Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2685 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2685 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
Ammissione al passivo del fallimento -Effetto interruttivo della prescrizione – Sospensione della prescrizione sino alla chiusura della procedura
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11009/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, domiciliate in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale sono rappresentate e difese ope legis ;
-ricorrenti –
contro
COGNOME
COMUNE DI VIGLIANO BIELLESE, in persona del Sindaco pro tempore ;
-intimati – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1449/01/2018, depositata in data 24 settembre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Biella (d’ora in avanti, per brevità, CTP) l’ intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA e 18 cartelle
TABLE
NUMERO_CARTA), per imposte e tributi vari, eccependone la nullità per omessa notifica dei prodromici avvisi di accertamento e per il difetto di motivazione; deduceva, per quanto ancora rilevi, la prescrizione dei crediti per il decorso dei 5 anni previsti dall’art. 2948 cod. civ. e la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dalla pretesa ex art. 25 d.P.R. n. 602/1973.
La CTP, riuniti i ricorsi, dichiarava cessata la materia del contendere in relazione a due cartelle (nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, rigettando le impugnative.
Il contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte (d’ora in avanti solo CTR), sulla base dei seguenti motivi:
omessa declaratoria di cessazione della materia del contendere in relazione ad altre cartelle;
estinzione del diritto alla riscossione per intervenuta prescrizione;
nullità delle notifiche delle cartelle;
erronea statuizione della CTP in ordine alla eccepita decadenza.
La CTR riformava parzialmente la decisione di primo grado ritenendo maturata la prescrizione quinquennale dei crediti, atteso che dal fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario (2003), in seno al quale gli enti creditori avevano presentato domanda di insinuazione al passivo (poi accolta), sino al 2016 (anno in cui era notificata l’intimazione di pagamento) , erano ‘trascorsi ben 13 anni nella totale inerzia degli Enti già creditori di Gremmo’.
L’Agenzia delle entrate ed ADER propongono, quindi, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Il contribuente ed il Comune di Vigliano Biellese, pur essendo stati raggiunti dalla notifica del ricorso a mezzo p.e.c., sono rimasti intimati.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 6/01/2025.
Considerato che:
Con il primo (ed unico) motivo l’ADER e l’Agenzia delle entrate lamenta no, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «falsa applicazione dell’art. 2945, comma 2, c.c., e dell’art. 51 della Legge Fallimentare. Interruzione della sospensione con effetti permanenti in costanza di fallimento».
Dopo aver premesso che, per effetto dell’annullamento automatico dei debiti fino a mille euro in virtù dell’art. 4, comma 1, d.l. n. 119/2018, conv. dalla l. n. 136/2018, solo 12 delle originarie cartelle di pagamento risultano ‘attualmente interessate dal giudizio’, evidenzia no che i crediti di cui alle dette cartelle erano stati, nel 2003, insinuati al passivo del fallimento, e che la procedura si chiudeva con decreto del 14 maggio 2013; dal giorno della presentazione dell’insinuazione al passivo il termi ne di prescrizione dei crediti si era interrotto con effetti permanenti sino alla chiusura del fallimento; pertanto, il 25 marzo 2016, data della notifica dell’intimazione di pagamento, alcun termine di prescrizione, nemmeno quinquennale, era decorso.
Il motivo è fondato.
La questione oggetto di giudizio riguarda l’efficacia extraconcorsuale della domanda di ammissione allo stato passivo del fallimento nei confronti del debitore dichiarato fallito (una volta tornato in bonis ), ai fini sia dell’interruzione della prescrizione, sia dell’efficacia permanente della sospensione del decorso della prescrizione stessa sino alla data di chiusura della procedura concorsuale. È in gioco l’interesse del creditore alla conservazione degli effetti permanenti conseguenti alla proposizione della domanda di ammissione al passivo, generatisi all’interno della procedura concorsuale e invocati successivamente nei confronti del debitore tornato in bonis .
