Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33729 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33729 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18882/2016 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE COGNOME (-) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di NAPOLI n. 7707/2015 depositato il 04/07/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. 788/2016, depositato il 4.7.2016, il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE s.r.l. avverso il decreto del G.D. del fallimento Mirabella s.p.a., ha ammesso in privilegio il credito da tributo ICI relativo all’anno 2001 per l’importo di € 18.628,00, riconoscendo il privilegio anche sugli interessi maturati su tale credito, mentre ha rigettato l’opposizione con riferimento alla domanda di ammissione in privilegio delle sanzioni relative ai tributi locali ammessi in privilegio.
Il giudice di primo grado ha osservato che il terzo comma dell’art. 2752 c.c. prevede il riconoscimento del privilegio esclusivamente ai crediti per imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province, e non anche per le sanzioni, pene o soprattasse, come, invece, i due commi precedenti con riferimento tributi dello Stato.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a due motivi.
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 comma 161 e ss L. 296/2006 nonché l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Espone la ricorrente che la sanzione costituisce parte integrante del credito tributario, essendo quest’ultimo composto da un unicum inscindibile, ovvero tributo sanzioni ed interessi, senza possibilità di scindere i suddetti elementi.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2752 comma 3° c.c. e dell’art. 12 delle preleggi.
Espone la ricorrente che l’art. 2752 comma 3° c.c. prevede espressamente che il privilegio debba essere riconosciuto ai crediti per le imposte, tasse e tributi locali, senza introdurre alcun divieto espresso relativamente alle sanzioni.
Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono infondati.
E’ un principio consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 5297/2009) quello secondo cui le norme del codice civile che stabiliscono privilegi in favore di determinati crediti costituiscono norme eccezionali, non si applicano, quindi, oltre ai casi ed ai tempi in esse considerati, e non sono suscettibili di interpretazione analogica (vedi Cass. n. 5297/2009; vedi anche S.U. Cass. n. 5246/1993).
Se è pur vero che le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi possono essere oggetto di un’interpretazione estensiva che sia diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività ‘anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del
credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio ‘ (vedi sul punto Cass. n. 11930/2010; Cass. n. 5297/2009), con riferimento alle sanzioni dei tributi locali, proprio alla luce della complessiva formulazione dell’art. 2752 c.c., non è dato in alcun modo rinvenire una ‘intenzione’ del legislatore di estendere a tali voci il privilegio riconosciuto per i tributi.
Il primo comma dell’art. 2752 c.c. ha, infatti, espressamente previsto il privilegio generale sui mobili del debitore, oltre che alle imposte, anche ‘ alle sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi’.
Analogamente, il terzo comma di tale norma ha previsto che hanno privilegio generale sui mobili del debitore ‘i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all’imposta sul valore aggiunto’.
Orbene, se con riferimento ai tributi locali, il legislatore, all’ultimo comma, ha, invece, previsto il privilegio solo per le imposte, tasse e tributi, e non anche per le sanzioni, in un contesto normativo in cui, nello stesso articolo, per i tributi statali e per l’IVA tale estensione era stata espressamente riconosciuta, non vi è dubbio che la chiara intenzione del legislatore sia stata quella di escludere le sanzioni relative ai tributi locali dal predetto privilegio.
D’altra parte, la ricorrente non ha fornito alcun serio argomento da cui r icavarsi la ‘intenzione’ del legislatore nei termini dalla stessa auspicati, limitandosi alla apodittica affermazione secondo cui l’estensione automatica del privilegio alle sanzioni si giustificherebbe per non essere stato introdotto il divieto espresso. Ma con ciò ha alluso a una (peraltro generica) lacuna della norma, e ha mostrato di non considerare che le norme sui privilegi sono,
come detto, eccezionali e, come tali, non suscettibili di applicazione analogica.
Destituita di fondamento è, inoltre, l’affermazione secondo cui tributi, interessi e sanzioni apparterrebbero ad un ‘unicum inscindibile’ e che le sanzioni farebbero parte integrante del credito tributario. Le sanzioni hanno, infatti, una diversa natura (afflittiva) ed una diversa funzione rispetto al tributo, tanto è vero che hanno pure termini di prescrizione diversi (art. 20 comma 3° d.lgs n. 472/1997).
Peraltro, questa Corte, sin dalla sentenza n. 5246/1993 – in cui le Sezioni Unite si erano occupate della previgente formulazione del primo comma dell’art. 2752 c.c., che non estendeva ancora il privilegio previsto per i crediti dello Stato per imposta sul reddito delle persone fisiche anche alle sanzioni – aveva affermato il principio secondo cui il privilegio che assiste il credito tributario , se da, un lato, si estende agli interessi, ai sensi dell’art. 2749 c.c., e all’indennità di mora, che assolve alla medesima funzione risarcitoria degli interessi, ‘ non si estende, invece, in mancanza di espressa previsione normativa, alle soprattasse per omesso pagamento dell’I.R.P.E.F., che hanno natura non risarcitoria, ma afflittiva, essendo esplicitamente annoverate fra le sanzioni a carico del contribuente’.
Anche, recentemente, questa Corte ha evidenziato l’autonomia concettuale della sanzione tributaria rispetto al tributo, che è calibrata sulla sua natura di reazione della pubblica amministrazione alla violazione di un precetto, finalisticamente orientata alla prevenzione generale e speciale (vedi Cass. S.U. n. 2145/2021; Cass. n. 11111/2022).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29.11.2024