Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33777 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33777 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
IMU BENI MERCE OBBLIGO DICHIARATIVO
sul ricorso iscritto al n. 8139/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Torremaggiore (FG), al INDIRIZZO.INDIRIZZO in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede alla INDIRIZZO
per la cassazione della sentenza n. 73/2/2021 della Commissione tributaria regionale del Molise, depositata il 20 gennaio 2021, notificata in pari data.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 9 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il Comune di Campobasso chiese alla suindicata società il pagamento della somma complessiva di 52.733,00 € a titolo di IMU per l’anno d’imposta 2015 in relazione a vari immobili posseduti dalla contribuente in detto Comune.
La suindicata Commissione rigettava l’appello proposto dalla società, ribadendo le valutazioni del primo Giudice, così rilevando, per quanto ora occupa in relazione ai motivi di impugnazione, che il contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione entro il termine del 30 giugno 2016 per conseguire l’esonero dal pagamento dell’imposta IMU ai sensi dell’art. 2, comma 5 -bis , d.l. 31 agosto 2013, n. 102 contemplata per i beni (fabbricati) cd. merci, non oggetto di locazione e destinati alla vendita, per cui l’assenza della predetta domanda, volta a manifestare la volontà di godere del beneficio, aveva comportato la decadenza dal godimento dell’agevolazione fiscale.
Avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 22 marzo 2021 (lunedì), formulando cinque motivi d’impugnazione.
Il Comune di Campobasso è restato intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va respinto per le ragioni che seguono, subito archiviando il quarto motivo di impugnazione, con cui la contribuente s’è doluta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., dell’asserito illegittimo ragionamento del Giudice nella parte in cui aveva rigettato l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato per non essere stato provato che la società era stata sottoposta alla procedura di concordato preventivo, assumendo -di contro -che la società ammessa alla predetta procedura conserva la sua capacità processuale e la sua legittimazione attiva e passiva.
1.1. La censura, infatti, risulta inammissibile per più ragioni.
E ciò, intanto, perché il motivo non risulta calibrato sulle ragioni della decisione, basate sull’assenza di prova della sottoposizione della società alla predetta procedura con concordataria, con rilievo, peraltro, privo di ricadute sulla legittimazione alla proposizione dell’appello; in secondo luogo perché la decisione sull’istanza di sospensione dell’avviso impugnato è restata definitamente assorbita nella pronuncia di merito.
Vanno esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo di ricorso, siccome connessi in relazione al tema della debenza del tributo.
2.1 Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, con cui -a dire dell’istante -veniva eliminata la sanzione della decadenza dall’agevolazione IMU in caso di mancata o tardiva dichiarazione, invocando, per
tale via, l’applicazione dello ius superveniens , ponendo, in ogni caso, in rilievo che, qualora il Comune sia in possesso di tutti gli elementi utili per il riconoscimento dell’esenzione fiscale, non può pretendersi alcun adempimento dal contribuente.
2.2. Con la terza censura l’istante ha lamentato, con riferimento al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., l’erronea valutazione circa la deducibilità ed inerenza dei costi e la mancata applicazione dell’art. 13, comma 9bis , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, contestando la decisione del Giudice regionale nella parte in cui ha ritenuto che la predetta norma prevedesse un’agevolazione, laddove essa contempla un’esenzione al ricorrere delle relative condizioni.
2.3. La società ha poi dedotto la violazione dell’art. 43 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, sottolineando come fosse pacifico che il Comune fosse a conoscenza che gli immobili tassati erano beni- merci, avendo rilasciato i permessi a costruire n. 15 del 26 gennaio 2009, n. 126 del 3 agosto 2009 e n. 47/2011, con la relativa variante in corso d’opera ed accatastamento dei beni, come peraltro emergeva dal bilancio depositato in cui detti immobili venivano appostati tra le rimanenze, lamentando quindi che l’Amministrazione non poteva chiedere documentazione ed informazioni già in suo possesso.
3. Le due censure non hanno fondamento.
3.1. Per quanto il tema in questione risulti nuovo -e come tale inammissibilmente proposto – in quanto non emergente dalla sentenza impugnata e nemmeno dalla (per vero) sintetica riepilogazione, contenuta nel ricorso in esame, delle difese svolte dalla società nel corso del giudizio di merito, va, in ogni caso, osservato che questa Corte, intervenuta di recente
sull’applicabilità dell’art. 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (v. Cass., Sez. T., 17 ottobre 2023, n. 28806, che richiama Cass., Sez. VI-T., 17 febbraio 2022, n. 5191), ha chiarito quanto segue.
