Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25171 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25171 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6808-2022 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Estratto di ruolo -interesse ad agire
R.G.N. 6808/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 29/05/2025
CC
avverso la sentenza n. 288/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/09/2022 R.G.N. 263/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Milano, in rigetto del gravame proposto da COGNOME NOME COGNOME avverso la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso in opposizione ad estratto di ruolo inerente ad un avviso di addebito e due cartelle di pagamento, ha ritenuto validamente interrotti i termini di prescrizione dalla presentazione di una istanza di rateizzazione.
Avverso l’impugnata sentenza la ricorrente propone un unico motivo di ricorso, a cui resistono con controricorso l’INPS e l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
La causa è stata trattata e decisa nell’adunanza camerale del 29 maggio 2025.
CONSIDERATO CHE
1. La ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione delle norme sulla corretta notifica delle cartelle di pagamento e degli avvisi di addebito, di cui agli artt. 26 primo comma seconda parte DPR 602/73 e art. 30 co.4 D.L. n.78/20 10, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 3 co.9 L. 335/95, non potendosi attribuire valore di acquiescenza alla conseguita rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle, non integrante riconoscimento di debito, né avente effetto interruttivo della prescrizione del credito previdenziale. In particolare, la Corte di merito non aveva pronunciato l’inesistenza del credito portato nell’avviso di addebito del quale
mancava la prova della notifica, e non aveva considerato che il pagamento rateale può essere richiesto per scopi diversi dal riconoscimento di debito e dalla rinuncia alla prescrizione.
L’INPS si costituisce con controricorso rilevando che attraverso l’istanza di rateizzazione la ricorrente aveva mostrato di avere piena consapevolezza dell’esistenza dei crediti contributivi portati dai titoli stragiudiziali, dei quali l’ente aveva fornito la prova documentale della ritualità della notifica con conseguente idoneità ad interrompere i termini di prescrizione.
L’Agenzia di Riscossione evidenzia che le cartelle furono notificate nel febbraio e marzo 2011, che la parte aveva presentato istanze di rateizzo nel 2011 e nel 2015, valevoli come atti interruttivi ex art. 2944 c.c., e che non è sindacabile in sede di legittimità la valenza di ricognizione del debito dell’istanza di rateizzo, trattandosi di valutazione di merito.
4. La sentenza di appello va cassata senza rinvio.
È preliminare, ad ogni profilo controverso, la questione dell’interesse ad agire in relazione all’azione originariamente proposta: la ricorrente ha agito in giudizio per ottenere tutela immediata avverso un estratto di ruolo rilasciato nell’ottobre 2018 avente ad oggetto due cartelle di pagamento del 2011 ed un avviso di addebito del 2015, di cui ha dedotto censure formali e sostanziali; non risulta eccepito il difetto di interesse né i giudici delle due fasi di merito hanno pronunciato l’inammissibilità per tale ragione, rilevando al contrario la fondatezza dei titoli rivendicati, idonei a supportare la pretesa creditoria di INPS in quanto non prescritti. Sull’interesse ad agire non v’è, dunque, formazione di alcun giudicato esplicito.
La proposta domanda va pertanto esaminata alla stregua delle previsioni dell’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, aggiunto dall’art. 3 -bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, e quindi modificato dal l’art. 12, comma 1, del decreto legislativo 29 luglio 2024, n. 110. Le previsioni richiamate, nella formulazione applicabile ratione temporis, condizionano la diretta impugnabilità del ruolo e delle cartelle di pagamento (e/o avvisi di addebito) che si assumono invalidamente notificati al ricorrere di requisiti tassativi, ancorati alla dimostrazione di pregiudizi rigorosamente identificati dalla legge.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 26283 del 2022), le disposizioni sopravvenute specificano, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata, e tipizzano le ipotesi in cui l’invalida notifica, in ragione del pregiudizio che arreca, giustifica la tutela giurisdizionale. La disciplina dettata dal citato art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 incide anche sui giudizi in corso, proprio perché plasma l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura «dinamica» e dunque idonea ad assumere una diversa configurazione fino al momento della decisione, anche in virtù di una norma sopravvenuta.
6.1 -ipotizzabili questioni di legittimità costituzionale della norma sono già state scrutinate con giudizio di manifesta infondatezza (cfr. sent. Corte cost. n. 190/2023 che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU).
Questa Corte non ravvisa ragioni per discostarsi da tali principi che costituiscono diritto vivente, che vanno confermati in questa sede e che valgono ad escludere l’ammissibilità del ricorso originario, tanto da risultare assorbenti rispetto ad ogni altra questione (inclusa quella affrontata in giudizio sulla valenza interruttiva della rateazione).
Diversamente, la Corte di appello non si è espressamente pronunciata su tale profilo (sviluppato poi con ord. Cass. nr. 30952 del 2024 nel senso di affermare il potere-dovere del giudice, in difetto di un’espressa pronuncia sulla questione dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo, di rilevare d’ufficio il difetto di interesse ad agire del contribuente che non ha documentato, neppure in sede di legittimità, di versare in una delle ipotesi previste dall’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973), nella prospettiva che la normativa menzionata impone. E non è riscontrabile alcun vincolo derivante da un eventuale giudicato, idoneo a precludere il rilievo officioso demandato a questa Corte che, anche sul punto, si è già espressa in recenti pronunce (ord. 15315/25, 3828/25).
Nel concreto, parte ricorrente non ha prospettato elementi che dimostrino l’interesse ad agire, nei termini indicati dal citato art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, neppure con note illustrative in prossimità di udienza. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, perché la domanda, nel suo complesso, non poteva essere proposta per inammissibilità, mancando un originario interesse ad agire.
Quanto alle spese di lite, sussistono i presupposti, tenuto conto dell’applicazione dello jus superveniens e dell’intervento delle Sezioni Unite, successivamente al deposito del ricorso per
cassazione, per compensare interamente sia quelle dei gradi di merito che quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’originaria domanda.
Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 29 maggio