Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11112 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11112 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2234/2017 R.G., proposto
DA
‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ardea (RM) – INDIRIZZO, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME Salvatore COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
‘ RAGIONE_SOCIALE ( nella qualità di incorporante l” RAGIONE_SOCIALE) , con sede in Roma, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore ;
CONTRIBUTI CONSORZI PER LA MANUTENZIONE, LA SISTEMAZIONE O LA RICOSTRUZIONE DI STRADE VICINALI
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 27 giugno 2016, n. 4164/21/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17 dicembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Il ‘ Consorzio di Colle Romito ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 27 giugno 2016, n. 4164/21/2016, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per contributi relativi all’anno 201 3 con riguardo ad immobile ubicato nel comprensorio del medesimo consorzio, per l’importo di € 259,88, ha rigettato l ‘appello proposto dal medesimo nei confronti di NOME COGNOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 28 maggio 2015, n. 11727/63/2015, con compensazione delle spese giudiziali.
il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado -che aveva accolto il ricorso originario del contribuente -sul presupposto che l’ente impositore non era stato evocato nel giudizio di prime cure, essendone stato parte soltanto l’ agente della riscossione, che aveva emesso la cartella di pagamento.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione del principio del doppio grado del giudizio ex art. 111 e 24 Cost., nonché violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 cod.
proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « l’esponente avrebbe dovuto esporre in Il grado tesi decisive per la riforma della sentenza di I° grado ». 1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che « l’interpretazione contenuta nel dispositivo della impugnata decisione viola anche l’art. 57 D. Lgs. 546/92, che vieta in appello sia domande che eccezioni nuove, rafforzando vieppiù il principio del doppio grado di giudizio di merito », giacché « è principio assolutamente pacifico anche nel processo tributario che l’appello costituisce una revisio prioris istantiae e non un novum iudicium».
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 101 cod. proc. civ., nonché dell’art. 10 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che l’unico legittimato passivo rispetto al ricorso originario era l’ente impositore, giacché: « La cartella costituisce solo il modo di riscossione, rimanendo unico e solo contraddittore l’ente impositore e come tale unico legittimato passivo nel giudizio di opposizione, svolto nelle forme di cui al Dec. L.vo 546192. come risulta chiaro dalla cartella e dai dati ivi presenti ».
1.4 Con il quarto motivo, si denuncia violazione dell’art. 17 -bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che: « L’esatta individuazione del soggetto legittimato passivo diviene (…)
essenziale per consentire al contribuente di individuare correttamente le modalità di proposizione del ricorso ed evitare la censura di improcedibilità » .
1.5 Con il quinto motivo, si denuncia violazione eo falsa applicazione degli artt. 102 cod. proc. civ., 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 39 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che, « nel processo tributario, il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma, può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio ».
I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla questione della legittimazione passiva dell’ente impositore o dell’agente della riscossione rispetto all’impugnazione dinanzi al giudice tributario della cartella di pagamento per contributi consortili -sono infondati.
2.1 Ora, l’art. 1, comma 1, de l d.l. lgt. 1 dicembre 1918, n. 1446, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1925, n. 473 (‘ Concessione agli utenti delle strade vicinali della facoltà di costituirsi in consorzio per la manutenzione e la sistemazione o la ricostruzione di esse ‘) , ha previsto che: « 1. Gli utenti delle strade vicinali, anche se non soggette a pubblico transito, possono costituirsi in consorzio per la manutenzione e la sistemazione o ricostruzione di esse ». In seguito, l’art. 14 della legge 12 febbraio 1958, n. 126 (‘ Disposizioni per la
classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico ‘) ha disposto che: « La costituzione dei consorzi previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446, per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico, anche se rientranti nei comprensori di bonifica, è obbligatoria. In assenza di iniziativa da parte degli utenti o del Comune, alla costituzione del consorzio provvede di ufficio il Prefetto ».
