Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4773 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4773  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3626/2021 R.G., proposto
DA
NOME  NOME,  rappresentato  e  difeso dall’AVV_NOTAIO,  NOME  COGNOME,  con  studio  in  Roma,  ove elettivamente domiciliato, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE,  con  sede  in  Roma,  in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
RESISTENTE
E
la Regione Lazio, con sede in Roma, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore ;
INTIMATA
avverso  la  sentenza  depositata  dalla  Commissione  tributaria regionale del Lazio il 20 luglio 2020, n. 2294/01/2020;
ESTRATTO RUOLO PDA
RINUNCIA AL RICORSO CARENZA DI PROCURA
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio il 20 luglio 2020, n. 2294/01/2020, che, in controversia su impugnazione di cartelle di pagamento per tasse automobilistiche relative agli anni 2007, 2009 e 2010, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti della Regione Lazio e dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma col n. 6971/40/2018, con condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali;
il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso originario sul  presupposto  che  il  contribuente  avesse  tardivamente impugnato le cartelle esattoriali, che gli erano state regolarmente notificate;
l’RAGIONE_SOCIALE  si  è  tardivamente costituita  per  la  sola  partecipazione  all’eventuale  udienza  di discussione, mentre la Regione Lazio è rimasta intimata;
 a  seguito  della  formulazione  di  proposta  di  definizione accelerata  da  parte  del  consigliere  delegato  allo  spoglio,  il ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso ed ha chiesto al collegio di compensare le spese dei giudizi di merito;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione degli artt. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 100 e 615 cod. proc. civ., 5, comma 51, del d.l. 30 dicembre 1982,  n.  953,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  28
febbraio 1983, n. 53, in relazione (verosimilmente) all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di rilevare il compiuto decorso del termine  triennale  di  prescrizione  prima  della  notifica  RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento;
2. il consigliere delegato allo spoglio ha formulato proposta di definizione accelerata sul presupposto della inammissibilità sopravvenuta del ricorso, per effetto RAGIONE_SOCIALE ius superveniens ( per la precisione, dell’ art. 3bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, a tenore del quale: « All’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: ‘ 4-bis. L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e RAGIONE_SOCIALE finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto RAGIONE_SOCIALE verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione ‘ »), in relazione al recente orientamento di questa Corte sull’impugnazione dell’estratto di ruolo (Cass., Sez. Un., 6 settembre 2022, n. 26283);
3. tale proposta è stata comunicata ai difensori del ricorrente e della resistente;
ancorché non munito di nuova procura ad litem , il difensore del ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso e ha chiesto di  compensare  le  spese  dei  giudizi  di  merito  nel  termine  di legge;
5. secondo un recente arresto di questa Corte (Cass., Sez. 3^, 15 novembre 2023, n. 31839), alle cui conclusioni il collegio intende dare continuità in questa sede, in ordine all’istanza di decisione del ricorso in sede collegiale, l’art. 380bis cod. proc. civ. esige due requisiti: in primo luogo, il deposito dell’istanza da parte del ricorrente tramite proprio difensore che per sottoscrivere l’istanza deve essere « munito di una nuova procura speciale » ; in secondo luogo, che l’istanza così sottoscritta venga depositata entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione del giudizio emessa ai sensi del primo comma del medesimo articolo; 6. anche nel caso richiamato, infatti, l’istanza non era corredata dal conferimento di una nuova procura speciale; 7. secondo tale precedente, occorre pertanto accertare se tale carenza ‘blocchi’, e definitivamente, questa progressiva fattispecie di raggiungimento, per così dire, della collegialità di decisione, inibendo appunto la fase collegiale e in sostanza rendendo improcedibile il giudizio di legittimità [si tratterebbe, peraltro, di un istituto non rinvenibile in alcuna specifica norma, non essendo sostenibile neppure che possa desumersi da un’applicazione analogica del paradigma di cui agli articoli 390 e 391 cod. proc. civ., in quanto non si tratta di rinuncia (nemmeno tacita) bensì, all’opposto, di una – per quanto erronea – manifestazione della volontà di prosecuzione; e peraltro l’art. 390 cod. proc. civ. esige espressamente, a sua volta, che, qualora la rinuncia non sia sottoscritta anche dalla parte, il difensore deve essere munito di un mandato speciale,
