Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5173 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5173 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1978/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, COGNOME,
elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE di GIUSTIZA TRIBUTARIA di secondo grado della SARDEGNA n. 808/2022 depositata il 07/11/2022.
Udite le conclusioni dell’avv. COGNOME per l’AVVOCATURA dello STATO e della Sost. Proc. dr.ssa COGNOME per la PROCURA GENERALE della CORTE DI CASSAZIONE all’udienza del 05/12/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 808/2022 depositata in data 07/11/2022, ha accolto l’appello proposto secondo quanto si legge nella sentenza -dalla società RAGIONE_SOCIALE in fallimento e dagli ex legali rappresentanti NOME e NOME COGNOME contro la sentenza n. 251/2009 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, in data 09/09/2009, annullando la cartella di pagamento relativa al l’anno 2006, per un importo complessivo di € 731.356,61.
La CGT2, ha ritenuto che gli ex legali rappresentanti della società, dichiarata fallita il 15/06/2006, fossero legittimati a impugnare la
cartella di pagamento, in quanto il giudice di prime cure non aveva riscontrato se l’inerzia della curatela fosse o meno riconducibile a una valutazione negativa circa l’utilità della lite fiscale per la massa dei creditori.
2.1. Ha poi ritenuto fondata l’eccezione della società appellante in merito alla violazione del contraddittorio, non essendo mai stata messa in condizione di valutare le modalità operative e di ricostruire la formazione del ruolo per la totale assenza di ogni comunicazione preventiva e dei successivi accertamenti. In particolare, ha rilevato che la cartella di pagamento impugnata riguardava lo stesso anno di imposta (2006) della dichiarazione di fallimento della società (15.6.2006) e che tale cartella era conseguente a due atti di controllo automatizzato in relazione ai versamenti IVA dichiarati e a quelli risultanti dal sistema (con modelli di pagamento non emessi o tardivi), nonché a compensazioni IVA effettuate con l’utilizzo di crediti inesistenti.
In entrambi i casi l’Agenzia sosteneva di aver rispettato il principio del contraddittorio inviando la comunicazione di irregolarità al curatore fallimentare, rispettivamente in data 03/04/2008 e 08/05/2008. Diversamente, la CGT2 ha rilevato che: « Nella specie, pertanto, si versa in una ipotesi in cui il controllo effettuato non si è limitato ad un mero confronto automatizzato di dati, ma ha evidenziato rilevanti incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, integrandosi il caso in cui l’invio della preventiva comunicazione di irregolarità è obbligatorio a pena di nullità della successiva cartella di pagamento. Sul punto, la Corte non può che rifarsi al consolidato orientamento della S.C., secondo il quale, in caso di liquidazione delle imposte sulla base del controllo automatizzato, l’invio della preventiva comunicazione di irregolarità è obbligatorio, a pena di nullità della successiva cartella di
pagamento, nel caso in cui dal controllo emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (cfr. ordinanze nn. 375/2019 e 18893/2021).»
L’obbligo di invio della preventiva comunicazione di irregolarità non è ottemperato, ad avviso della CGT2 , con l’invio delle comunicazioni al solo curatore.
In conclusione, la CGT2 -richiamate due pronunce rese da questa Corte (Cass. n. 1689/2022 e Cass. n.11618/2017) – ha affermato che « riferendosi i crediti tributari in questione all’anno di imposta in cui è stato dichiarato il fallimento, la mancata comunicazione preventiva e la notifica degli accertamenti al solo curatore fallimentare e non anche alla società o ai suoli legali rappresentanti non può che riverberarsi sulla validità della cartella di pagamento in questione e determinarne la nullità. »
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con cinque motivi.
I sig.ri NOME e NOME COGNOME qualificandosi quali ex legali rappresentanti di RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Questa Corte, con ordinanza 28/08/2024, n. 23302 ha rilevato con riferimento all’ultimo motivo di ricorso che: « attesa -da un lato -l’ampiezza che può riconoscersi al ruolo del curatore di collettore delle informazioni che riguardano la massa dei creditori e che -in caso di inerzia degli organi della procedura -possono ridondare in danno del debitore dichiarato fallito (Cass., Sez. V, 28 luglio 2022, n. 23696) e, dall’altro, alle conseguenze che un atto autonomamente (anche se facoltativamente) impugnabile può avere, ove non notificato tempestivamente al soggetto legittimato
all’impugnazione. » , rinviando a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Entrambe le parti hanno nuovamente depositato le memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare occorre evidenziare che la ricorrente enumera a pag. 1-2 cinque motivi di ricorso per poi procedere a illustrare le vicende processuali che hanno portato, dapprima al ricorso introduttivo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari e, successivamente, al giudizio di secondo grado davanti alla CGT2.
