Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9873 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9873 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21978/2023 R.G. proposto da
:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO del LAZIO n. 5177/2023 depositata il 18/09/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 559/2021, ha accolto il ricorso, con compensazione delle spese di giudizio, formulato dall’odierno ricorrente avverso la richiesta della
somma di € 1.673,81 da parte dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, formulata con intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA per cartelle di pagamento inerenti diversi bolli auto.
A seguito di impugnazione del ricorrente, con sentenza n. 5177/2023 la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio sezione 6, depositata il 18.09.2023, ha accolto l’appello, liquidando tuttavia le spese in misura inferiore ai valori medi delle tabelle.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
L’intimato non ha depositato controricorso.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve darsi atto che il ricorrente ha prodotto una copia autentica della sentenza in forma parzialmente illeggibile, in quanto risulta tagliata sulla parte destra del foglio, da cui mancano alcune parole al termine di tutte le frasi di cui alla pagina n. 2.
1.1. Deve quindi valutarsi se il ricorrente abbia violato l’art. 369, c. 2, n. 2 c.p.c., che impone ai fini della procedibilità la produzione, unitamente al ricorso, in sede di deposito, della copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, per tale non potendo che intendersi una copia integrale.
1.2. Questa Corte (Cass. 03/08/2006, n.17587) ha già avuto modo di chiarire, in passato, riguardo al tema, che ‹‹Il ricorso per cassazione è improcedibile quando il suo deposito non sia accompagnato da quello della copia autentica della sentenza impugnata, o, in mancanza, qualora tale copia non risulti neppure inserita nel fascicolo del giudice di merito, né prodotta dal resistente, ovvero, benché tardivamente depositata, non sia stato notificato alle altre parti l’avviso di deposito ai sensi dell’art. 372, 2° co., c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato una copia autentica della sentenza impugnata mancante di una pagina, nella quale la Corte territoriale sviluppava la motivazione in diritto.
Dal provvedimento così mutilato questa Corte non è in condizione di ricostruire l’ iter argomentativo seguito dal giudice di appello a sostegno della decisione. La produzione di copia autentica della sentenza impugnata è richiesta a pena di improcedibilità dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2. Alla omessa produzione della copia autentica deve essere equiparata la produzione di copia non integrale della sentenza che non consenta alla Corte di esaminare le ragioni poste dal giudice di appello a base della pronuncia impugnata. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile›› .
1.2. Nel caso di specie la sentenza (digitalizzata e depositata telematicamente) è effettivamente priva di alcune parole, nella parte destra della pagina n. 2.
1.3. Tuttavia, la parte della sentenza che assume rilievo per i motivi di ricorso è chiaramente comprensibile, e, quindi, deve ritenersi anche che controparte abbia avuto una piena possibilità di difesa.
1.4. Recente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU, NOME COGNOME c. Francia , n. 15567/20, §§ 46-47, 9 giugno 2022; e, più di recente, Corte EDU, NOME e altri c. Italia 23 maggio 2024, n. 37943/17 e altri 2, § 68) ha riconosciuto l’importanza che la digitalizzazione della giustizia ha per gli Stati contraenti e ha rilevato che le tecnologie digitali possono contribuire a una migliore amministrazione della giustizia, ma ha al contempo sottolineato che l’imposizione di requisiti per presentare documenti elettronicamente deve essere proporzionata all’obiettivo legittimo perseguito.
Ha quindi introdotto una sorta di principio di ‘precauzione’ nel valutare i limiti formali di ammissibilità, che devono sostanzialmente tenere conto dello scopo perseguito, introducendo nel paradigma
valutativo anche l’esito finale dell’operazione e, dunque, se lo scopo sia stato effettivamente raggiunto. In sostanza ha ribadito i principi già enunciati, facendone ora applicazione in fattispecie del tutto diverse, con riferimento al caso COGNOME (Corte EDU, Kemp et autres c. Lussemburgo , n. 17140/05) e COGNOME ( COGNOME e altri c. Grecia , n. 36998/02, § 33, 27 luglio 2006) – ove aveva preso chiara posizione contro il formalismo inutile e non funzionale allo scopo proprio riguardo al tema dei filtri di inammissibilità procedurali dei ricorsi innanzi alle Corte Supreme – avallandoli anche nell’ambito del regole procedurali connesse al processo di digitalizzazione del rito di legittimità.
