Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18900/2023 R.G. proposto da: COGNOME che, col proprio ministero ex art. 86 c.p.c. si rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB. PROV. ROMA n. 2515/2023 depositata il 23/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Sig. NOME COGNOME impugnava la cartella esattoriale emessa per €. 462,00 della quale affermava di essere venuto a conoscenza il 12/4/2018, a seguito di richiesta dell’estratto di ruolo. Eccepiva di non aver mai ricevuto la relativa notifica e che l’atto impugnato era
viziato da assoluta genericità. Rilevava che non era stato rispettato il termine di decadenza – (31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo) – per l’iscrizione in ruoli esecutivi delle somme dovute e che non era stata eseguita la preventiva notifica dell’avviso di irregolarità e di invito al contraddittorio, quindi il diritto esattivo si era prescritto, trattandosi di tributi relativi agli anni 2015.
La Commissione di prime cure, con sentenza n. 15983/2019, depositata il 26/11/2019, accoglieva il ricorso, affermando che l’onere probatorio incombeva sull’ufficio, il quale invece non aveva depositato la prova dell’avvenuta notifica della cartella impugnata, condannando l’AMA alla refusione delle spese di lite, che liquidava in €. 100,00, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
NOME COGNOME all’epoca difensore antistatario beneficiario della condanna, notificava alla parte resistente RAGIONE_SOCIALE nota spese afferente la favorevole sentenza summenzionata, per un totale di Euro 152,91, notificando in data 16/04/2020 regolare atto di messa in mora.
Trascorso inutilmente il suddetto termine, il difensore presentava ricorso per la ottemperanza della sentenza n. 15983/2019 (ex art. 70, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) chiedendo alla Corte adita di assumere i provvedimenti necessari ed opportuni, chiedendo, altresì, la condanna sia al pagamento delle spese di giudizio ex art. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 sia il rimborso del contributo unificato tributario.
La Corte distrettuale si pronunciava sull’azionato ricorso con sentenza n. 468/2022 del 18/01/2022, ordinando ad RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE di ottemperare al dispositivo della sentenza della CTP n. 15983/2019, condannandola a rifondere al ricorrente le spese del giudizio, liquidandole in € 100,00, oltre accessori se dovuti.
Sulla scorta del summenzionato dispositivo, il ricorrente provvedeva a notificare preavviso di fattura per importo di 175,91 euro a titolo di sole spese come da condanna, con annessa afferente sentenza.
In seguito all’inerzia della società, il legale proponeva ricorso per la ottemperanza della sentenza n. 468/2022 (ex art. 70, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) in ordine al disposto della condanna alle spese, chiedendo alla Corte adita sia di assumere i provvedimenti necessari ed opportuni, chiedendo, sia la condanna al pagamento delle spese di giudizio ex art. 15, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 sia al rimborso del contributo unificato tributario.
In data 25/11/2022, il ricorrente depositava memoria ex art. 32 d.lgs. 546/1992, contestando e replicando alle allegazioni difensive contenute nell’atto di costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE.p.a.RAGIONE_SOCIALE evidenziando che la quietanza depositata dalla società (pari ad Euro 152,91) afferiva all’ottemperanza della sentenza di merito n. 15983/2019 (RG 13382/18), ove il pagamento venne disposto in prossimità dell’udienza di trattazione di quel giudizio ex art. 70 d.lgs 546/92. Difatti, l’udienza per la prima ottemperanza era stata fissata al 23/11/2021. La somma di € 100,00 richiesta nel giudizio successivo (RG. 9858/2022) afferiva, pertanto, ad avviso del ricorrente, alla condanna alle spese di AMA del pregresso giudizio. Con sentenza n.2515/2023, la Corte distrettuale dichiarava estinto il giudizio per cessata materia del contendere, compensando le spese di lite.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, l’avv. COGNOME
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
Con l’unico motivo si deduce
Si osserva che non corrisponde al vero che l’AMA abbia provveduto all’assolvimento di quanto dovuto. Nello specifico, la Commissione ha erroneamente dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere ai sensi dell’art. 46, d.lgs. 546/92, con conseguente compensazione delle spese di giudizio tra le parti, ancorchè la quietanza depositata dalla società concernesse l’integrale pagamento delle spese avvenuto in data 5.11.2021, vale a dire circa sette mesi prima della notifica del ricorso per ottemperanza e due mesi prima della sentenza n. 468/22 emessa dalla C.T.P. Roma depositata il 18.01.2022; circostanze che avrebbero dovuto indurre il decidente ad escludere qualsiasi correlazione tra quel pagamento e la sentenza di condanna per la quale si agiva in ottemperanza.
Si obietta che tale motivazione è completamente destituita di fondamento fattuale e dunque viziata in punto di legittimità per falsa applicazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 546/1992.
