Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14012 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14012 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3043/2019 R.G. proposto da:
COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore, RAGIONE_SOCIALE COGNOME
COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, domiciliato in Roma INDIRIZZO presso l’avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 5690/2018 depositata il 11/06/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Uditi i difensori delle parti.
FATTI DI CAUSA
1.Una volta avuta conoscenza -a mezzo dell’estratto di ruolo -delle cartelle esattoriali che la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione assumeva non esserle stata notificate, la contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, per chiedere l’annullamento delle prodromiche cartelle
esattoriali, previa sospensione cautelare ex art. 47, comma 3, d.lgs. n. 546/92, eccependo sia la mancanza di notificazione sia la prescrizione delle pretese tributarie, nonchè la decadenza dal potere impositivo.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli dichiarava inammissibile il ricorso, sul presupposto che l’impugnazione era stata ‘ proposta da un soggetto giuridicamente inesistente, essendo la società estinta a seguito della cancellazione dal registro delle imprese avvenuta in una data precedente alla presentazione del ricorso’.
Nelle more del giudizio, il Tribunale di Napoli con sentenza n. 234/2016, depositata il 28.07.2016, dichiarava il fallimento della RAGIONE_SOCIALE su ricorso proposto dall’allora RAGIONE_SOCIALE in base all’elenco dei ruoli all’epoca depositati e provvedeva alla nomina degli organi della procedura (giudice delegato e curatore).
2.In data 14 marzo 2017, i soci della fallita società, avanzavano formale richiesta al Curatore di conoscere le determinazioni in merito alla possibilità di proporre appello avverso la sentenza di prime cure. Il Curatore riteneva infondato l’appello affermando, in dipendenza di quanto statuito dalla sentenza di prime cure che il ricorso ‘ in primo grado è stato presentato da soggetto non legittimato ‘.
Di fronte all’inerzia del curatore fallimentare, la società già cancellata dal registro delle imprese e dichiarata fallita, ritenendo la sua legittimazione processuale suppletiva rispetto al curatore fallimentare, unitamente agli ex soci, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME (ora, deceduta), proponeva appello avverso l’indicata sentenza, presso la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, per eccepire la nullità/illegittimità della stessa per
violazione della regola della cd. riviviscenza quinquennale delle società estinte, ai soli fini fiscali e contributivi, dettata dall’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014 .
La CTR della Campania, a sostegno della decisione, ha anzitutto ritenuto infondata l’eccezione di nullità della procura conferita a un avvocato del libero foro dall’Agenzia delle entrate -Riscossione, ritenendo che l’art. 1 del d.l. n. 193/16, come convertito, comporti la natura alternativa e concorrente delle diverse tipologie di patrocinio, ossia del patrocinio dell’avvocatura di Stato e di quello dei difensori del libero foro; ha dichiarato, di poi, l’inammissibilità dell’appello proposto dalla società fallita per debiti sorti in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento.
Avverso detta decisione, gli ex soci della società fallita hanno affidato il ricorso per la sua cassazione a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione ha replicato con controricorso.
Depositata, ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ., proposta di definizione accelerata del giudizio, comunicata ai ricorrenti, questi ultimi hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ., con la quale, hanno insistito «nell’annullamento dell’impugnata sentenza chiedendo la decisione del ricorso >>. Quindi, è stata disposta la trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis 1., terzo comma, cod.proc.civ..
Con ordinanza n. 27286/2024, la Corte, rilevato che la ricorrente, nel prospettare quale interesse legittimante l’impugnazione quello di evitare la declaratoria di fallimento a causa del carico erariale e che il d.lgs. 110/2024 prevede un ampliamento delle casistiche di impugnabilità dell’estratto di ruolo previste al comma 4 -bis, all’articolo 12, d.P.R. 602/1973, rinviava la causa alla pubblica udienza.
In data 13 febbraio 2025, la Riscossione ha depositato memoria difensiva contestando l’omessa allegazione dell’interesse che deve emergere nella procedura fallimentare.