Secondo l’art. 2 del d.l. lgt. 1 dicembre 1918, n. 1446, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1925, n. 473: « 1. La domanda per la costituzione del consorzio è presentata al sindaco del comune da un numero di utenti che rappresenti, o che assuma a proprio carico, almeno il terzo della spesa occorrente per le opere proposte, sulla base di una perizia sommaria di massima. Alla domanda deve unirsi, oltre tale perizia, il progetto di statuto consorziale e lo schema dell’elenco degli utenti, con il piano di ripartizione della spesa fra essi. 2. La giunta municipale, sentiti gli utenti, formula tutte le proposte per la costituzione del consorzio, le quali vengono depositate, per la durata di 15 giorni, presso l’ufficio comunale. L’avviso di deposito è pubblicato nell’albo pretorio ed è notificato agli utenti dal messo comunale. 3. Il consiglio comunale, decorsi almeno altri quindici giorni, decide sui reclami che nei detti termini fossero stati prodotti; e, tenute presenti le proposte della giunta, approva la costituzione del consorzio, l’elenco degli utenti ed il piano di ripartizione della spesa. Copia della deliberazione consiliare è pubblicata nell’albo pretorio durante quindici giorni, e dell’esito dei reclami è dato avviso agli interessati ».
Inoltre, l’art. 7, comma 1, del d.l. lgt. 1 dicembre 1918, n. 1446, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1925,
n. 473, ha stabilito che: « 1. I contributi degli utenti si esigono nei modi e coi privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte dirette, mediante ruoli compilati in base al piano di ripartizione approvato dal consiglio comunale, tenuto conto delle modificazioni disposte dalla giunta provinciale amministrativa. Detti ruoli sono pubblicati per la durata di quindici giorni e resi esecutivi dal prefetto; e l’esattore comunale è tenuto alla riscossione con lo stesso aggio che gli spetta per le imposte ». 2.2 Premesso che le controversie relative ai contributi dovuti dagli utenti ai consorzi stradali obbligatori costituiti per la manutenzione, la sistemazione e la ricostruzione delle strade vicinali, ai sensi del d.l. lgt. 1 dicembre 1918, n. 1446, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, ratione temporis vigente, attesa l’indubbia natura tributaria di tali oneri, sono devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie, in applicazione dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo modificato dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Cass., Sez. Un., 6 maggio 2013, n. 10403; Cass., Sez. Un., 6 luglio 2017, n. 16693; Cass., Sez. 2^, 23 gennaio 2018, n. 1623), è pacifico che tali consorzi assumono la natura di enti pubblici non economici esclusivamente nell’ipotesi in cui siano costituiti per la manutenzione, la sistemazione e la ricostruzione di strade vicinali soggette ad uso pubblico, configurandosi altrimenti come soggetti privati, non tenuti al rispetto delle norme di contabilità pubblica (Cass., Sez. 1^, 13 ottobre 2014, n. 21593; Cass., Sez. 2^, 23 gennaio 2018, n. 1623).
Per quanto riguarda la riscossione dei contributi consortili, in base all’art. 7, comma 1, del d.l. lgt. 1 dicembre 1918, n. 1446, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, al pari dei consorzi di bonifica, i consorzi per la
manutenzione, la sistemazione e la ricostruzione delle strade vicinali possono emettere cartelle di pagamento nei confronti degli utenti delle strade vicinali, da individuarsi nei proprietari dei fondi latistanti, ciascuno dei quali è obbligato al pagamento dell’importo risultante dal piano di ripartizione approvato dal Consiglio Comunale nel cui territorio la strada vicinale è ubicata.
Ciò posto, si può ribadire che, anche per tali enti, i contributi consortili sono solitamente riscossi mediante l’emanazione di cartelle di pagamento; ciò non di meno, nulla esclude che gli enti impositori possano inviare per posta ai contribuenti compresi negli appositi elenchi p reventivi ‘ avvisi di pagamento ‘, con valore di bonari inviti al versamento dei contributi consortili, in modo da risparmiare la corresponsione delle spese per la notifica delle cartelle di pagamento.
Tale prassi pone la questione dell’impugnabilità d egli avvisi di pagamento (atti atipici) dinanzi al giudice tributario e della eventualità della contemporanea pendenza dinanzi ai giudici tributari delle impugnazioni relative agli avvisi di pagamento ed alle cartelle di pagamento per i contributi consortili delle medesime annate di riferimento.