proprio quel che qui manca]; oppure, al contrario, se l’istanza sprigioni comunque, oggettivamente, un effetto giuridico di impulso al passaggio nella fase collegiale, pur dovendo poi il giudice collegiale, pervenutagli così la cognizione, per rispettare il dettato dell’art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ., dichiarare l’inammissibilità della istanza di giudizio, e quindi -nel caso in esame del ricorso al quale l’istanza si rapporta, per essere stato l’impulso superante la proposta monocratica pri vo dell’apposita procura speciale ;
8. la riforma che ha investito l’art. 380bis cod. proc. civ. -e, precisamente, l’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -parrebbe avere introdotto, in effetti, una cognizione monocratica nell’ambito della giurisdizione di legittimità; come è ben noto, nella normativa previgente (nell’ultima versione del d.l. 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), la struttura diretta a identificare, raccogliere e dirimere i ricorsi di contenuto manifesto – tanto per questioni di diritto processuale, quanto per questioni di diritto sostanziale, e parimenti tanto per le fattispecie di accoglimento quanto per quelle di disattendimento – era affidata comunque ad una apposita Sezione, la Sesta, la quale effettuava tale controllo mediante un procedimento, che aveva sì una manifestazione monocratica, espressa nella proposta di definizione, ma le attribuiva solo il valore di un mero opinamento, insuscettibile di gravare il ricorrente di alcunché; una volta formulata la proposta, infatti, veniva fissata automaticamente adunanza camerale collegiale ed il Collegio procedeva alla decisione, mantenendo il pieno potere di vagliare il ricorso non solo eventualmente disattendendo l’opinamento, ma potendolo fare anche a prescindere dallo svolgimento di attività di
contestazione con memoria da parte del ricorrente (ed in epoca ancor più anteriore, quando i difensori erano ammessi a discutere oralmente, a prescindere da una contraria presa di posizione mediante la discussione) (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 22 febbraio 2017, n. 4541; Cass., Sez. 6^-5, 2 marzo 2017, n. 5371; Cass., Sez. 6^-2, 5 febbraio 2020, n. 2720); considerazioni non dissimili meritava la fattispecie procedimentale precedente, com’è noto imperniata sulla c.d. ‘ relazione ‘ (Cass., Sez. Un., 27 marzo 2009, n. 7433); peraltro, la collegialità nel decidere connotante la Suprema Corte, certamente imposta dalla stessa Costituzione, che la delinea sine dubio nella struttura di organo collegiale (non imponendo, semmai, un numero preciso di componenti che esprima la collegialità, il che ha consentito in passato, com’è noto, di ridurre i componenti del collegio, sia per le Sezioni Semplici, sia per le Sezioni Unite), era manifestamente assicurata dalla necessarietà della fissazione dell’adunanza collegiale a seguito della proposta (e, precedentemente, a seguito della relazione);
9. il nuovo istituto dell’art . 380bis cod. proc. civ. si connota per una logica procedimentale innovativa e diversa, ma anche questa -nonostante la lettera, svincolandola dal quadro sistemico, potrebbe apparire compatibile con il contrario – non incide sull’essenza collegiale della giurisdizione di legitti mità; la proposta di c.d. definizione accelerata del giudizio, non diversamente dalla previgente proposta (e, altresì, dalla relazione, che l’aveva preceduta nel tessuto normativo), continua, infatti, a rappresentare un mero opinamento del relatore proponente, privo di valore decisionale, il novum essendo rappresentato unicamente dalla richiesta del legislatore di una interlocuzione della parte; questa rimane
