Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9303 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26837/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, AREA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata
e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato , ex lege domiciliata, in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio del primo;
– controricorrente –
nonché contro
C.C. 06 febbraio 2024
r.g.n. 26837/2019
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE;
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 430/2019 depositata l ’11 /02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2024 dalla Consigliera relatrice, NOME COGNOME.
Considerato che
1. con atto di citazione notificato nell’aprile del 2006 , RAGIONE_SOCIALE conveniva dinanzi al Tribunale di Verona, l’RAGIONE_SOCIALE genzia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE, chiedendo nel merito di dichiarare l’ abusività e contrarietà a buona fede della escussione di tre polizze fideiussorie (nn. 45960, 45961 e 50087), stipulate dall’attrice in favore della RAGIONE_SOCIALE, per effetto di un intervenuto abbuono in relazione all’avviso di pagamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. prot. 2004/17369 del 9.07.2004; nonché l’accertamento di aver versato a favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE somme non dovute in relazione a quattro avvisi di pagamento giunti alla RAGIONE_SOCIALE, per il recupero della accisa (in particolare: gli avvisi di pagamento nn. 22081 e 22083, relativi ad ammanchi di alcool, non dovuti rispetto ad un denunciato furto, e gli avvisi nn.28301 e 33076 per ritardo nel pagamento dell’accisa risultante da un precedente avviso di pagamento); in subordine, l’accertamento del diritto della stessa NOME alla ripetizione di quanto eventualmente versato in esecuzione dei predetti avvisi di pagamento, con conseguente condanna dell’RAGIONE_SOCIALE; invocava in relazione a tali avvisi l’applicazione dell’art. 4 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, come novellato dall’art. 59 della l. 21 novembre 2000, n. 342, in cui espressamente il furto è individuato quale presupposto idoneo allo sgravio d’imposta;
si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’accertamento dell’esistenza del contratto autonomo di garanzia sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE al fine di estinguere i debiti del contribuente per le imposte di fabbricazione; in subordine, qualora fosse stata riconosciuta la
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RAGIONE_SOCIALE natura accessoria al suddetto contratto, di procrastinare qualsiasi decisione alla conclusione del giudizio tributario vertente sulla pretesa garantita; la RAGIONE_SOCIALE in fallimento restava contumace;
con sentenza n. 1897/2011 il Tribunale di Verona accoglieva la domanda di RAGIONE_SOCIALE in merito agli avvisi di pagamento nn. 28301 e 33706, dichiarando che L’RAGIONE_SOCIALE non aveva titolo per pretendere l’escussione RAGIONE_SOCIALE relative polizze fideiussorie; con riferimento a quelli nn. 22081 e 22082, respingeva la domanda attorea, essendo la procedura di sgravio ancora sospesa, non essendo concluse tutte le indagini penali avviate in merito, con compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese di lite fra le parti;
2. avverso la decisione del Tribunale, proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE con atto notificato nel luglio 2012; si costituiva la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’appello e promuovendo a sua volta appello incidentale; la RAGIONE_SOCIALE restava intimata;
la Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 430/2019 rigettava l’appello principale, dichiarava inammissibile quello incidentale, confermava la sentenza di prime cure, compensava le spese del grado;
per quanto ancora d’interesse , la Corte veneziana attribuiva natura fideiussoria al contratto de quo , affermava che il disposto dell’art. 4 d. lgs. 504 del 1995, Testo Unico RAGIONE_SOCIALE accise, novellato, stabilendo il furto quale presupposto del diritto all’abbuono -in quanto estintivo dell’obbligazione tributariaaveva consentito alla RAGIONE_SOCIALE di dimostrare l’estraneità della RAGIONE_SOCIALE rispetto al furto mediante la produzione del decreto di archiviazione disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Bari e, successivamente, da quello di Napoli;
per completezza, infine, la Corte d’appello dava atto: – che prima dell’instaurazione del giudizio ordinario , si era svolto il procedimento dinanzi la Commissione Tributaria provinciale di Bari, conclusosi con sentenza n. 258/04, favorevole alla RAGIONE_SOCIALE con cui veniva dichiarato l’abbuono dell’imposta in relazione agli avvisi di pagamento in oggetto; – che
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AVV_NOTAIO la sentenza era stata appellata dall’RAGIONE_SOCIALE presso la Commissione Tributaria Regionale di Bari che ne aveva accolto il gravame con sentenza n.77/2007, riformato la sentenza di prime cure, in considerazione della pendenza del procedimento penale presso il Tribunale di Napoli.