Il Procuratore Generale nel ribadire la requisitoria scritta, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Alla prima censura, introdotta ex art. 360, primo comma, n.3) cod.proc.civ., si deduce ; per avere i giudici territoriali respinto l’eccezione di inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia – Riscossione mediante avvocato del libero foro, la quale avrebbe dovuto costituirsi direttamente o mediante struttura territoriale sovraordinata e, dunque, in persona dell’organo che ne ha la rappresentanza verso l’esterno, eccettuate le ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell’avvocatura dello Stato. Si obietta che per poter accedere alla difesa dell’avvocato del libero foro, la Riscossione deve essere munita di apposita delibera e produrre in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza degli elementi prescritti dalla normativa rubricata. In particolare, si soggiunge che il patrocinio della prima davanti alla Commissione tributaria è convenzionalmente affidato alla Avvocatura dello Stato, salvo il caso di conflitto o di dichiarazione di indisponibilità ad assumerlo, a meno che non intervenga l’apposita motivata delibera dell’Agenzia prevista dal comma 4 dell’art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933.
Il secondo motivo di ricorso prospetta ; per avere il decidente erroneamente dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società fallita in data 22 settembre 2016, affermandone la carenza di legittimazione ad impugnare, ex art. 43 comma 1, legge fall., l’estratto ruolo concernente crediti fiscali, ancorchè i presupposti si fossero verificati in epoca antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento e nonostante il curatore avesse omesso di promuovere il ricorso non per mera inerzia, bensì in seguito ad esplicita valutazione circa l’utilità dell’azione giudiziaria per la massa dei creditori.
Parte ricorrente critica la decisione impugnata per non aver considerato che difettava l’autorizzazione del giudice delegato legittimante la desistenza dall’azione giudiziaria del curatore, nonché la circostanza che il curatore non aveva valutato l’utilità dell’azione giudiziaria da intraprendere, limitandosi ad affermare che l’appello sarebbe stato infondato dal momento che in primo grado era stato presentato il ricorso da soggetto non legittimato. Assume che il curatore non avrebbe valutato il disposto dell’art. 28 comma 4, d.lgs. 175/2014 che prevede la reviviscenza quinquennale delle società estinte ai soli fini fiscali e contributivi.
3.Con l’istanza ex art. 380 -bis cod.proc.civ., parte ricorrente ha proposto opposizione assumendo di avere interesse alla decisone della Corte sul ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza 5690/2018, sostenendo che l’esigenza di impugnare l’estratto di ruolo ebbe origine dalla necessità di chiarire la propria posizione debitoria nei confronti del Fisco, per aver la società ricevuto la notifica a mezzo p.e.c., in data 25.03.2016, dell’istanza di fallimento presentata ex art. 6 rd. 16/03/1942 n. 267, dall’allora RAGIONE_SOCIALE che, in tal sede, deduceva, proprio attraverso il deposito dell’estratto dei ruoli, di essere creditrice per gli importi pretesi, a vario titolo conseguenti a cartelle di pagamento per
tributi e contributi per complessivi € 367.789,91. Si soggiunge che l’interesse a instaurare il ricorso consisteva in quello di estinguere o ridurre i debiti tributari – effettivi ed esistenti – attraverso la ‘rottamazione delle cartelle’ , all’epoca introdotta dall’art. 6, d.l. n. 193 del 22.10.2016, mediante il pagamento del solo capitale ed interessi (più aggio e spese per le procedure esecutive e per la notifica) delle pretese tributarie. In tal modo, parte contribuente avrebbe dimostrato che sussisteva, già all’epoca del ricorso introduttivo, tuttora persistente, l’interesse ad esperire l’azione giudiziaria per ottenere una pronuncia che dichiarasse l’inesistenza o l’annullamento di debiti tributari (carichi) iscritti a ruolo, a nome della Società (cessata e fallita) trasmessi alla società di riscossione dal 1.1.2000 al 31.12.2016.