domina effettiva dell’impulso di definizione del giudizio secondo due alternative: a) la prima è quella che consegue all’omessa richiesta di decisione della Corte, così compiendosi, con il silenzio serbato nel termine previsto, una manifestazione tacita di rinuncia al ricorso, la quale segue la sorte procedimentale dell’ordinaria manifestazione di rinuncia espressa disciplinata negli artt. 390 e 391 cod. proc. civ. e comporta la definizione del giudizio non come indicato nella proposta, bensì, appunto, per sostanziale rinuncia tacita al ricorso, certamente indotta dal tenore della proposta stessa ma altrettanto certamente non considerabile come ‘decisione’ sul ‘merito’ del ricorso e, dunque, come decisione monocratica; b) la seconda è invece rappresentata da una mera istanza, non motivata, di decisione, la quale di per sé provoca la decisione della Corte; è vero che questa istanza deve essere compiuta entro un termine perentorio ed accompagnata dal rilascio di una nuova procura, ma queste sono condizioni della sua ritualità, che, qualora non si osservino, conducono il ricorso a una sorte che non può essere quella normativamente assegnata al silenzio della parte, cioè alla mera assenza di istanza di definizione, per quel che ora si verrà a rilevare;
10. il secondo inciso dell’art . 380bis , secondo comma, dopo che il primo inciso prescrive che l’istanza va effettuata nei quaranta giorni dalla comunicazione e corredata di nuova procura speciale, stabilisce che il ricorso si intende rinunciato « in mancanza » della richiesta di decisione; è pur vero che il primo inciso ricollega la richiesta di decisione al termine di quaranta giorni indicato nel comma precedente, ma il valore determinante dell’espressione « si intende rinunciato », impone, seguendo il sentie ro di un’esegesi teleologica, di intendere la « mancanza » non come mancanza di una richiesta di
definizione  rituale  –  cioè  nel  termine  fissato  e  con  la  nuova procura, in modo da estendere la definizione con il decreto di estinzione  presidenziale  anche  a  tali  ipotesi  –  bensì  come mancanza assoluta;
11. n e consegue che una istanza tardiva o un’istanza non corredata da nuova procura – come nel caso di specie – o accompagnata dalla stessa procura originaria impongono alla Suprema Corte di fissare l’adunanza ai sensi dell’art . 380bis cod. proc. civ. e, nettamente, escludono che il giudizio di cassazione possa definirsi con il decreto di estinzione; una simile definizione postula, invero, che il ricorrente manifesti un’inerzia assoluta, perché solo questa integra la rinuncia tacita giustificativa della definizione del ricorso con provvedimento di estinzione;
12. q ualora si aderisse all’esegesi opposta, ravvisando un potere valutativo della ritualità della condotta del ricorrente nella fase precollegiale in luogo di una mera constatazione della mancata richiesta di definizione, id est di un silenzio significativo della rinuncia alla decisione (e non altrimenti interpretabile), allora si introdurrebbe un potere di decisione non collegiale, ovvero monocratica, su una manifestazione di volontà della parte, che è comunque tale sebbene irrituale in quanto compiuta con il suo difensore – anche se sulla base della originaria procura -, in una situazione in cui la Corte è stata investita del ricorso;
13. p eraltro, anche il criterio dell’esegesi conforme allo scopo perseguito  dal  legislatore  impone  di  avallare  l’opzione  qui sostenuta,  in  quanto,  qualora  si  ritenesse  che  nei  casi  di irrituale istanza di decisione il giudizio debba dichiararsi estinto dal Presidente con decreto ai sensi dell’art . 391 cod. proc. civ., il ricorrente sarebbe sempre indotto, pur se consapevole della
correttezza della proposta di definizione – sempre a lui avversa nella configurazione operata dall’attuale novella -, a formulare l’istanza irrituale (tardiva, senza nuova procura e quindi sulla base della stessa procura, come nella specie), giacché in tal modo non potrebbe trovare applicazione il regime del terzo comma dell’art . 380bis cod. proc. civ. quanto all’applicazione del terzo e quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., dovendosi, invece, trovare disciplina nell’art. 391 , secondo comma, cod. proc. civ., che prevede solo la possibilità di liquidare le spese; lo stesso funzionamento del nuovo istituto quanto ai profili sanzionatori verrebbe in tal modo agevolmente eluso;