3.2. Ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’imposta per i l’art. 1 della legge il summenzionato art. 1, comma
769, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 non ha abrogato l’art. 2, comma 5bis, , limitandosi a stabilire che «i soggetti passivi, ad eccezione di quelli di cui al comma 759, lettera g ), devono presentare la dichiarazione o, in alternativa, trasmetterla in via telematica secondo le modalità approvate con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. La
dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta. Con il predetto decreto sono altresì disciplinati i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione. Restano ferme le dichiarazioni presentate ai fini dell’IMU e del tributo per i servizi indivisibili, in quanto compatibili. Nelle more dell’entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, i contribuenti continuano ad utilizzare il modello di dichiarazione di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 5 novembre 2012. In ogni caso, ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al comma 741, lettera c ), numeri 3) e 5) ed al comma 751, terzo periodo, il soggetto passivo attesta nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme» (così Cass., Sez. VI-T., 17 febbraio 2022, n. 5191 cit., richiamata da Cass., Sez. T, 17 ottobre 2023, n. 28806, cit.).
consegue che l’esonero dal pagamento dell’IMU per i fabbricati-merce presuppone la presentazione della dichiarazione, in quanto « la disposizione normativa sopra richiamata evidenzia chiaramente che la presentazione della dichiarazione è condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale, obbligo previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito dalla circostanza che il Comune sia a conoscenza dei fatti che comportano l’esenzione dall’imposta» (così, Cass., Sez. T., 17 ottobre 2023 n. 28806 cit., che richiama Cass., Sez. VI-T., 17 febbraio 2022, n. 5191 cit.).
3.3. Tale ordine va confermato, aggiungendo sul punto che il riconoscimento del beneficio in esame postula l’assolvimento di un obbligo dichiarativo entro un determinato termine, che deve considerarsi perentorio anche in assenza di un’espressa
indicazione della norma in tal senso, in ragione dello scopo perseguito e della funzione assolta, (cfr. sul principio, Cass., Sez. U., 23 dicembre 2004, n. 23832; Cass., Sez. T., 9 gennaio 2004, n. 138; Cass., Sez. U., 5 giugno 1998, n. 524; Cass., Sez. I, 6 giugno 1997 n. 5074; con riferimento all’art. 12, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, v. Cass., Sez. V, 30 giugno 2010, n. 15473; Cass., Sez. V, 18 novembre 2009, n. 24301, richiamate, in altro contesto normativo, ma in applicazione di un principio generale, da Cass., Sez. T., 2 agosto 2023, n. 23584, nonché da Cass., Sez. T., 9 settembre 2024 n. 24200).
In tale direzione, va, infatti, riconosciuto che scopo della previsione dell’obbligo dichiarativo è quello di porre l’ente impositore nelle condizioni di poter controllare la veridicità dei dati esposti, evitando verifiche ex post, anche in sede giudiziaria, e di poter prevedere le risorse finanziarie su cui potrà contare per la gestione degli interessi comunali, esigenze queste poste a garanzia del buon funzionamento dell’amministrazione pubblica e che giustificano il riconoscimento della natura perentoria e, quindi, decadenziale del termine (cfr., sul punto, Cass., Sez. T., 9 settembre 2024 n. 24200 cit.).
Il principio della decadenza da un beneficio fiscale in assenza del compimento di un onere di comunicazione espressamente previsto dalla legge va, pertanto, considerato un principio generale del diritto tributario, come pure lo è quello secondo cui le norme di esenzione, in quanto disposizioni che operano eccezioni rispetto a principi generali, non sono applicabili in via analogica (così Cass. Sez. T., 17 febbraio 2022, n. 5191 cit., nonché, anche da ultimo, tra le tante, Cass., Sez. U., 15 ottobre 2024, n. 26774), per cui la specifica indicazione normativa, la quale -come detto – subordina il riconoscimento dell’esenzione alla presentazione della dichiarazione, impedisce di considerare
equivalente qualsiasi altro adempimento ed altresì di ritenere superflua la dichiarazione, pur se il Comune, quale ente che rilascia il permesso di costruire, sia a conoscenza sin dall’origine dell’edificazione dei fabbricati.
3.4. Con riguardo, poi, agli effetti della nuova disciplina introdotta dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160, non può ritenersi applicabile per l’anno di imposta oggetto del giudizio l’applicazione della nuova disposizione in base al principio del « favor rei », il quale non comporta una generale retroattività delle norme tributarie più favorevoli al reo (cfr., Cass., Sez. T., 17 ottobre 2023 n. 28806, che richiama Cass., Sez. VI-T., 17 febbraio 2022, n. 5191 e Cass., Sez. T., 16 giugno 2010 n. 14530).
3.5. Alla luce di quanto precede va, dunque, riaffermato il seguente principio di diritto: « L’art. 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, vigente dall’anno di imposta 2020, non ha abrogato l’art. 2, comma 5 -bis, d.l. 31 agosto 2013, n. 102, per cui l’esonero dal pagamento dell’IMU per i fabbricati-merce continua ad essere subordinato alla necessaria presentazione della dichiarazione, non altrimenti surrogabile, nemmeno dalla conoscenza acquisita aliunde dal Comune delle condizioni fattuali generatrici del beneficio ».
3.6. Tali principi consentono, nella pacifica mancanza della dichiarazione presentata dalla contribuente, di respingere anche il terzo motivo, restando superfluo discettare sul carattere agevolativo o di esenzione dell’inapplicabile beneficio fiscale.
Con la seconda doglianza la società ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (principio di legalità), nonché l’ errores in procedendo ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo l’illegittimità
dell’avviso sotto il profilo della sanzione applicata in ragione del fatto che essa doveva essere, quanto meno, ridotta in applicazione del principio del favor rei .
4.1. Detto motivo presenta profili di inammissibilità, oltre che essere infondato.
4.2. Sotto il primo aspetto, anche in questo caso, non vi è traccia della questione proposta, né nella sentenza impugnata, tantomeno nella narrazione della vicenda processuale contenuta nel ricorso, per cui il motivo pecca, da un lato, di autosufficienza e, pertanto, si presenta inammissibilmente come nuovo ( cfr., Cass., Sez. T, 21 febbraio 2023, n., 5429, che richiama tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23 marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre 2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2022, n. 35885).
4.3. Per altro verso, ribadito che il summenzionato art. 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 non ha inciso sulla disciplina IMU in termini retroattivi e non ha abrogato il summenzionato comma 5bis dell’art. 2 d.l. 31 agosto 2013, n. 102, va osservato che non vi è motivo di escludere le sanzioni, restando confermata la necessità -come detto da intendere a pena di decadenza -della predetta dichiarazione, in mancanza della quale l’imposta è dovuta con le relative sanzioni, non essendovi stata, sotto tale profilo, alcuna ‘ abolitio criminis ‘ (v., sul principio, Cass., Sez. Un., 27 aprile 2022, n. 13145).
4.4. Va, pertanto, anche sotto profilo, affermato il seguente principio di diritto: «« L’art. 1, comma 769, della legge n. 160 del 2019, vigente dall’anno di imposta 2020, che ha previsto l’esonero dal pagamento dell’IMU per gli immobili cd. beni -merce a seguito della relativa dichiarazione, non avendo abrogato l’obbligo dichiarativo di cui al comma 5-bis dell’art. 2 d.l. 31 agosto 2013, n. 102, non ha comportato alcuna abolitio criminis, restando pertanto dovute anche le sanzioni in caso di omessa presentazione della dichiarazione ».
Con la quinta ed ultima ragione di contestazione la società ha denunciato, sempre con riferimento al parametro dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., l’illegittima condanna alle spese, essendo stato l’ente impositore difeso da un proprio funzionario.
5.1. La doglianza va respinta.
L’art. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede, infatti, la sola riduzione (nella misura del 20%) dei compensi, prevedendone comunque la ripetibilità nel caso in cui l’amministrazione sia stata assistita da propri funzionari, come oramai chiarito più volte da questa Corte (cfr. Cass., Sez. V. ,19 luglio 2021, n. 20530, ai cui più ampi contenuti si rinvia; cui adde , Cass., Sez. T., 15 febbraio 2024, nn. 4180 e 4222).
Non vi è ragione di liquidare le spese del presente grado di giudizio, non avendo il Comune svolto difese.
Nondimeno, va dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso proposto.
Così deciso in Roma in data 9 ottobre 2024.