Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28016 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 28016 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 219/2018 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende.
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende per procura in atti.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Arezzo, depositato in data 14.11.2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/9/2025 dal AVV_NOTAIO;
udito il P.M., in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi il rigetto del ricorso;
udita, per la ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso;
udita, per la controricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto respingersi l’avverso ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto qui impugnato il Tribunale di Arezzo, decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata, ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall., da parte della RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, ha ammesso con riserva il creditore istante (ammissione condizionata all’esito dei contenziosi indicati nello stato passivo dell’amministrazione straordinaria), nei seguenti limiti: per la richiesta di insinuazione n. 2949, (i) euro 181.959,76, in chirografo; (ii) euro 436.071,67, in privilegio; per la richiesta di insinuazione n. 2950: (iii) euro 25.223,78 in chirografo; euro 16.036,24, in privilegio; oltre interessi ex artt. 54, 55 l. fall. e 2749 c.c.; ha rigettato nel resto la proposta opposizione.
RAGIONE_SOCIALE, proponendo la sopra indicata opposizione, si doleva dell’erroneità della decisione del g.d., relativa agli interessi, richiamando le norme di cui agli artt. 55 e 54, comma 3, l. fall., attesa la loro maturazione anche oltre la data di dichiarazione dello stato di insolvenza e fino alla data di deposito del progetto di riparto, tenuto conto della natura privilegiata dei crediti insinuati; censurava inoltre – e per quanto qui ancora di interesse – il mancato riconoscimento del privilegio alle sanzioni comminate nell’atto di contestazione emesso ai sensi dell’art. 8, 2 comma, d.l. 16/2012, per l’erroneità dell’assunto secondo cui le sanzioni non sarebbero riferibili ad un tributo e perciò riconducibili alla previsione di cui all’art. 2752 c.c.
Il Tribunale, nella resistenza dell’amministrazione straordinaria, ha osservato e rilevato – per quanto qui ancora in rilievo ed in relazione, più in
particolare, alla questione riguardante la qualità del credito portato dall’atto di contestazione relativo a sanzioni ex art. 8, 2 comma, d.l. n. 16/2012 – che: (i) infondata era l’eccezione di inapplicabilità del privilegio facente leva sulla pronuncia di incostituzionalità dell’art. 23, 37 comma, ultimo periodo, d.l. 98/2011, emessa dalla Corte Cost. con la sentenza n. 170/2013, non trattandosi di operare, nel caso di specie, una ricollocazione del credito erariale in sede privilegiata in uno stato passivo divenuto già definitivo, contenente ammissione in via chirografaria del credito; (ii) il contenuto normativo dettato dal primo e secondo comma dell’art. 2752 c.c. rilevava invero l’intento del legislatore di comprendere nel privilegio tutto quanto dovuto per le imposte e dunque di estendere il privilegio ai crediti legati a quest’ultime da un rapporto di accessorietà, con la conseguenza che una sanzione non collegata ad un tributo non poteva beneficiare della prelazione; (iii) la stessa Agenzia delle entrate aveva dovuto ammettere, ad esempio, che la sanzione di cui all’art. 9, 1 comma, d.lgs. n. 471/1997, pur se contenuta in una disciplina emanata in materia di imposte dirette, non sarebbe in effetti ‘riferibile ad alcun tributo’, in quanto comminata nei confronti di ‘ chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria ‘; (iv) occorreva concordar e con la tesi perorata dall’amministrazione straordinaria secondo cui la sanzione di cui all’art. 8 d.l. 16/2012 non è direttamente collegata all’imposta sui redditi, posto che la norma in esame dopo aver disposto che ‘ Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o pr estati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o di altri componenti negativi ‘ -aggiunge che ‘ In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o di altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi ‘;
(v) analizzando pertanto il meccanismo previsto dalla norma, occorreva concludere nel senso che la sanzione non risultava essere in correlazione con un credito per imposta, ma colpiva il fatto in sé dell’indicazione in dichiarazione di importi fittizi, tanto ciò è vero che la sanzione era stata comminata, nel caso di specie, con atto separato dall’avviso di accertamento dell’imposta, in conformità alle previsioni del d.lgs. n. 472/1997 , il quale dispone che solo le sanzioni ‘ collegate al tributo cui si riferiscono ‘ sono irrogate con atto contestuale all’avviso di accertamento ovvero di rettifica (art. 17), mentre le altre costituiscono appunto oggetto di separato atto di contestazione; (vi) pertanto la sanzione in esame non punisce una violazione alla quale è associato un recupero immediato e diretto di base imponibile, bensì condanna l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, in misura proporzionale all’importo dei costi esposti sui documenti contabili in contestazione e portati in dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che il legislatore aveva inteso contrastare, con una specifica sanzione pecuniaria, l’antigiuridicità dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; (vii) qualora, viceversa, la sanzione fosse stata collegata al tributo, sarebbe stata parametrata ad una eventuale maggiore imposta; (viii) pertanto la sanzione in parola non poteva essere considerata ‘ accessoria ‘ ad un credito di imposta e come tale assistita da privilegio.