1.5. In questa prospettiva, deve quindi valutarsi, da parte del giudice, se la copia autentica della sentenza impugnata, come depositata in giudizio, sia in grado di assicurare una comprensione piena del suo contenuto decisorio, e, quindi, di garantire anche la difesa avversaria, assicurando il raggiungimento dello scopo per cui la produzione è prescritta.
1.6. Alla soluzione positiva si perviene, nella fattispecie, considerando che, da un lato, la omissione solo della parte finale delle frasi non impedisce una ricostruzione delle stesse e, comunque, osservando come la comprensione dei motivi del ricorso non sia inficiata da tale mancanza, essendo gli stessi pienamente comprensibili alla luce del ricorso stesso, formulato in termini rispettosi anche dei criteri di autosufficienza, nella declinazione offerta dalle pronunce sul caso COGNOME e COGNOME (Corte EDU, RAGIONE_SOCIALE , n. 32610/07, 5 settembre 2016; CEDU, COGNOME e altri c. Italia , 28 ottobre 2021, n. 55064/11 e altri 2).
1.7. Deve difatti farsi applicazione del principio che segue: ‘ ai sensi dell’art. 369 comma 2, n. 2 c.p.c., come interpretata ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU, non incorre in ipotesi di improcedibilità, il ricorrente che depositi una copia della sentenza impugnata che non riproduca, in una sola pagina, la parte finale delle
parole di ogni frase, per essere stata ‘ tagliata ‘ nell’operazione di digitalizzazione della stessa, laddove il senso della decisione sia comunque comprensibile e non impedisca la piena comprensione dei motivi di ricorso, assicurando la possibilità di una piena difesa per le controparti’ .
Può dunque passarsi all’esame sostanziale della questione formulata.
2.1. Con un unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 5 e segg. del DM 55/2014 come modificato dal D.M. 147/2022 ‘Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per professione forense ai sensi dell’art . 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012 n. 247’ .
2.2. Si contesta in particolare che la CTR ha liquidato le spese del doppio grado di giudizio in maniera forfettaria e onnicomprensiva, per un totale di 1.200,00 euro (600,00 euro per il primo grado e 600,00 euro per il secondo grado), in misura inferiore ai minimi tariffari, e che non ha tenuto conto del valore della causa, pari a 1.673,81 euro: i parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale prevedono la possibilità di aumentare o diminuire i valori medi, con dei limiti, ma il giudice avrebbe dovuto considerare i valori medi delle tabelle allegate al DM 55/2014, che possono essere aumentati fino all’80% o diminuiti fino al 50%. Infine, si assume anche che le spese e gli onorari devono essere liquidati in modo distinto per ciascun grado di giudizio, in modo da consentire alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati.
Il motivo è fondato.
3.1. Il giudice del gravame ha errato nell’operare il calcolo e liquidare le spese, e non ha fatto corretta applicazione dei parametri normativamente previsti, né ha liquidato gli oneri in modo distinto per ciascun grado di giudizio.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata e la causa, non necessitando di accertamenti, può essere decisa nel merito.
4.1. In base ai criteri previsti dalle tariffe, considerato lo scaglione di riferimento, spettano al ricorrente le spese del giudizio di primo grado nella misura di euro 1.225,00 oltre contributo unificato e accessori di legge.
4.2. Quanto al giudizio di gravame, l’importo spettante risulta invece pari ad euro 1.385,00, oltre contributo unificato e accessori di legge.
4.3. In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza gravata va cassata e, decidendo nel merito, le spese di lite vanno determinate nei sensi sopra indicati.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, condanna parte intimata al pagamento delle spese del giudizio, che liquida per il giudizio di primo grado in euro 1.225,00 oltre contributo unificato e accessori di legge; per il secondo grado in euro 1.385,00, oltre contributo unificato e accessori di legge; e per il giudizio di legittimità in euro 950,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11/04/2025.