Da pag. 14 ss. inizia a illustrare i motivi di ricorso, seguendo un ordine diverso da quello indicato a pag. 2.
Nell’esame dei motivi si seguirà, la sequenza connotata dall’enunciazione e dalla relativa illustrazione da pag. 14 ss.
1.1. Sempre in via preliminare, in relazione alla questione relativa all’inammissibilità del controricorso per difetto di legittimazione dei sig.ri NOME e NOME COGNOME (qualificatisi quali legali rappresentanti di Fismar s.p.a.) sollevata dall’Agenzia delle Entrate nelle memorie ex art. 378 c.p.c., occorre rilevare che il fallimento della società contribuente si è chiuso con l’omologazione del concordato fallimentare. Inoltre, dalla visura allegata da quest’ultima alla memoria depositata in dat a 14/06/2024, i sig.ri NOME COGNOME e NOME risultano quali presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società ritornata in bonis, a seguito della chiusura del fallimento per omologazione del concordato fallimentare e non cancellata dal registro delle imprese.
1.2. Con il primo motivo è stata contestata « la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 del Codice di Procedura Civile in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 4 del Codice di Procedura Civile. Il motivo è illustrato da pag. 14 a pag. 16.
Dato atto che il richiamo all’ art. 2909 è da riferire alla norma contenuta nel codice civile, occorre evidenziare che la parte ricorrente afferma, a pag. 14, che la CGT2: « non si è avveduta che il dictum del giudice di prime cure non si esauriva nella declaratoria d’inammissibilità del ricorso poiché l’allora Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, pur avendo negato che l’allora Presidente del Consiglio d’Amministrazione e l’allora Amministratore Delegato della RAGIONE_SOCIALE erano legittimati ad impugnare la cartella esattoriale n. 25200800414104 non avendo più la rappresentanza legale della predetta Società a partire dal momento in cui era stata dichiarata fallita, si era anche pronunciata su quello che costituiva il principale motivo sulla base del quale si era affermata la nullità della predetta cartella: motivo incentrato sulla circostanza che le comunicazioni d’irregolarità da cui era scaturito il ruolo posto a fondamento della stessa erano state inviate alla Curatela della FISMAR e non anche ai Sig.ri NOME che, nella veste di ex Presidente del Consiglio d’Amministrazione e ex Amministratore Delegato della predetta Società, avevano ritenuto di poterla impugnare in nome e nell’interesse della stessa (rectius del Fallimento della stessa). »
1.3. La ricorrente richiama, in particolare, la seguente affermazione contenuta nella sentenza del giudice di prime cure: « Giova sottolineare, inoltre, come la loro estraneità al rapporto tributario in questione sia dimostrata anche dal contenuto delle censure svolte, relative a problemi di rapporto fra amministrazione finanziaria e contribuente riguardo ai quali non dispongono, evidentemente, dei dati necessari, atteso che le necessarie
comunicazioni si sono svolte con il curatore fallimentare, che nulla ha eccepito al riguardo, mentre l’amministrazione non aveva alcun onere di coinvolgerli nel procedimento impositivo. Le censure sono infatti svolte in forma perplessa, ricostruendo ipoteticamente i fatti di causa. »
La parte ricorrente rileva come l’atto di appello non contenesse nessuna censura espressa contro l’affermazione della Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, secondo la quale l’amministrazione finanziaria non aveva alcun onere di coinvolgere nel procedimento impositivo i legali rappresentanti della società fallita. A pag. 15-16 riporta il contenuto dell’atto d’appello.
1.4. Il motivo di ricorso indicato nelle pag. 14 e 16 viene, in parte, riportato anche a pag. 23-25, richiamando (a pag. 23-24) il contenuto dell’atto d’appello degli odierni controricorrenti.
