarito che, ai fini della proposizione del ricorso, la disposizione dell’art.11, comma 9, del d.l. n. 50 del 2017, ai sensi della quale «per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali ….. che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017» va interpretata, quanto ai criteri di computo dei termini di impugnazione, nel senso che il dato della scadenza del termine ordinario, ex art.327 cod. proc. civ., tra il 24 aprile ed il 30 settembre 2017 comporta il cumulo di tale termine con quello di sei mesi di cui alla disposizione in esame (Cass. Sez. 5, n. 7510 del 2024).
La sospensione semestrale dei termini di impugnazione (in via principale o incidentale) ovvero per riassumere la causa a seguito di rinvio opera, dunque, automaticamente, purché la lite rientri tra quelle definibili e il termine spiri tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017 (in questo senso già Cass. Sez. 6 – 5, n. 11913/2019, Rv. 654139 -01).
Corretta, pertanto, è la Circolare n.22/E del 28 luglio 2017, secondo cui «La durata della sospensione è predeterminata in sei mesi, che si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali, ivi incluse quelle relative al periodo – dal 1° al 31 agosto – di sospensione feriale. Inoltre, la durata della sospensione resta pari a sei mesi anche nei casi in cui si sovrapponga al periodo di sospensione dei termini feriali» (in senso conforme a tale criterio interpretativo anche Cass. 17371/2021, Cass. 30957/2021, Cass. 29497/2021 nonché Cass. 933/2023).
Nel caso di specie, tenuto conto del periodo di sospensione feriale, il termine ex art. 327 cod. proc. civ. spirava il 4 dicembre 2017, mentre le notifiche del ricorso sono state spedite il 1° dicembre 2017.
Non essendo, quest’ultima data ricompresa nel periodo di sospensione legale, al caso di specie, non si applica il cumulo previsto dalla normativa sopra citata, ma in ogni caso è tempestiva la proposizione del ricorso.
Il primo motivo è fondato nei termini qui di seguito esposti.
Il Collegio condivide e intende ribadire il principio di legittimità, secondo cui, in tema di catasto dei fabbricati, la procedura di cui al d.m. n. 701 del 1994, che consente al titolare di diritti reali sui beni immobili di proporne la rendita, ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto e il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 1142 del 1949, la funzione di «rendita proposta», fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla quantificazione della rendita definitiva, con la conseguenza che il termine massimo di dodici mesi dalla presentazione della dichiarazione, assegnato all’ufficio per la «determinazione della rendita catastale definitiva», ha natura meramente ordinatoria, non essendone il carattere perentorio espressamente previsto dalla norma regolamentare, né potendo ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con cui è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento RAGIONE_SOCIALE rendite catastali. Ne consegue che il verificarsi RAGIONE_SOCIALE scadenze non comporta la decadenza per l’amministrazione dal potere di rettifica (Cass. Sez. 5, n. 4752/2021, Rv. 660667 – 01).
Si osserva, tuttavia, che il periodo di 52 anni per formulare un’attribuzione catastale (la denuncia catastale è stata
presentata il DATA_NASCITA) certamente costituisce un lasso temporale, così lungo, da ritenersi lesivo del principio della collaborazione e della buona fede, di cui all’art. 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000.
I motivi secondo e terzo sono fondati nei termini di seguito esposti e, stante la loro stretta connessione, possono essere congiuntamente trattati. Le ricorrenti censurano la sentenza gravata, sotto vari profili, sostanzialmente perché nella stessa si affermerebbe che l’Ufficio avrebbe effettuato la stima diretta degli immobili in questione, nonostante che l’atto impositivo impugnato, riportato per estratto nel ricorso, faccia riferimento, non alla stima diretta, ma alla stima con metodo sintetico comparativo.
