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Improcedibilità del ricorso: onere deposito notifica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5905/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, confermando la sanzione di improcedibilità del ricorso principale. La causa era il mancato deposito, da parte della società ricorrente, della copia autentica della sentenza impugnata corredata dalla relativa relata di notificazione. La Corte ha ribadito che tale onere è inderogabile per il ricorrente e il suo inadempimento non costituisce un errore di fatto revocabile, ma una questione di diritto sulla cui base si fonda l’improcedibilità del ricorso.

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Improcedibilità del ricorso in Cassazione: l’onere inderogabile del deposito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per chi si avventura nel giudizio di legittimità: il corretto deposito degli atti non è una mera formalità, ma un presupposto essenziale per la procedibilità. L’analisi dell’ordinanza n. 5905/2024 ci offre uno spaccato chiaro sulle conseguenze del mancato deposito della sentenza impugnata con la relata di notifica, confermando la rigidità della sanzione dell’improcedibilità del ricorso e chiarendo i confini tra errore di fatto ed errore di diritto.

I Fatti del Caso: da una cessione aziendale a una questione procedurale

La vicenda trae origine da una controversia tributaria. Una nota società del settore automobilistico aveva conferito un ramo d’azienda, consistente in un circuito di collaudo, a un’altra società del gruppo. L’operazione era stata autoliquidata con imposte di registro in misura fissa, come previsto per i conferimenti di rami d’azienda.

L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, riqualificava l’atto come una cessione di singoli beni, applicando imposte proporzionali (di registro, ipotecaria e catastale) ben più onerose. La Commissione Tributaria Regionale dava ragione all’ente impositore e la società decideva di ricorrere in Cassazione.

Il primo ricorso veniva dichiarato improcedibile con ordinanza del 2021, poiché la società, pur avendo dichiarato di aver ricevuto notifica della sentenza di secondo grado, non aveva depositato la copia autentica della stessa munita della relativa relata di notifica. Contro tale ordinanza, la società proponeva ricorso per revocazione, sostenendo che si fosse trattato di un errore di fatto, in quanto la relata era, a suo dire, presente nel fascicolo.

La Decisione e le motivazioni sull’improcedibilità del ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato inammissibile anche il ricorso per revocazione, mettendo un punto fermo sulla questione. La Suprema Corte ha chiarito che non vi è stato alcun errore di fatto, bensì si è di fronte a una questione di interpretazione e applicazione di norme processuali.

L’articolo 369, secondo comma, n. 2, del codice di procedura civile, impone al ricorrente, a pena di improcedibilità, di depositare, unitamente al ricorso, copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, se avvenuta. Questo onere, sottolinea la Corte, è posto esclusivamente a carico del ricorrente e deve essere adempiuto entro il termine perentorio per il deposito del ricorso stesso.

Le Motivazioni: l’errore di diritto non è errore di fatto

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra errore di fatto, che può giustificare la revocazione, ed errore di diritto. La Corte spiega che l’eventuale mancata percezione della relata di notifica nel fascicolo non è un errore di fatto, ma attiene all’applicazione delle regole sull’onere probatorio. L’onere di dimostrare la tempestività del ricorso, tramite il deposito della sentenza notificata, grava sul ricorrente. Non è compito della Corte attivarsi per supplire a una negligenza della parte, né si può fare affidamento sul fatto che la controparte possa aver depositato il medesimo documento.

La giurisprudenza ha ammesso delle eccezioni a questa rigida regola, ma solo in casi limitati e specifici, ad esempio quando la legge prevede che sia la stessa cancelleria a comunicare o notificare il provvedimento. In tali ipotesi, è possibile che la prova della comunicazione resti nel fascicolo d’ufficio, la cui trasmissione può sanare l’omissione del ricorrente. La vicenda in esame, tuttavia, non rientrava in nessuna di queste eccezioni. La notifica era stata eseguita dalla controparte proprio per far decorrere il termine breve per l’impugnazione, e spettava unicamente al ricorrente documentarla correttamente.

Conclusioni

L’ordinanza n. 5905/2024 è un monito severo sull’importanza della diligenza processuale. L’improcedibilità del ricorso non è una sanzione aggirabile o sanabile con facilità. Il deposito della sentenza notificata è un adempimento non delegabile e non surrogabile, la cui omissione impedisce al giudice di verificare un presupposto fondamentale del giudizio: la tempestività dell’impugnazione. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: la massima attenzione agli oneri formali previsti dal codice di rito è il primo, indispensabile passo per poter vedere esaminato nel merito il proprio ricorso.

Cosa succede se un ricorrente in Cassazione non deposita la copia autentica della sentenza impugnata insieme alla relata di notifica?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, del codice di procedura civile. Ciò significa che la Corte non esaminerà il merito della questione.

È possibile sanare il mancato deposito se la controparte, a sua volta, deposita la sentenza notificata?
No. L’ordinanza chiarisce che l’onere di deposito è posto esclusivamente a carico del ricorrente e deve essere adempiuto entro un termine perentorio. L’eventuale deposito effettuato dalla controparte non sana l’omissione del ricorrente.

Il mancato reperimento della relata di notifica nel fascicolo da parte della Corte costituisce un errore di fatto che permette la revocazione dell’ordinanza di improcedibilità?
No. La Corte ha stabilito che non si tratta di un errore di fatto, ma di una questione di applicazione e interpretazione delle norme processuali sull’onere della prova. La negligenza della parte nell’adempiere a un onere di legge non può essere qualificata come errore percettivo del giudice e, pertanto, non è un motivo valido per la revocazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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