3.1.Al contempo, assume parte ricorrente, avrebbe perso i benefici (analoghi) accordati dai successivi art. 1, d.l. 16.10.2017, n. 148 (rottamazione bis, per carichi trasmessi dall’1.1.2000 al 30 settembre 2017), nonché quelli di cui all’art. 3 del d.l. n. 119/2018 (rottamazione ter , per carichi trasmessi dal 1.1.2000 al 31.12.2017) e di cui all’art. 1, commi da 231 a 252, legge n. 197/2022 (rottamazione quater per carichi trasmessi dal 1.1.2000 al 30.6.2022), per non aver ottenuto l’invocata pronuncia dai giudici del merito con l’azione proposta che, ove fosse stata accolta e non dichiarata inammissibile, avrebbe eliminato o ridotto i debiti effettivi per le partite di ruolo contenenti tributi, sanzioni ed interessi, iscritti a ruolo effettivi, e quindi ‘rottamabili’. Il tutto avrebbe permesso alla Società di evitare la dichiarazione di fallimento proposta, all’epoca, da Equitalia s.p.a. proprio in base all’estratto di ruolo, anche dimostrando l’inesistenza dei carichi tributari ovvero la loro illegittimità o la prescrizione dei debiti; motivi che all’epoca della proposizione del ricorso legittimavano l’esercizio dell’azione giudiziaria avverso l’estratto di ruolo in virtù di quanto stabilito dalle SS.UU (sent. n. 19704 del 2.10.2015).
4.Preliminarmente il Collegio prende atto di quanto statuito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9611/2024 in ordine all’assenza di incompatibilità tra il deposito della proposta di definizione accelerata da parte del Presidente di sezione o del Consigliere delegato e la composizione degli stessi quali parte del Collegio o eventualmente la loro nomina quali relatori del Collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod.proc.civ.
Giova premettere che l’istanza di decisione del ricorso in sede collegiale, ai sensi dell’art. 380-bis cod.proc.civ., deve essere chiesta dalla parte ricorrente entro 40 giorni dalla comunicazione della proposta di definizione agevolata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, ed esige che il deposito dell’atto d’impulso processuale sia effettuato tramite difensore ‘munito di una nuova procura speciale’ che sottoscrive l’istanza. In mancanza dell’istanza in oggetto il ricorso deve intendersi rinunciato e la Corte provvede, ai sensi dell’art. 391 cod.proc.civ., e dichiara l’estinzione del processo (senza raddoppio dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come novellato dalla l. n. 228 del 2012).
5.1. Nella fattispecie in esame, la parte ricorrente ha depositato, entro il sopra indicato termine, unitamente alla procura speciale, memoria ex art. 378 cod.proc.civ. con la quale si deduce l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo, insistendo, illustrandone le ragioni, nella richiesta di cassazione, della sentenza del giudice tributario di appello.
6.Va altresì premesso che per orientamento di questa Suprema Corte (Cass. S.U. n. 7925/2019, di recente richiamata da Cass. Sez. 2. n. 12936/2024), «la decisione della causa nel merito o di questione pregiudiziale di merito non comporta la formazione del
giudicato implicito sulla questione che pure costituisca la premessa logica della statuizione di merito (…) quando la questione pregiudiziale non possa ritenersi implicitamente decisa dal giudice di merito, ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio». Nel caso di specie, la questione della impugnabilità degli estratti di ruolo e delle cartelle esattoriali presupposte non notificate non è stata presa in considerazione dalla C.T.R. nella sentenza impugnata -che ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per la carenza di legittimazione ad agire della società fallita ai sensi dell’art. 43 r.d. 1611/1933 -né le parti hanno dedotto di averla offerta alla discussione, e dunque sulla stessa non si è formato il giudicato implicito (Cass. n.6588/2025; Cass. n. 290/2025; Cass. n. 4448/2023; Cass. n. 33384/2022; Cass. n. 7941/2020; Cass. 2020, n. 4689; v. S.U. 4828/2016; Cass. Sez. U 20-3-2019 n. 7925; Cass. 31 ottobre 2017 n. 2590).