1.5. Il motivo di ricorso è infondato: nella specie dalla lettura del contenuto dell’atto d’appello dei legali rappresentanti di Fismar riportato a pag. 15-16 del ricorso risulta contestato (contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente) che: « La Commissione Tributaria Provinciale, dichiarando inammissibile il ricorso non ha pertanto valutato le doglianze esposte nel ricorso da parte dei ricorrenti. Tali doglianze vengono qui nuovamente esposte: La cartella indicava espressamente la presenza di due atti del 30/04/2008 e del 08/05/2008 dei quali però la controparte non è stata messa a conoscenza, facendo venire meno i diritti alla conoscenza di tutto ciò ce può rendersi necessario per la propria difesa. Si trattava perciò di un’aperta violazione dell’a. 7, comma 1, della legge n 0212/2000. Tale violazione, come è stato ribadito anche recentemente dalla Commissione Tributaria Regionale di Puglia con sentenza n 067/14/2008, comporta l’illegittimità dell’atto. ». È da ritenere, pertanto, che l’inciso contenuto nella
sentenza di primo grado, secondo il quale « l’amministrazione non aveva alcun onere di coinvolgerli nel procedimento impositivo» sia stato censurato in sede di appello.
Con il secondo motivo (illustrato da pag. 16 a pag. 20) è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 r.d. 16/03/1942, n. 267 in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva che, secondo la CGT2, l’ex presidente del c onsiglio d’ a mministrazione e l’ex amministratore delegato della Fismar S.p.a. dichiarata fallita erano, senz’altro , legittimati ad impugnare la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA in nome e nell’interesse del Fallimento della società, stante l’inerzia della curatela, senza la necessità di verificare se quest’ultima fosse dovuta a disinteresse verso le pretese impositive esercitate da Equitalia Sardegna S.p.a. e dall’ Ufficio Cagliari 2 o a una precisa scelta dovuta al convincimento che non sussistevano valide ragione per poter utilmente contrastare dette pretese.
La decisione impugnata ha, pertanto, riconosciuto la legittimazione dei controricorrenti , sulla base dell’ inerzia degli organi della procedura fallimentare, senza il benché minimo riferimento alle ragioni di tale contegno passivo. Difatti, la curatela era stata puntualmente e dettagliatamente informata dell’esito della liquidazione delle dichiarazioni ai fini IRES e IVA presentate per la società fallita relativamente all’anno 2006 e aveva ritenuto di non interloquire in alcun modo con l’Ufficio di Cagliari 2, essendosi avveduta che le pretese impositive avanzate nei confronti della fallita (correlate all’omesso e/o tardivo versamento di ritenute alla fonte dichiarate e all’assolvimento di debiti IVA mediante compensazione degli stessi con crediti IVA inesistenti) non potevano essere contestate. Ciò è dimostrato dal fatto che le irregolarità riguardavano
anche versamenti di IVA, effettuati portando in compensazione (in epoca successiva al fallimento della FISMAR, dichiarato il 15 giugno 2006) dei crediti IVA inesistenti, nonché l’omesso versamento di ritenuta che era stata indicata nella dichiarazione ai fini IRES relativa all’anno d’imposta 2006 presentata dalla curatela, così come era stata presentata da quest’ultima la dichiarazione ai fini IVA relativa all’anno 2006.
Con il terzo motivo (da pag. 20 a pag. 23) è stata contestata « la violazione e falsa applicazione degli art. 36 n. 4 del D. Lgs.vo 546/1992 e 132 n.4 del Codice di Procedura Civile in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 del Codice di Procedura Civile.
3.1. In correlazione con il precedente motivo la ricorrente contesta il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata. Nel caso in esame si doveva verificare se l’inerzia della curatela fosse dipesa da disinteresse verso le pretese impositive avanzate dal fisco ovvero da una precisa scelta correlata al convincimento che non vi fossero margini per poter utilmente adire il giudice tributario. Partendo da tale premessa corretta, la CGT2 ha riconosciuto la legittimazione dei Sig.ri COGNOME nella loro veste di ex presidente del c onsiglio d’ amministrazione e di amministratore delegato della RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, del Sig. NOME COGNOME che aveva ricoperto quest’ultima carica ad agire in nome e nell’interesse della società fallita « alla luce della pacifica ed incontestata inerzia degli organi fallimentari rispetto agli atti impositivi ». Ad avviso della ricorrente si tratta di una pseudo-motivazione.
