Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10044 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10044 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 26029/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione , ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, in INDIRIZZO. (PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL .
COGNOME Marco;
– intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO n. 1350/2022, depositata in 22 marzo 2022, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso avente ad oggetto tre avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2013, 2014 e 2015.
I giudici di secondo grado hanno dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto da COGNOME perché tardivo ed hanno rigettato l’appello principale della società avendo la CTP valutato in modo corretto e condivisibile gli aspetti caratterizzanti la controversia; in particolare, le eventuali irritualità nella notifica del PVC del 18 novembre 2016 non erano valutabili nel presente giudizio non instaurato dalla RAGIONE_SOCIALE e, in ogni caso, gli avvisi di accertamento avevano richiamato il contenuto essenziale del PVC; la complessiva operazione di scissione societaria denotava particolari criticità, tanto era vero che l’intera documentazione contabile era stata consegnata dal precedente amministratore (COGNOME Marco) al nuovo amministratore (COGNOME NOMECOGNOME risultato irreperibile, ciò che permetteva di superare l’ulteriore eccezione della società appellante su lla illegittimità della valutazione operata dall’Agenzia in ordine alla inattendibilità di una contabilità aziendale mai richiesta alla società; gli avvisi di accertamento erano stati emessi in forza di quanto previsto
e nei confronti di
dall’art. 39 , comma secondo, del d.P.R. n. 600 del 1973, ovvero avvalendosi anche di presunzioni prive dei requisiti di precisione, gravità e concordanza previsti dall’art. 2729 codice civile quando il contribuente non aveva tenuto o aveva comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili, ovvero quando le stesse scritture non erano disponibili per causa di forza maggiore; le risultanze della perizia sottoscritta dal dott. NOME COGNOME nominato nel procedimento penale a carico degli am ministratori COGNOME e COGNOME non rilevavano, avendo il CTU espresso considerazioni differenti rispetto a quelle rilevanti nel processo tributario, dovendosi con tutta evidenza in sede penale pervenire ad accertare la sussistenza di una ipotesi di reato e nessuna rilevanza decisiva poteva attribuirsi al fatto che nei confronti del legale rappresentante della società fosse stata emessa in sede penale una sentenza di assoluzione, ovvero che il procedimento penale si fosse concluso con un decreto di archiviazione; sul trattamento sanzionatorio, l’ art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 consentiva la irrogazione delle sanzioni anche in presenza di una colpa lieve rimproverabile al trasgressore, cui spettava l’onere di dimostrare l’assenza di qualsivoglia sua partecipazione soggettiva e che, nel caso di specie, alla società, che nulla aveva dimostrato in senso contrario, appariva ascrivibile quanto meno una colpa grave; in ultimo, le conclusioni formulate trovavano ulteriore conforto nelle sentenze n. 6765/18/2019 e 6109/19/2019 emesse dalla sezione staccata di Latina di questa CTR Lazio in relazione ai precedenti anni di imposta 2011 e 2012.
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 1297 c.c., dell’art. 42, comma 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 19 73, dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. I giudici dell’appello avevano errato nel ritenere che le eccezioni proposte dalla società contribuente in merito alle violazioni normative dell’ iter procedimentale relative all’ accertamento, commesse dai verificatori nei confronti della società obbligata principale RAGIONE_SOCIALE non fossero opponibili dalla responsabile in solido RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di opposizione avverso l’avviso di accertamento alla stessa notificato in qualità di responsabile solidale ex art. 173, comma 12, T.U.I.R. La RAGIONE_SOCIALE era stata destinataria dell’avviso di accertamento non direttamente, ma solamente quale obbligata in solido con la società accertata RAGIONE_SOCIALE I giudici di secondo grado avrebbero dovuto esaminare le dette eccezioni e rilevare che l’Amministrazione finanziaria non era stata in grado di fornire la prova che il PVC richiamato nell’ avviso di accertamento, fosse stato regolarmente notificato a COGNOME NOME, legale rappresentante della società accertata ed obbligata principale RAGIONE_SOCIALE e più in particolare mancava la prova della richiesta dei militari della Guardia di Finanza della documentazione contabile ed amministrativa della società accertata RAGIONE_SOCIALE Peraltro, l’ avviso di accertamento doveva ritenersi nullo poiché non riproduceva il contenuto essenziale del PVC, limitandosi a riportare solamente degli stralci ed operare continui richiami allo stesso, omettendo circostanze di estrema rilevanza come ad esempio la mancanza della prova dell’avvenuta formale notificazione a COGNOME NOME e della richiesta a quest’ultimo della documentazione contabile ed amministrativa ex art. 32, primo comma, numeri 3) e 4), del d.P.R. n. 600 del 1973, da cui poi era scaturito
l’ accertamento induttivo. Inoltre, i giudici della CTR avevano omesso di rilevare che l’ avviso di accertamento contestato era nullo perché motivato in modo acritico «per relationem» al verbale della Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate non aveva eseguito un vaglio critico dell’operato della Guardia di Finanza.
2. Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1297 c.c., dell’art. 39, comma 2, dell’art. 41 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., e la carenza dei presupposti per l’accertamento di tipo induttivo. Negli avvisi di accertamento impugnati mancava la fondamentale prova dell’avvenuta richiesta della documentazione contabile ed amministrativa nei confronti della società sottoposta a verifica, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in quanto la documentazione era stata richiesta a COGNOME COGNOME (socio ed amministratore della RAGIONE_SOCIALE, società beneficiaria della scissione, obbligata in solido e non sottoposta a verifica. I giudici della CTR del Lazio avrebbero dovuto verificare che l’Amministrazione finanziaria avesse fornito la prova della regolare notificazione, da parte dei militi della Guardia di Finanza, della richiesta dei documenti amministrativi e contabili e della regolare notificazione del successivo PVC a COGNOME NOME, legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_SOCIALE società verificata. La conseguenza di tale omessa consegna di documentazione a seguito del predetto invito era stata l’applicazione dell’art. 39, comma 2, lett. d-bis), del d.P.R. n. 633 del 1972 e non dell’art. 39, comma 2, lett. c), del medesimo d.P.R. n. 633 del 1972, come erroneamente avvenuto da parte dell’Ufficio e confermato da parte dei giudici della CTR nella sentenza contestata. Inoltre, gli avvisi di accertamento impugnati erano stati emessi facendo riferimento a più norme in tema di accertamento (artt. 39, 2 comma, 41 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972), riguardanti tre tipi di
accertamento aventi presupposti e modalità di esecuzione assolutamente contrastanti.
3. Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 41 bis , d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 2967 c.c., in relazione all’art.360 , comma primo, n. 5, c.p.c. e l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e specificamente della perizia tecnico-contabile in relazione alla ricostruzione dell’ammontare dell’IVA evasa, elaborata dal Dott. NOME COGNOME, consulente della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Latina e dallo stesso depositata nel procedimento penale R.G.R.N. 7365/1. I giudici della CTR avevano aderito acriticamente alle argomentazioni dell’Ufficio, condividendone l’operato, omettendo ogni concreta e reale valutazione sulle argomentazioni difensive e sulle contestazioni sollevate dalla società oggi ricorrente e sui documenti probatori dalla stessa depositati (la perizia tecnico-contabile). In particolare, la società aveva contestato il metodo utilizzato dall’Ufficio per la determinazione in via induttiva del reddito della società e per il calcolo delle maggiori imposte, fornendo una serie di contestazioni precise e puntuali, rilevando l’erroneità dei criteri utilizzati dall’Ufficio e la carenza di supporti probatori a sostegno dei calcoli elaborati dall’Amministrazione finanziaria (cfr. pagine 26-35 del ricorso per cassazione), che i giudici di secondo grado non avevano tenuto in considerazione.
4. Il quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. , l’illegittima applicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative e la nullità della motivazione, in quanto la società coobbligata RAGIONE_SOCIALE non poteva essere chiamata a rispondere di una sanzione per una presunta «colpa» che ad essa non era riconducibile.
Osserva il Collegio, in via preliminare, che deve essere disposta, in applicazione dell’art. 331 c.p.c., che disciplina il litisconsorzio nei gradi di impugnazione prescrivendo la necessaria partecipazione degli stessi soggetti che hanno preso parte al giudizio nei gradi precedenti, l’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME COGNOME che è stato parte processuale nei giudizi di primo e secondo grado e al quale non risulta essere stato notificato il ricorso per cassazione.
5.1 In proposito, questa Corte ha affermato che l’art. 331 cod. proc. civ., disciplinante il litisconsorzio nelle fasi di gravame, si applica non solo alle fattispecie in cui la necessità del litisconsorzio derivi da ragioni di ordine sostanziale, ma anche a quelle di cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio, con la conseguenza che la mancata integrazione del contraddittorio determina la nullità dell’intero procedimento e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., 29 marzo 2019, n. 8790; Cass., 8 novembre 2017, n. 26433; Cass., 26 gennaio 2010, n. 1535).
5.3 In tema, le sezioni Unite, di recente, hanno statuito il seguente principio di diritto: « In tema di processo tributario con pluralità di parti, il disposto dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, laddove prevede la proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole processualcivilistiche, cosicché, in base agli artt. 331 e 332 c.p.c., applicabili al processo tributario, nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno » (Cass., 30 aprile 2024, n. 11676).
5.4 E’, dunque, necessario procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME COGNOME concedendo, per tale incombente, il termine di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza per la notifica del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME MarcoCOGNOME fissando il termine di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2025.