Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13195 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13195 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9844-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
ricorrente incidentale -nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE
Oggetto
R.G.N.9844/2022
COGNOME
Rep.
Ud.14/03/2025
CC
Società di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 505/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 30/09/2021 R.G.N. 496/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
COGNOME NOME impugna la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 505/2021 che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lanciano che aveva rigettato il suo ricorso in opposizione ad intimazione di pagamento con riferimento ad una delle sette cartelle in essa indicate, avendo per le restanti dichiarato cessata la materia del contendere.
Propone cinque motivi di ricorso.
Resiste Agenzia delle Entrate – Riscossione con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale sulla base di un motivo. INPS non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 marzo 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente censura la sentenza per cinque motivi.
I)violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., perché la Corte ha ritenuto che la cartella residua fosse stata ritualmente notificata, mentre era stato prodotto solo l’avviso di ricevimento
della raccomandata relativa alla notifica ma non l’originale della cartella.
II) violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., perché la Corte ha ritenuto, quanto alla notifica dell’intimazione di pagamento, ‘che il documento inquiry sia stato inviato con lettera ar mentre gli inquiry e le ricevute di ritorno descrivono i numeri delle cartelle opposte ma non vi era quella della c artella ancora sub iudice’. III)violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. perché la Corte ha erroneamente affermato che le controparti non erano soccombenti.
IV) violazione dell’art. 5 del DM n. 55/2014 e delle tabelle 4 e 12 e dell’art. 14 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ.
V)violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. perché le controparti avevano chiesto la compensazione delle spese per le cartelle annullate e la condanna per la cartella residua ed INPS di essere tenuto indenne dalle spese per difetto di legittimazione passiva, chiedendo infine il rigetto del ricorso con il favore delle spese ma solo per la cartella non annullata.
Il ricorso incidentale censura la pronuncia per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 617 e 618 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per inammissibilità originaria dell’opposizione, con riferimento all’eccezione di mancata notifica della cartella di pagamento, nonchè dell’appello sul punto.
Emerge dalla sentenza che il ricorrente aveva adito il Tribunale ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ. proponendo ricorso avverso una intimazione di pagamento concernente sette cartelle portanti crediti INPS, lamentando vizi di notifica e vizi formali,
illegittimità dell’intimazione per omessa motivazione del calcolo di sanzioni e interessi, prescrizione della pretesa creditoria per il decorso del termine quinquennale.
Il Tribunale aveva dichiarato cessata la materia del contendere con riferimento a sei cartelle per le quali era intervenuta la c.d. pace fiscale, aveva accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui era diretto a far valere asseriti vizi di notifica e vizi formali perché proposto oltre 20 gg. dalla notifica dell’intimazione di pagamento ex art. 617 cod. proc. civ., aveva rigettato l’opposizione rispetto alla cartella residua ritenendo dimostrato il compimento di atti interruttivi della prescrizione e, quindi, non maturata la prescrizione.
Per ragioni di priorità logica va preliminarmente esaminato l’unico motivo di ricorso incidentale, con il quale l’Agente per la riscossione evidenzia che: l’eccezione di mancata notifica della cartella sottesa alla intimazione di pagamento soggiaceva alla disciplina ed ai termini perentori di cui all’art. 617 cod. proc. civ; il primo Giudice aveva specificamente qualificato l’opposizione in parte qua come opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.; la Corte d’appello non ha preso posizione, non considerando ch e il gravame sul punto avrebbe dovuto assumere necessariamente le forme del ricorso straordinario in Cassazione.
Il motivo è inammissibile.
ADER è risultata vittoriosa in grado di appello, di tal chè avrebbe potuto ricorrere in Cassazione avverso le sole statuizioni preliminari che avessero respinto eccezioni di rito: ciò, però, nella specie, non è accaduto, posto che la Corte sul punto non ha reso alcuna statuizione, con la conseguenza che la censura di cui al ricorso incidentale non è ammissibile.
Il primo motivo del ricorso principale si appunta sulla decisione della Corte di respingere il motivo di gravame con cui la
sentenza di primo grado era contestata per aver ritenuto provata la notifica dell’unica cartella ancora sub iudice dopo la c.d. pace fiscale.
