Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25824 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25824 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
Oggetto: costi non inerenti – legittimaz. socio ex legale rappresentante -custode giudiziario
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 14256/2017 R.G. proposto da NOME COGNOME, in proprio e per conto della società RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO con domicilio eletto presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO (P.E.C. EMAIL);
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
avverso la sentenza della Corte Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7867/6/16, depositata il 2.12.2016 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio veniva rigettato l’ appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 20061/24/2015. Il ricorso introduttivo aveva ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno 2010 notificato alla società RAGIONE_SOCIALE e impugnato da NOME COGNOME «in proprio, nonché per conto della RAGIONE_SOCIALE, nonché già amministratore unico della stessa nonché quale socio al 100% e creditore della stessa».
L’avviso di accertamento conteneva due rilievi: da un lato disconosceva i costi dedotti dalla RAGIONE_SOCIALE a titolo di spese di pubblicità e promozione per il periodo di imposta per un importo complessivo di euro 800.000,00 recuperati a tassazione poiché non inerenti. Dall’altro, venivano disconosciuti i costi relativi agli acquisti di merce effettuati da dodici fornitori localizzati in Paesi black list ammontanti ad euro 1.881.908,85.
L’accertamento traeva origine da una verifica fiscale iniziata a seguito di indagine penale. Nel corso del procedimento penale il giudice RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari presso il Tribunale di Roma disponeva con un provvedimento del 5.12.2011 il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p. RAGIONE_SOCIALE quote del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE e, con successivo provvedimento del 16.1.2012, nominava NOME COGNOME custode giudiziario e amministratore unico della società. Le risultanze della verifica fiscale svolta dall’RAGIONE_SOCIALE confluivano nel processo verbale di constatazione del 17.4.2012, da
cui emergeva il ruolo della società in un ampio meccanismo di ‘frode carosello’ ai fini IVA, e la deduzione di costi non documentati ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette.
Successivamente alla notificazione del p.v.c., effettuata nelle mani del custode giudiziario e amministratore unico NOME COGNOME, in data 14.6.2012 NOME COGNOME, presentava osservazioni nella qualità di socio unico ed ex rappresentante legale della società.
Quindi, in data 13 marzo 2013 veniva notificato al custode giudiziario l’avviso di accertamento impugnato da NOME COGNOME in proprio e per conto della società davanti al giudice tributario.
Nel frattempo, la società RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza del 2.5.2013 (Fallimento n. 349/13) e il giudice civile nominava un curatore fallimentare.
La Commissione Tributaria Provinciale dichiarava inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME, in quanto mancante dell’autorizzazione al curatore fallimentare prevista dall’art. 31, della legge fallimentare, d.lgs. n. 5/2006, difetto risolventesi in un difetto di legittimazione processuale non sanata alla data della pubblica udienza.
Il giudice di secondo grado per converso affermava che il contribuente fallito non era privato, a seguito della dichiarazione di fallimento della società che rappresentava, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e restava esposto agli effetti, anche di carattere sanzionatorio, che conseguivano alla definitività dell’atto impositivo. Riteneva, pertanto, esistente in capo a NOME COGNOME, l’astratta possibilità di proporre impugnazione avverso l’avviso di accertamento, ma, esaminando nel merito della controversia, riteneva che l’appello del contribuente fosse privo di fondamento.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in quattro censure, al quale l’RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso e ricorso incidentale per un motivo. Replica NOME COGNOME con controricorso avverso il ricorso incidentale.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale, si lamenta la nullità della sentenza per difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato nell’ambito del giudizio tributario, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. anche in riferimento all’art. 110, comma 11, TUIR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., quanto al capo della decisione secondo il quale «per quanto attiene al primo motivo riferibile alla asserita carenza di potere dei funzionari che hanno operato la verifica fiscale, non si può che sottolineare come la Direzione Regionale abbia, invece, piena titolarità ad eseguire ispezioni e verifiche in base agli articoli 57 e 62 del d.lgs. n. 300/1999».
Con il secondo motivo NOME COGNOME prospetta il mancato esame, da parte del Giudice, dei documenti che attestano sia l’effettivo svolgimento dell’attività commerciale dei fornitori della RAGIONE_SOCIALE in Hong Kong, sia che le operazioni realizzate dalla RAGIONE_SOCIALE con gli stessi rispondono ad un effettivo interesse economico, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Con il terzo motivo il ricorrente principale deduce il mancato esame sia dei documenti contrattuali attestanti l’utilizzo del marchio ‘Diunamai’ da parte della RAGIONE_SOCIALE, sia del repertorio fotografico comprovante il suo effettivo uso, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Con il quarto mezzo del ricorso principale si lamenta la violazione, da parte della sentenza impugnata, dell’art. 109, comma 5, TUIR, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. per quanto riguarda la contestata indeducibilità RAGIONE_SOCIALE spese pubblicitarie.
L’unico motivo del ricorso incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 75, comma 3, 81 e 115 cod. proc. civ. da parte della sentenza impugnata, per aver mancato di dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di legittimazione in capo a NOME COGNOME.
Ritenuta la necessità di trattare congiuntamente il presente ricorso con quello iscritto all’NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto il medesimo atto impositivo oggetto di questo processo, a sua volta impugnato da NOME COGNOME, e tenuto conto della rilevanza della questione, afferente al sequestro preventivo disposto ai sensi degli artt. 321 c.p.p. di una parte o della totalit à̀ RAGIONE_SOCIALE partecipazioni di una societ à̀ di capitali nell’ambito del quale è stato nominato un custode giudiziario ed amministratore unico, della legittimazione diretta del socio ed ex legale rappresentante ad impugnare davanti al giudice tributario l’avviso di accertamento notificato alla società, dispone la trattazione della presente controversia alla pubblica udienza ex art.375 cod. proc. civ.,
P.Q.M.
la Corte:
rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza congiunta con il ricorso iscritto all’RGN 14253/2017.
Così deciso il 3.7.2024