7.Tanto premesso, la contribuente deduce quale interesse ad impugnare l’estratto di ruolo, l’esigenza di accertare l’illegittimità della pretesa tributaria ( v. pagina 10 delle
memorie del 22 aprile 2024). Soggiunge parte ricorrente che l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo discende dall’impossibilità di aderire ad una rottamazione delle singole partite del ruolo, nel senso che se è vero che poteva scegliere di definire tutti o solo alcuni carichi ad essa riferiti per fruire dei benefici di legge, ai fini della rottamazione la singola partita di ruolo non poteva essere frazionata:in tal modo sussisteva all’epoca del ricorso introduttivo l’interesse ad agire per ottenere una pronuncia che dichiarasse l’inesistenza dei debiti tributari iscritti a ruolo, statuendo sulla esistenza di eventuali residui carichi per debiti tributari che la contribuente avrebbe potuto estinguere attraverso l’istituto della rottamazione, aderendo alla definizione di cui al d.l. n. 148/2017, d.l. n. 119/2018 e legge n. 197/2022; il tutto fermo il fatto che la pronuncia invocata con il ricorso dinanzi alla C.T.P. avrebbe consentito alla società di evitare la dichiarazione di fallimento proposto all’epoca da Equitalia in base all’estratto ruolo (cf. pagina 11 e 12 delle summenzionate memorie).
8.Occorre verificare se l’interesse prospettato con le memorie dalla parte ricorrente rientri nell’alveo dell’interesse giuridicamente rilevante ad impugnare l’estratto di ruolo di cui all’art.12, comma 4bis , d.P.R. n. 602/1973 come modificato dall’art. 3 -bis del d.l. n.146/2021 e successivamente ampliato dall’art. 12 del d.lgs. n. 110/2024, sul riordino del sistema nazionale della riscossione. Il legislatore, con l’introduzione del comma 4 -bis, all’articolo 12, d.P.R. 602/1973, aveva previsto la non impugnabilità ex lege dell’estratto di ruolo che evidenzia atti della riscossione irregolarmente notificati ( recte , degli atti non notificati o irregolarmente notificati in esso contemplati) subordinando viceversa la possibilità di ricorrere alla dimostrazione dell’interesse ad agire da parte del contribuente: ciò, però, solo nei casi tassativamente previsti dallo stesso comma, ossia dimostrando che
. L’art. 12 del d.lgs. n. 110/2024 ha aggiunto le lettere d), e) all’articolo 12, comma 4-bis, d.P.R. 602/1973, le quali prevedono ulteriori condizioni che permettono l’impugnazione diretta del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata; ampliando il perimetro dell’interesse alla tutela giurisdizionale consentendo l’impugnazione diretta dell’estratto ruolo nei casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio (dimostrando l’interesse ad agire): nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n.. 14/2019; -in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati; nell’ambito della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 14, d.lgs. 472/1997. L’art. 12 d.lgs. 110/2024 prevede espressamente che <all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il comma 4-bis è sostituito dal seguente: «4-bis. L'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli pregiudizio». La norma in questione, dunque, ha introdotto ulteriori specifiche ipotesi per l'accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la
cartella di pagamento non notificata, configurata dalle sezioni unite di questa Corte come facoltà rimessa alla parte, alternativa rispetto alla tutela differita prevista dall'art. 19, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546/1992.
8.1. Le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte Costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, «a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera» Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell'estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non 'lesivo', nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l'interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determini un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
8.2. La prima questione che viene in rilievo nella presente fattispecie intercetta la necessità di definire il perimetro applicativo della norma così come novellata dall'art. 12 del d.lgs. n. 110/2024, dovendosi accertare se essa trovi applicazione anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull'ammissibilità dei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle esattoriali che si asseriscono non notificate, nei quali -come nel caso di specie -sia allegato un concreto pregiudizio in relazione ad una delle ipotesi individuate dal citato art. 12.
8.3. Questa Corte (Cass., Sez. U., 06/09/2022, n. 26283) ha affermato, ex art. 363 cod. proc. civ., i seguenti principi di diritto:
-in tema di riscossione a mezzo ruolo, l'art. 3 -bis del d.l. n. 146 del 2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215 del 2021, col quale, novellando l'art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata;
-in tema di impugnazione dell'estratto di ruolo, l'art. 12, comma 4bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall'art. 3 -bis del D.L. n. 146 del 2021, come convertito dalla legge n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura 'dinamica' che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito, attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 cod. proc. civ. o fino all'udienza di discussione (prima dell'inizio della relazione) o fino all'adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio.
