Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4758 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4758 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 282/2022 proposti da:
Comune RAGIONE_SOCIALE Rieti (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO (c/o AVV_NOTAIO) presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende come da procura speciale in calce al ricorso (pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
NOME, nato a Rieti il DATA_NASCITA, ed ivi residente alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, in forza della procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE), con studio legale e domicilio in Roma, alla INDIRIZZO (pec:
Avvisi accertamento Tasi – Cessione del diritto di uso
EMAIL);
-controricorrente -ricorrente incidentale –
-avverso la sentenza n. 3351/2021 emessa dalla CTR del Lazio in data 02/07/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
COGNOME NOME proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Rieti avverso quattro avvisi di accertamento per Tasi relativi alle annualità 2014, 2015, 2016 e 2017, sostenendo che fosse venuto meno il presupposto di imposta, stante la cessione del diritto di uso delle aree in forza di un contratto stipulato in data 1.3.2013 con tale COGNOME NOME.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.
Sull’appello del Comune di Rieti, la Commissione Tributaria Regionale Lazio rigettava il gravame, affermando che sia il contratto dell’1.3.2013 che quello stipulato, senza soluzione di continuità, in data 15.2.2016 contemplavano espressamente la costituzione ed il trasferimento del diritto di uso sugli appezzamenti di terreno in comproprietà di COGNOME NOME, descrivendo altresì modalità di uso/godimento dei terreni perfettamente congrue e coerenti con il contenuto del diritto trasferito temporaneamente al COGNOME.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Rieti sulla base di due motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, fondato su due motivi.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 12 disp. sulla legge in generale e 1362 ss. cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., nonché l’inadeguatezza e l’apparenz a della motivazione per omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per aver la CTR qualificato i due contratti come traslativi di un diritto d’uso
senza indicare gli elementi dai quali abbia tratto il proprio convincimento.
1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, il Comune, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere il contratto di concessione in uso stipulato in data 1.3.2013, essendosi limitato a riportarne uno stralcio decontestualizzato a pagina 9 del ricorso.
In secondo luogo, è da escludere che la motivazione della sentenza qui impugnata si ponga al di sotto del minimo costituzionale, atteso che la CTR ha evidenziato che sia il contratto dell’1.3.2013 che quello stipulato, senza soluzione di continuità, in data 15.2.2016 contemplavano espressamente la costituzione ed il trasferimento del diritto di uso sugli appezzamenti di terreno in comproprietà di COGNOME NOME, descrivendo altresì modalità di uso/godimento dei terreni perfettamente congrue e coerenti con il contenuto del diritto trasferito temporaneamente a tale COGNOME NOME, per poi valutare i profili della validità del primo contratto e di irrilevanza della mancata trascrizione dell’atto di cessione.
Quanto all’asserita inadeguatezza della motivazione, va evidenziato che si è in presenza di una cd. doppia conforme, con la conseguenza che è precluso lamentare un vizio motivazionale, né il ricorrente ha dedotto che la decisione in punto di fatto delle pr onunce emesse all’esito dei due gradi di merito del giudizio fossero difformi.
In terzo luogo, l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicché, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi
sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
Nel caso di specie, il Comune si è limitato a sostenere apoditticamente che la CTR avrebbe interpretato i contratti sulla base del solo loro nomen juris , disattendendo così i criteri ermeneutici codificati (pagg. 5-6 del ricorso), ha invocato l’art. 1369 c.c. (pag. 7 del ricorso) senza applicarlo in concreto alla fattispecie in esame ed ha, ripetesi, riprodotto, a pagina 9 del ricorso, uno stralcio sintetico del contratto affermando che integrava gli estremi, anziché di un contratto costitutivo-traslativo d el diritto d’uso, di un contratto di affitto di terreno agricolo.
D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178). Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).
Senza tralasciare che, sulla base di quanto rappresentato dal contribuente a pagina 23 del controricorso, ulteriori elementi, oltre al nomen juris utilizzato dalle parti contraenti, deponevano nel senso della qualificazione privilegiata dalla CTP, prima, e dalla CTR, poi; ciò anche alla luce del principio per cui la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d’uso e il diritto personale di godimento è costituita dall’ampiezza ed illimitatezza del primo, in conformità al canone della tipicità dei diritti reali, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere
diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5034 del 26/02/2008).
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 669 ss., l. 27.12.2013, n. 147, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., per aver erroneamente, a suo dire, la CTR affermato il venir meno del presupposto impositivo a carico del contribuente proprietario dei fondi agricoli oggetto di accertamento nonostante l’intervenuta concessione in affitto a terzi degli stessi.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, in primo luogo, lo stesso non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si è sostanziata non già nell’affermare che il contribuente avesse posseduto e coltivato il terreno quale coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale iscritto (non considerando, per l’effetto, l’esis tenza di un contratto di concessione in affitto a terzi del terreno), bensì nel qualificare il contratto come (anziché di concessione in affitto) costitutivotraslativo di un diritto d’uso, c on la conseguente esclusione della legittimazione passiva di imposta, da riconoscersi, invece, in capo all’usuaria.
In secondo luogo, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la questione.
Da ultimo, va ribadito che, essendosi al cospetto di una cd. doppia conforme, è preclusa una doglianza sotto forma di vizio motivazionale.
Con il primo motivo il ricorrente in via incidentale si duole della nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione e per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR liquidato in suo favore le spese di lite in una misura inferiore ai minimi tariffari.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale lamenta la violazione degli artt. 2 e 4 d.m. n. 55/2014 e della tabella 24 allegata al predetto d.m., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR
operato una liquidazione delle spese di lite lesiva del decoro professionale. 5. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.
In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 89 del 07/01/2021; conf. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021).
Nel caso di specie, la CTR, in applicazione del principio di soccombenza, ha liquidato in favore del COGNOME la somma omnicomprensiva di euro 500,00.
Orbene, tenuto presente che il valore della controversia era, per stessa ammissione del Comune (cfr. pag. 1 del ricorso), di euro 10.272,00, che va, dunque, applicato lo scaglione tariffario che oscilla tra euro 5.200,01 ed euro 26.000,00 e che vanno riconosciute le voci per le fasi di studio, introduttiva e decisionale, l’importo minimo che la CTR avrebbe potuto ( recte , dovuto) riconoscere, sulla base della tabella 24 allegata al d.m. 13 agosto 2022, n. 147, era di euro 1.593,50, ragion per cui l’importo riconosciuto di euro 500,00 si pone molto al di sotto del detto minimo, risultando, di fatto, altresì lesivo del decoro professionale.
Invero, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il
superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233, comma 2, cod. civ., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30286 del 15/12/2017; conf. Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 10343 del 01/06/2020). 6. Alla luce delle considerazioni che precedono, solo il ricorso incidentale merita di essere accolto.
La sentenza impugnata va, pertanto, in parte qua cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria di giustizia di secondo grado del Lazio.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria di giustizia di secondo grado del Lazio in differente composizione;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 12.1.2024.