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Reddito immobile pignorato: chi paga le tasse?

La Corte di Cassazione chiarisce che il reddito derivante dalla locazione di un immobile pignorato concorre a formare il reddito imponibile del proprietario-debitore esecutato, anche se i canoni sono percepiti dal custode giudiziario. L’obbligo fiscale sorge in capo al proprietario, poiché i canoni, pur non incassati direttamente, incrementano l’attivo destinato a soddisfare i suoi debiti. La Corte distingue nettamente questa fattispecie dal sequestro giudiziario.

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Reddito immobile pignorato: la Cassazione chiarisce chi paga le tasse

Quando un immobile viene pignorato e dato in locazione, sorge una domanda cruciale: chi è tenuto a dichiarare i canoni e a pagare le relative imposte? L’Ordinanza n. 8958/2024 della Corte di Cassazione offre una risposta netta, stabilendo che la responsabilità fiscale ricade sul proprietario-debitore, anche se non percepisce materialmente gli affitti. Questo principio è fondamentale per comprendere la tassazione del reddito immobile pignorato.

I Fatti del Caso

Una società, proprietaria di una struttura alberghiera, subiva il pignoramento dell’immobile. Il custode giudiziario nominato dal tribunale stipulava un contratto di locazione con un’altra società. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società proprietaria degli avvisi di accertamento per Ires, Irap e Iva, contestando l’omessa dichiarazione dei redditi derivanti dai canoni di locazione per gli anni dal 2011 al 2014.

La società si opponeva, sostenendo di non dover essere tassata su somme mai incassate, che erano invece state percepite dal custode giudiziario. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni della società, annullando gli accertamenti. Secondo i giudici di secondo grado, l’obbligo di fatturazione era in capo al custode e, in assenza di prove di tale fatturazione, nessun ricavo poteva essere imputato al proprietario. L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione.

La tassabilità del reddito da immobile pignorato

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno chiarito un punto di diritto fondamentale: il reddito immobile pignorato concorre sempre alla formazione del reddito complessivo del debitore esecutato, indipendentemente dalla materiale percezione dei canoni.

La Corte ha sottolineato la cruciale differenza tra pignoramento e sequestro giudiziario:

* Pignoramento: In questa procedura, il debitore rimane proprietario del bene fino alla vendita forzata. I frutti dell’immobile, come i canoni di locazione, appartengono ancora a lui. Anche se vengono incassati dal custode, essi servono ad aumentare la massa attiva destinata a estinguere i suoi debiti. Di fatto, il proprietario beneficia di questo reddito, seppur indirettamente, vedendo ridursi la propria esposizione debitoria.
* Sequestro Giudiziario: Qui la situazione è diversa. Il sequestro viene disposto quando c’è incertezza sulla titolarità del bene. Il custode gestisce l’immobile per conto di chi risulterà essere il legittimo proprietario al termine della causa. In questo scenario, l’obbligo fiscale si trasferisce in capo al custode, poiché il soggetto passivo d’imposta è incerto.

Le motivazioni

La Cassazione ha affermato che la Commissione Tributaria Regionale ha errato nell’applicare al pignoramento i principi validi per il sequestro. Nel caso del pignoramento, non vi è alcuna incertezza sulla proprietà: l’immobile è del debitore esecutato. Secondo l’art. 2912 c.c., il pignoramento si estende ai frutti della cosa pignorata, inclusi i canoni di locazione. Questi canoni, come l’immobile stesso, appartengono al debitore fino alla vendita coattiva. Pertanto, l’onere tributario grava sempre sul proprietario, “il quale del resto si giova del reddito del bene […] in quanto tale reddito concorre al soddisfacimento dei debiti”. L’eventuale inadempimento del custode agli obblighi di fatturazione può generare una sua responsabilità, ma non esclude la tassabilità del reddito in capo al proprietario.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione stabilisce in modo inequivocabile che il proprietario di un immobile sottoposto a pignoramento è tenuto a dichiarare i redditi da locazione generati dal bene, anche se i canoni vengono incassati dal custode giudiziario. La titolarità del diritto di proprietà rimane il presupposto fondamentale per l’imposizione fiscale. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà decidere la controversia attenendosi a questo principio.

Chi è tenuto a pagare le tasse sui canoni di locazione di un immobile pignorato?
La responsabilità fiscale ricade sul proprietario-debitore esecutato. Anche se i canoni sono incassati dal custode giudiziario, essi concorrono a formare il reddito imponibile del proprietario fino al momento della vendita forzata del bene.

L’omessa fatturazione da parte del custode giudiziario esonera il proprietario dalla tassazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’eventuale inadempimento del custode ai suoi obblighi (come la fatturazione) può comportare una sua responsabilità, ma non elimina l’obbligo del proprietario di dichiarare i redditi derivanti dalla locazione.

Qual è la differenza fiscale tra immobile pignorato e immobile sotto sequestro giudiziario?
Nel pignoramento, il proprietario è certo ed è il debitore esecutato; pertanto, il reddito è a lui imputato. Nel sequestro giudiziario, c’è incertezza sulla titolarità del bene, quindi gli obblighi fiscali vengono trasferiti in capo al custode che amministra il bene per conto di chi risulterà avente diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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