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Improcedibilità del ricorso: le conseguenze del mancato deposito

Una contribuente ha impugnato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale, notificando il ricorso all’Agenzia delle Entrate, ma senza poi depositarlo in Cancelleria. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso. Questa decisione sottolinea come il deposito dell’atto sia un adempimento fondamentale, la cui omissione rende l’impugnazione inefficace, anche se la controparte non solleva la questione. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore contributo unificato.

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Improcedibilità del ricorso: notificare non basta, serve il deposito

Nel processo civile e tributario, il rispetto dei termini e delle forme è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la semplice notifica di un ricorso non è sufficiente per avviare validamente un giudizio di impugnazione. L’omissione di un passaggio successivo, il deposito dell’atto in cancelleria, porta a una conseguenza drastica: l’improcedibilità del ricorso. Analizziamo insieme questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso

Una contribuente decideva di impugnare una sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo. Provvedeva quindi a notificare regolarmente il proprio ricorso per Cassazione all’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, a questo primo passo non ne seguiva un secondo, altrettanto essenziale: il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

L’Agenzia delle Entrate, avendo ricevuto la notifica, depositava a sua volta un controricorso per difendersi nel merito della questione. Proprio attraverso questo atto, la Corte veniva a conoscenza dell’esistenza del ricorso principale, che però non risultava formalmente iscritto a ruolo. La cancelleria, infatti, attestava la mancata iscrizione del ricorso principale per un lungo periodo successivo alla data della notifica.

L’improcedibilità del ricorso e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso della contribuente. La decisione si fonda sull’articolo 369 del codice di procedura civile, che impone alla parte ricorrente di depositare il ricorso in cancelleria entro un termine perentorio dalla notifica. Il mancato rispetto di questo adempimento non è una mera irregolarità formale, ma un vizio che impedisce al processo di proseguire.

I giudici hanno chiarito che il potere di dichiarare l’improcedibilità sussiste anche d’ufficio, cioè su iniziativa della stessa Corte, senza necessità di una specifica eccezione da parte della controparte. Anzi, il fatto che la controparte abbia depositato un controricorso non sana il vizio, poiché l’adempimento del deposito è un onere che grava esclusivamente sulla parte ricorrente. Di conseguenza, le difese nel merito presentate dall’Agenzia delle Entrate non sono state neppure esaminate.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su principi consolidati.

In primo luogo, il deposito del ricorso è un requisito di procedibilità essenziale per la valida instaurazione del giudizio di legittimità. La sua omissione rende l’impugnazione inefficace, a prescindere dal fatto che sia stata notificata correttamente.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che i termini processuali, specialmente quelli definiti ‘perentori’ dalla legge, non sono derogabili. Il principio secondo cui la nullità di un atto non può essere dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c.) si applica alle violazioni di forma, ma non al mancato rispetto di un termine perentorio.

Infine, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese legali. La motivazione di questa condanna è significativa: l’Agenzia delle Entrate, ricevendo la notifica del ricorso, ha legittimamente attivato le proprie difese, sostenendo dei costi. Non poteva prevedere che la ricorrente avrebbe omesso il successivo deposito. Tali spese, quindi, non possono che essere poste a carico della parte che, con la sua negligenza, ha dato causa all’attività difensiva della controparte.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che nel processo, ogni fase ha la sua importanza e i suoi termini inderogabili. La notifica del ricorso è solo il primo passo; il suo deposito in cancelleria è l’atto che perfeziona l’iscrizione a ruolo e permette al giudizio di iniziare. Omettere questo passaggio significa vanificare l’intera azione legale.

La seconda lezione riguarda le conseguenze economiche: l’improcedibilità del ricorso non solo determina la fine del giudizio, ma comporta anche la condanna alle spese legali e l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato. Si tratta di un monito severo sull’importanza della diligenza e della precisione nella gestione degli adempimenti processuali.

Cosa succede se notifico un ricorso in Cassazione ma non lo deposito in Cancelleria?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile, ovvero non può essere esaminato nel merito. L’impugnazione, di fatto, si conclude con un esito negativo per chi l’ha proposta, a causa del mancato compimento di un atto essenziale prescritto dalla legge.

La Corte può dichiarare l’improcedibilità del ricorso anche se la controparte non la eccepisce?
Sì, la Corte di Cassazione ha il potere di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità per mancato deposito del ricorso. Questo avviene anche se la parte resistente (controricorrente) si è difesa nel merito senza sollevare la specifica questione.

Chi non deposita il ricorso deve comunque pagare le spese legali alla controparte?
Sì. Secondo la Corte, la parte che ha ricevuto la notifica del ricorso ha legittimamente predisposto le proprie difese, sostenendo dei costi. Poiché non poteva prevedere il mancato deposito, ha diritto al rimborso delle spese legali da parte del ricorrente che, con la sua omissione, ha reso superflua tale attività difensiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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