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Notifica PEC: la prova vale solo con file .eml o .msg

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento ICI. La causa dell’inammissibilità risiede nella mancata prova della notifica PEC del ricorso, poiché le ricevute sono state depositate solo in formato PDF anziché nei formati originali .eml o .msg, considerati essenziali per legge.

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Notifica PEC: Inammissibile il Ricorso Senza i File Originali .eml o .msg

L’evoluzione digitale del processo ha introdotto strumenti potenti come la notifica PEC, ma ha anche definito regole procedurali rigorose che, se non rispettate, possono avere conseguenze fatali per l’esito di una causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per provare il perfezionamento di una notifica via Posta Elettronica Certificata, è indispensabile depositare le ricevute nei formati originali .eml o .msg. Il semplice file PDF non è sufficiente e può condurre alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

I fatti alla base della controversia tributaria

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per una maggiore imposta (ICI) relativa all’anno 2012, notificato da un Comune a un contribuente per 21 immobili. Il contribuente aveva impugnato l’atto, ma il suo ricorso era stato rigettato in primo grado. In appello, la Corte di Giustizia Tributaria aveva parzialmente accolto le sue ragioni.
Insoddisfatto della decisione, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, notificandolo al Comune tramite PEC. Tuttavia, è proprio su questo passaggio procedurale che si è giocata la sorte del ricorso.

La decisione della Suprema Corte e le regole sulla notifica PEC

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede nel merito della questione tributaria, ma in un vizio formale insuperabile relativo alla prova della notifica. La difesa del ricorrente si era limitata a depositare il ricorso e le ricevute di accettazione e consegna della PEC in formato PDF. Secondo la Corte, questa modalità non soddisfa i requisiti di legge necessari a provare l’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio. La mancanza di produzione dei file originali determina l’inesistenza giuridica della notifica stessa.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale e sulla normativa che regola le notifiche telematiche (in particolare la L. n. 53/1994). Il ragionamento dei giudici si articola su alcuni punti chiave:

* Il valore probatorio dei formati .eml e .msg: Solo i file nel loro formato nativo (.eml o .msg) contengono tutti i dati di certificazione che costituiscono la prova legale dell’invio e, soprattutto, della consegna del messaggio di posta elettronica certificata. Questi file permettono al giudice di verificare in modo inequivocabile la disponibilità dell’atto presso l’indirizzo elettronico del destinatario, certificando il momento esatto della consegna.
* L’insufficienza del formato PDF: Un file PDF è una mera copia statica e non consente le verifiche tecniche necessarie. Depositare solo il PDF delle ricevute impedisce di accertare il raggiungimento dello scopo legale della notificazione, ovvero la corretta instaurazione del contraddittorio e la possibilità per il destinatario di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
* Inesistenza vs. Nullità: La mancata produzione dei file originali non integra una semplice nullità della notifica, che potrebbe essere sanata, ma la sua inesistenza giuridica. Questo vizio è talmente grave da non poter essere corretto. Di conseguenza, non è applicabile l’istituto della rinnovazione della notificazione previsto dall’art. 291 c.p.c., che presuppone un atto esistente seppur viziato.

Le conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un monito fondamentale per tutti i professionisti legali. La digitalizzazione del processo richiede una precisione tecnica assoluta. La validità di un intero giudizio può dipendere dal corretto deposito di un file informatico. La lezione è chiara: quando si effettua una notifica PEC, è obbligatorio conservare e, al momento del deposito degli atti, produrre le ricevute di accettazione e consegna nel loro formato originale (.eml o .msg). Affidarsi a una semplice stampa in PDF equivale a non fornire alcuna prova, con il rischio concreto di vedere il proprio ricorso dichiarato inammissibile.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la prova del perfezionamento della notifica PEC è stata depositata in formato PDF e non nei formati nativi “.eml” o “.msg”, come richiesto dalla legge.

Depositare le ricevute PEC in formato PDF è sufficiente per provare la notifica?
No. Secondo la Corte, il solo deposito dei file in formato PDF non permette di verificare la disponibilità informatica dell’atto e il raggiungimento dello scopo legale della notificazione, rendendo la prova insufficiente e la notifica inesistente.

È possibile sanare una notifica PEC la cui prova è stata depositata in modo errato?
No, in questo caso non è possibile. La mancata produzione delle ricevute nei formati originali “.eml” o “.msg” determina l’inesistenza della notificazione, un vizio insanabile che non consente la concessione di un termine per il rinnovo, a differenza dei casi di mera nullità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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