Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3496 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3496 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 31726/21 proposto da:
-) NOME NOME COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Agenzia delle Entrate Riscossione , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso ope legis Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
nonché
-) Roma Capitale;
– intimato – avverso la sentenza del Tribunale di Roma 2 novembre 2021 n. 17066; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE (oggi Agenzia delle Entrate Riscossione), agente della riscossione, nel 2019 notificò ad NOME COGNOME la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA intimandole il pagamento di euro 983,90, dovuti all’amministrazione comunale capitolina a titolo di sanzioni per quattro differenti violazioni al codice della strada.
Oggetto: opposizione all’esecuzione – notifica della cartella a mezzo PEC – rilevanza dell’indirizzo del mittente – condizioni – nullità – esclusione
NOME COGNOME propose opposizione alla suddetta cartella dinanzi al Giudice di pace di Roma (opposizione qualificata nel ricorso ‘ ex art. 615/617 c.p.c. ‘).
Con sentenza 23.7.2020 n. 12639 il Giudice di pace di Roma rigettò l’opposizione.
La sentenza fu appellata dalla soccombente.
Il Tribunale di Roma con sentenza 2.11.2021 n. 17066 rigettò il gravame. Il Tribunale ritenne che:
-) la cartella esattoriale fu ritualmente notificata per via telematica;
-) la contestazione con cui l’appellante deduceva che l’indirizzo PEC dell’ente notificante non risultava da pubblici registri era inammissibile perché nuova;
-) la contestazione intesa a far valere la mancata notifica dei verbali di contestazione delle infrazioni al codice della strada era stata correttamente rigettata dal Giudice di pace; infatti, colui il quale assume di avere ricevuto la notifica d’una cartella esattoriale per la riscossione di sanzioni amministrative, non preceduta dalla rituale notifica del verbale di contestazione o dell’avviso di mora, può opporvisi (c.d. ‘opposizione recuperatoria’) nel termine di 30 giorni dalla notifica della cartella; ma nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, non vi era prova del rispetto di tale termine;
-) la censura intesa a far valere l’illegittimità delle maggiorazioni applicate per mancato pagamento era infondata ‘ alla luce della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ‘ (la sentenza del Tribunale richiama al riguardo la decisione di questa Corte n. 3621 del 2017);
-) l’eccezione di prescrizione era infondata;
-) le contestazioni intese a far valere la mancanza di sottoscrizione in calce alla cartella esattoriale e l’oscurità degli importi iscritti a ruolo dovevano essere fatte valere entro il termine di venti giorni di cui all’art. 617 c.p.c., termine non rispettato.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art . 26 d.P.R. 29.9.1973, nella parte in cui così si legge nell’epigrafe del motivo -‘ il Tribunale ha ritenuto validamente notificata la cartella di pagamento ‘.
Nell’illustrazione del motivo si deduce che tale notifica sarebbe nulla perché ‘ l’atto di pignoramento (…) è stato allegato in formato *.pdf e sono prive della firma digitale del responsabile del procedimento ‘.
La tesi della ricorrente è che la notifica di una cartella esattoriale avvenuta telematicamente, ma non conforme ai requisiti tecnici stabiliti dalla legislazione di settore (ed in particolare dal d. lgs. 7.3.2005 n. 82), deve ritenersi nulla.
Infine, a p. 10 del ricorso, la ricorrente censura la statuizione con cui il Tribunale ha ritenuto inammissibile perché ‘nuova’, ex art. 345 c.p.c., la censura con cui l’appellante deduceva che l’indirizzo PEC dell’ente notificante non risultava da pubblici registri.
1.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni.
Si può ammettere che il riferimento contenuto nel ricorso all’ ‘atto di pignoramento’ allegato alla cartella esattoriale sia un deprecabile refuso.
Tuttavia il motivo, nella parte in cui prospetta il vizio di violazione degli artt. 26 d.p.r. 602/73, del d. lgs. 82/05 e di varie ulteriori norme di settore, è inammissibile, poiché la ricorrente non indica né nell’esposizione dei fatti di causa, né nell’illustrazione del motivo, in quali termini e per quali ragioni la questione della validità della notifica fu posta in primo grado; né se fu ritualmente sollevata, come si doveva, nel solo atto rilevante a tal fine, cioè l’atto introduttivo del giudizio (Cass. Sez. U. n. 25478/21; Cass. ord. n.
11237/22) : così violando l’onere imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366, n. 3, c.p.c..
1.2. Nella parte in cui censura il giudizio di ‘novità’ del motivo d’appello concernente la questione dell’indirizzo PEC dell’ente notificante il motivo è del pari inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c..