4.Il decreto, pubblicato il 14.11.2017, è stato impugnato da ll’ RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
Con ordinanza interlocutoria datata 28.11.2024 è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo per la discussione in pubblica udienza.
Stante l’applicazione retroattiva, anche ai crediti sorti anteriormente, della modifica normativa del primo comma dell’art. 2752 cod. civ., disposta dall’art. 23, comma 37, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, nella l. 15 luglio 2011 (cfr. Cass. Sez. 1, sent. n. 26125 del 21/11/2013; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24587 del 02/10/2019; Corte. Cost., sent. n. 170 del 4 luglio 2013), è stata ravvisata dal Collegio la necessità di ‘ verificare se l’ambito di applicazione del privilegio mobiliare previsto dal primo comma
dell’art. 2752 cod. civ. riguardi solo le sanzioni direttamente collegate al tributo ovvero in senso più lato tutte le sanzioni comunque collegate da un rapporto di accessorietà al procedimento di verifica e di accertamento dei tributi previsti dalla norma da ultimo citata ‘.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo ed unico motivo l ‘Agenzia ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2752 c.c., sul rilievo che sarebbe erronea la statuizione contenuta nel decreto impugnato secondo cui non doveva riconoscersi nel caso di specie il privilegio alle sanzioni comminate con l’atto di contestazione emesso ai sensi dell’art. 8, 2 comma, d.l. n. 16/2012.
1.1 Si evidenzia da parte dell’amministrazione finanziaria che l’art. 2752, 1 comma, c.c. dispone – per quanto qui di interesse – che hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore i crediti dello Stato ‘ per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposte sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi ‘.
1.2 Sarebbe pertanto erronea l’interpretazione fornita dell’art. 2752 c.c. da parte del Tribunale di Arezzo laddove aveva richiesto un rapporto di ‘accessorietà’ tra le sanzioni oggetto di privilegio ed i tributi previsti dal primo comma dell’art. 2752 c.c ., posto che la predetta norma civilistica non ha operato alcun distinguo né alcun riferimento alla necessità di tale rapporto di ‘accessorietà’ in senso stretto, ma si è limitata a contemplare, come sopra riferito e come oggetto del detto privilegio, le ‘ sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche ‘. Sempre secondo la ricorrente, la sanzione di cui all’art. 8 d.l. 16/2012, proprio perché prevista ‘ ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi ‘ (come espressamente previsto dal comma 2), sarebbe comunque direttamente collegata all’imposta sui redditi di cui rappresenterebbe, nel caso di redditi fittiziamente risultanti dalla
dichiarazione, logico completamento, e ciò anche in considerazione del fatto che i ricavi fittizi non possono essere considerati nella base imponibile ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi.
1.3 Il ricorso è fondato.
La centralità che riveste nel nostro ordinamento la regola della parità di trattamento dei creditori, attribuendo natura eccezionale alle norme sui privilegi, i quali, rappresentando una ‘causa legittima di prelazione’ derogano, unitamente al pegno e all’ipoteca, all’uguale diritto dei creditori di essere soddisfatti sui beni del debitore, sancito dall’art. 2741, c omma 1, c.c., ha imposto di codificare i limiti di tali deroghe.
Vi ene infatti stabilito che ‘il privilegio è accordato dalla legge in considerazione della causa del credito’ (art. 2745, c omma 1, c.c.).
P er i tributi, la ‘causa del credito’ cui ricondurre secondo i casi il privilegio è da rintracciare, come più volte rilevato dalla giurisprudenza ( ex multis : Cass. 13714/2024; Cass. n. 37017/2022; Cass. n. 24071/2021) , nell’interesse pubblico al finanziamento delle spese comuni indivisibili, ovverosia nelle esigenze economico finanziarie dello Stato, indispensabili per perseguire gli obiettivi di solidarietà economica.