3. avverso la decisione della Corte d’ Appello di Venezia n. 430/2019, l’RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, fondato su due motivi; resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
sebbene intimato il RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
Ritenuto che
1. con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1370 c.c. nonché falsa e/o erronea applicazione degli artt. 1936 e ss. c.c. in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ; in particolare, la Corte d’ appello avrebbe erroneamente ritenuto la natura fideiussoria della polizza, violando la disciplina dell’inte rpretazione dei contratti contenuta nel codice civile, discostandosi dai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia di contratto autonomo di garanzia (tra tante, richiama Cass. n. 22787 del 2015);
1.1. il motivo è inammissibile;
va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che la RAGIONE_SOCIALE ricorrente reitera la censura già formulata ed esaminata come infondata dalla Corte territoriale e fa riferimento alla polizza de qua riportandone soltanto gli artt. 1 e 7; in secondo luogo, mostra di non confrontarsi con la ratio decidendi della decisione impugnata, nella quale è espressamente e chiaramente affermato che la natura della garanzia prestata sia «pacificamente fideiussoria»; in particolare, la stessa Corte ha spiegato
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RAGIONE_SOCIALE
che gli elementi caratterizzanti il contratto autonomo di garanzia invocato dall’RAGIONE_SOCIALE non sono rinvenibili nel testo contrattuale in esame e ha aggiunto in proposito: «Ne consegue che la previsione che riconosce alla polizza stessa carattere sostitutivo della cauzione reale e la rinuncia alla preventiva escussione del debitore principale, non si ritengono sufficienti a fondare la qualificazione di contratto autonomo di garanzia ed escludere la natura fideiussoria dell’accordo intervenuto tra le parti. A conferma di ciò, si nota come manchi totalmente nelle clausole generali o in altra parte del contratto, la dicitura ‘senza riserva’, ‘a prima richiesta’ o altre similari e che, anzi, l’art. 7 RAGIONE_SOCIALE stesse clausole fornisca argomenti per un’inte rpretazione opposta a quella prospettata dall’attore: primariamente, si prevedono limiti alla garanzia resa dalla compagnia assicurativa, che vengono richiamati nella dicitura ‘nei limiti e nei casi della presente polizza’. A ciò si aggiunga che la ratio della clausola non pare essere quella di consentire l’escussione al solo invito di pagamento, bensì di rendere bastevole la richiesta inviata alla ditta stipulante e non alla RAGIONE_SOCIALE, al fine di mettere in mora quest’ultima, trascorsi inutilmente trenta giorni. Infine, si ritiene di dover valorizzare l’espresso richia mo alla disciplina del contratto di fideiussione riversato dalle parti all’art.10 » (pag. 5 della sentenza impugnata);
ad onta, quindi, della sua formale intestazione il motivo attiene, nella sostanza, a profili di fatto e tende a suscitare da questa Corte, inammissibilmente, un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento -ad esso funzionale – RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
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2. con il secondo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. nonché dell’art. 4 comma 1 del d. lgs. n. 504/1995 T.U.A. così come novellato dall’art. 59 della legge n. 342/2000 nonché dell’art. 22 ter del D.L. n. 693/1980 in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ; in particolare, la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 654 c.p.p. in merito all’ipotesi di furto, quale presupposto obiettivo per l’estinzione dell’obbligazione tributaria, attribuendo all’ordinanza di archiviazione in sede penale la stessa valenza di una sentenza penale passata in giudicato, sebbene la prova del non coinvolgimento del soggetto passivo non fosse ricavabile dall’ordinanza di archiviazione resa dal G.I.P. all’esito del procedimento penale; lamenta che la RAGIONE_SOCIALE, quale garante fideiussore, non ha fornito prova che il quantitativo alcolico mancante, a seguito del denunciato furto perpetrato ai danni della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (debitrice garantita) fosse andato disperso o distrutto; richiama sulla nozione di ‘perdita’ ex art. 4 comma 1 del T.U.A. e succ. modif., tra l’altro, i principi espressi dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 26419 del 2017 ;
2.1. parimenti inammissibile il secondo motivo di ricorso;
va evidenziato che la doglianza viene formulata in questa sede, anch’essa, senza specificare se lo sia stata, e in che termini, già sollevata nel merito;
la Corte d’appello ha in modo chiaro spiegato , da un lato, di non condividere la pretesa inter pretazione dell’art. 4, comma, 1 d. lgs. n. 504/1995, T.U. Accise, nel testo modificato dall’art. 59 della legge n. 342 del 2000, alla luce di quanto stabilito dalla norma di interpretazione autentica (decreto legge 3 ottobre 1980, art. 22 ter , convertito con modificazioni nella l. 22 dicembre 1980, n. 891 – che ha distinto il caso di sottrazione da quello di dispersione del prodotto); difatti, il citato art. 4, norma successiva rispetto a quella del 1980, espressamente prevede, al comma secondo, nel testo, ratione temporis, vigente al momento dell’instaurazione della causa, il furto quale presupposto del diritto
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RAGIONE_SOCIALE all’abbuono, in quanto estintivo dell’obbligazione tributaria; dall’altro lato, in merito all’onere gravante sull’appellata di dimostrare l’estraneità della RAGIONE_SOCIALE al furto, la Corte territoriale ha ritenuto che «esso è soddisfatto dalla produzione in giudizio d ell’archiviazione disposta prima dal GIP di Bari e poi da quello di Napoli, nella quale ultima espressamente si esclude che il fatto criminoso sia ascrivibile alla condotta dei fratelli COGNOMECOGNOME legali rappresentanti della distilleria, né alcuna parte ha prospettato neppure la negligenza nella custodia della merce compendio di furto» (pag. 6 della sentenza impugnata).
3. in conclusione, il ricorso è inammissibile; le spese vengono poste a carico dell’RAGIONE_SOCIALE ricorrente in virtù del principio di soccombenza , e liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE; nulla va al riguardo disposto nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, non avendo il medesimo svolto attività difensiva;
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Poiché la parte ricorrente si identifica con una P.A. non si configurano nemmeno i presupposti per dichiarare la sussistenza dell’obbligo del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, della Corte di Cassazione, in data 6 febbraio 2024.
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IL PRESIDENTE NOME COGNOME