Denunciare in sede di legittimità il giudizio con cui il giudice d’appello ha ritenuto inammissibile perché ‘nuovo’ un motivo di impugnazione è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, ‘ si fonda’ sull’atto processuale del cui erroneo esame la ricorrente si duole : e cioè l’atto introduttivo del giudizio di primo grado.
Ed infatti chi assume che il giudice d’appello non si sia avveduto che una certa domanda già faceva parte del dibattito processuale, assume per ciò solo che il giudice d’appello non abbia attentamente esaminato gli atti del giudizio di primo grado.
Quando il ricorso si fonda su atti processuali , il ricorrente ha l’onere di ‘ indicarli in modo specifico ‘ nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, e cioè anteriore al d. lgs. 149/22).
‘Indicarli in modo specifico’ vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; e soprattutto Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Di questi tre oneri, la ricorrente non ha assolto il primo: il ricorso, infatti, non trascrive né riassume in modo esaustivo il contenuto del ricorso introduttivo.
1.3. Ad abundantiam , osserva il Collegio che l’eventuale nullità della notifica per non conformità allo standard tecnico previsto dalla legge per le notifiche
telematiche sarebbe stata sanata dal raggiungimento dello scopo: la ricorrente, infatti, non nega (ed anzi ammette) di avere ricevuto la PEC con allegata la cartella esattoriale, tanto da averne preso la conoscenza sufficiente per proporre tutte le sue censure avverso la medesima.
1.4. Del pari ad abundantiam , osserva il Collegio che lo stabilire se l’indirizzo PEC dal quale sia stato inviato un messaggio telematico sia o non sia ricompreso nei pubblici registri è questione di fatto, non di diritto: come tale, essa non poteva essere dedotta per la prima volta nel giudizio di appello.
1.5. In ogni caso, e risolutivamente, questa Corte ha già stabilito che se l’agente della riscossione notifica una cartella esattoriale a mezzo PEC, la circostanza che l’ indirizzo del mittente non sia incluso in un pubblico registro (nella specie, INIPEC) ‘ non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte … evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro ‘ (Sez. 5 – , Sentenza n. 18684 del 03/07/2023).
1.6. Infine, le citazioni di giurisprudenza invocate dalla ricorrente a sostegno dell’opposta tesi sono manifestamente inappropriate.
Quanto alla decisione pronunciata da Sez. 6-5, Ordinanza n. 27374 del 24.10.2019, in quel caso il ricorso del contribuente fu accolto per omessa pronuncia sulla questione della validità della notifica (art. 112 c.p.c.) e non per invalidità della notifica, questione rimasta impregiudicata in quel provvedimento.
Quanto alla decisione pronunciata da Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 17346 del 17.6.2019 (in materia di protezione internazionale), in essa il ricorso del richiedente asilo fu dichiarato inammissibile per difetto di specificità, ex art.
366 n. 6 c.p.c., sicché anche in quel caso non vi furono statuizioni espresse in tema di validità delle notificazioni telematiche.
Quanto al testo ‘virgolettato’ riportato alle pp. 11 -12, il quale nell’ incipit parrebbe invocare la giurisprudenza di questa Corte (‘ la Suprema Corte ha dichiarato che ‘ ecc.), esso risulta estratto di peso e trascritto alla lettera dal sito web di uno studio legale non altrimenti noto, nel quale si dava conto non della giurisprudenza di legittimità, ma di alcune decisioni di commissioni tributarie provinciali.
2. Il secondo motivo.
Il secondo motivo, a prescindere dalla sua intitolazione solo in parte corrispondente all’illustrazione, contiene una gouache di frammiste censure, che , all’esito di un’ardua opera di rilettura, sembrano così riassumibili:
erroneamente il Tribunale ha qualificato l’opposizione come ‘recuperatoria’ e l’ha ritenuta tardiva; l’opposizione infatti era intesa a far valere la prescrizione del credito erariale, e la prescrizione del credito erariale può essere fatta valere in ogni tempo, in quanto costituisce una opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., per la quale la legge non prevede termini di decadenza (così il ricorso, pp. 16-19);
nel giudizio di opposizione a sanzioni amministrative è onere della pubblica amministrazione di mostrare l’inesistenza dei fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria ( ivi, p. 19-21);
il credito erariale era comunque prescritto (p. 21);
la pubblica amministrazione era decaduta per mancata notifica del verbale entro 90 giorni dall’infrazione, il che non era avvenuto, ‘ come emerso nel corso dei primi due gradi di giudizio ‘.
2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile in tutte le censure in cui si articola.