In quest’ottica, la ‘riforma’ operata dal D.L. n. 98 del 2011 ha attuato il preciso intento di rafforzare la pretesa fiscale, dalla fase di accertamento fino alla fase della riscossione, sostituendo parte del primo comma dell’art. 2752 c.c. e del comma 3 dell’art. 2776 c.c., ed ampliando e specificando, in tal modo, il privilegio generale mobiliare concesso ai crediti dello Stato: in primo luogo estendendo il privilegio mobiliare, fino a tale momento riservato ai crediti per imposte dirette, alle ‘ sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi ‘; in secondo luogo, eliminando il limite temporale di un anno entro cui far valere il privilegio previsto nella vecchia formulazione del primo comma dell’art. 2752 c.c.
Quanto alla disposizione modificativa (art. 23, commi da 37 a 40 del citato D.L. 98/2011) si trova evidenziato, nell’ambito dei lavori parlamentari , che ‘sulla scorta della modifica apportata, tra i crediti assistiti da privilegio sono
ricomprese anche le sanzioni irrogate ai sensi della normativa sulle imposte dirette, sanzioni la cui disciplina risulta ora allineata rispetto a quella, già dettata dal c. 3 dello stesso art. 2752 C.C., in materia di IVA’; e che ‘secondo quanto riportato nella relazione tecnica, per effetto delle norme in esame viene stimato un ampliamento “sino al doppio” dei crediti tributari cui viene riconosciuto il privilegio nell’ambito delle sole procedure regolate dalla legge fallimentare’ (cfr. Senato, legislatura – disegni di legge e relazioni p. 214 ss., cfr. anche RAGIONE_SOCIALE, in www.documenti.camera.it, con la medesima annotazione).
Il tema d ell”allineamento’ della disposizione di cui al primo comma (per effetto delle sopra ricordate modifiche di cui all’art. 23, comma 37, del D.L. 98/2011) alla disposizione già vigente per l’IVA, di cui al terzo comma del medesimo art. 2752 c.c., e alla disposizione speciale già presente nell’ambito del decreto introduttivo del tributo (d.P.R. 633/1972), costituisce argomento necessario sia per l’approfondimento del tema della natura della ‘sanzione’ tributaria (indicato nella ordinanza interlocutoria), sia per l ‘esame del tema della ‘tipicità’ delle disposizioni di estensione del privilegio fiscale alle sanzioni, stante la loro generale connotazione in termini di ‘afflittività’.
1.4 Va ora ricordato che l’art. 8, 2 comma, d.l. n. 16/2012, rubricato ‘ Misure di contrasto all’evasione ‘, dispone che: ‘ Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 ‘ .
1.5 Va ulteriormente ricordato che, secondo la giurisprudenza formatasi sul testo originario della norma codicistica, ‘Il privilegio sui mobili del debitore,
accordato ai crediti dello Stato per imposta sul reddito delle persone fisiche dall’art. 2752, primo comma, cod. civ. (sostituito dall’art. 3 della legge 29 luglio 1975, n.426) – non suscettibile di applicazione analogica, data l’eccezionalità delle norme istitutive delle cause di prelazione -, mentre si estende agli interessi, ai sensi dell’art. 2749 cod. civ., e all’indennità di mora, che assolve alla medesima funzione risarcitoria degli interessi, non si estende, invece, in mancanza di espressa previsione normativa (contenuta, per contro nel comma terzo del citato art. 2752 cod. civ. relativamente all’I.V.A. e nella normativa in materia di I.N.V.I.M., di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643) alle soprattasse per omesso pagamento dell’I.R.P.E.F., che hanno natura non risarcitoria, ma afflittiva, essendo esplicitamente annoverate fra le sanzioni a carico del contribuente’ (così, Sez. U. n. 5246/1993).
L’evoluzione della giurisprudenza successiva è stata nel senso che il privilegio generale sui mobili, istituito dall’art. 2752, ultimo comma, c.c. a favore dei crediti per le imposte, tasse e tributi dei Comuni previsti dalla legge per la finanza locale, deve essere riconosciuto anche per i crediti relativi all’imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), anche se non compresa, tra i tributi contemplati dal r.d. n. 1175 del 1931, perché introdotta successivamente con il d.lgs. n. 504 del 1992 ‘ posto che le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi possono essere oggetto di un’interpretazione estensiva che sia diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio ‘ (così, Cass. Sez. U., 17/05/2010, n. 11930).