8.4.A tale arresto hanno fatto seguito tra le tante Cass. 3/02/2023, nn. 3400 e 3425; Cass. 23/03/2023, nn. 8330, 8374 e 8377; Cass. 12/04/2023, n. 9765, Cass. 26/06/2024, n. 17606; Cass. n. 28243 del 4/11/2024.
8.5. La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando
l'invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell'interesse ad agire che, quale condizione dell'azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione, che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati considerando l'ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell'ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà. A tale riguardo si rileva che la Corte Costituzionale, con sentenza 17 ottobre 2023, n. 190, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, così come modificato dall'art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, rilevando come il rimedio alla situazione che si è prodotta per effetto della norma censurata coinvolga profili rimessi – quanto alle forme e alle modalità – alla discrezionalità del legislatore e non spetti, almeno in prima battuta, alla Corte medesima.
8.6.Le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione hanno ulteriormente ribadito che «In tema di riscossione coattiva mediante ruolo, i limiti alla impugnabilità della cartella di pagamento, che si assuma invalidamente notificata e conosciuta solo attraverso la notificazione dell'estratto di ruolo, previsti dal comma 4-bis dell'art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, inserito dall'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 215 del 2021, non comportano un difetto di tutela per il contribuente, grazie al riconoscimento di una sua tutela più ampia nella fase esecutiva e tenuto conto che, come affermato dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 190 del 2023, i rimedi ad un eventuale vulnus richiedono un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12459 del 07/05/2024).
9.Non vi è dubbio che i medesimi principi si estendano anche alla disciplina di cui al d.lgs. n. 110/2024, atteso che come affermato dalle citate S.U. . A tale arresto hanno fatto seguito tra le tante Cass. 3/02/2023, nn. 3400 e 3425; Cass. 23/03/2023, nn. 8330, 8374 e 8377; Cass. 12/04/2023, n. 9765, Cass. 26/06/2024, n. 17606; Cass. n. 6269 del 9/03/2025).
10.Non contenendo il d.lgs. n. 110/2024 disposizioni sulla sua applicabilità ai giudizi pendenti, deve ritenersi che, come per la tipizzazione degli interessi alla tutela giurisdizionale di cui all’art. 12 del d.l. n. 146/2021, con la recente normativa, il legislatore, nel regolare ulteriori specifici casi di azione “diretta”, stabilisce quando l’invalida notificazione della cartella ingeneri di per sè bisogno di
tutela giurisdizionale, in guisa che anche l’intervento normativo ampliativo delle ipotesi di interesse alla tutela giurisdizionale si applica ai processi pendenti perché incide sulla pronuncia della sentenza (o dell’ordinanza), che è ancora da compiere. Si tratta dell’unica innovazione del menzionato d.lgs. n. 110/2024 immediatamente operativa con la pubblicazione del decreto attuativo, già a valere dai giudizi in corso, così come immediata è stata considerata l’introduzione del suddetto divieto di impugnazione diretta della cartella non notificata. Depone in questo senso anche una lettura costituzionalmente orientata della nuova disposizione di legge che si colloca in un contesto più ampio di garanzie procedurali per i cittadini; il legislatore, difatti, ha chiaramente inteso ampliare l’accesso alla giustizia tributaria, creando una significativa area di tutela per i contribuenti. L’inclusione retroattiva delle nuove ipotesi di impugnazione garantisce, del resto, analogo accesso alla tutela giurisdizionale a tutti coloro che lamentano un pregiudizio economico in virtù dei carichi tributari recati dall’estratto di ruolo, secondo lo schema normativo astratto, indipendentemente dalla circostanza che si tratti delle ipotesi ammesse all’impugnazione diretta dalla disciplina di cui all’art. 3 -bis , d.l. n. 146/2021 ovvero degli interessi alla tutela giurisdizionale anticipata introdotti dall’art. 12 del d.lgs. n. 110/2024.