Detto motivo è inammissibile perché ha ad oggetto pronuncia contro cui avrebbe dovuto essere proposto, nei termini di cui all’art. 327 cod. proc. civ., ricorso diretto in Cassazione.
Avendo il Giudice di prime cure qualificato il giudizio in parte come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. (laddove era contestata la notificazione della cartella sottesa alla intimazione) ed in parte come opposizione all’esecuzione (laddove si afferma l’inesigibilità dei crediti contributivi per prescrizione verificatasi successivamente), lo strumento di gravame da esperirsi avverso la decisione qualificata come opposizione agli atti esecutivi sarebbe stato il ricorso immediato in cassazione, ma tale ricorso non è stato esperito, avendo la parte adito la Corte d’appello. Pertanto, l’appello avverso la decisione qualificabile come opposizione agli atti esecutivi è da considerarsi inammissibile (e ciò è rilevabile d’ufficio anche in questa sede).
Si legge, ex multis, in Cass. n. 25773/2023 che, laddove il Giudice di prime cure qualifichi l’azione come opposizione agli atti esecutivi, «al cospetto d’una tale qualificazione espressa, il ricorrente avrebbe dovuto dolersi della decisione del giudice di primo grado con il ricorso per cassazione e non con l’appello».
Sul punto, da ultimo, Cass. n. 3793/2024 richiama i precedenti di questa Corte affermando quanto segue: «risulta, in proposito, in realtà assorbente il principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale «qualora una opposizione in materia esecutiva possa scindersi in un duplice contenuto, in parte riferibile ad una opposizione agli atti esecutivi e in parte riferibile ad una opposizione all’esecuzione,
l’impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, Rv. 632102 -01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19267 del 29/09/2015, Rv. 636948 -01; Sez. 3, Sentenza n. 14661 del 18/07/2016, Rv. 640586 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3166 del 11/02/2020, Rv. 656752 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3722 del 14/02/2020, Rv. 657020 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 31549 del 13/11/2023, Rv. 669336 – 01). In base al suddetto principio di diritto, il regime dell’impugnazione delle decisioni su distinte domande (in particolare, opposizioni esecutive) proposte nel medesimo processo resta quello proprio di ciascuna domanda», e da cui pare evincersi che, anche a non volere seguire detto orientamento, laddove vi siano domande connesse deve essere seguito il regime impugnatorio della domanda cui accede la domanda connessa (quindi, in questo caso, il ricorso in cassazione)».
Alla luce di tali principi, la statuizione del Tribunale concernente la regolarità della notificazione della cartella deve ritenersi ormai incontrovertibile, non essendo stata impugnata con il ricorso immediato in Cassazione.
Ne discende l’inammissibilità del primo motivo di ricorso principale.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Non è stata denunciata una violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., nei termini rigorosi delineati dalla giurisprudenza di questa Corte, poiché la Corte d’appello non ha attinto elementi di riscontro da prove non introdotte dalle parti e assunte d’ufficio al di fuori dei casi che il codice di rito contempla.
Infatti, quanto alla notifica dell’intimazione di pagamento, i Giudici di merito, dopo il richiamo alla giurisprudenza di
legittimità in punto presunzione di conoscenza ex art. 1335 cod. civ., così scrivono: ‘Ader ne ha offerto idonea prova mediante il deposito non solamente della inquiry -riportante il preciso numero della intimazione e della sottesa cartella di pagamento con indicazione delle rispettive date di notifica -ma anche del relativo avviso di ricevimento, ove risulta precisamente indicato il numero della intimazione di pagamento (doc. 4 prodotto da Ader)’.
La Corte ha, quindi, dato conto di aver esaminato ed apprezzato nel merito il contenuto della documentazione versata in atti, senza che si ravvisi alcuna violazione del principio di disponibilità della prova, né il ricorrente precisa quando e con quali modalità avesse fatto valere il profilo qui censurato e la sua decisività, né trascrive il contenuto del documento di cui pretende in questa sede di sovvertire la valutazione.