14. è stato così enunciato il seguente principio di diritto: « Qualora l’istanza di decisione collegiale di cui all’articolo 380bis c.p.c. venga chiesta non rispettando i requisiti che le impone il medesimo articolo e quindi sia affetta da vizi processuali, come la tardività, la mancanza di nuova procura, oppure una nuova allegazione della stessa procura sulla base della quale era stato proposto il ricorso, il giudizio non può essere definito con il decreto di estinzione di cui all’articolo 391 c.p.c., ma o ccorre fissare l’adunanza collegiale ai sensi dell’articolo 380 -bis.1 c.p.c., giacché la definizione con decreto si effettua solo qualora non sia proposta l’istanza » (Cass., Sez. 3^, 15 novembre 2023, n. 31839);
15. si  pone,  poi,  l ‘ulteriore problema della  formula decisoria che, all’esito dell’adunanza camerale , il collegio deve adottare; in  proposito,  le  alternative  possibili  sono  due:  a)  il  collegio, accertato che l’istanza di decisione era tardiva o non accompagnata da nuova procura o accompagnata dalla procura originaria,  cioè  ritenuta  la  irritualità  della  istanza,  potrebbe definire il giudizio come se fosse mancata l’istanza e, dunque,
dichiararlo estinto; pertanto, non sarebbe applicabile la norma dettata dall’art . 380bis , terzo comma, cod. proc. civ., attenendo questa alla definizione del giudizio « in conformità alla proposta »; b) l’ altra alternativa -da preferire per la medesima ragione in precedenza indicata che un’istanza irrituale esige la decisione collegiale -è, invece, che il collegio, ritenuta l’irritualità dell’istanza, dichiari il giudizio definito sulla base della proposta e, dunque, gli assegni l’esito che aveva indicato la proposta, sebbene per l’esistenza di ragioni impedienti di rito sulla discussione della fondatezza di essa e prescindendo dalla condivisibilità dell’esito indicato dalla proposta; il collegio dà rilievo, in questo caso, alla irritualità dell’istanza di decisione e la fattispecie non può essere trattata come la mancanza dell’istanza e determinare l’estinzione sia pure per ordinanza collegiale, perché l’istituto correla l’estinzione solo alla mancanza di istanza quale taci ta rinuncia al ricorso; in pratica, questa soluzione tratta allo stesso modo la situazione in cui la proposta non è discutibile perché condivisa nel merito, e quella in cui non è discutibile per ragioni di rito; n ell’uno e nell’altro caso ricorre il presupposto per cui il giudizio viene definito « in conformità alla proposta »;
16. il collegio rileva che la prima alternativa, stante la formula decisoria estranea al dictum dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., precluderebbe, di fronte ad un comportamento del ricorrente irrituale nel provocare la decisione collegiale, l’applicazione automatica, cioè basa ta su detta norma, dell’art. 96, terzo comma e quarto comma, cod. proc. civ.; e, semmai, lascerebbe ferma la possibilità, ma appunto solo la possibilità, di applicare direttamente l’art. 96, terzo e quarto comma , cod. proc. civ.; non so lo: la formula dichiarativa dell’estinzione introdurrebbe un tertium genus di estinzione, basato non già
sulla rinuncia effettiva alla decisione, bensì su una richiesta di decisione irrituale; né potrebbe essere argomento favorevole all’adozione della prima alternativa , almeno per il caso di richiesta di decisione senza nuova procura, il rilievo che, applicando la formula supposta dall’art. 380 -bis cod. proc. civ., e così giustificandosi l’applicazione automatica dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., e dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., si finirebbe per sanzionare un comportamento non imputabile alla parte, ma al suo difensore; in tanto, questa eventualità, che suppone che il difensore non abbia richiesto volutamente alla parte la procura, è solo un’eventualità, ben potendo il difensore avere agito senza nuova procura perché richiesto dalla parte, pur avvertita della necessità di una procura nuova; inoltre il difensore che avesse agito senza interpellare la parte e chiederle una nuova procura, ne dovrebbe rispondere nei confronti del suo assistito, come di norma per lo svolgimento del rapporto processuale; né potrebbe pensarsi che la condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma e quarto comma, cod. proc. civ., dovrebbe essere disposta a carico del difensore, in quanto ha agito senza la nuova procura; tanto non sarebbe giustificabile, tenuto conto che il difensore dispone sempre della procura originaria e non può, pertanto, essere considerato sic et simpliciter alla stregua di un difensore che ricorre per cassazione senza procura: invero, la definizione del giudizio sulla base della proposta è pur sempre correlata al ricorso, che il difensore ha redatto sulla base della procura originaria;