Si soggiunge che la Corte di cassazione può «verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie. Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce anche le pronunce nelle quali la motivazione «benché graficamente esistente, non renda,
tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture»
Si denuncia, inoltre, l’illegittimità occorsa nella statuizione impugnata emessa in violazione di legge per falsa applicazione del disposto cui all’art 46 della norma 546/92, atteso che la declaratoria di cessazione della materia del contendere può essere emessa quando viene a mancare la posizione di contrasto fra le rispettive conclusioni delle parti, per essere nel corso del giudizio sopravvenute determinate circostanze, le quali, incidendo sulla posizione sostanziale dedotta in causa, vengano ad incidere anche sul processo, eliminando le ragioni stesse del contendere delle parti e facendo venir meno la necessità della pronunzia del giudice in precedenza richiesta.
Il ricorso è inammissibile sulla scorta del principio che, in tema di giudizio per cassazione, ove il ricorso sia notificato in via telematica, ai fini della prova del perfezionamento della notificazione è necessaria la produzione del messaggio di trasmissione a mezzo PEC e dei suoi allegati (ricorso e procura) nonché delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna in formato eml o msg, ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994. Tale produzione rileva sul piano dell’ammissibilità del ricorso e può intervenire, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., fino all’udienza di discussione ex art. 379 c.p.c. ovvero fino all’adunanza in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c. (cfr. Cass. nn. 19078/2018, 18758/2017).
Invero, esaminando il quadro normativo di riferimento, secondo il comma 3 dell’art. 3 bis della suddetta L. n. 53, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, la notifica effettuata con modalità telematica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene
generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, dello stesso d.P.R. L’art. 6, comma 1, sopra richiamato prevede a sua volta che nella ricevuta di accettazione, fornita al mittente dal gestore di posta elettronica certificata da questi utilizzato, sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione del messaggio di posta elettronica certificata.
3.1.Il comma 2 aggiunge che la ricevuta di avvenuta consegna è fornita al mittente dal gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario, e dà al primo la prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario (indipendentemente dalla lettura che questo ne abbia fatto) e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione.
4. L’art. 9 della L n. 53 del 1994 e succ. mod. prevede infine al comma 1bis, introdotto dall’art. 16 -quater della L. 228 del 2012 che, qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’Avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratti ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ed il comma 1-ter, aggiunto dalla legge di conversione n. 114 del 11 agosto 2014 al d.l. n. 90 del 2014, ha dunque specificato che in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis.
4.1. La mancata produzione delle ricevute di avvenuta accettazione e consegna della notifica a mezzo P.E.C. del ricorso per cassazione,
impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina l’inesistenza della notificazione (cfr. in termini Cass. nn. 29670 del 2024, 15298 del 2020, 20072 del 2015), con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità (cfr. ex multis Cass. n. 20778 del 2021, Sez. U., n. 20604 del 2008).
4.2.In altri termini, il difensore che abbia proceduto alla notifica a mezzo PEC ai sensi dell’art. 3 -bis della legge n. 53/1994, può fornire la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio depositando in formato digitale ovvero -quando non sia possibile -in formato analogico le ricevute di accettazione e avvenuta consegna con l’attestazione di conformità all’originale digitale, e la loro mancanza, incidendo sul compimento della notifica, determina, l’inesistenza della notificazione (cfr. Cass. n.20072 del 2015; conf. Cass. n. 22803 del 2023 in motiv.; Cass. n. 9878 del 2023 in motiv.).
4.3.In particolare, questa Corte ha affermato il principio secondo cui l’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata deve essere depositato – a pena di nullità della notifica e salvo il caso di impossibilità – con modalità telematiche, unitamente alle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” o “.msg” e all’inserimento dei dati identificativi nel file “datiAtto.xml”, poiché solo tali forme permettono di verificare la disponibilità informatica dell’atto da parte del destinatario e di provare il raggiungimento dello scopo legale della notificazione e, cioè, la consegna tempestiva e idonea a consentire il pieno esercizio del diritto di difesa e la corretta instaurazione del contraddittorio, dimostrazione che, invece, manca se l’atto notificato è depositato in diverso formato (nella specie, in formato “.pdf”), a meno che la prova della tempestiva consegna sia desumibile aliunde, con conseguente
sanatoria della nullità, ex art. 156, comma 3, c.p.c., per convalidazione oggettiva (cfr. Cass. n. 16189 del 2023; Cass. n. 7041 del 17/03/2025).
4.4.Nel caso in rassegna, la violazione delle forme digitali concerne la prova che l’atto sia stato portato nella disponibilità del notificatario, essendo stati depositati i relativi files informatici delle ricevute di avvenuta accettazione e di consegna in diverso formato (pdf) rispetto a quello prescritto (eml. o msg.) e che permette, attraverso l’apertura del file, di verificare la presenza dell’atto notificato nella disponibilità informatica del destinatario nonché della certificazione dell’invio e della ricezione del messaggio PEC da parte del gestore di posta.
4.5.Stante la mancata produzione della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna nel formato eml. o msg. ed in assenza di attività difensiva dell’intimato, il ricorso per cassazione va quindi dichiarato inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c.
Nulla sulle spese non avendo, la parte intimata, svolto difese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di