Si evince dalla motivazione della sentenza impugnata «Come correttamente riconosciuto anche dai primi giudici , il d.P.R. n. 1142 del 1949 prevedeva che la rendita RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari da censire nella categoria D dovesse essere attribuita con stima diretta, sulla base del valore venale riferito all’epoca censuaria 1988/89 e così risulta essere avvenuto da parte dell’Ufficio che ha citato nell’avviso oggetto di impugnazione la normativa applicata».
La motivazione prosegue, quindi, sulle ragioni per le quali sono stati ritenuti utili, ai fini della determinazione del valore di riferimento, i valori applicati in un ordine di servizio, a fronte di un’assenza di specifici elementi contrari addotti dalle odierne contro ricorrenti.
La sentenza pare riconoscere, dunque, in astratto l’applicabilità del d.P.R. n. 1142 del 1949 che prevede l’ attribuzione della rendita attraverso una stima diretta e ritiene che ciò nella specie
sia avvenuto , in quanto l’ufficio nell’atto impugnato ha citato la corretta normativa.
L ‘avviso impugnato , tuttavia, trascritto in ricorso, ha fatto espressamente riferimento a una stima avvenuta con metodo sintetico comparativo.
In proposito si ritiene che il generico riferimento alla correttezza del metodo, sul solo presupposto di un esatto richiamo alla normativa applicabile, appare del tutto insufficiente.
La sentenza non ha ritenuto necessario, incorrendo, pertanto in una falsa applicazione di legge, accertare se, a prescindere dal corretto richiamo formale alla normativa (del d.P.R. n. 1142 del 1949), ma soprattutto a fronte dell’enunciazione nell’atto impugnato dell’utilizzo di un metodo comparativo per la stima dell’immobile, il metodo di determina zione del valore sia stato impiegato nell’ambito di una stima diretta o, invece, si sia limitato ad applicare alle unità immobiliari in oggetto la rendita desunta per le relative tipologie da medie elaborate staticamente, senza la considerazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche specifiche di ciascuna singola unità.
La violazione trova ulteriore conferma in quanto la sentenza, ai fini della determinazione della rendita, ha richiamato i dati emergenti da un ordine di servizio, esplicitamente riconosciuto come non efficace erga omnes , ma preso, comunque, come punto di riferimento, in assenza di specifici elementi contrari forniti dalle ricorrenti.
Tale percorso argomentativo si discosta dal consolidato orientamento di legittimità che postula per gli immobili con destinazione speciale una stima fondata sull’individuazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche di ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento, presupponendo, come questa Corte ha già chiarito,
l’utilizzazione di dati ed elementi fattuali offerti dalla peculiarità RAGIONE_SOCIALE specie.
Si ricorda, infatti, che l’ avviso di classamento con il quale l’ufficio tecnico erariale attribuisce la rendita ad un immobile è, infatti, incontestabilmente un provvedimento di natura valutativa, integrante un atto di accertamento il quale, come tale, deve essere motivato; ciò vale a maggior ragione per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, il cui reddito, a norma dell’art. 34 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, va determinato «mediante stima diretta», la quale presuppone l’utilizzazione di dati ed elementi fattuali offerti dalla peculiarità RAGIONE_SOCIALE specie che possono essere diversi da caso a caso (Cass. Sez. 5, n. 22886 del 25/10/2006, Rv. 594099 – 01).
Deve altresì esse richiamato il principio per cui il canone determinativo del classamento e della conseguente attribuzione della rendita catastale per gli immobili di categoria D/1 deve basarsi, a norma del d.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142, e dell’art. 37, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sulla stima diretta, che tenga conto RAGIONE_SOCIALE caratteristiche del bene, potendo allo scopo essere desunte anche dalle risultanze documentali a disposizione dell’Ufficio, senza necessità di sopralluogo (Cass. Sez. 6 – 5, n. 3103 del 2015, Rv. 634488 – 01).
In definitiva, in accoglimento del ricorso, si deve cassare la sentenza gravata, con rinvio alla Corte di Giustizia di secondo grado della Toscana perché si attenga agli enunciati principi di diritto. Le spese del giudizio di legittimità saranno regolate in sede di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2024.