Ne risulta che le ‘soprattasse’ sono state ai fini specifici considerate sanzioni esattamente come le ‘ pene pecuniarie ‘ e che alle sanzioni è stato riconosciuto il privilegio, quanto all’Iva e all’Invim , perché testualmente così previsto dalla legge, a differenza degli altri tributi ritenuti immuni da prelazione solo per carenza di una analoga espressa previsione normativa (così, Cass., SU., n. 5246/1993, cit. supra ).
Merita aggiungere che dopo l’arresto a Sez. Un. del 1993, la giurisprudenza di legittimità può considerarsi ferma nel ritenere che le norme sui privilegi non si interpretano in modo strettamente restrittivo, ma possono essere oggetto di interpretazione anche estensiva in base alla ratio che le caratterizza (Cass. Sez. U., n. 11930/2010; cit. supra ; v. anche: Cass. Sez. 1, 23/12/2015, n. 25932, Cass. Sez. 1, 12/08/2016, n. 17087).
1.6 Ebbene, l’art. 2752, primo comma, c.c. – per come modificato dal già sopra ricordato art. 23, comma 37, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito nella legge n. 111/2011), rubricato per l’appunto ‘ Crediti per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali ‘, così ora statuisce: ‘ Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi ‘.
Si è determinato, come detto , l’allineamento del testo dettato dal primo comma dell ‘art. 275 2 c.c. a quello del terzo comma del medesimo articolo in materia di Iva, nel senso che si fa riferimento alle ‘ sanzioni ‘, in un caso, e alle ‘ pene pecuniarie e sopratasse ‘, nell’altro , riferite, nel primo caso, ai tributi previsti nel primo comma con l ‘ espressione di raccordo ‘ dovute secondo le norme in materia ‘ e, nel secondo caso, quanto all’Iva, con similare espressione ‘ dovute secondo le norme relative ‘.
Si tratta, con evidenza, di una sostanziale sovrapponibilità delle due norme, perché ‘sanzioni’ ‘pene pecuniarie’ e ‘sopratasse’ partecipano di una medesima natura.
A sua volta la ratio, come peraltro rilevata anche nei lavori parlamentari che hanno condotto alla riforma del 2011, è nel senso di una volontà legislativa ‘onnicomprensiva’ per la maggior tutela del ‘ rapporto fiscale ‘ inteso nel suo complesso, mediante una salvaguardia del credito erariale non solo in ordine al tributo ma anche alla sanzione, qualunque essa sia e purché sia ‘ prevista ‘ dalle leggi d’imposta.
L’obiettivo si esprime nella interpretazione letterale della norma, che non lascia spazio a dubbi interpretativi laddove espressamente dispone che
‘ Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta …’, e che manifesta quindi l’intento di estendere il privilegio, così come era già avvenuto in precedenza per l’Iva (art. 2752, terzo comma , c.c.), a qualsiasi imposizione sanzionatoria giustificata dalle previsioni richiamate.
L’eventuale restrizione del privilegio mobiliare in discorso alle sanzioni, in ragione di un loro presunto ‘ rapporto ‘ di ‘accessorietà’ – ovvero di un ‘collegamento’ – con una specifica e contestuale pretesa impositiva, non trova riscontro nel testo di legge, che invero non lo menziona né lo sottintende.
Ne consegue che parlare, in questo caso, di applicazione analogica del privilegio mobiliare alla sanzione prevista, nel caso di specie, dal l’art. 8, 2 comma, d.l. n. 16/2012 (applicazione come tale inibita, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità sopra ricordata) risulta essere un fuor d’opera, integrando una conclusione interpretativa completamente avulsa dal contenuto del precetto.
Ammessa sempre una possibile interpretazione estensiva del privilegio, ciò che non appare giustificato è, al contrario, l’incedere verso un’interpretazione restrittiva della norma dettata dall’art. 2752, primo comma, c.c., che rintracci, cioè, senza riferimenti di testo, un vincolo di collegamento o, peggio, di accessorietà con l’accertamento di una maggior pretesa.