3.1. Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati insieme e sono infondati: non solo è chiaro l’iter logico seguito nella sentenza impugnata, ma il decisum della CGT2 risulta essere conforme a quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali: « Qualora i presupposti di un rapporto tributario si
siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo può impugnarlo, ex art. 43 l.f., a condizione che il curatore si sia astenuto dall’impugnazione, assumendo un comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato; l’insussistenza di detto stato di inerzia comporta, per il fallito, il difetto della capacità processuale di impugnare l’atto impositivo, vizio suscettibile di essere rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo. » (Cass., Sez. U, 28/04/2023, n. 11287).
Con il quarto motivo (da pag. 26 a pag. 30 del ricorso in cassazione) è stata contestata la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli art. 6, comma 5, della l. 2 2/2000, 36 bis del d.P.R. 600/1973 e 54 bis del d.P.R. 633/1972 in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n.3 del Codice di Procedura Civile .
4.1. Con tale motivo di ricorso è stata censurata la seguente affermazione contenuta nella sentenza impugnata: « Pertanto, riferendosi i crediti tributari in questione all’anno di imposta in cui è stato dichiarato il fallimento la mancata comunicazione preventiva e la notifica degli accertamenti al solo curatore fallimentare e non anche alla società o ai suoli legali rappresentanti non può che riverberarsi sulla validità della cartella di pagamento in questione e determinarne la nullità. »
4.2. La ricorrente rileva, quindi, che le irregolarità emerse all’esito delle attività di controllo sulle dichiarazioni fiscali effettuate ai sensi del disposto degli art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 (e, quindi, sulla base dei dati ivi indicati dal contribuente se del caso incrociati con quelli in possesso dell’Agenzia delle Entrate) devono essere comunicate al contribuente prima dell’iscrizione a ruolo delle somme dovute solo ed esclusivamente
quando ricorrano le ipotesi di cui all’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000. L ‘invio di comunicazione d’irregolarità costituisce , quindi, l’eccezione e non la regola . Di conseguenza, nel caso di contestazione della nullità della cartella fondata su un ruolo avente ad oggetto somme dovute dal contribuente in virtù delle risultanze dei controlli effettuati ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis d.P.R. n. 633 del 1972 e formato senza l’ invio della comunicazione d’irregolarità , spetta al giudice verificare se ricorre la situazione indicata dall’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000. Nel caso di specie si trattava, peraltro, in un caso di omesso versamento di ritenute alla fonte trattenute e non versate e, in un altro caso, di versamenti IVA attuati mediante compensazione con asseriti crediti riferiti a un’annualità in cui non era sta ta presentata la dichiarazione. Non vi era, quindi, alcuna situazione di incertezza.
4.3. Il motivo di ricorso è fondato. Nel caso in esame, secondo quanto riportato dalla ricorrente (pag. 28 e 29 del ricorso), la cartella impugnata era scaturita dall’ iscrizione a ruolo delle somme dovute in virtù di quanto indicato nel Modello Unico 770/2007 di cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva omesso o ritardato il versamento.
Le contestazioni riguardavano, quindi, il ritardato versamento di ritenute alla fonte che la società aveva effettuato nel corso del 2006 nella sua veste di sostituto d’imposta e indicato in sede di dichiarazione.
Le ulteriori contestazioni riguardavano, poi, il Modello IVA/2007 relativo all’anno d’imposta 2006 : all’esito del controllo ex art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 era emerso che la FISMAR, nel corso del 2005 (quando era ancora in bonis ), aveva versato l’IVA dovut a utilizzando crediti d’imposta asseritamente maturati l’anno precedente (cioè nel 2004), senza presentare il Modello IVA/2006 (cioè la dichiarazione IVA concernente il 2005, presupposto indefettibile per la spendita di
tali crediti d’imposta) e , nel corso del 2006, aveva versato l’IVA dovuta utilizzando crediti d’imposta d’importo maggiore rispetto a quelli che aveva effettivamente maturato.
4.4. L’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 prevede che: « Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma.»
Il potere di iscrizione a ruolo previsto nella norma appena richiamata consegue al riscontro della dichiarazione del contribuente e, quindi, di dati forniti direttamente da quest’ultimo. Sul punto questa Corte (con un principio applicabile anche con riferimento all’art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972) ha precisato che: « La notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; né il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dall’art. 6, comma 5, l. n. 212 del 2000, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi
soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo. » (Cass., 17/12/2019, n. 33344).
È stato inoltre precisato che, in materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti; in ogni caso, la relativa omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione (Cass., 28/06/2019, n. 17479).
