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Imposta registro servitù: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23494/2024, ha stabilito che l’atto di costituzione di una servitù su un terreno agricolo è soggetto all’imposta di registro con l’aliquota prevista per gli atti costitutivi di diritti reali di godimento (8%) e non a quella più onerosa per i trasferimenti di terreni agricoli (15%). La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale tra “costituzione” e “trasferimento” di un diritto. La servitù non viene trasferita ma creata ex novo, comprimendo il diritto di proprietà del fondo servente. Questa pronuncia consolida un importante principio sull’imposta registro servitù.

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Imposta Registro Servitù: la Cassazione distingue tra ‘Costituzione’ e ‘Trasferimento’

La corretta qualificazione giuridica di un atto ha conseguenze fiscali dirette e spesso significative. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23494 del 2024, offre un chiarimento fondamentale in materia di imposta registro servitù, stabilendo un principio netto che distingue la ‘costituzione’ di un diritto dal suo ‘trasferimento’. Questa decisione è cruciale per le società che operano nel settore delle infrastrutture e per i proprietari di terreni, in particolare quelli agricoli.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un contenzioso tra l’Agenzia delle Entrate e una società operante nel settore energetico. La società aveva costituito una servitù su diversi terreni agricoli per la posa di infrastrutture, applicando all’atto l’imposta di registro con l’aliquota dell’8%, prevista per gli atti ‘costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento’.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, riteneva che dovesse essere applicata l’aliquota ben più elevata del 15%, prevista per i ‘trasferimenti’ di terreni agricoli. Secondo l’amministrazione finanziaria, il termine ‘trasferimento’ doveva essere interpretato in senso ampio, includendo anche la costituzione di un diritto come la servitù, che di fatto limita la proprietà del terreno agricolo.

La questione giuridica e l’imposta registro servitù

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 1 della Tariffa allegata al Testo Unico sull’Imposta di Registro (d.P.R. n. 131/1986). La norma distingue chiaramente tra:
1. Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà e atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento (soggetti all’aliquota ordinaria, all’epoca dell’8%).
2. Trasferimenti aventi per oggetto terreni agricoli (soggetti all’aliquota maggiorata del 15%).

L’Agenzia delle Entrate sosteneva una lettura estensiva del termine ‘trasferimento’, mentre la società contribuente ne difendeva una lettura tecnica e rigorosa, in linea con la natura giuridica della servitù.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la correttezza dell’operato della società. I giudici hanno ribadito un principio consolidato, già espresso nella sentenza n. 16495/2003.

La Corte ha spiegato che la normativa fiscale opera una distinzione netta basata sulla tipologia dell’atto giuridico. La servitù prediale, definita dall’art. 1027 c.c., è un diritto che si costituisce, non si trasferisce. Essa non comporta il passaggio di facoltà o diritti dal proprietario del fondo servente a quello del fondo dominante. Piuttosto, essa rappresenta una ‘compressione’ del diritto di proprietà del fondo servente a vantaggio del fondo dominante.

In altre parole, con la servitù non si trasferisce un pezzo di proprietà o un diritto preesistente, ma si crea un nuovo diritto reale limitato. Di conseguenza, l’atto che la genera è ‘costitutivo’ e non ‘traslativo’ (o di ‘trasferimento’).

Inoltre, la servitù è un diritto inalienabile separatamente dal fondo dominante. Non può essere venduta o ceduta autonomamente, il che rafforza la sua natura non ‘trasferibile’ nel senso inteso dalla norma fiscale per l’aliquota maggiorata.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per determinare l’aliquota dell’imposta di registro, è essenziale guardare alla natura giuridica dell’atto. La costituzione di una servitù, anche se su terreno agricolo, non può essere assimilata a un trasferimento di proprietà. Pertanto, ad essa si applica l’aliquota prevista per gli atti costitutivi di diritti reali di godimento.

Questa decisione fornisce certezza giuridica agli operatori economici e ai proprietari terrieri, evitando interpretazioni estensive e penalizzanti da parte dell’amministrazione finanziaria. La distinzione tra ‘costituire’ e ‘trasferire’ non è un mero formalismo, ma il fondamento per una corretta applicazione dei tributi.

Quale imposta di registro si applica per la costituzione di una servitù su un terreno agricolo?
Si applica l’imposta di registro con l’aliquota prevista per gli atti costitutivi di diritti reali di godimento (nel caso di specie, l’8%), e non quella maggiorata prevista per i trasferimenti di terreni agricoli (15%).

Perché la costituzione di una servitù non è considerata un “trasferimento” ai fini fiscali?
Perché la servitù è un diritto che viene creato ex novo (‘costituito’) e non trasferito da un soggetto a un altro. Esso comporta una compressione del diritto di proprietà del fondo servente, ma non un passaggio di facoltà o diritti preesistenti.

Una servitù può essere venduta separatamente dal terreno a cui è collegata?
No, la sentenza ribadisce che la servitù è un diritto autonomamente inalienabile. Non può essere trasferita separatamente dalla proprietà del fondo dominante, a cui è legata da un nesso di accessorietà e strumentalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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