Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23404 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23404 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15663-2022 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
Oggetto
Estratto di ruolo
R.G.N.15663/2022
COGNOME
Rep.
Ud.14/03/2025
CC
domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 5742/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/12/2021 R.G.N. 846/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Napoli ha respinto il gravame proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda rilevando la carenza di interesse ad opporsi ad una cartella esattoriale notificata il 12/4/13, di cui la parte privata aveva eccepito la prescrizione, in mancanza di ulteriori atti attestanti la volontà dell’ente di ri scossione di procedere ad esecuzione.
In secondo grado l’appellante insisteva per la maturata prescrizione post-notifica, e la Corte territoriale respingeva il gravame ritenendo però accertato l’interesse ad agire e il compimento di un atto interruttivo del termine di prescrizione, rappresentato dalla intimazione di pagamento notificata il 19/2/2016
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME affidandosi a 2 motivi di ricorso, a cui solo Agenzia Entrate Riscossione resiste con controricorso.
La causa è stata trattata e decisa nell’adunanza camerale del 14 marzo 2025.
CONSIDERATO CHE
1.1- Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. in
rapporto con gli artt. 343 e 346 c.p.c. per avere la Corte territoriale deciso sull’eccezione di interruzione della prescrizione su cui si era formato giudicato, per non essere stata proposta la relativa eccezione in appello e per non essere stato proposto l’appello incidentale.
1.2Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c., la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 n.4 c.p.c., per carenza di motivazione, e, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 244 e ss. c.p.c. ed art. 116 c.p.c. in tema di formazione e valutazione delle prove, per avere la Corte ritenuta interrotta la prescrizione per una intimazione di pagamento riferita ad un’altra cartella inerente ad altra situazione debitoria; peraltro la notifica della intimazione non era corredata della prova dell’invio della seconda raccomandata CAD.
Si costituisce in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione che eccepisce l ‘ inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso sull’apparenza motivazionale della pronuncia impugnata, che integra la pronuncia di primo grado. Inoltre, i motivi di ricorso mirano ad ottenere un sindacato sul prudente apprezzamento in punto di fatto e sulle fonti di prova, estraneo al giudizio di legittimità.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Va premesso che la Corte territoriale ha espressamente ritenuto sussistente l’interesse ad agire in capo alla ricorrente , negato in primo grado, così da poter argomentare sul tema della prescrizione.
In assenza di impugnazione sul punto (poiché l’appello è stato proposto dalla sola contribuente e non vi è ricorso incidentale dell’agente di riscossione ) si è formato il giudicato. Si consideri, in proposito, il costante orientamento di questa Corte (per tutte:
Cass. n. 4448/2023) secondo il quale: « in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell’art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto con l’art. 3- bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito con l. n. 215 del 2021), e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell’espresso giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse. (Nella specie la S.C. ha affermato la inidoneità dello ius superveniens a superare il giudicato formatosi sull’ammissibilità dell’azione esercitata, e quindi della sussistenza dell’interesse ad agire, espressamente riconosciuta dal giudice di appello in accoglimento del gravame sul punto, senza che tale statuizione sia stata oggetto di impugnazione )». Tanto premesso, e passando ad affrontare i singoli motivi di ricorso, esso è infondato e deve essere respinto.
6. Il primo motivo è infondato. Una volta eccepita la prescrizione l’intera fattispecie resta devoluta al giudice, anche in sede di legittimità; la decorrenza, infatti, costituisce uno degli elementi descrittivi della fattispecie e, nel caso di specie, si discorre proprio della sussistenza o meno di un evento interruttivo ai sensi dell’art. 2943 c.c. Per un caso di violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione, questa Corte ha affermato con sent. n.32683/2022 che ‘ l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del “dies a quo”, rimane “sub iudice” e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di secondo grado valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale della prescrizione, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con l’impugnazione; inoltre, la mancata proposizione di specifiche
censure non determina la formazione del giudicato interno sul “dies a quo” della prescrizione dei contributi ‘ . Nello stesso senso si esprime l’ord. n.25684/2023, che nel richiamare altri precedenti, ha rammentato il predetto principio di diritto al quale anche questo Collegio intende assicurare continuità.
6.1 Nel caso di specie l’appellante aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado invocando la rilevanza della eccezione di prescrizione dopo la notifica della cartella; una volta che la sentenza di appello sia stata impugnata per violazione del la normativa sulla prescrizione, l’intera fattispecie, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo, rimane sub iudice. Pertanto, è infondata l’eccepita nullità della sentenza come dedotta dal ricorrente.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità, non essendo stata riprodotta nel ricorso l’intimazione di pagamento dal cui contenuto si potrebbe evincere se essa sia riferita ad altra cartella, e che quest’ultima, d’altro canto , non riporti lo stesso titolo iscritto a ruolo con la prima cartella. Qualora pure l’intimazione non avesse ad oggetto lo stesso credito contributivo riportato nell’avviso di addebito originario, quello del 2013, resterebbe evidente ictu oculi l’assenza d ella minaccia di un’azione esecutiva idonea a sostenere l’interesse a proseguire nell’azione proposta.
Il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto, con condanna alle spese per soccombenza.
In considerazione del rigetto del ricorso si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1b is dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 ove dovuto.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 1.000,00, oltre accessori di rito; spese prenotate a debito per Agenzia Entrate Riscossione. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 marzo