Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8425 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6811/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di MILANO n. 4805/2019 depositata il 03/12/2019.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME impugna per cassazione, con atto affidato a due motivi di ricorso, la sentenza n. 4805 del 3/12/2019 della Corte d’appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Pavia, di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo -emanato dal Tribunale di Vigevano, sezione distaccata di Abbiategrasso -ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, per il pagamento di oltre venticinquemila euro (€ 25.630,13) a titolo di Tariffa Integrata Ambientale 2 (cd. TIA2), per gli anni 2011 e 2012, in relazione all’attività di ristorazione svolta dal COGNOME nell’ immobile sito nel Comune di Cisliano e denominata Il RAGIONE_SOCIALE ;
resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE; non risulta il deposito di memorie per l’adunanza camerale del 18/03/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione;
Considerato che
NOME COGNOME propone i seguenti motivi di ricorso:
primo motivo: ricorso ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 112 nonché 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza di appello, laddove la stessa sentenza si è limitata a ritenere: « dalle e-mail citate, infatti, può ragionevolmente desumersi che l’accertamento tecnico abbia avuto luogo tra il 1.3.2012 e il 29.10.2012 »;
secondo motivo: ricorso ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 112 nonché 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza di appello laddove è stata ritenuta incontestabile la superficie tassabile del ristorante;
il primo motivo è infondato, in quanto la censura è mossa ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 codice di rito per nullità della sentenza impugnata, ossia per una sostanziale omissione totale di motivazione;
viceversa, nel tessuto della motivazione della sentenza della Corte territoriale è enucleato chiaramente l’accertamento di fatto relativo all ‘avvenuta considerazione da parte del giudice del merito, e in conformità a quanto già accaduto in primo grado, che vi era stata una verifica effettiva delle metrature dei locali del COGNOME (pag. 11, par. 10.2.) della motivazione;
il giudice dell’impugnazione di merito ha, pertanto, esaurientemente adempiuto l’obbligo motivazionale, così come configurato da questa Corte a seguito della nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. , come interpretato dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 8053 del 7/04/2014), cosicché sfugge del tutto dal perimetro di nullità la motivazione meramente insufficiente (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 -01 e altre numerose in termini) « in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia. »;
nella specie la motivazione resa dalla Corte territoriale è perfettamente intelligibile e adeguata al cd. minimo costituzionale e risulta avere adeguatamente esaminato le risultanze di causa, al fine di pervenire a un accertamento di fatto in ordine all’effettiva verifica da parte del Comune di Cisliano della metratura destinata all’attività di ristorazione;
il secondo motivo è inammissibile poiché si risolve nella richiesta di diverso apprezzamento di circostanze di fatto, relative alla metratura dell’immobile adibita a attività di ristorazione da parte del COGNOME, sulle quali i giudici del merito hanno ritenuto generiche le contestazioni mosse dal COGNOME financo al solo scopo di consentire l’ammissione di una consulenza tecnica di ufficio, stante la loro assoluta genericità;
l a motivazione resa a tal fine dalla Corte d’appello risponde adeguatamente alle censure già mosse dal COGNOME in ordine all’estensione della superficie adibita ad attività di ristorazione e afferma la inadeguatezza della prova offerta (consistente in una fotografia, priva di data, proveniente dalla stessa parte impugnante ) anche ai limitati fini dell’ulteriore indagine sia testimoniale che mediante accertamento tecnico;
il contenuto dei capitoli di prova dedotti è, peraltro, fondamentalmente connotato nel senso di richiesta al teste di esprimere un giudizio valutativo sulla parte dell’immobile adibita ad attività di ristorazione ed è, pertanto, sostanzialmente inammissibile;
in ordine ai detti profili, relativi all’ampiezza dei locali adibiti ad attività di ristorazione, deve rilevarsi che l’infondatezza della tesi propugnata dal COGNOME è avvalorata dal rigetto delle impugnazioni per legittimità dallo stesso mosse, sempre in contraddittorio con il RAGIONE_SOCIALE, avverso le sentenze di merito in tema di Tariffa di Igiene
R.g. n. 6811/2020 Ad. 18/03/2024; est. C. COGNOME
Ambientale, anche per annualità precedenti a quelle in questa sede contestate (Cass. n. 30867 del 29/10/2021 che ha pure ritenuto inammissibile, in quanto esplorativa, l’istanza di consulenza tecnica di ufficio avanzata da COGNOME), ovvero con riguardo a altra tassa quale la Ta.Ri., per l’anno 2014 (Cass. n. 11794 del 18/06/2020);
da ultimo deve rilevarsi che la giurisprudenza richiamata dal ricorrente in ordine all’illegittimità dell’applicazione di tariffa differenziata per gli esercizi di ristorazione, e in generale commerciali, rispetto alle abitazioni civili non è in alcun modo suffragata dalla giurisprudenza di questa Corte, compiutamente richiamata dalla Corte d’appello (segnatamente si veda: Cass. n. 8077 del 3/4/2018);
il ricorso, per quanto motivato, deve essere rigettato;
le spese di lite di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza del COGNOME e tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
stante il rigetto del ricorso deve attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 24/12/2012 n. 228, per il cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto;
il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di