La questione risulta già affrontata e risolta da questa Corte nei seguenti termini:
-la domanda di ammissione allo stato passivo produce l’effetto interruttivo della prescrizione per il creditore nei confronti della massa, ma anche la sospensione del decorso della prescrizione per tutta la durata della procedura concorsuale con effetti permanenti all’interno della procedura concorsuale (Cass. 09/07/2 020, n. 14527);
alla conservazione degli effetti della domanda di ammissione allo stato passiva fa pendant la norma che prevede che i creditori, con la chiusura del fallimento, «riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi» (art. 120, terzo comma, l. fall.). La chiusura del fallimento non può, difatti, considerarsi causa di estinzione dei crediti insoddisfatti (salva l’esdebitazione), bensì evento che fa venir meno l’improcedibilità delle azioni esecutive nei confronti degli eventuali beni acquisiti all’attivo del fallimento e non liquidati dalla curatela, ovvero appresi dal debitore successivamente alla chiusura della procedura. Con la chiusura del fallimento si verifica, pertanto, sia la perdita degli effetti protettivi ai fini della prescrizione prodottisi con la domanda di ammissione al passivo, sia il riacquisto da parte
dei creditori delle azioni esecutive individuali (Cass. 09/06/2023, n. 16415);
-la sospensione del decorso della prescrizione appare, pertanto, legata anche al divieto di azioni esecutive individuali. Se durante il procedimento concorsuale il creditore non vede decorrere la prescrizione, ciò è dovuto anche al fatto che egli non può agire nei confronti del debitore e non può, di conseguenza, ritenersi pregiudicato dalla durata della procedura concorsuale, pendente la quale (salve le eccezioni di legge) non può procedere individualmente sul patrimonio del debitore (Cass. n. 16415/2023 cit.);
di questo effetto interruttivo/sospensivo il creditore ne beneficia nei confronti del debitore dichiarato fallito, una volta che quest’ultimo torni in bonis . È questo il senso del «riacquisto» delle azioni esecutive nei confronti del debitore, azioni che il creditore ha fatto valere ai fini del concorso, per effetto della proposizione della domanda giudiziale di ammissione allo stato passivo (pur non potendole esercitare individualmente), i cui effetti si sono conservati con efficacia permanente sino alla chiusura della procedura. Se il creditore ha conservato i propri diritti di credito durante la procedura anche ai fini prescrizionali (salvo il divieto di azioni esecutive), la possibilità per il creditore di agire nei confronti del debitore non può che a ccompagnarsi alla conservazione dell’effetto sospensivo della prescrizione, invalso durante la pendenza della procedura concorsuale e non oltre la sua chiusura, con la ripresa in esito alla chiusura di un nuovo periodo prescrizionale (ancora Cass. n. 16415/2023 cit.);
-si è, poi, ricollegato il detto effetto anche all’estensione della sospensione del decorso della prescrizione alla garanzia patrimoniale del condebitore solidale ( ex multis , Cass. 19/04/2018, n. 9638) affermandosi che se il creditore può giovarsi dell’estensione dell’effetto interruttivo della prescrizione a efficacia permanente durante la pendenza della procedura nei confronti di un soggetto (e
di un patrimonio) distinto da quello del debitore, benché avvinto dal vincolo di solidarietà, a fortiori gli effetti scaturenti dalla proposizione della domanda di insinuazione al passivo si verificano anche nel caso in cui l’effetto interruttivo venga invocato dal creditore nei confronti del patrimonio del debitore una volta che questi sia tornato in bonis ;
-né, infine, tale soluzione appare in contrasto con l’orientamento secondo cui la pendenza della procedura concorsuale liquidatoria non è ostativa alla possibilità per il creditore di munirsi di un titolo nei confronti del debitore in pendenza della medesima procedura, titolo non opponibile alla massa, ma eseguibile quando il debitore tornasse in bonis (Cass. 24/03/2011, n. 6734), o di aggredire beni del debitore non acquisiti all’attivo del fallimento (Cass. n. 14527/2020 cit.).
Costantemente, in definitiva, si afferma che la domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento produce l’effetto dell’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti dalla proposizione della domanda fino alla chiusura della procedura concorsuale, i quali effetti possono essere fatti valere anche nei confronti del debitore tornato in bonis , con decorrenza di un nuovo periodo prescrizionale dalla chiusura della medesima procedura.
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi e va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, al fine di: a) accertare per quali crediti (ed ulteriori cartelle) sia cessata la materia del contendere per effetto dell’annullamento dei debiti ex art. 4, comma 1, d.l. 119/2018; b) accertare per quali crediti ‘residui’ il creditore erariale abbia fatto domanda di ammissione allo stato passivo e se, in relazione a questi , tenuto conto dell’effetto interruttivo a efficacia permanente della prescrizione, sia maturata la relativa prescrizione; c) delibare gli altri motivi di gravame rimasti assorbiti nella pronuncia di accoglimento dell’eccezione di prescrizione.
Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025.