2.2. In primo luogo, l’illustrazione del motivo non rispetta l’onere di ragionata esposizione delle censure, imposto a pena di inammissibilità
dall’art. 366 n. 4 c.p.c., accomunando sotto l’intitolazione d’un unico motivo questioni processuali e sostanziali molto diverse tra loro.
2.3. In secondo luogo, il motivo discorre dei contenuti dell’atto introduttivo senza riassumerli né riprodurli, violando l’onere di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c..
2.4. In terzo luogo, il motivo invoca il principio per cui è possibile far valere con l’opposizione ex art. 615 c.p.c. i vizi sopravvenuti alla formazione del titolo, senza mai indicare nemmeno (ed almeno) le date rilevanti: quella della contestata infrazione, quella della notifica della cartella impugnata, quella di introduzione del giudizio di opposizione: sicché non è dato nemmeno sapere se l’invocata prescrizione maturò prima o dopo la formazione del titolo esecutivo.
2.5. In quarto luogo, le censure indicate al § 2 che precede, sub (b), (c) e
(d) sono inammissibili per irrilevanza. Infatti, la ritenuta tardività dell’opposizione esonerava il Tribunale dall’esaminare il merito della stessa , e qualsiasi statuizione sul punto sarebbe tamquam non esset e non necessita impugnazione.
Col terzo motivo la sentenza d’appello è impugnata ‘ per non aver dichiarato illegittime le maggiorazioni ‘ ex art. 27 l. 689/81.
3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile ex art. 366, nn. 3, 4 e 6 c.p.c.. Il ricorso, infatti, si limita a deduzioni astratte in punto di diritto, senza indicare nel caso di specie quali ‘maggiorazioni’ siano state applicate, e per quali ragioni di fatto dovrebbero trovare applicazione nel presente giudizio i princìpi di diritto che la ricorrente invoca, desumendoli da tre pronunce dei Giudici di Pace di Bari, Castellamare di Stabia e Pisciotta e senza farsi carico della dissonante giurisprudenza di legittimità.
Col quarto motivo la sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le doglianze concernenti i vizi formali della cartella esattoriale fossero inammissibili, perché tardivamente proposte ex art. 617 c.p.c..
Deduce la ricorrente, in primo luogo, che la sua opposizione ‘ andava ritenuta tempestivamente proposta, stante il rispetto del termine previsto ‘ dall’art. 617 c.p.c. ; e comunque che erroneamente la sua opposizione fu qualificata come ‘opposizione agli atti esecutivi’; introducendo il giudizio di opposizione, infatti, l’odierna ricorrente intese contestare il diritto di Roma Capitale ad agire esecutivamente e, quindi, propose una opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c..
4.1. Va esaminata per prima la seconda delle censure sopra riassunte, ex art. 276, comma secondo, c.p.c..
Con essa la ricorrente contesta la qualificazione della sua domanda come ‘opposizione agli atti esecutivi’ ex art. 617 c.p.c..
La censura è inammissibile.
La sentenza impugnata ha qualificato come ‘opposizione agli atti esecutivi’ non l’intera opposizione proposta da NOME COGNOME, ma solo ‘ le contestazioni relative alla mancanza di firma del funzionario nella cartella esattoriale e alla mancata chiarezza degli importi iscritti a ruolo ‘ (così la sentenza, p. 4).
Tuttavia il ricorso non espone se tale qualificazione fu compiuta già dal Giudice di pace (nel qual caso si sarebbe dovuta impugnare col ricorso per cassazione, e non con l’appello); oppure se fu comp iuta per la prima volta dal Tribunale.
4.2. La prima delle suesposte censure è anch’essa inammissibile, per la carente esposizione dei fatti di causa, ed in particolare della data di notifica della cartella e della data di introduzione del giudizio di primo grado.
Col quinto motivo la ricorrente deduce che, avendo proposto una opposizione fondata, non poteva essere condannata alle spese: dunque non ci si trova di fronte ad una censura tanto da potersi qualificare come ‘non
motivo’ ( Cass. n. 17330/15; Cass. ord. n. 22478/18; Cass. n. 34412/22) e non mette conto discorrerne.
Col sesto motivo si prospetta l’omesso esame d’uno dei motivi di appello , quello contraddistinto dalla lettera ‘F’.
Esso è manifestamente infondato, in quanto il motivo d’appello di cui al punto ‘F’ del gravame fu esaminato e giudicato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. Quale valore della causa si è assunto il credito contestato maggiorato degli interessi, ex art. 10, secondo comma, secondo periodo, c.p.c..
P. q. m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di Agenzia delle Entrate Riscossione delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 1.875, oltre spese prenotate a debito;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile