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Improcedibilità del ricorso: cosa succede al deposito

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso di una contribuente contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La causa di tale decisione è stata il mancato deposito dell’atto di ricorso presso la cancelleria della Corte, un adempimento essenziale previsto dalla legge. La sentenza evidenzia come l’omissione di questo passaggio procedurale renda impossibile per il giudice esaminare il merito della questione, portando alla chiusura del procedimento e alla condanna alle spese.

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Improcedibilità del Ricorso in Cassazione: Analisi di un Caso di Mancato Deposito

Nel complesso mondo della giustizia, le regole procedurali non sono meri formalismi, ma pilastri che garantiscono l’ordinato svolgimento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come una dimenticanza procedurale possa portare all’improcedibilità del ricorso, precludendo ogni possibilità di esame nel merito. Questo articolo analizza la vicenda, evidenziando le gravi conseguenze del mancato deposito del ricorso notificato.

Il Contesto: Dal Decreto Ingiuntivo al Ricorso per Cassazione

La vicenda trae origine da una controversia tributaria. Una contribuente si è opposta a un avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo a un decreto ingiuntivo. Tale decreto ordinava il pagamento di una cospicua somma a titolo di rimborso di un mutuo. La Commissione tributaria regionale della Sicilia aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado. Insoddisfatta, la contribuente ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, opponendosi all’Agenzia delle Entrate.

La Procedura Accelerata e l’Improcedibilità del Ricorso

Il caso è stato gestito secondo la nuova procedura accelerata prevista dall’art. 380-bis del codice di procedura civile, pensata per i ricorsi palesemente inammissibili, improcedibili o infondati. Un consigliere delegato, esaminando gli atti, ha rilevato un vizio fatale: la mancata costituzione in giudizio della ricorrente. In altre parole, dopo aver notificato il ricorso all’Agenzia delle Entrate, la difesa della contribuente non lo aveva depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione entro i termini di legge. Di conseguenza, il consigliere ha formulato una proposta di definizione del giudizio che ravvisava proprio l’improcedibilità del ricorso.

L’Errore Fatale: Il Mancato Deposito dell’Atto

L’articolo 369 del codice di procedura civile è categorico: la parte che propone ricorso per Cassazione deve, a pena di improcedibilità, depositare l’atto notificato presso la cancelleria della Corte entro venti giorni dall’ultima notifica. Questo adempimento è cruciale perché segna la costituzione formale della parte nel giudizio e permette alla Corte di avere a disposizione l’atto su cui dovrà decidere. La sola notifica alla controparte non è sufficiente per incardinare validamente il procedimento.

Nel caso in esame, questo passaggio fondamentale è stato omesso. La proposta di definizione accelerata, che evidenziava questa mancanza, è stata comunicata alle parti. La ricorrente, tuttavia, non ha presentato alcuna istanza per chiedere una decisione nel merito entro il termine di quaranta giorni, un silenzio che la legge interpreta come una rinuncia al ricorso.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, non è entrata nel merito della questione tributaria. Il suo ragionamento si è fermato al piano puramente procedurale. Prendendo atto della mancata presentazione dell’istanza di decisione dopo la comunicazione della proposta e, soprattutto, dell’omessa adozione del decreto di estinzione, la Corte ha dovuto dichiarare l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c. per mancato deposito dell’atto notificato. La costituzione della controparte (l’Agenzia delle Entrate) e il fatto che essa non avesse sollevato eccezioni sulla ritualità dell’impugnazione non sono stati sufficienti a sanare il vizio originario.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte comporta conseguenze molto pesanti per la ricorrente. In primo luogo, l’ordinanza di improcedibilità del ricorso rende definitiva la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, chiudendo ogni ulteriore possibilità di discussione. In secondo luogo, la ricorrente è stata condannata a rimborsare le spese legali all’Agenzia delle Entrate, liquidate in € 1.500,00 oltre accessori. Infine, la Corte ha attestato la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, una sorta di sanzione processuale per aver introdotto un ricorso poi risultato improcedibile. Questa vicenda serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto meticoloso di ogni fase del procedimento giudiziario, dove un errore formale può vanificare le ragioni di merito.

Cosa significa ‘improcedibilità del ricorso’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dal giudice perché manca un presupposto processuale fondamentale. In questo caso, il presupposto mancante era il deposito dell’atto di ricorso presso la cancelleria della Corte entro i termini di legge.

È sufficiente notificare il ricorso per Cassazione alla controparte per avviare il giudizio?
No. La notifica è solo il primo passo. L’articolo 369 del codice di procedura civile richiede espressamente, a pena di improcedibilità, che il ricorso notificato sia depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione entro venti giorni dall’ultima notifica.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato improcedibile per mancato deposito?
Le conseguenze sono tre: 1) il ricorso viene respinto senza esame nel merito e la sentenza impugnata diventa definitiva; 2) la parte ricorrente viene condannata a pagare le spese legali della controparte; 3) scattano i presupposti per il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato per l’iscrizione a ruolo del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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