Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11086 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23261/2017 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
REGIONE PUGLIA, REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA, REGIONE CALABRIA, REGIONE LAZIO, REGIONE LOMBARDIA, REGIONE EMILIA ROMAGNA, REGIONE UMBRIA
-intimati- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 3777/2017 depositata il 22/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE – società che operava in qualità di concessionaria di parcheggi pubblici – a seguito di silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate su istanza di rimborso dell’IRAP versata in eccesso per il periodo d’imposta 2007 ricorreva dinanzi
alla Commissione tributaria provinciale di Roma, deducendo la violazione dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997, come modificato dalla legge n. 296 del 2006, che aveva ridotto il cd. «cuneo fiscale», e sostenendo che le concessioni di gestione potevano essere assimilate ai contratti di appalto e che la Commissione europea, nel dichiarare la compatibilità del regime alle norme sugli aiuti di Stato previste dal Trattato istitutivo della Comunità Europea avrebbe dato rilievo alle sole public utilities sulle quali vigilavano Autorità regolatrici indipendenti e non anche a settori, quali quello di parcheggi, nel quale mancava una Autorità di regolamentazione.
La CTP accoglieva il ricorso della società e la CTR (con sentenza n. 208/10/2012) accoglieva invece l’appello dell’Ufficio, riconoscendo che le imprese regolamentate che operano a tariffa nel settore dei pubblici servizi sono escluse dalle misure Irap che riguardano il cuneo fiscale e contributivo.
L’Agenzia delle entrate impugnava la indicata sentenza per cassazione e il ricorso veniva accolto, con la sentenza n. 7205/2016, da questa Corte che disponeva il rinvio alla CTR del Lazio: i) rilevando che originariamente il ricorso introduttivo era stato notificato a più soggetti, (e cioè l’Agenzia delle entrate D.P. Ufficio Controlli Roma 3, nonché le Regioni Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Puglia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Calabria), che non si erano costituiti e nei confronti dei quali la sentenza di primo grado era stata emessa, mentre l’appello era stato proposto da un diverso ufficio dell’Agenzia delle entrate e notificato solo a RAGIONE_SOCIALE e ii) ravvisando una fattispecie di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche quando non sussiste litisconsorzio necessario di natura sostanziale.
La società contribuente ha riassunto il giudizio anche nei confronti delle menzionate Regioni e, nel contraddittorio con l’Agenzia delle entrate, la CTR del Lazio con sentenza n. 3777/2017, depositata il
22/06/2017, ha confermato il diritto al rimborso di RAGIONE_SOCIALE rilevando che detta società «svolge attività di conduzione e gestione dei parcheggi, sia ottenuti in concessione da enti pubblici e sia propri. Tale attività d’impresa è condotta in regime di libera concorrenza e si svolge a seguito di contratti che, sotto il profilo giuridico vanno equiparati ai contratti di appalto, il cui corrispettivo viene corrisposto dall’utenza … per cui sussistono i requisiti che escludono la società dal pagamento dell’Irap», conferma conclusivamente il diritto al rimborso a favore della contribuente di €. 52.636,00 oltre interessi ». 5. Avverso l ‘ indicata sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso con unico motivo «contro RAGIONE_SOCIALE, Regione Lazio, Regione Emilia-Romagna, Regione Lombardia, Regione Puglia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Calabria».
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE eccependo la nullità delle notifiche effettuata e mezzo PEC nei confronti delle succitate Regioni, affermando l’inammissibilità – per il suo contenuto meritale – e comunque l’infondatezza del ricorso, e chiedendo in subordine il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai fini dell’interpretazione dell’art. 107 TFUE, anche rispetto alla decisione C-4133 del 12.9.2007 della Commissione UE, in relazione all’art. 11 c. 1 lett. A) n. 2,3,4, d.lgs. 446/1997 come novellato dalla Legge finanziaria 2007.