17.  su  tali  premesse,  è  stato  ulteriormente  affermato  il seguente principio di diritto: « Q uando l’istanza di definizione del giudizio dopo la formulazione della proposta sia stata fatta in  modo  irrituale,  il  Collegio  fissato  in  adunanza  camerale
definisce il giudizio in conformità alla proposta per ragioni di rito impedienti la discussione su di essa con piena applicazione del terzo comma dell’articolo 380 -bis c.p.c. » (Cass., Sez. 3^, 15 novembre 2023, n. 31839);
18. risulta evidente che l’istanza di cui all’art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ., è stata presentata in difetto di uno dei requisiti, ovvero della « nuova procura speciale »: requisito ontologicamente innestato nella struttura di questo subprocedimento di legittimità, se si tiene in conto che, nel caso in cui il ricorso venga poi collegialmente deciso in modo conforme, il ricorrente patisce in modo automatico e ormai sanzionatorio gli effetti originariamente dissuasori dell’ultimo comma del citato art. 380bis .; il che comporta, assorbito ogni altro profilo (ivi compresa la preclusione derivante dalla novità della censura dedotta, per la prima volta, con la suddetta istanza in ordine alla compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dei giudizi di merito), l’inammissibilità del presente ricorso, rientrando sine dubio nel paradigma dell’art. 365 cod. proc. civ. in ordine alla necessità per il ricorso per cassazione di conferire procura speciale all’avvocato cassazionista, poiché la fattispecie in esame a sua volta genera impulso per la prosecuzione di un ricorso che altrimenti sarebbe già definito;
19. per il resto, non vi è luogo a pronuncia sulle spese giudiziali, in  quanto la resistente e l’intimata non si sono difese; e ciò inibisce  anche  l’applicazione  dell’art.  96,  terzo  comma,  cod. proc. civ.;
20. in applicazione del combinato disposto degli articoli 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., si deve, invece,  condannare il  ricorrente  a  pagare  una  sanzione  di € 2.000,00 a favore della RAGIONE_SOCIALE; invero, questa condanna non può gravare sul difensore, in quanto, pur senza
nuova procura, egli ha effettuato un atto riconducibile, comunque, all’ambito del giudizio per cui era stato nominato dal ricorrente; e d’altronde pure il trasferimento (qui inattuabile, per quel che si è appena rilevato) dell’onere RAGIONE_SOCIALE spese correlate al ricorso dal cliente/mandante al difensore/mandatario non può non essere configurato stricto sensu , senza subire espansioni confliggenti con la struttura dell’istituto della difesa tecnica ; peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , terzo comma, cod. proc. civ. (come novellato dal l’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. Un., 27 settembre 2023, n. 27433; Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540); che, inoltre, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380bis cod. proc. civ.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati
abbia  svolto  attività  difensiva,  avendo  essa  una  funzione deterrente  e,  allo  stesso  tempo,  sanzionatoria  rispetto  al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195 -nello stesso senso: Cass., Sez. 3^, 4 ottobre 2023, n. 27947);
21. per il resto, seguendo l’insegnamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315), si dà atto, ai sensi dell’art . 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,  della  sussistenza  dei presupposti  processuali  per  il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso,  a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto .
P.Q.M.
La  Corte dichiara  l’inammissibilità  del  ricorso; condanna  il ricorrente al pagamento di una sanzione di € 2.000,00 in favore della  RAGIONE_SOCIALE;  dà  atto  della  sussistenza  dei presupposti  per  il  versamento,  da  parte  della  ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto. Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 16 febbraio