1.7 Ciò che rileva, per quanto sin qui detto, è invece il ‘ rapporto fiscale ‘ inteso nel suo complesso, per il quale l’estensione del privilegio mobiliare alla sanzione trova diretto fondamento nella volontà del legislatore, per la naturale inerenza della sanzione stessa all’imposta , come elemento di garanzia della fedeltà fiscale, nell’ottica dell’interesse pubblico al finanziamento delle spese comuni indivisibili.
Così, sia il tributo sia le sanzioni in materia di imposte sui redditi, nell’accezione prospettata come comprensiva di norme impositive e norme procedimentali, vanno in questa ricostruzione ricomprese entro l ‘alveo applicativo della nozione di ‘entrata pubblica’, quale ‘ causa ‘ del credito (nella declinazione dettata da ll’art. 2745, primo comma, c.c.) , garantito all ‘ amministrazione finanziaria, anche a fondamento del riconoscimento del
privilegio di cui all’art. 2752 c.c. (vedi anche le argomentazioni di Cass. n. 24836/2019 e n. 24071/2021, in tema di estensione del privilegio in relazione al credito erariale per la tassa automobilistica regionale).
Ne consegue che la ‘causa’ del credito da sanzione tributaria – nella sua accezione, civilisticamente rilevante per il riconoscimento del privilegio, prevista dal sopra menzionato primo comma dell’art. 2745 c.c. -ontologicamente e strettamente correlata al profilo del rispetto dell’obbligo di ‘ fedeltà fiscale ‘ , si inserisce nel ‘rapporto fiscale’, nell’ampia e unitaria accezione sopra ricordata e qui accolta, e dallo stesso mutua la sua qualificazione giuridica.
1.8 Quanto sin qui predicato in termini generali si attaglia con particolare efficacia argomentativa proprio alla sanzione di cui all’art. 8 , comma 2, del D.L. 16/2012, ove il rapporto di ineludibile inerenza -ai fini del riconoscimento del privilegio in parola della sanzione con ‘ i crediti dello Stato per le imposte …’, previsto dall’art. 2752, primo comma, c.c., è fatto evidente dalla circostanza che la detta sanzione è determinata proprio dall’applicazione della normativa prevista dall’imposta sui red diti, riguardando l’ ‘ ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati ‘, ‘ indicati nella dichiarazione dei redditi ‘ ; sanzione , cioè, prevista a contenimento dell ” evasione fiscale ‘, come recita la rubrica della norma dettata dal sopra ricordato art. 8.
Va dunque riconosciuto il privilegio in parola a tutte le sanzioni determinate dall’applicazione della normativa in materia di imposte sul reddito e sulle attività produttive.
1.9 Risulta pertanto non decisiva la circostanza dell’allegata autonomia del procedimento amministrativo di accertamento e di applicazione della sanzione ex art. 8, comma 2, D.L. 16/2012, rispetto al diverso procedimento di accertamento dei redditi, posto che tale autonomia si colloca sul piano procedimentale e su quello della tutela dei diritti di difesa del contribuente, piani del tutto diversi dal profilo della tutela del diritto dello Stato al riconoscimento del privilegio, secondo la definizione normativa, di matrice invece civilistica, dettata dall’art. 2752, primo comma, c.c.
Occorre pertanto affermare il seguente principio di diritto:
‘ In tema di privilegi, l’ambito applicativo del privilegio mobiliare generale di cui all’art. 2752, primo comma, c.c., in relazione al credito fiscale relativo all’applicazione di sanzioni (con particolare riferimento alla sanzione prevista dall’art. 8, 2 comma, d.l. n. 16/2012), è oggetto di un’indicazione testuale secondo la quale esso viene riconosciuto a tutte le sanzioni determinate dall’applicazione della normativa in materia di imposte sul reddito e sulle attività produttive; ne segue che il privilegio mobiliare va riferito alle sanzioni correlate a condotte inerenti al rapporto fiscale nel complesso disciplinato dalla normativa richiamata, senza che rilevino nessi di accessorietà o collegamento con l’accertamento di un tributo, nessi invero non menzio nati nel contenuto precettivo, né incidenti sulla causa del credito ‘.
Il ricorso va dunque accolto e il decreto impugnato cassato con rinvio al tribunale competente per un nuovo esame della vicenda processuale alla luce del principio di diritto qui affermato.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Arezzo che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24.09.2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME