Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10667 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12587/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE ROMA, AGENZIA DELLE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LAZIO n. 6558/2023 depositata il 19/11/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Il sig. NOME COGNOME ricorreva dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa all’scrizione a ruolo delle somme dovute a seguito di controllo formale della dichiarazione Unico PF 2016, per l’anno d’imposta 2015, controllo effettuato ai sensi dell’art. 36 ter D.P.R. 600/1973, nonché a talune pretese emerse a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Unico PF 2017, anno d’imposta 2016.
L’impugnazione era respinta dalla sentenza della CTP di Roma e tale decisione era confermata dalla Corte di Giustizia tributaria di II° grado del Lazio, qui impugnata, con la quale si rilevava che il contribuente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare la comunicazione dell’esito del controllo formale ex art. 36 ter D.P.R. 600/1973 conseguendo, in difetto di esercizio della richiesta di rettifica dell’accertamento, il consolidamento della pretesa impositiva e la conseguente tardività dell’impugnazione della successiva cartella di pagamento in mancanza di contestazione degli atti prodromici.
Ha quindi proposto ricorso per cassazione il contribuente, sulla scorta di due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita proponendo controricorso.
Successivamente è stata fissata udienza in camera di consiglio, per il 4 febbraio 2025.
CONSIDERATO CHE
I due motivi di ricorso possono compendiarsi come segue:
Violazione dell’art. 97 della Costituzione;
Violazione art. 19 DLGS 31/12/1992 n. 546 in relazione all’art. n. 360 co. 1, n. 3 C.P.C. in ordine alla tassatività degli atti impugnabili ed alla mancata impugnazione di atti non previsti nel citato art. 19.
Il primo motivo di ricorso è formulato in modo inammissibile.
Il ricorrente afferma testualmente che vi è ‘violazione dell’art.lo 97 della Costituzione’ in quanto ‘appare evidente che i principi costituzionali di buona fede e corretto andamento della Amministrazione dello Stato non possano concretizzarsi nell’ eccepire l’inammissibilità di un ricorso per scadenza dei termini quando, nello stesso provvedimento, l’ Agenzia delle Entrate specifica, come sopra visto ‘Per questo motivo la comunicazione non costituisce un atto autonomamente impugnabile’.
La formulazione del motivo è del tutto generica e non si confronta in alcun modo con l’elencazione dei vizi cassatori previsti dall’art. 360 c.p.c. Può pertanto essere richiamato, al riguardo, l’insegnamento di Sez. U., ord. n. 32415 del 08/11/2021, secondo cui il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1 c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa.
3. E’invece fondato il secondo mezzo.
Deduce il ricorrente che erroneamente ‘la Sentenza impugnata ritiene che il ricorso sia inammissibile in quanto il contribuente avrebbe dovuto impugnare gli atti prodromici notificatigli ex art. 36 ter, comma 4 del DPR 600/73’.
Sez. 5, ord. n. 23093 del 26/08/2024 ha rilevato che in tema di imposte sui redditi, la dichiarazione del contribuente, affetta da errori di fatto o di diritto incidenti sull’obbligazione tributaria, è emendabile con l’impugnazione della cartella per la iscrizione a ruolo della maggiore pretesa del Fisco a seguito di controllo automatizzato, indipendentemente dal termine decadenziale di cui all’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 e quale unica soluzione possibile stante la preclusione di ogni azione di rimborso dopo il pagamento della stessa cartella, non potendo lo stesso contribuente essere assoggettato ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa.
Del resto, si è pure rilevato che (Sez. 5, ord. n. 3759 del 08/02/2019) in tema di condono fiscale, l’istanza di definizione della lite pendente, ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in l. n. 111 del 2011, è ammissibile anche ove abbia ad oggetto un atto della riscossione, come la cartella di pagamento che, emesso a seguito di controllo automatizzato ed in assenza di previo avviso di accertamento, rappresenta il primo ed unico atto con il quale la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, mentre detta istanza non è ammissibile se la controversia attiene all’impugnazione di una cartella successiva ad un avviso di accertamento del quale costituisce mero atto esecutivo di una pretesa impositiva ormai definitiva.
Nel caso di specie, l’unico atto che il contribuente aveva l’onere di impugnare ex art. 19 d.lgs. 546/92 era appunto la cartella emessa
a seguito di controllo formale, in quanto la stessa -in tal caso -funge anche da atto impositivo e non meramente riscossivo. Adempimento che il ricorrente ha regolarmente compiuto.
Come è noto, ai sensi dell’art. 36 ter del D.P.R. 600/1973, gli Uffici possono verificare la conformità dei dati indicati in dichiarazione con la documentazione conservata dal contribuente, relativamente alla spettanza di deduzioni, detrazioni, crediti e ritenute. Il controllo è di tipo formale/cartolare ma operato sulla base di criteri selettivi fissati dal MEF. Sul piano procedimentale, al di là del possibile coinvolgimento istruttorio del contribuente, l’esito del controllo che dia luogo ad una maggiore imposta dovuta viene direttamente iscritto a ruolo e non formalizzato mediante notifica di un avviso di accertamento, che è invece sostituito direttamente dalla notifica della cartella. Per contemperare il possibile vulnus al diritto di difesa del contribuente, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della l. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) l’esito del controllo cartolare della dichiarazione va previamente comunicato (c.d. comunicazione di irregolarità).
Certamente si è ammesso anche una diretta impugnabilità di quest’ultima comunicazione. Si è infatti affermato da parte di Cass., ord. n. 3315 del 19/02/2016, che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, con la conseguenza che è immediatamente impugnabile dal contribuente anche la comunicazione d’irregolarità, ex art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (cd. avviso bonario). Tale affermazione era già stata estesa anche all’avviso
bonario ex art. 36 ter, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. Cass., ord. n. 15957 del 28/07/2015).
Tuttavia si è correttamente precisato, per evitare che una ragione di tutela del contribuente si tramutasse in un onere non facilmente riconoscibile -possibile fonte di decadenze inespresse – che l’impugnazione da parte del contribuente della diffida di pagamento, trattandosi di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, è una facoltà volta ad estendere gli strumenti di tutela e non un onere, con la conseguenza che, in mancanza di essa, la pretesa tributaria non si cristallizza e, pertanto, non è preclusa la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dalla predetta disposizione normativa. (Vds. Sez. 5, sent. n. 11471 del 11/05/2018; vds. altresì Sez. 6 5, ord. n. 26129 del 02/11/2017, in tema di preavviso di iscrizione ipotecaria).
La sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi, ritenendo invece motivo di decadenza la mancata impugnazione di un atto meramente prodromico quale la comunicazione di irregolarità. La decisione deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati e verificando altresì il merito delle contestazioni svolte che erano state ritenute illegittimamente assorbite. Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo e cassa in parte qua la decisione impugnata; rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla
regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025