Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9005 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9005 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
COGNOME
Oggetto: Iva 2003 – Diniego di rimborso – Cessionario del credito – Interventore adesivo – Litisconsorzio.
-intimato –
avverso
la sentenza n. 1960, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia l’8.3.2016 e pubblicata il 19.5.2016; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Fatti di causa
COGNOME NOME, poi dichiarato fallito, domandava il rimborso di Euro 8.048,46 versati a titolo di Iva in relazione all’anno 2003 (sent. CTR, p. II). L’Amministrazione finanziaria comunicava il proprio rigetto dell’istanza restitutoria.
Il contribuente impugnava il diniego innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento. Interveniva volontariamente nel giudizio COGNOME cessionario pro soluto di parte del credito di cui era domandato il rimborso. La CTP rigettava i ricorsi, non essendo stata fornita prova documentale dell’esistenza dell’invocato credito.
L’interventore NOME COGNOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, producendo documentazione. La CTR accoglieva il ricorso, e riconosceva il diritto del COGNOME a conseguire il rimborso richiesto.
Avverso la decisione assunta dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due strumenti di impugnazione. il contribuente non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione degli artt. 101, 102 e 331, cod. proc. civ., perché la sentenza adottata dal giudice del gravame deve ritenersi nulla per violazione delle regole del litisconsorzio processuale necessario, non avendo la CTR disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’originario creditore COGNOME NOME, che aveva promosso il giudizio di primo grado e non è stato chiamato a partecipare al giudizio di appello.
Mediante il secondo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 6, del D.Lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 105 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., per avere il giudice dell’appello adottato la propria decisione in conseguenza della qualificazione dell’intervento di COGNOME NOME
quale volontario, adesivo ed autonomo, mentre lo stesso è in realtà un intervento volontario, adesivo e dipendente.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione del litisconsorzio processuale necessario, non avendo la CTR disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’originario creditore COGNOME NOME, che aveva promosso il giudizio di primo grado e non è stato chiamato a partecipare al giudizio di appello.
3.1. Il giudice dell’appello chiarisce nella sua pronuncia di esaminare innanzitutto ‘la eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’Ufficio’, e rileva che ‘la curatela fallimentare non risulta più parte in questa fase di appello rimanendo fuori dalle questioni sollevate per la intervenuta cessione del credito al Mondino Carmelo il quale in tale veste era legittimato alla proposizione dell’azione. Va rilevato infatti che il credito era stato ammesso al passivo e, pertanto riconosciuto quale credito certo dal curatore e dal Giudice delegato. Dalla documentazione prodotta risulta infatti che sulla cessione del credito (ancorché da parte di altra società) si era favorevolmente espresso il comitato dei creditori e che sulla cessione al predetto COGNOME, in data 01.04.2009, il Curatore aveva espresso il proprio parere favorevole ed il Giudice delegato al fallimento, con proprio provvedimento in pari data, aveva autorizzato la cessione del credito alle condizioni offerte. Nella fattispecie trattasi non di intervento volontario adesivo dipendente ( ad adiuvandum , laddove in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l’interventore non può proporre alcuna autonoma impugnazione), bensì dell’intervento adesivo autonomo ammesso dall’articolo 14 per la tutela dell’interesse dell’intervenuto’ (sent. CTR, p. II).
3.2. Invero questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di chiarire che ‘il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel
processo o esservi chiamato, senza che ciò comporti automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro, a norma dell’art. 331 c.p.c., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d’ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio’, Cass. sez. I, 15.6.2018, n. 15905. Neppure pare possa essere trascurato che la cessione del credito in favore del Mondino risulta essere intervenuta in forma parziale.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto fondato e deve essere perciò accolto.
Mediante il secondo mezzo d’impugnazione l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per avere giustificato la propria erronea decisione in conseguenza della qualificazione dell’intervento di COGNOME NOME quale volontario, adesivo ed autonomo, mentre lo stesso è in realtà un intervento volontario ed adesivo, ma dipendente.
4.1. Questa Corte di legittimità ha chiarito che ‘l’intervento volontario in causa si qualifica come principale quando si faccia valere nei confronti di tutte le parti, o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto del processo o dipendente dal titolo in questo dedotto, mentre è da ritenersi adesivo dipendente ove sia dedotto solo un interesse giuridicamente rilevante a sostenere le ragioni di una o di alcune delle parti; ne deriva che l’interveniente adesivo dipendente non è autonomamente legittimato ad impugnare la
sentenza sfavorevole alla parte adiuvata, salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni attinenti la qualificazione dell’intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal promittente acquirente da un soggetto, a sua volta, promittente acquirente del medesimo bene, avverso una sentenza di risoluzione del contratto preliminare sfavorevole al secondo, qualificando come adesivo dipendente l’intervento del primo)’, Cass. sez. II, 30.12.2016, n. 27528.
4.1.1. Nel caso di specie la CTR non chiarisce se COGNOME sia intervenuto in causa per far valere nei confronti di tutte le parti, o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto del processo o dipendente dal titolo in questo dedotto.
Deve allora tenersi conto pure dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui ‘l’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione ad impugnare (salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell’intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico), sicché la sua impugnazione è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole’, Cass. sez. I, 6.2.2018, n. 2818.
Non si è mancato del resto di specificare che ‘in tema di intervento volontario laddove l’interventore, pur essendo (asseritamente) titolare di un proprio autonomo diritto, lo faccia valere, non in via autonoma – ossia sollecitando una pronuncia che abbia ad oggetto quel diritto e che sia emessa nei suoi confronti bensì quale interesse che lo legittima a sostenere le ragioni di una delle parti, va qualificato come adesivo dipendente e, in quanto tale, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l’interventore non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale nè in via incidentale, salvo che essa sia limitata a
questioni attinenti alla qualificazione dell’intervento o alla condanna alle spese. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile, nell’inerzia delle parti, l’appello proposto da soggetto diverso dal proprietario o dal titolare di diritto reale di godimento sui fondi dominante e servente nell’ambito di un’azione “negatoria servitutis”, in quanto volto esclusivamente a sostenere le ragioni di una delle due parti)’, Cass. sez. II, 22.7.2022, n. 22972.
4.2. Nella sua decisione la CTR non chiarisce nei suoi esatti termini quale sia stata la posizione assunta dal COGNOME nel presente giudizio, al fine di procedere alla corretta qualificazione della natura del suo intervento, su cui pure il giudice dell’appello fonda la propria pronuncia, ed anche il secondo strumento di impugnazione risulta pertanto, nei limiti esposti, fondato.
Il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto fondato, e deve essere accolto per quanto di ragione, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , negli indicati limiti di ragione, cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2025.