10.1.Si è dunque dell’avviso che le modifiche della riforma della riscossione di cui al d.lgs. n. 110/2024 debbano valere già dai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della stessa, poichè se ciò è vero per una disposizione che introduce ex novo una condizione di accesso all’impugnazione diretta dell’atto non notificato, prima in alcun modo prevista, lo stesso deve valere ancor di più per una previsione che ne attenua i rigori. E ciò, sia per i ricorsi sorti prima del 21 dicembre 2021, sia per quelli promossi dopo l’entrata in vigore del comma 4 -bis all’art. 12,
d.P.R. n. 602/1973, in ipotesi prive dei requisiti stabiliti nella formulazione originaria, ma in possesso di quelli aggiunti con la riforma. Tanto, in ragione della natura ‘dinamica’ attribuita dalle S.U. della Cassazione all’interesse ad agire, rafforzata dall’esigenza di adottare una interpretazione della novella orientata al rispetto delle indicazioni, per quanto solo monitorie, della Corte Costituzionale.
10.2. Posta l’applicabilità della previsione di cui al d.lgs. n. 110/2024 ai giudizi pendenti, rileva questo Collegio che sussistono i presupposti per assimilare il dedotto interesse ‘ad evitare ovvero a revocare la declaratoria di fallimento’ -nell’ipotesi si dovessero ritenere insussistenti i carichi tributari all’interesse che affiora .
10.3. Con il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza – decreto legislativo n. 14/2019 il termine ‘fallimento’ ed i suoi derivati è stato sostituito, da un punto di vista lessicale, con l’espressione ‘liquidazione giudiziale’, sebbene la disciplina contenuta nella legge fallimentare continui a essere applicata ai ricorsi depositati prima del 15 luglio 2022. Pertanto, resta applicabile la legge fallimentare per le procedure già aperte, mentre le norme di cui al d.lgs. n. 14/2019 si applicano ai ricorsi di debitori e creditori dal 15 luglio 2022, come desumibile dall’art. 390 di cui al summenzionato decreto che recita .
10.4.La procedura fallimentare, del resto richiamata dal codice dell’impresa e dell’insolvenza , all’art.390 , quale disciplina ancora interamente applicabile ratione temporis, è ai fini di causa assimilabile alle procedure che l’hanno successivamente sostituita, le quali hanno adottato un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore; anche volendo considerare le profonde modificazioni di sostanza (non solo terminologiche) apportate dalla nuova organica disciplina, evidente è tuttavia il permanere del collegamento di entrambe le procedure (di fallimento e di liquidazione giudiziale) con la stessa finalizzazione di governo dell’insolvenza secondo principi di par condicio, universalità e spossessamento, sicchè l’equivalenza tra il dedotto pregiudizio riconducibile alla procedura fallimentare, derivante dall’iscrizione a ruolo, e l’interesse che si può configurare nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14/2019, introdotto dall’art. 12 d.lgs. n. 110/2024, rende configurabile, anche nel caso in rassegna, la sussistenza dell’interesse alla tutela giurisdizionale anticipata, da valutarsi in base allo schema normativo astratto .
11. Non appare condivisibile l’assunto dell’Agenzia delle entrate Riscossione che delimita il perimetro dell’interesse alla tutela anticipata alle sole ipotesi in cui si prospetti un pregiudizio provocato dall’iscrizione dei carichi tributari , là dove il pregiudizio allegato dai ricorrenti origina proprio dall’apertura della procedura fallimentare, la quale nell’ipotesi di dimostrata inesistenza dei debiti tributi per l’omessa notifica delle cartelle
esattoriali – non avrebbe condotto alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Occorre pertanto esaminare i motivi di ricorso.
12 .1.Osserva la Corte che nell’approccio alle questioni è prodromica la disamina della seconda censura con cui si lamenta la violazione degli artt. 28 d.lgs. n. 175/2014, nonché degli artt. 43 legge fall., 2697 e 2948 cod.civ., dell’art. 22 d.lgs. n. 456/1992, ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.; per avere il decidente affermato l’inammissibilità dell’appello in quanto la società contribuente, dichiarata fallita nelle more del giudizio (in data 22 settembre 2016 con sentenza n. 234/2016) era priva di legittimazione ad agire ex art. 43 legge fall. avverso atti impositivi concernenti crediti tributari, i cui presupposti si erano verificati prima della dichiarazione di fallimento, avendo il curatore omesso di impugnare l’atto recante le pretese tributarie in seguito ad una esplicita valutazione circa l’utilità dell’azione per la massa dei creditori e non per mera inerzia.