Il terzo motivo è infondato e va rigettato, non ravvisandosi nella decisione della Corte alcuna violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. Premesso che «il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite» (Cass. n. 19784/2023), mentre nella specie il gravame è stato respinto, la doglianza si appunta sul fatto che la Corte avrebbe dovuto censurare la statuizione sulle spese del primo giudice il quale, stante la soccombenza reciproca, avrebbe dovuto compensare integralmente, mentre aveva compensato per due terzi, condannando il ricorrente al pagamento del residuo terzo, in considerazione dello sgravio di sei cartelle e del fatto che la parte era rimasta soccombente per la cartella residua.
Nel respingere il gravame la Corte ha correttamente motivato affermando che l’annullamento ex lege di alcune cartelle non comportava soccombenza dell’Agente della Riscossione e che, comunque, le spese erano state parzialmente compensate proprio in ragione di ciò, richiamando, altresì, giurisprudenza di legittimità, segnatamente Cass. n. 289/2021, in forza della quale la proporzione della compensazione rientra nella discrezionalità del Giudicante. E’, infatti, orientamento consolidato quello per cui «la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 31 gennaio 2014, n. 2149; Cass. 20 dicembre 2019, n. 30592; Cass. 26 maggio 2021, n. 14459)» (Cass. n. 5590/2023).
Il quarto motivo, con cui è censurata la liquidazione delle spese sia del primo grado, come confermate in appello, che del grado di appello, sulla base del fatto che la Corte d’appello (e il Tribunale prima) ‘non si è avveduta’ che l’importo della cartella non oggetto di sgravio era di € 306,25′, è inammissibile in considerazione delle modalità con cui è stato proposto, che si scontrano con il principio di necessaria autosufficienza del ricorso.
Si afferma, infatti, che il valore della cartella residua risulterebbe dalla intimazione di pagamento e dalla sentenza di primo grado, che però non vengono riprodotte nel ricorso neppure nelle parti essenziali; nè detto valore risulta indicato neppure dalla sentenza gravata: in mancanza, la Corte non è
posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività della censura.
Parimenti inammissibile è il quinto motivo.
Premesso che la violazione tra chiesto e pronunciato viene in primis riferita al giudice di primo grado e premesso che l’extrapetizione viene collegata all’aver liquidato le spese ‘per un valore della controversia superiore’ a quello effettivo, anche in relazione a detto motivo si riscontra un difetto di specificità, non avendo il ricorrente trascritto gli atti processuali nei quali sarebbero contenute le conclusioni che invoca.
Sul punto valga il richiamo al consolidato orientamento di legittimità come espresso, ex multis , da Cass. n. 23079/2020, secondo cui detto principio «trova applicazione anche con riferimento alla dedotta violazione di norme processuali (cfr. C Cass. n. 25482 del 02/12/2014). Invero, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta il vizio di extra o ultrapetizione, per erronea individuazione del ‘chiesto’ ex art. 112 cod. proc. civ., …, è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, trascriva o riporti specificamente nella parte di rilievo il contenuto essenziale delle domande ed eccezioni formulate nei precedenti gradi di giudizio, così da dimostrare la mancata attinenza della pronuncia del giudice (in questo caso, di appello) al thema decidendum, dovendosi ritenere, in mancanza, che la Corte non sia posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure; e ciò indipendentemente dal potere di procedere all’esame diretto degli atti del merito.
La Corte, infatti, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, né
potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente gli atti processuali ed i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ di cui richied e il riesame, ma, altresì, assicuri che il corrispondente motivo contenga, per il principio di autosufficienza ed a pena d’inammissibilità del motivo stesso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass., Sez. Un., n.20181 del 25/07/2019; Cass. n. 2771 del 2/02/2017; v. anche Cass. Sez.Un., n. 22726 del 3/11/2011; Cass. n. 8569 del 09/04/2013)».
Pertanto, e conclusivamente, il ricorso principale va respinto e quello incidentale va dichiarato inammissibile, con conseguente compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio di legittimità. Nulla sulle spese quanto ad INPS, in assenza di attività difensiva.
In considerazione del rigetto del ricorso principale e dell’inammissibilità di quello incidentale, si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa tra le parti costituite le spese del giudizio di legittimità. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.