La contribuente ha quindi depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1. cod. proc. civ.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 29527/2023 ha ordinato la rinnovazione della notifica del ricorso alla Regione Calabria, Regione Emilia-Romagna, Regione Friuli-Venezia Giulia, Regione Lazio, Regione Puglia, così nella specie motivando: «non risulta sufficientemente provata dalla ricorrente Agenzia delle entrate la regolare notifica del presente ricorso per cassazione alle indicate Regioni, ad eccezione della Regione Umbria, in particolare in relazione alla corrispondenza degli indirizzi Pec all’elenco pubblico
di cui all’art. 7 DM 44/2011 (REGINDE). Va pertanto disposta la rinnovazione della notifica in quanto, come ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 6025 del 2023; n. 3709 del 2019; Cass. n. 13224 del 2018) solo l’indirizzo contenuto nel registro ReGIndE è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile – a seconda dei casi -alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla».
8.1. Successivamente, l’Agenzia delle entrate ha depositato documentazione relativa alla eseguita rinnovazione della notifica.
Quindi, la società ricorrente ha depositato nuova memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., tra l’altro eccependo la nullità della rinnovazione della notificazione alla Regione Lazio, perché nuovamente effettuata al medesimo indirizzo PEC EMAIL già utilizzato per la prima spedizione del ricorso per cassazione, notificato il 5.10.2017, e di cui la controricorrente aveva eccepito la mancata presenza nel ReGIndE (cfr. pp. 9 e ss. del controricorso della RAGIONE_SOCIALE, eccezione accolta da questa Corte, che ha dichiarato nulla «la notificazione del ricorso presso un indirizzo di posta elettronica diverso da quello inserito nell’indicato registro» (pp. 2 e 3, ordinanza n. 29527 del 24/10/2023), disponendone la rinnovazione.
La causa è quindi stata chiamata all’odierna adunanza .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente rilevato, come eccepito della società ricorrente nella propria memoria difensiva, che l’Agenzia delle entrate non ha adempiuto ritualmente alla rinnovazione delle notifica disposta da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 29527/2023, ivi rilevandosi che «non risulta sufficientemente provata dalla ricorrente Agenzia delle entrate la regolare notifica del presente ricorso per cassazione alle indicate Regioni, ad eccezione della Regione Umbria, in particolare in relazione alla corrispondenza
degli indirizzi Pec all’elenco pubblico di cui all’art. 7 DM 44/2011 (REGINDE). Va pertanto disposta la rinnovazione della notifica in quanto, come ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 6025 del 2023; n. 3709 del 2019; Cass. n. 13224 del 2018) solo l’indirizzo contenuto nel registro ReGIndE è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile – a seconda dei casi -alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla».
L’Agenzia ricorrente, per quanto attiene alla intimata Regione Lazio, ha rinnovato la notifica al medesimo indirizzo PEC (protocolloEMAIL già utilizzato per la prima spedizione del ricorso per cassazione, notificato il 5.10.2017, di cui la controricorrente aveva eccepito la mancata presenza nel ReGIndE (cfr. pp. 9 e ss. del controricorso della RAGIONE_SOCIALE), eccezione accolta da questa Corte, che ha dichiarato nulla «la notificazione del ricorso presso un indirizzo di posta elettronica diverso da quello inserito nell’indicato registro» (pp. 2 e 3, ordinanza n. 29527 del 24/10/2023), disponendone per l’appunto la rinnovazione. Né la ricorrente Amministrazione ha offerto alcun chiarimento a tale riguardo, limitandosi a rinnovare la spedizione al medesimo indirizzo PEC di cui sopra, con conseguente nullità della notificazione in rinnovazione.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Questa Corte ha precisato che, se la nullità della notificazione in rinnovazione è rilevata e dichiarata, non può disporsi un’ulteriore rinnovazione, essendo esclusa a norma dell’art. 162, comma primo, cod. proc. civ., in quanto, quando la nullità sia stata dichiarata una prima volta e il giudice abbia ordinato la rinnovazione, la natura perentoria del termine non consente che, per il compimento della medesima attività, cioè per il compimento di una notificazione valida (Cass. civ., 17/07/2019, n. 19218; 31 luglio 2018, n. 20255; 20
gennaio 2015, n. 857; 12 gennaio 2007, n. 436; 1° luglio 2005, n. 14042), possa essere assegnato un nuovo termine, tenuto conto del fatto che l’art. 153, cod. proc. civ., vieta la proroga dei termini perentori, nemmeno sull’accordo delle parti, salvo che si prospettino i presupposti per la rimessione in termini contemplati dal comma secondo di questa norma.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 02/04/2025.