Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5652 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5652 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
Oggetto: Improcedibilità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 24967/2020, proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
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ricorrente principale ed intimata al ricorso incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME, con domicilio digitale eletto all’indirizzo PECEMAIL
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 1401/2020, pronunciata il primo aprile 2019, depositata il 4 giugno 2020, notificata il 6 luglio 2020
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 marzo 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi improcedibile il ricorso principale;
udito, per l’Avvocatura Generale dello Stato l’avv. NOME COGNOME
udito l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE (di seguito società o contribuente) in persona del legale rappresentante pro tempore , impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con la quale, in sede di controllo automatizzato della dichiarazione, ex art. 54bis del d.P.R. n. 633/1972, per l’anno 2011, sulla base di indebito utilizzo di credito d’imposta in compensazione, ritenuto inesistente, era rilevato un omesso versamento dell’IVA per euro 2.839.789,00, cui si aggiungevano sanzioni ed interessi per un totale di euro 4.203.175,33.
La CTP accolse il ricorso, sul presupposto che il recupero avrebbe dovuto essere effettuato con accertamento ordinario, o al più,
dovendosi indicare, con l’avviso bonario comunicato alla contribuente, la contestazione relativa all’inesistenza del credito, nella fattispecie mancante, risultando quindi l’atto impugnato «sostanzialmente privo di motivazione».
La Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio, adita in sede di appello dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, respinse il gravame con la pronuncia di cui in epigrafe, ritenendo che in ordine all’anzidetta statuizione, non attinta specificamente da nessuno dei motivi di appello proposti dall’Ufficio, si fosse formato il giudicato interno.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione in forza di tre motivi, cui resiste con controricorso la società, spiegando a sua volta ricorso incidentale limitatamente al capo di sentenza con il quale il giudice tributario di appello aveva disposto una condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite ‘simbolica’ di euro 1000,00 a fronte del valore della controversia.
Avviata la causa alla trattazione per l’odierna pubblica udienza, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha reso le conclusioni come trascritte in epigrafe, riportandosi alla memoria depositata in atti.
La ricorrente Agenzia delle entrate ha anch’essa depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «ullità della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», assumendo che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di motivazione apparente, senza confrontarsi con le censure svolte nell’atto di appello avverso la decisione di primo grado e recependo acriticamente le argomentazioni della contribuente riguardo alla
formazione del preteso giudicato interno riguardo all’inidoneità della procedura di controllo automatizzato della dichiarazione con riferimento all’IVA ritenuta non versata per l’anno 2011 oggetto della relativa liquidazione.
Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza in esame per violazione e falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 54 bis del d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., non essendosi avveduta la CTR, sulla base di una lettura superficiale dei motivi di gravame , che l’Ufficio aveva contestato l’errato presupposto da cui aveva preso le mosse la sentenza di primo grado, cioè che l’Amministrazione avrebbe disconosciuto un credito regolarmente indicato in dichiarazione, laddove, invece, nell’originaria dichiarazione non era stata indicata alcuna eccedenza IVA proveniente dalla precedente annualità, tale da poter essere riportata a nuovo in quella successiva, mentre solo con dichiarazione integrativa del 2015, palesemente tardiva e come tale non liquidata, sarebbe stato indicato un preteso credito di euro 2400.000,00.
Con il terzo motivo di ricorso principale, infine, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere omesso completamente l’esame del profilo, pure addotto nel ricorso in appello, della debenza di sanzioni ed interessi, nonché del solo parziale pagamento dei versamenti periodici IVA afferenti all’arco temporale tra luglio ed ottobre dell’anno d’imposta in esame.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la società lamenta violazione degli artt. 15 del d.lgs. n. 546/1992, 91 e 92 cod. proc. civ. e del d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata, nella disciplina delle spese di lite, ha pronunciato la condanna dell’Amministrazione soccombente al
pagamento delle spese del giudizio nella misura simbolica di euro mille a fronte dell’elevato valore della controversia di complessivi euro 4.337.725,16.
In via preliminare va dato atto della costituzione quale difensore della controricorrente, nonché ricorrente incidentale, dell’avv. NOME COGNOME che ha ritualmente depositato la procura speciale conferitagli, avendo l’originario difensore, avv. NOME COGNOME rinunciato al mandato.