Di conseguenza, non solo la situazione di incertezza che impone all’amministrazione finanziaria l’instaurazione del contraddittorio deve riguardare aspetti rilevanti della dichiarazione, ma deve ritenersi che il contribuente, nell’ipotesi in cui contesti la violazione dell’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000, abbia l’onere di indicare sia quali fossero le incertezze in merito agli aspetti che avrebbero dovuto imporre la richiesta di chiarimenti, sia gli elementi che, una volta forniti questi ultimi, avrebbero potuto condurre a un diverso esercizio dell’attività di riscossione da parte dell’amministrazione finanziaria.
Con il quinto motivo di ricorso (pag. 30 ss.) è stata contestata la « violazione falsa applicazione del combinato disposto degli art. 6, comma 5, della l. 212/2000, 31 e 43 del r.d. 267/1942 in relazione
al disposto dell’ art. 360, comma 1, n.3 del codice di procedura civile.»
5.1. La ricorrente rileva che, sebbene non fosse necessaria alcuna comunicazione delle irregolarità, l’amministrazione finanziaria aveva, in ogni caso, provveduto a comunicare alla curatela del Fallimento della Fismar gli esiti della c.d. ‘liquidazione’ delle dichiarazioni presentate a mezzo dei modelli di cui sopra mediante le ‘comunicazioni d’irregolarità’ del 03/04/2008 e del giorno 08/05/2008.
5.2. Rileva che la sentenza impugnata ha richiamato due precedenti di questa Corte, secondo i quali la comunicazione avrebbe dovuto essere eseguita (anche) nei confronti del legale rappresentante della società fallita. Evidenzia, tuttavia, che si tratta di precedenti non pertinenti, trattandosi, in un caso, di società cancellata dal registro delle imprese (ipotesi ben diversa dalla dichiarazione di fallimento) e, nell’altro caso , di notificazione dell’atto impositivo al fallito quale conseguenza della legittimazione (eccezionale) ad impugnare detti atti impositivi nell’inerzia della Curatela.
5.3. La ricorrente sottolinea, poi, come nel caso di specie venissero in rilievo delle conseguenze sanzionatorie strettamente correlate all’operato della curatela fallimentare in quanto: a) l’omesso o ritardato versamento delle ritenute alla fonte indicate nel Mod.770/2007 riguardava ritenute effettuate nel 2006 e in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento; b) il Modello IVA/2006 ( concernente l’anno d’imposta 2005 , dove andavano indicati i crediti d’imposta maturati nel 2004 e portati in compensazione con i debiti d’imposta riferibili al periodo d’imposta interessato dalla dichiarazione) doveva essere presentato alla fine del 2006, cioè in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento, costituendo,
pertanto, un’ omissione addebitabile alla Curatela Fallimentare; c) il Modello IVA/2007 concernente l’anno d’imposta 2006 – in cui era stato esposto un credito d’imposta di Euro 14.117,00 eccedente rispetto al credito d’imposta maturato dalla società fallita – era stato presentato dalla Curatela Fallimentare.
5.4. Il motivo di ricorso è fondato.
5.5. Nel caso di specie le dichiarazioni che vengono in rilievo ai fini dell’iscrizione a ruolo ex art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 riguardano l’anno 2006, quando è stato dichiarato il fallimento della società contribuente, successivamente chiuso in esito all’omologazione del concordato fallimentare nel 2010.
5.6. Sebbene le dichiarazioni da cui sono scaturiti i requisiti per l’iscrizione a ruolo in esito al controllo automatizzato siano state presentate nel 2007 dalla curatela, si tratta, a ben vedere, di omessi versamenti (di ritenute) o indebite compensazioni di crediti IVA (inesistenti perché relativi a un periodo di imposta nei quali non era stata presentata la dichiarazione) riferibili a periodi di imposta anteriori alla dichiarazione di fallimento.