13.La censura merita accoglimento.
13.1.Dalla dichiarazione di fallimento non scaturisce un effetto ablatorio della titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nella procedura, che continuano a far capo al debitore, il quale subisce la sottrazione, a far data dall’apertura del concorso, della disponibilità del suo patrimonio, la cui amministrazione transita in mano al curatore, che, in forza dell’art. 31 legge fall. (art. 128 l.f.), ha il potere di gestirli in via esclusiva. Consegue dunque una segregazione di beni e rapporti all’interno di un patrimonio che non vede mutare l’identità del proprio titolare, ma soltanto quella del suo gestore, che prende in carico il compendio dei beni in funzione eminentemente liquidatoria, quindi attuativa della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 cod.civ. (Cass. n. 18002
del 2016). L’apertura del fallimento (quindi della liquidazione giudiziale che ne aggiorna l’archetipo) determina l’interruzione del processo (co. 3 art. 43 legge fall. e art. 143 CCII): da lì in avanti il fallito perde la disponibilità dei propri beni e rapporti ed è coerentemente privato, in parallelo, della capacità di stare in giudizio nelle cause che li concernono. Il curatore, in forza di un congegno di sostituzione processuale, si avvicenda al soggetto insolvente nei giudizi promossi ante procedura, tanto da doverli riassumere; mentre il fallito, in ragione del costrutto sostanziale e processuale descritto, rimane abilitato a fare ingresso solo in specifiche ipotesi quali i giudizi dai quali possa derivargli un’imputazione per bancarotta e nei ristretti casi di intervento previsti dalla legge (co. 2 artt. 43 legge fall. e 143 CCII) (Cass. n. 7448 del 2012; Cass. n. 4448 del 2012; Cass. 14624 del 2010); nei rapporti di carattere personale (art. 46 legge fall., art. 146 CCII), che rimangono ontologicamente esterni al fenomeno ablativo (Cass. n. 12264 del 2019); nei giudizi di reclamo ex art. 18 legge fall. avverso la dichiarazione di fallimento, salvo non sia stato il fallito stesso a domandare l’accertamento della propria insolvenza (c.d. ‘autofallimento’).
14 .Oltre a dette ipotesi, la giurisprudenza ha enucleato un’ultima valvola di sicurezza derogatoria, riconoscendo al fallito una legittimazione processuale di rimessa nell’ipotesi dell’inerzia, da parte del curatore, rispetto a rapporti e situazioni giuridicamente rilevanti. A venire in rilievo sono le controversie afferenti rapporti patrimoniali, acclusi sì nel fallimento, ma per i quali finisca per emergere un radicale disinteresse degli organi della procedura ancorché consti una tutela giurisdizionale astrattamente invocabile (Cass. n. 31843 del 2019; Cass. n. 31313 del 2018). La legittimazione del soggetto insolvente ad impugnare l’atto impositivo nell’evenienza dell’inattività del curatore è principio sancito plurime volte dalla giurisprudenza di legittimità, tanto da
assurgere oramai a postulato (Cass. n. 26506 del 2021; Cass. n. 2910 del 2010). La circostanza che il curatore sia titolare, a tenore dell’art. 31 legge fall. (ora art. 128 cit.), dell’amministrazione del patrimonio della massa pone, d’altronde, l’organo concorsuale nell’uffizio di salvaguardare, da un lato, l’interesse dei creditori concorrenti, dall’altro e coevamente -quello del soggetto fallito a non ereditare, a valle del fallimento definito, pretese creditorie che sarebbero state passibili d’esser confutate a monte, con una più oculata e sollecita gestione ad opera del curatore (Cass. n. 3667 del 1997).
