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Onere della prova titolarità: chi deve dimostrarlo?

Una società concessionaria autostradale ha impugnato degli avvisi di accertamento per il pagamento di un canone di occupazione di suolo pubblico (COSAP) relativo a un sovrappasso. In corso di causa, la società ha contestato la proprietà della strada da parte del Comune. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei gradi inferiori, ha stabilito che l’onere della prova titolarità del bene spetta all’ente impositore (il Comune) e che la contestazione di tale titolarità costituisce una mera difesa, non soggetta a preclusioni temporali, in quanto attiene al merito della pretesa.

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Onere della Prova Titolarità: a Chi Spetta Dimostrare la Proprietà del Suolo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25713/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale in materia di canoni per l’occupazione di suolo pubblico (COSAP), specificando su chi gravi l’onere della prova titolarità dell’area. Il principio affermato è cruciale: spetta all’ente che richiede il pagamento dimostrare di essere l’effettivo proprietario del suolo, e la contestazione di tale proprietà da parte del contribuente è una difesa sul merito, non soggetta a preclusioni.

I Fatti del Caso

Una società concessionaria della gestione di autostrade e tangenziali si vedeva notificare da una società di riscossione, per conto di un Comune, sei avvisi di accertamento. La richiesta era relativa al pagamento del COSAP per gli anni dal 2015 al 2020, per un importo complessivo di oltre 61.000 euro.
L’occupazione contestata riguardava un’area su cui era stato edificato un sovrappasso autostradale per consentire la viabilità di una strada comunale sottostante. La società concessionaria si opponeva alla richiesta, inizialmente sostenendo di avere diritto a cause di esenzione, sia soggettive (in quanto organismo di diritto pubblico) sia oggettive (per la natura del bene).
Successivamente, nel corso del giudizio di primo grado, la società introduceva una nuova argomentazione: il Comune non era il legittimo proprietario della strada in questione, che, secondo accertamenti catastali, apparteneva al Demanio statale.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le domande della società. In particolare, la questione sulla proprietà del suolo comunale era stata dichiarata inammissibile perché ritenuta un’eccezione tardiva, introdotta solo con le memorie istruttorie e non nell’atto di citazione iniziale. Secondo i giudici di merito, la richiesta di esenzione presupponeva implicitamente un riconoscimento della titolarità del potere impositivo in capo al Comune, rendendo contraddittoria la successiva contestazione della proprietà.

Onere della prova titolarità: l’Analisi della Cassazione

La Suprema Corte ha completamente ribaltato questa impostazione, accogliendo il ricorso della società. Il punto centrale della decisione risiede nella corretta qualificazione della contestazione sulla proprietà del suolo. Non si tratta di un’eccezione in senso stretto, soggetta a termini di decadenza, ma di una mera difesa che attiene direttamente alla fondatezza della pretesa creditoria del Comune.

La Natura del Giudizio e la Ripartizione dell’Onere Probatorio

I giudici hanno chiarito che, nei giudizi di opposizione a un atto impositivo (come un avviso di accertamento per COSAP), la posizione processuale delle parti è invertita. Sebbene la società sia l’attore formale (poiché ha iniziato la causa), l’attore sostanziale è l’ente impositore (il Comune), che deve dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa.

Di conseguenza, l’onere della prova titolarità del suolo pubblico, presupposto indispensabile per poter richiedere il canone di occupazione, grava interamente sul Comune. È l’ente a dover provare di essere proprietario dell’area per la quale chiede il pagamento, non il cittadino a dover provare il contrario.

Mera Difesa e Mancanza di Preclusioni

La contestazione della titolarità del diritto è una questione che riguarda il merito della causa. Negare che l’ente impositore sia proprietario del bene significa contestare uno degli elementi fondanti della sua pretesa. Tale contestazione, qualificata come ‘mera difesa’, può essere sollevata in ogni fase del giudizio, non essendo soggetta alle preclusioni previste per le eccezioni in senso stretto. Pertanto, la Corte d’Appello ha errato nel ritenerla tardiva.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi consolidati in giurisprudenza, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 2951/2016). Si è operata una netta distinzione tra ‘legittimazione ad agire’ e ‘titolarità del diritto’. La prima è la condizione per poter stare in giudizio, la seconda è l’effettiva appartenenza del diritto e attiene alla fondatezza della domanda. La carenza di titolarità del diritto può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice se emerge dagli atti.

L’onere di allegare e provare la titolarità, quale elemento costitutivo della domanda, spetta all’attore sostanziale. Le contestazioni del convenuto su questo punto sono mere difese, proponibili in ogni fase, salvo eventuali preclusioni maturate sulla prova di fatti specifici. Nel caso di specie, la società concessionaria aveva tempestivamente sollevato la questione nella memoria istruttoria prevista dall’art. 183 c.p.c., supportandola con documentazione, adempiendo così al proprio onere di contestazione specifica.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la controversia attenendosi al seguente principio: nei giudizi di opposizione a una pretesa impositiva, l’onere della prova titolarità del bene, che costituisce il presupposto del tributo o del canone, è a carico dell’ente impositore. La contestazione di tale titolarità da parte del contribuente è una difesa sul merito, non soggetta a preclusioni, e deve essere esaminata dal giudice per decidere sulla fondatezza della pretesa. Questa decisione rafforza le garanzie per il contribuente, obbligando gli enti pubblici a fondare le proprie richieste su prove solide e verificabili.

Chi deve provare la proprietà di un’area pubblica quando un Comune chiede il pagamento del canone di occupazione (COSAP)?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova della titolarità del suolo pubblico spetta sempre all’ente impositore, ovvero al Comune che avanza la pretesa di pagamento. È il Comune a dover dimostrare di essere l’effettivo proprietario dell’area.

Contestare la proprietà del suolo da parte del Comune è un’eccezione che va sollevata immediatamente nel primo atto difensivo?
No. La contestazione della titolarità del diritto di proprietà non è un’eccezione in senso stretto, ma una ‘mera difesa’ che attiene al merito della pretesa. Pertanto, non è soggetta a strette preclusioni processuali e può essere sollevata anche nel corso del giudizio, come nella memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c.

Cosa significa che l’ente impositore è ‘attore in senso sostanziale’?
Significa che, sebbene il procedimento sia formalmente iniziato dal contribuente che impugna l’atto, è l’ente impositore (es. il Comune) che sta cercando di far valere un proprio diritto di credito. Di conseguenza, come ogni attore, deve provare tutti i fatti che costituiscono il fondamento del suo diritto, inclusa la proprietà del bene per cui chiede il canone.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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