2.3 Tanto premesso, proprio in relazione all’elezione della cartella di pagamento ad unico e solo strumento per la riscossione dei contributi consortili, comporta che, qualora non siano contestati vizi formali della cartella esattoriale, bensì la pretesa sostanziale del consorzio, la legittimazione passiva spetta esclusivamente a quest’ultimo, titolare del diritto di credito, mentre il concessionario emittente la cartella è un semplice destinatario del pagamento ex art. 1188 cod. civ. (per i consorzi di bonifica: Cass., Sez. 6^-2, 20 marzo 2014, n. 6596; Cass., Sez. 3^, 29 gennaio 2016, n. 1659).
L ‘indirizzo interpretativo di questa Corte (a partire da: Cass., Sez. Un., 27 luglio 2007, n. 16412) è andato consolidandosi nel senso che il contribuente che impugni una cartella di pagamento emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto de ll’agente della riscossione, senza che tra i due soggetti sia configurabile alcun litisconsorzio necessario; resta, peraltro, fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’onere per l’agente della riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, ex art. 39 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112; così da andare indenne dalle eventuali conseguenze negative della lite. In coerenza con tale indirizzo, si è, tra l’altro, affermato (Cass., Sez. 5^, 28 aprile 2017, n. 10528; Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2018, n. 8295) che il contribuente, qualora impugni una cartella di pagamento emessa dall’agente della riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore; non diversamente, deve escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario qualora il giudizio sia stato promosso nei confronti del concessionario, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che la domanda abbia ad oggetto l’esistenza del credito, anziché la regolarità o la validità degli atti esecutivi, dal momento che l’eventuale difetto del potere
di agire o resistere in ordine all’accertamento del credito non determina la necessità di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del soggetto che ne risulti effettivamente titolare, ma comporta esclusivamente l’insorgenza di una questione di legittimazione, per la cui soluzione non è indispensabile la partecipazione al giudizio dell’ente impositore (Cass., Sez. 6^, 21 giugno 2019, n. 16685; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2020, n. 3238; Cass., Sez. 5^, 17 novembre 2020, n. 26092; Cass., Sez. 6^, 18 febbraio 2020, n. 3955; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2021, n. 6422; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 16983; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2021, n. 22756; Cass., Sez. Trib., 22 dicembre 2022, n. 37498; Cass., Sez. Trib., 25 settembre 2023, n. 27227; Cass., Sez. Trib., 16 maggio 2024, n. 13698).
Dunque, nel processo tributario, il dovere del concessionario del servizio di riscossione, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, di chiamare in causa l’ente impositore nelle controversie che non riguardano solo la regolarità o la validità degli atti esecutivi, ha natura sostanziale di litis denuntiatio , avente lo scopo di mettere il terzo in condizione di intervenire, con la conseguenza che detta chiamata può essere effettuata con qualunque modalità, purché idonea a portare a conoscenza dell’ente l’esistenza della lite (Cass., Sez. 5^, 3 aprile 2019, n. 9250), sicché non è a tal fine necessaria alcuna autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria (Cass., Sez. 6^-5, 21 giugno 2019, n. 16685; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2020, n. 3238; Cass. Sez. 6^-5, 19 marzo 2021, n. 7937; Cass., Sez. Trib., 8 febbraio 2023, n. 3855; Cass., Sez. Trib., 16 maggio 2024, n. 13698).
Questi principi sono destinati ad estendersi anche ai particolari casi in cui (come per i contributi consortili) la cartella di
pagamento abbia il valore di atto impositivo in senso sostanziale, con il quale si esercita per la prima volta la pretesa impositiva nei confronti del contribuente, assumendo la funzione (ed il contenuto) di un vero e proprio avviso di accertamento.