Sempre preliminarmente va esaminata l’eccezione d’improcedibilità del ricorso principale sollevata dalla controricorrente.
Essa, come rilevato altresì dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, è fondata.
7.1. La ricorrente principale, che nel proprio ricorso ha reso attestazione di avvenuta notifica, ad opera di controparte, della sentenza impugnata, in data 6 luglio 2020, ha depositato nel termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ. copia autentica della sentenza impugnata, priva della relazione di notificazione.
Nella memoria depositata in atti, ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., la difesa erariale ha dedotto di avere, per mero errore, indicato, nel corpo del ricorso, che la sentenza della CTR del Lazio in oggetto le era stata notificata. In realtà in data 6 luglio 2020 era pervenuta all’indirizzo PEC dell’Agenzia delle entrate d.p. 1 di Roma, per conto del sig. NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante pro tempore della società, istanza di sgravio della cartella di pagamento oggetto dell’origin aria impugnazione dinanzi al giudice tributario, a seguito della sentenza della CTR del Lazio n. 1401/20, depositata il 4 giugno 2020, che aveva rigettato l’appello dell’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole.
7.2. Le considerazioni svolte nella richiamata memoria non risultano sufficienti ad escludere il rilievo dell’improcedibilità del ricorso principale.
Occorre, infatti, in proposito, ribadire che « a dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, contenuta nel ricorso per cassazione, costituisce l’attestazione di un “fatto processuale” l’avvenuta notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugnazione e, in quanto manifestazione della “autoresponsabilità” della parte, la impegna a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere, in capo ad essa, ai sensi dell’art.369, c.p.c., l’onere di depositare, nel termine ivi previsto, copia della sentenza munita della relata di notifica » (cfr. Cass. sez. 6, ord. 7 giugno 2021, n. 15832; Cass. SU 6 luglio 2022, n. 21349).
7.3. Orbene -incontroverso in fatto che all’istanza di sgravio della cartella notificata all’Agenzia delle entrate fosse stat o allegato il titolo, cioè la succitata sentenza della CTR del Lazio n. 1401/20 in forza della quale detta istanza era formulata -l’unico fatto impeditivo, secondo l’indirizzo di questa Corte espresso nelle succitate pronunce, della dichiarazione d’improcedibilità conseguente, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., al mancato deposito nel termine di venti giorni dalla notifica del ricorso ivi previsto, della copia autentica della sentenza impugnata munita della relazione di notificazione, è costituito dall’essere stata la notifica del ricorso per cassazione effettuata prima della scadenza del termine breve di cui all’art. 325 cod. proc. civ., decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti comunque prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio.
7.4. Orbene, nessuna di tali condizioni ricorre nella fattispecie in esame, ove la controricorrente ha eccepito, in primis , l’improcedibilità dell’avverso ricorso, che sussiste, non risultando acquisita comunque
in atti la relazione di notifica della sentenza impugnata ed essendo stato il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate notificato alla controparte in data 4 ottobre 2020, allorché il termine di giorni sessanta dalla data -4 giugno 2020 -di pubblicazione della sentenza impugnata era ormai decorso, pur tenendo conto della sospensione del periodo feriale.
La rilevata improcedibilità del ricorso principale ne preclude, pertanto, l’esame dei motivi.
Quanto al ricorso incidentale, notificato il 19 ottobre 2020, affidato ad unico strumento d’impugnazione, esso va qualificato, ai sensi dell’art. 334 cod. proc., come ricorso incidentale tardivo, dovendo, ai fini della decorrenza del termine breve per l ‘impugnazione, la notificazione della sentenza, cui fa riferimento l’art. 326 cod. proc. civ., come dies a quo , operare a tal fine anche per il notificante, senza che possa essere sostituita da forme di notificazioni equipollenti (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. sez. 6-3, ord. 25 gennaio 2023, n. 2333).
8.1. A ciò consegue che, stante l’improcedibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale va dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 334 cpv. cod. proc. civ. pur nella sua originaria formulazione applicabile al presente giudizio, nell’interpretazio ne fattane dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, ord. 26 novembre 2019, n. 30782; Cass. sez. 3, 14 ottobre 2021, n. 28131).
Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate tra le parti, inserendosi la presente vicenda processuale in un più ampio contenzioso tra le parti con esiti non univoci.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
non si applica l’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale tardivo.
Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 marzo 2024