14.1.Benché in passato sia venuta in apice nella giurisprudenza di legittimità una posizione ermeneutica tesa a rimarcare che l’inoperosità del curatore fosse suscettibile di radicare la legittimazione succedanea del soggetto fallito a dolersi dinanzi al giudice dell’avviso impositivo solo in quanto determinata ‘da un totale disinteresse degli organi fallimentari’ e non legata, viceversa, ‘ad una negativa valutazione di questi ultimi circa la convenienza della controversia’ (Cass. n. 8132 del 2018; v. anche Cass. n. 16926 del 2009), le Sezioni Unite di questa Corte hanno condivisibilmente chiarito che a rilevare è il ‘comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia’ del curatore, ‘indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato’ (Cass., Sez. Un., n. 11287 del 2023). In buona sostanza, il dissidio fra le pronunce che si limitavano ad esigere una mera e oggettiva inattività del curatore (v. anche Cass. 3094 del 1995) e quelle che circoscrivevano la legittimazione debitoria alle ipotesi in cui la curatela avesse dichiarato ‘inequivocabilmente di voler disinteressarsi del rapporto tributario in contestazione’ (Cass. n. 3321 del 1993), è stato risolto dalle Sezioni Unite in senso favorevole alla prima delle due opzioni ricostruttive. Pertanto, il mancato compimento tout court di un’attività giudiziale astrattamente possibile da parte del curatore vale a radicare la
legittimazione della società fallita e dei suoi amministratori, a prescindere dalla sussistenza di una ponderata e consapevole astensione dell’organo concorsuale dall’iniziativa processuale in linea di principio praticabile (Cass. n. 32634 del 23/11/2023; Cass. n. 21333 del 30/07/2024).
15.La sentenza impugnata risulta non coerente neppure laddove esclude la legittimazione della società cancellata dal registro delle imprese in data 17 settembre 2015, per i crediti insorti prima della dichiarazione di fallimento (anno 2016), non avendo considerato gli effetti del d.lgs. n. 175/2014, art. 28, il quale ha disposto, nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione ivi indicati, con riguardo a tributi o contributi, il differimento quinquennale, dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, comma 2, cod.civ. (Cass. n. 17499/19; n. 38130/22; Cass.n. 7578/23; Cass. n. 9177/23). Si tratta di una disposizione di natura sostanziale (come evidenziato anche da Corte cost. n. 142/2020), la quale comporta che il liquidatore conserva tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale (come chiarito da Cass. n. 36892/22; S.U. n. 32790 del 2023; Cass. n. 18310/2023; n. 10639/2024).
16.Il primo motivo di ricorso non ha pregio.
16.1. Le Sezioni Unite della Corte, difatti, hanno statuito che:
(a) impregiudicata la generale facoltà di avvalersi di propri dipendenti delegati davanti al Tribunale e al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvale:
dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla Convenzione con questa intervenuta (fatte salve le
ipotesi di conflitto e, ai sensi del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici;
ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera. prevista dal richiamato art. 43, comma 4, R.D. cit., di avvocati del libero foro – nel rispetto del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del medesimo d.l. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5 -in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio;
(b) quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa di assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente e implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità” (Cass. Sez. U., 19 novembre 2019, n. 30008 cui adde Cass., 19 luglio 2023, n. 21370; Cass., 28 febbraio 2023, n. 6058; Cass. n.28199/2023; Cass.n. 6931/2023; Cass. n.28199/2024). Come rimarcato da questa Corte con riferimento al mandato difensivo rilasciato per giudizi introdotti davanti alle Commissioni tributarie (ora Corti di giustizia), la base convenzionale cui allude la stessa disposizione di interpretazione autentica (d.l. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-novies, conv. in legge 28 giugno 2019, n. 58) espressamente esclude, in detti casi, il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (v. Cass., 19 luglio 2023, n. 21370, cit.; Cass., 28 febbraio 2023, n. 6058;
Cass., 19 novembre 2024, n. 29779), così che il ricorso alla difesa prestata da avvocato del libero foro nemmeno necessita di apposita delibera dell’Ente (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4).
17 . Segue l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, respinto il primo; la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte
-Accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, la quale deciderà anche in merito alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della