Per cui, nulla esclude che, anche in questa ipotesi, il contribuente evochi l’agente della riscossione, in luogo dell’ente impositore, dinanzi al giudice tributario per ottenere l’annullamento della cartella di pagamento, essendo onere dell’agente della riscossione di curare la chiamata in causa dell’ente impositore. Pertanto, in caso di inerzia dell’agente della riscossione rispetto a tale adempimento nel giudizio di prime cure, l’ente impositore non è legittimato a proporre appello avverso la sentenza resa dal giudice tributario che annulli la cartella di pagamento, non potendo assumere ex post la veste di parte per contraddire la pretesa caducatoria del contribuente.
In tal senso, è pacifico che la legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonché alla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta (Cass., Sez. 6^-5, 2 ottobre 2014, n. 20789; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2017, n. 13584; Cass., Sez. 6^-5, 20 luglio 2020, n. 15356; Cass., Sez. Trib., 14 dicembre 2022, n. 36682; Cass., Sez. Trib., 5 ottobre 2023, n. 28131; Cass., Sez. Trib., 16 aprile 2024, n. 10299). È incontroverso, infatti, che la qualità di parte processuale, assunta nel giudizio di primo
grado, sia il necessario presupposto formale che legittima attivamente e passivamente all’impugnazione in appello, cioè all’esercizio di diritti processuali, indipendentemente dalla titolarità attiva o passiva del rapporto giuridico sostanziale dedotto in causa, quale conseguenza della struttura del processo di cognizione, che àncora in appello l’oggetto della lite e l’individuazione dei soggetti all’oggetto ed ai soggetti del giudizio di primo grado, per i principi del rispetto del contraddittorio e del doppio grado di giudizio (Cass., Sez. Trib., 16 aprile 2024, n. 10299).
Orbene, nel caso di specie, il consorzio non è stato parte del giudizio di primo grado né la sua veste di parte processuale o di soggetto titolare del rapporto sostanziale risulta dalla sentenza di primo grado, la cui motivazione è integralmente trascritta nel ricorso in esame (« La cartella esattoriale impugnata è relativa a contributi consortili per l’anno 2013 per l’immobile di proprietà del ricorrente sito nel comprensorio di Colle Romito. Dagli atti di causa non si evincono i servizi resi dal Consorzio, l’atto costitutivo e lo Statuto, i bilanci dello stesso con le relative approvazioni delle quote consortili, le spese per la manutenzione delle parti comuni del comprensorio. Allo stato, pertanto, non è provata l’esistenza di una pretesa fiscale. Tutte le altre doglianze restano assorbite. Pertanto il ricorso deve essere accolto e l ‘atto impugnato deve essere dichiarato privo di giuridici effetti. Nulla per le spese »). 2.4 Né l’appello dell’ente impositore estraneo al giudizio di primo grado può convertirsi in una sorta di intervento volontario nel giudizio di secondo grado, che giustifichi l’impugnazione della sentenza resa nei confronti dell’agente della riscossione.
Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario, ai sensi dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , l’unico ammissibile, anche in grado di appello, è soltanto l’intervento adesivo dipendente, in tutte le ipotesi in cui l’atto impositivo possa pregiudicare i diritti di un terzo, producendo, direttamente, effetti giuridici nei suoi confronti (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 10 dicembre 2019, n. 32188; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2021, n. 8289; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2022, n. 1405; Cass., Sez. Trib., 30 gennaio 2023, n. 2754). Laddove, nella specie, il consorzio non si pone come ‘ terzo ‘ rispetto alla cartella di pagamento, in adesione alla posizione principale dell’agente della riscossione che l’ha emanata, ma rivendica la titolarità attiva del rapporto tributario posto a fondamento della cartella di pagamento nei confronti del contribuente.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto.
Quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo, disponendosene, altresì, la distrazione a favore del difensore antistatario della parte vittoriosa, il quale ha dichiarato di aver anticipato gli esborsi e di non aver riscosso i compensi;
nei rapporti tra ricorrente ed intimata, nulla deve essere disposto, non essendosi costituita in giudizio la parte vittoriosa.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 400,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge, e distraendole in favore del difensore antistatario del controricorrente, Avv. NOME COGNOME da Roma, per dichiarato anticipo; dà atto