5.7. Gli adempimenti fiscali del curatore in materia di IVA risultano, infatti, dal combinato disposto degli artt. 74 bis d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 8, comma 4, d.P.R. 22/07/1998, n. 322. Mentre la prima norma distingue tra operazioni anteriori alla dichiarazione di fallimento e operazioni effettuate successivamente all’apert ura della procedura (su tale distinzione v. Cass. 17/07/2023, n. 20063), la seconda norma stabilisce che: « In caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, la dichiarazione relativa all’imposta dovuta per l’anno solare precedente, sempreché i relativi termini di presentazione non siano ancora scaduti, è presentata dai curatori o dai commissari liquidatori entro quattro mesi dalla nomina, con le modalità di cui ai commi 1 e 2. Con le medesime modalità e
nei termini ordinari, i curatori o i commissari liquidatori presentano la dichiarazione per le operazioni registrate nell’anno solare in cui è dichiarato il fallimento ovvero la liquidazione coatta amministrativa. Per le operazioni registrate nella parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa è anche presentata, entro quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione al competente ufficio IVA o delle Entrate, ove istituito, ai fini della eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale. »
In sostanza, la circostanza che una determinata dichiarazione sia presentata dal curatore non implica necessariamente che si tratti di operazioni successive all’apertura della procedura , dal momento che gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni fiscali da parte del curatore possono ben riguardare anche operazioni compiute anteriormente, come risulta (v. supra, 4.3.) dai modelli che vengono in rilievo nel caso in esame ai fini del controllo automatizzato ex art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972.
5.8. Di conseguenza, sono pienamente integrati i requisiti che, nel caso in esame, legittimano i legali rappresentanti della società fallita all’impugnazione della cartella di pagamento, in conformità a quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 11287 del 2023.
5.9. Ciò non implica, tuttavia, che nell’ipotesi in cui l’avviso ex art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 prima dell’iscrizione a ruolo in esito al controllo automatizzato sia comunicato, come nel caso di specie, solamente alla curatela, ma non ai legali rappresentanti della società dichiarata fallita, si determini, ipso iure, la nullità della cartella di pagamento successivamente emessa. La questione riguarda, semmai, l’opponibilità di tale cartella alla società fallita una
volta che ritorni in bonis, come, peraltro, avvenuto nel caso di specie a seguito dell’omologazione del concordato fallimentare .
In altre parole, anche nell’ipotesi di cartella emessa a seguito di iscrizione a ruolo in esito al controllo automatizzato ex art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 deve trovare applicazione quanto già precisato da questa Corte e cioè che: « In tema di contenzioso tributario, sebbene l’ente impositore o il concessionario non siano obbligati, a pena di nullità, a notificare avvisi di accertamento e cartelle esattoriali sia al fallito che alla curatela fallimentare, tale scelta condiziona la futura opponibilità di tali atti o nell’ambito della procedura fallimentare o nei confronti del fallito tornato “in bonis”, ai fini della legittima prosecuzione della procedura esattoriale; ciò nel senso che la cartella di pagamento notificata unicamente al curatore fallimentare non è opponibile al fallito tornato “in bonis” sicché, in caso di notifica a quest’ultimo di un preavviso di fermo che abbia tale cartella come atto presupposto, egli può sia limitarsi a far valere la nullità dell’atto successivo che gli è stato notificato, sia qualora ne abbia ancora interesse – contestare anche la validità e fondatezza dell’atto prodromico che non gli è stato notificato, perché notificato al solo curatore in costanza di fallimento, e di cui sia venuto a conoscenza con l’atto successivo. » (Cass., 31/01/2022, n. 2857). Anche recentemente è stato precisato che, in tema di fallimento, la notifica dell’avviso di accertamento nei confronti del solo curatore e non anche nei riguardi del contribuente – non comporta la nullità o l’inesistenza dell’atto impositivo, né tantomeno la decadenza dell’Amministrazione dal potere accertativo, ma solo la sua inefficacia e inopponibilità al soggetto fallito ed ai soci ex amministratori destinati a succedere nei debiti fiscali dell’ente, i quali rimangono legittimati ad impugnare tempestivamente l’atto a
decorrere dal giorno in cui ne vengono effettivamente a conoscenza (Cass., 30/07/2024, n. 21333).
5.10. Di conseguenza, la cartella emessa in esito all’iscrizione a ruolo conseguente a controllo automatizzato ex art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 avvenuta successivamente alla dichiarazione di fallimento della società contribuente -non può essere dichiarata nulla per il solo fatto che l’eventuale avviso ex art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 sia notificato solamente alla curatela e non al legale rappresentante della società fallita, ferma restando la possibilità di quest’ultimo -secondo quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, n. 11287 del 2023, cit. – di impugnare la cartella, censurando eventuali vizi inerenti alla mancata instaurazione del contraddittorio.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti il quarto e il quinto motivo di ricorso ed essere rigettati gli altri motivi.
6.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Sardegna che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e rigetta gli altri motivi;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado della Sardegna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/12/2024.